Si privano le scuole pubbliche di altri 47,5 milioni per le attività a completamento della didattica; agli atenei non arrivano i 300 milioni indispensabili per attivare i servizi agli studenti e pagare il personale; non si permette a docenti e Ata con “quota 96” di andare in pensione con i requisiti precedenti alla riforma Fornero; salta l’emendamento che blocca la cancellazione e l’accorpamento di 2mila istituti previsti da un dimensionamento già dichiarato incostituzionale dalla Consulta. Marcello Pacifico (Anief-Confedir): così si distrugge l’istruzione pubblica.
Anche se stavolta non sono arrivati altri tagli agli organici, dopo quelli draconiani degli ultimi sei anni, l’ultimo atto della legislatura e del Governo Monti ha rifilato alla scuola e all’università italiana un’altra brutta “spallata”: scorrendo il documento 5534-bis-B approvato definitivamente alla Camera, contenente il Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2013, si apprende con profondo rammarico che si continuano a tagliare fondi importanti all’istruzione pubblica, in controtendenza con quanto avviene nei paesi più sviluppati.
Dopo aver sottratto nei giorni scorsi al Miglioramento dell’offerta formativa circa 300 milioni di euro del budget complessivo per recuperare parte degli scatti di anzianità, ora attraverso la legge di Stabilità si è provveduto ad applicare un ulteriore taglio del “fondo di istituto” di altri 47,5 milioni: per ogni scuola il taglio complessivo per finanziare progetti, ripetizioni agli studenti in difficoltà, visite didattiche e tutto quello che riguarda le attività a completamento della didattica si tradurrà quindi in un una mancata assegnazione pari a 40-50mila euro.
Mentre nel settore universitario nulla si è fatto per rispondere all’appello del Ministro dell’Istruzione sul recupero di fondi indispensabili per i nostri atenei: tanto che oggi lo stesso Ministro Profumo ha dichiarato pubblicamente la sua delusione per il “mancato stanziamento di 300 milioni per il fondo di finanziamento ordinario delle università, un errore strategico che pregiudica il funzionamento dell'intero sistema della formazione superiore”.
Ma c’è dell’altro. Chi ha a cuore le sorti della scuola ha infatti tentato di inserire nella legge di Stabilità, sino all’ultimo giorno utile, l’emendamento per i “quota 96”, che avrebbe giustamente permesso al personale della scuola che aveva fatto domanda di pensionamento di lasciare il servizio usufruendo delle norme precedenti alla riforma Fornero. Di questa deroga, però, non c’è traccia. Come si è dissolto nel nulla l’emendamento che avrebbe dovuto cancellare la soppressione di 2mila istituti, ritenuta la scorsa estate incostituzionale dalla Consulta attraverso una sentenza inequivocabile.
Secondo Marcello Pacifico, presidente dell’Anief e delegato Confedir per la Scuola, “con l’attuazione di questi provvedimenti peggiorativi si mette a serio rischio il regolare funzionamento dell’istruzione pubblica italiana. La decurtazione del trattamento accessorio riservato al Fis, altra contropartita per la cancellazione dell’inaudita norma sull’introduzione delle 24 ore di insegnamento settimanale dei docenti di scuola media e superiore, comporterà un ulteriore ridimensionamento delle attività funzionali al Piano dell’offerta formativa, approvate dalle scuole autonome ad inizio anno”.
Nella legge di Stabilità non c’è traccia, invece, dell’atteso provvedimento che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 147 del 7 giugno 2012, avrebbe dovuto bloccare la realizzazione di un’altra norma penalizzante per il nostro sistema scolastico: quel dimensionamento, introdotto con il comma 4 dell’art.19 della Legge 111 del 2011, che ha di fatto cancellato e accorpato circa 2mila istituti pubblici. Mettendo così in seria difficoltà oltre mezzo milione di famiglie che proprio in questi giorni stanno decidendo in quali istituti superiori iscrivere i loro figli 14enni.
“Forte delusione – aggiunge Pacifico - c’è poi per la mancata approvazione dell’emendamento che avrebbe reso giustizia a più di 3mila docenti e Ata che lo scorso anno scolastico, avendo raggiunto la fatidica quota 96 tra periodo di servizio svolto ed età anagrafica, avevano presentato regolare domanda di pensionamento, salvo vedersela respinta a seguito di una riforma che non ha tenuto conto dei loro diritti acquisiti”.
“Per non parlare dei 300 milioni di euro sottratti all’Università pubblica, che costringeranno gli atenei a non finanziare i servizi per gli studenti e metteranno in pericolo gli stipendi di professori, ricercatori e personale. Persino sul precariato questo Governo non poteva fare peggio: invece di assumere i precari che hanno svolto più di 36 mesi di servizio, ha ottenuto con il consenso dei sindacati la proroga dei contratti in scadenza, attuando un accordo in palese contraddizione con la normativa comunitaria”.
“Se si voleva lasciare un messaggio al Paese – conclude il rappresentante Anief-Confedir – , con questi provvedimenti si è solamente confermata la scarsa attenzione che da troppi anni lo Stato italiano presta per l’istruzione e la cultura dei suoi cittadini”.