Lombardia, Calabria e Puglia stanno vagliando la possibilità di seguire l’iniziativa del Veneto, che ha impugnato la Legge 107/15 alla Corte Costituzionale perché la regione viene scavalcata su competenze esclusive come formazione professionale e dimensionamento della rete scolastica. Intanto, prendono quota le iniziative popolari di raccolta firme per arrivare al referendum, su cui si vorrebbero far esprimere i cittadini italiani in primavera.
Anief lo sostiene da tempo e lo ha detto nel corso delle audizioni tenute dal suo presidente, Marcello Pacifico, tenute prima a Montecitorio e poi a Palazzo Madama: sono ad alto rischio di incostituzionalità la chiamata diretta dei docenti, la nuova figura del preside-sceriffo, il blocco degli stipendi e il piano straordinario di immissioni in ruolo che lascia vivo il precariato e costringe migliaia di precari ad essere assunti fuori regione oppure a non presentare domanda per non rischiare l’epurazione. Dello stesso avviso sono diversi giuristi ed esperti. E tutto ciò era stato ben evidenziato dalla commissione Affari Costituzionali del Senato che, a giugno, nel corso dell’esame della legge, mandò pure sotto la maggioranza.
Si allunga la lista di richieste di riesame della riforma della scuola: la Regione Veneto ha deciso di presentare ricorso alla Consulta contro la Legge 107/15 perché sarebbe lesiva dell’autonomia amministrativa della Regione, in particolare perché la scavalcherebbe su competenze esclusive come formazione professionale e dimensionamento della rete scolastica. Nelle prossime ore potrebbero fare altrettanto anche altre regioni, ad iniziare dalla Lombardia. Ma anche la Calabria e la Puglia sarebbero in procinto di presentare ricorso. Intanto, prendono quota le iniziative popolari di raccolta firme per arrivare al referendum, sempre per incompatibilità analoghe, su cui i comitati promotori vorrebbero far esprimere i cittadini italiani nella prossima primavera.
La presenza di più punti anticostituzionali nella riforma non è una novità: Anief lo sostiene da tempo e lo ha ribadito nel corso delle audizioni tenute dal suo presidente, Marcello Pacifico, prima a Montecitorio e poi a Palazzo Madama,davanti alle commissioni Cultura e Istruzione di Camera e Senato congiunte. In particolare, risultano in evidente contrasto con la madre delle nostre leggi, la chiamata diretta dei docenti, già in passato reputata incostituzionale, e l’allargamento delle competenze del preside, avvicinato al profilo del dirigente d’azienda; ancora, il blocco degli stipendi e il nodo del precariato, che il piano straordinario di assunzioni non ha risolto perché anche quest’anno continueranno ad esserci 100mila supplenze annuali, dopo che il Parlamento non ha permesso di far partecipare alle immissioni in ruolo gli abilitati delle graduatorie d’Istituto, e contro cui il giovane sindacato ha presentato una serie di ricorsi.
Nella prima decade di giugno, durante il dibattito del testo di riforma a Palazzo Madama, forti dubbi sulla tenuta giuridica del testo di riforma erano stati evidenziati anche dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato, che nell’occasione mandò pure sotto la maggioranza di Governo. "Da un punto di vista costituzionale la riforma della buona scuola è scritta male - disse Mario Mauro senatore di Gal - pertanto fermiamoci e riscriviamola meglio". Invece, quel testo non solo non venne modificato, ma da lì ad un mese arrivò anche all’approvazione finale alla Camera.
Sui profili di incostituzionalità della riforma si sono inoltre soffermati giuristi ed esperti. Come Alberto Lucarelli, docente ordinario di Diritto Costituzionale all’Università di Napoli Federico II, secondo cui bisognava “dare al Parlamento ed alle opposizioni il diritto di svolgere il proprio ruolo, costituzionalmente garantito, ed in particolare di esprimersi su una serie di questioni di dubbia costituzionalità”. Da parte sua, i punti della Legge 107/15 contestati sono stati “l’alternanza scuola-lavoro ed il conseguente vulnus del diritto allo studio”; il cosiddetto “preside-sceriffo” che dà, tra l’altro, “la facoltà del dirigente diutilizzare docenti in classi di concorso diverse da quelle per le quali sono abilitati, purché possegganotitoli di studio validi per l’insegnamento della disciplina e percorsi formativi e competenze professionali coerenti”; l’introduzione di “valutazioni e premialità contro la libertà d’insegnamento del docente”; la possibilità per gli istituti di attingere a “risorse esterne e contributi pubblici per le scuole private”.
“In conclusione si tratta di aspetti molto preoccupanti e soprattuttolesivi di principi costituzionali, che meritano approfondimenti e che soprattutto non possono essere ‘liquidati’ con unvoto di fiducia. Prevedo sul piano giuridico ricorsi e soprattutto – ha detto ancora Lucarelli - quello alla Corte costituzionale che ne verifichi la dubbia ‘tenuta’ costituzionale”. La previsione era corretta.
Per approfondimenti:
Riforma scuola, i profili di incostituzionalità nel ddl ‘Buona Scuola’ (Il Fatto Quotidiano del 29 giugno 2015)
Organico di fatto, le tabelle per Regioni. Tagliati 2.145 posti (Orizzonte Scuola dell’8 luglio 2015)
I 66mila precari che chiedono una cattedra (Corriere della Sera del 14 agosto 2015)
Sì alla cattedra anche se è lontana ma uno su cinque rifiuta il posto (La Repubblica del 14 agosto 2015)
Organico potenziato azzoppato: i posti mancanti non saranno coperti da supplenze annue (Tuttoscuola del 25 agosto 2015)
L’organico potenziato nasce zoppo: tra i 5 e i 10mila posti rimarranno scoperti
Emiliano padrino dei precari: "la buona scuola fa soffrire per voi affitti e treni scontati" (La Repubblica del 28 agosto 2015)
Scuola, il dilemma dei professori. Hanno dieci giorni per decidere: andare via da casa oppure rinunciare all’assunzione. “Aspetterò un altro anno. E farò ricorso” (Corriere della Sera del 3 settembre 2015)
L’algoritmo-lotteria che sceglie i prof (Corriere della Sera del 4 settembre 2015)
Riforma della scuola, il Veneto presenta il ricorso alla Consulta (Il Corriere della Sera dell’8 settembre 2015)