Anche il precario della scuola ha diritto a percepire gli scatti di anzianità: non può essere fermo per anni, se non per decenni, sempre allo stipendio base. L’indicazione arriva dal tribunale di Modena, sezione Lavoro, che nell’esaminare un ricorso prodotto nel giugno 2020 dai legali operanti per Anief in difesa di una “docente abilitata della scuola primaria, ancora precaria”, ha esaminato il caso per giungere al riconoscimento degli anni di precariato dal 2015 e quindi il “riconoscimento della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, in relazione ai servizi non di ruolo prestati, con applicazione della clausola di salvaguardia di cui al CCNL del 4 agosto del 2011”; inoltre, il giudice del lavoro ha condannato “il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca a corrispondere a favore della ricorrente le differenze retributive dovute sulla base del calcolo dell’anzianità di servizio che sarebbe maturata in costanza dei rapporti di lavoro a termine allo stesso modo di quella riconosciuta, in relazione ai medesimi periodi, al corrispondente personale di ruolo” e che sono state “maturate dal giorno 26.11.2015 sino al 30.06.2020, oltre interessi legali o, se maggiore, rivalutazione monetaria, ai sensi dell’art. 22 comma 36 l.n.724/1994, relativo ai crediti dei pubblici dipendenti, dalla data di maturazione di ciascun incremento retributivo fino al saldo”; infine, è stata condannato “l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite, liquidate in € 3513,00 per compensi oltre rimb. forf., IVA e CPA, da distrarsi ex art. 93 c.p.c.”.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, si sofferma sul “sempre più alto numero di cause andate a buon fine sugli anni di pre-ruolo non riconosciuti a pieno dal ministero dell’Istruzione. È una battaglia che stiamo alla lunga vincendo e per questo invitiamo chi è stato danneggiato, da precario, ad utilizzare il calcolatore on line messo a disposizione gratuitamente da Anief e, se vi sono i presupposti, ricorrere in tribunale con i nostri legali, così da vedersi riconosciuto il diritto all'integrale ricostruzione di carriera commisurata agli effettivi anni di servizio prestati con contratti a termine, ottenendo anche un adeguato indennizzo e l’immediato inquadramento stipendiale su fascia maggiore”.
I legali della docente hanno chiesto di “accertare e dichiarare il diritto della ricorrente al riconoscimento delle progressioni economiche connesse all’anzianità di servizio maturate durante il periodo di precariato, con conseguente condanna generica del Ministero dell’Istruzione a pagare, in favore della ricorrente, le differenze retributive corrispondenti agli incrementi stipendiali maturati durante il periodo di precariato dovuti in virtù della piena equiparazione, anche sotto il profilo del CCNL applicabile ratione temporis, tra il servizio d’insegnamento prestato con contratto a tempo indeterminato ed il servizio d’insegnamento prestato con i contratti a tempo determinato”. Inoltre, hanno richiesto di “accertare e dichiarare il diritto della ricorrente a vedersi applicata la clausola di salvaguardia prevista dal C.C.N.L del 19 luglio 2011 in favore dei soli docenti assunti con contratto a tempo indeterminato in servizio al primo settembre del 2010, con conseguente condanna del Ministero dell’Istruzione a pagare alla ricorrente il valore retributivo della fascia stipendiale “3 – 8 anni” fino al conseguimento della fascia retributiva “9 – 14 anni””.
Per il giudice la “parte ricorrente ha addotto a fondamento della domanda volta al riconoscimento della c.d.d progressione stipendiale, anche in questo caso, la violazione del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell’Accordo Quadro sul contratto di lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE. Orbene – si legge ancora nella sentenza emessa alcuni giorni fa -, qualora si verifichi una reiterazione di rapporti di lavoro a tempo determinato si realizza di fatto un contesto identico sotto il profilo dello sviluppo della professionalità, rispetto a quello dei docenti di pari anzianità e titolari di un rapporto a tempo indeterminato, sicché la mancata attribuzione di questi costituisce una disparità di trattamento non legittimata da ragioni obiettive, né giustificabile, ed integra quindi violazione della disciplina sopra richiamate”.
