La giovane organizzazione sindacale chiede di non mettere nero su bianco il pre-accordo sottoscritto una settimana fa con il Miur, perché con questo testo quasi tutti i trasferimenti fuori provincia saranno destinati agli ambiti territoriali e la stessa fine faranno i 56mila assunti con le fasi B e C della Buona Scuola. Andando a rinnegare la forte richiesta dei 600mila docenti che la scorsa primavera hanno scioperato proprio per dire no alla perdita di titolarità che la riforma ha come obiettivo finale per un altissimo numero di insegnanti. Prima di sedersi a trattare, quelle stesse organizzazioni sindacali sapevano bene di aver ricevuto un chiaro mandato.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ci vuole coerenza, dando seguito a quanto espresso per mesi dai vari sindacati che hanno promesso di non avallare alcun tipo di contratto contenente la chiamata diretta. Questa linea diventa ancora più importante da assumere, nel momento in cui le organizzazioni sindacali intendano far cancellare la norma dai tribunali o con un referendum popolare. È doveroso abbandonare subito il tavolo delle trattative e rispettare quanto già manifestato dal personale della scuola. Per impugnare, insieme, l’eventuale disposizione che l’amministrazione in maniera unilaterale adotterà.
Il sindacato Anief chiede ai sindacati rappresentativi del comparto scuola di rifiutare le condizioni poste dal Miur sul contratto della mobilità del personale, divenute irricevibili perché danno seguito alle nuove disposizioni illegittime sui trasferimenti previsti dalla riforma approvata lo scorso mese di luglio pur in presenza di una disapprovazione di massa: tradurre in nero su bianco il pre-accordo sottoscritto una settimana fa con l’amministrazione scolastica centrale, con quasi tutti i trasferimenti fuori provincia destinati gli ambiti territoriali e la totalità dei 56mila assunti con le fasi B e C della Buona Scuola, rappresenterebbe un clamoroso errore. Perché andrebbe a rinnegare le richieste dei 600mila docenti che la scorsa primavera hanno scioperato proprio per dire no, tra le altre cose, alla perdita di titolarità che la riforma ha come obiettivo finale per un altissimo numero di insegnanti.
“Il nostro appello ai sindacati maggiori – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – deriva dal fatto che i trasferimenti interprovinciali, per legge, interessano quegli ambiti territoriali da cui i dirigenti scolastici chiameranno il personale dopo averlo selezionato. Quindi, qualsiasi accordo da parte sindacale sui trasferimenti non può ignorare quanto abbiamo denunciato da sempre, prima ancora che la Buona Scuola venisse approvata dal Parlamento: giunti a questo punto, ci vuole coerenza, dando seguito a quanto espresso per mesi dai vari sindacati che hanno promesso di non avallare alcun tipo di contratto contenente la chiamata diretta. Questa linea diventa ancora più importante da assumere, nel momento in cui le organizzazioni sindacali intendano far cancellare la norma dai tribunali o con un referendum popolare”.
Anief ritiene, pertanto, davvero contraddittori quei resoconti dei sindacati rappresentativi pubblicati in questi giorni, dai quali si evince che a Viale Trastevere sia stato raggiunto con il Miur un faticoso accordo politico. Perché, prima di sedersi a trattare, quelle stesse organizzazioni sindacali sapevano bene di aver ricevuto un chiaro mandato: opporsi in ogni modo alla chiamata diretta da parte dei presidi. Ancora di più perché lo strumento contrattuale non può andare contro quella stessa Legge (la n. 107/2015) che è ritenuta incostituzionale.
“Non è necessario leggere testualmente un riferimento alla chiamata diretta nel prossimo contratto integrativo, per poi scoprire che all’atto del trasferimento in un’altra provincia si perderà la titolarità e si sarà sottoposti al casting del dirigente scolastico”, dice ancora Pacifico. “Pertanto, è doveroso abbandonare subito il tavolo delle trattative e rispettare quanto già manifestato dal personale della scuola. Per impugnare, insieme, l’eventuale disposizione che l’amministrazione in maniera unilaterale adotterà, per applicare la parte della riforma che riguarda gli spostamenti volontari o cotti del personale scolastico”.
Anief ricorda, infine, che la firma del contratto sulla mobilità del personale non è un passaggio obbligato: nel 2011, ad esempio, i sindacati non accettarono le modifiche imposte dalla Funzione Pubblica e quelle condizioni erano decisamente più ricevibili di quelle di oggi. Inoltre, il giovane sindacato ritiene inappropriato pensare che la chiamata diretta non abbia nulla a che vedere con il contratto sulla mobilità. Quasi che si preveda un secondo confronto, a parte, sulla selezione dei docenti operata direttamente dai presidi. Invece, è evidente che il “pacchetto” è unico.
“Scendere a patti oggi – conclude il presidente nazionale Anief - significherebbe spianare la strada ad un meccanismo che porterà comunque a riconsiderare tutto nelle aule del tribunale”.
Per approfondimenti:
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Riforma scuola, i profili di incostituzionalità nel ddl ‘Buona Scuola’ (Il Fatto Quotidiano del 29 giugno 2015)
Scuola, l'ultimo fronte: se i bidelli si ammalano si rischia la chiusura (La Repubblica del 16 settembre 2015)
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