Sempre il giudice del Lavoro ha rilevato che “al personale scolastico è attribuito un trattamento economico differenziato per posizioni stipendiali e il passaggio tra una posizione stipendiale e l'altra può essere acquisito al termine dei periodi previsti dalla tabella allegata al CCNL comparto scuola, sulla base dell'accertato utile assolvimento di tutti gli obblighi inerenti alla funzione, tra cui, in particolare, lo svolgimento continuativo dell’attività lavorativa. Quanto sinora esposto è stato di recente affermato dalla Corte di cassazione nella Sentenza n. 22558 del 07/11/2016 secondo la quale "La clausola dell'Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva 99/70/CE, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio maturata al personale del comparto scuola assunto con contratti a termine, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai CCNL succedutisi nel tempo. Vanno, conseguentemente, disapplicate le disposizioni dei richiamati CCNL che, prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto per i dipendenti a tempo indeterminato””.
Poiché da parte dell’amministrazione scolastica “nessuna prova è stata data della sussistenza di ragioni giustificatrici (tali non sono quelle menzionate nella memoria difensiva, che riferiscono di una ontologica diversità tra rapporto a tempo determinato e indeterminato, ovvero su una non provata eterogeneità del servizio prestato su supplenze non annuali)”, ne consegue che ciò “rende insuscettibile di modifiche l'approdo interpretativo ormai diffusamente raggiunto, confermando il diritto di parte attrice alla piena parità di trattamento. In tal senso la prevalente giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Milano sez. lav., 08/07/2019, n. 1688; Trib. Roma sez. lav., 22/10/2019, n. 9093)”.
Infine, nella sentenza si esamina anche “la norma del CCNL del 4 agosto del 2011 che ha previsto, per i soli lavoratori già in servizio a tempo indeterminato, inseriti "nella preesistente fascia stipendiale "0-2 anni", il diritto a percepire "ad personam", al compimento del periodo di permanenza nella predetta fascia, il valore retributivo della preesistente fascia stipendiale "3-8 anni", fino al conseguimento della fascia retributiva "9-14 anni"”. Il giudice ha rilevato, con questa condotta, “un'evidente e non giustificata discriminazione ai danni dei lavoratori assunti con contratto a termine, va disapplicata nella parte in cui limita l'applicazione del beneficio in questione ai lavoratori assunti a tempo indeterminato in virtù della efficacia diretta, in tale parte, della clausola 4 dell'Accordo quadro allegato alla direttiva n. 70 del 1999, clausola, questa, che come chiarito dalla Corte di Giustizia, può fondare la pretesa di lavoratori impiegati con contratti a termine di beneficiare delle progressioni retributive riconosciute ai lavoratori di ruolo. In tal senso la recente pronuncia della Cass. n. 2924/2020: “In tema di riconoscimento dei servizi preruolo del personale scolastico, l'art. 2 del c.c.n.l. del 4 agosto 2011, nella parte in cui limita il mantenimento del maggior valore stipendiale in godimento "ad personam", fino al conseguimento della nuova successiva fascia retributiva, ai soli assunti a tempo indeterminato, viola la clausola 4 dell'Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, con conseguente disapplicazione della norma contrattuale da parte del giudice e riconoscimento della medesima misura transitoria di salvaguardia anche al lavoratore a termine, poi immesso nei ruoli dell'amministrazione””.
LE CONCLUSIONI DEL GIUDICE
Per il tribunale del Lavoro “il differente trattamento stipendiale tra personale a termine e in ruolo in tanto potrebbe trovare applicazione solo in quanto si fondi su circostanze connesse alle caratteristiche intrinseche delle mansioni e delle funzioni esercitate, le quali solo potrebbero legittimare la differenza di trattamento, non emerse in questa sede, non essendo tali quelle dedotte dal MIUR. Le conclusioni raggiunte impongono, pertanto, l’accoglimento della domanda ed il riconoscimento, ai fini economici, del diritto della parte ricorrente agli emolumenti relativi in corrispondenza delle supplenze eseguite, in modo continuativo e reiterato per più annualità con contratti a tempo determinato in regime di parità di trattamento rispetto al personale di ruolo della Scuola, ai fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato, sino all’effettiva immissione in ruolo”.
Il ministero dell’Istruzione è stato quindi condannato “al pagamento in favore di parte ricorrente delle differenze retributive tra quanto corrisposto per il servizio prestato e quanto spettante in base alla posizione stipendiale acquisita in ragione dell’anzianità di servizio che sarebbe maturata con l’attività lavorativa precedentemente svolta; oltre alla maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria, dalla data di maturazione di ciascun incremento retributivo fino al saldo”.
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