Inviata una lettera di Pacifico al Presidente Napolitano dove si richiede un intervento perché si rappresenti agli On. Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato la necessità di una attenta valutazione sulla legittimità del Decreto Legge per lo Sviluppo economico recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri per il rischio di violazione degli articoli artt. 3, 10 e 11, 24, 111, 117 della Costituzione da parte dei commi 19 e 20 dell’articolo 9 (Scuola e merito).
Leggi la lettera al Presidente Napolitano
All’Onorevole Presidente della Repubblica
Palazzo del Quirinale
Oggetto: richiesta di intervento affinché si rappresenti agli On. Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato la necessità di una attenta valutazione sulla legittimità del Decreto Legge per lo Sviluppo economico recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri, per il rischio di violazione degli articoli artt. 3, 10 e 11, 24, 111, 117 della Costituzione da parte dei commi 19 e 20 dell’articolo 9 (Scuola e merito).
Onorevole Presidente,
premesso che il Decreto Legge per lo Sviluppo economico di cui in oggetto prevede, al comma 19 art. 9 che “Il comma 14-bis dell’articolo 4 della legge 3 maggio 1999, n. 124 si interpreta nel senso che i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente e Amministrativo, Tecnico ed Ausiliario (ATA), in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, non possono in alcun caso trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, né consentire la maturazione di anzianità utile ai fini retributivi prima della immissione in ruolo, da attuarsi, sulla base delle graduatorie previste dalle disposizioni vigenti, esclusivamente su posti vacanti e disponibili, previa procedura autorizzatoria di cui all’articolo 39, comma 3-bis, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e successive modificazioni”, e al comma 20 art. 9 che “All’articolo 10 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente: “4-bis. Stante quanto stabilito dalle disposizioni di cui alla legge 3 maggio 1999, n. 124, sono altresì esclusi dall’applicazione del presente decreto i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato. In ogni caso non si applica l’articolo 5, comma 4-bis, del presente decreto”;
sebbene Ella, già in precedenti occasioni (ad esempio, in riferimento al D.d.L. 1441-quater-F nel 2010) sia autorevolmente intervenuto per sottolineare l’opportunità “di una riflessione anche su disposizioni in qualche modo connesse […] che riguardano gli stessi giudizi in corso e che oltretutto rischiano, così come sono formulate, di prestarsi a seri dubbi interpretativi e a potenziali contenziosi […]”;
considerato che la norma segnalata rischierebbe di intervenire su numerosissimi processi in corso in ordine alla illegittima reiterazione di contratti a tempo determinato stipulati per il personale docente ed Ata, in contravvenzione a quanto disposto dall’Unione Europea con la direttiva 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato;
considerato che, sul principio introdotto dalla norma di cui ai commi 19 e 20 art. 9 si è già espressa la Corte di Giustizia Europea (sentenza della Grande Sezione del 4.7.2006, causa C-212/04 Adelener);
Le chiedo, nell’esercizio delle sue funzioni di controllo e di garante, di valutare la possibilità di rappresentare agli On. Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato la necessità di una attenta valutazione sulla legittimità del Decreto Legge per lo Sviluppo economico recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri, per il rischio di violazione degli artt. 3, 10 e 11, 24, 111, 117 della Costituzione da parte dei commi 19 e 20 dell’articolo 9.
Si allega estratto della sentenza della Grande Sezione del 4.7.2006, causa C-212/04 Adeneler.
L’occasione è gradita per rinnovarLe cordiali saluti.
Roma, 10 maggio 2011
Il Presidente Nazionale ANIEF
Prof. Marcello Pacifico
Estratto della sentenza della Grande Sezione del 4.7.2006, causa C-212/04 Adeneler
[…]
La causa principale e le questioni pregiudiziali
24 Dal fascicolo trasmesso alla Corte dal giudice del rinvio risulta che i ricorrenti nella causa principale, che esercitano le professioni di addetti al prelievo di campioni, di segretari, di tecnici e di veterinari, hanno stipulato, a partire dal maggio 2001 e prima del termine ultimo entro il quale la direttiva 1999/70/CE avrebbe dovuto essere recepita nell’ordinamento giuridico ellenico, vale a dire il 10 luglio 2002, con l’ELOG, persona giuridica di diritto privato appartenente al settore pubblico con sede a Salonicco, diversi contratti di lavoro a tempo determinato successivi, gli ultimi dei quali sono scaduti tra il giugno e il settembre 2003 senza essere rinnovati (in prosieguo: i «contratti controversi»). Ciascuno di tali contratti, sia il contratto iniziale sia ogni contratto successivo, era stipulato per una durata di 8 mesi e tra i diversi contratti intercorrevano periodi di durata variabile tra un minimo di 22 giorni e un massimo di 10 mesi e 26 giorni. I ricorrenti nella causa principale venivano ogni volta riassunti per occupare lo stesso posto di lavoro per il quale era stato stipulato il contratto originario. Tutti i lavoratori interessati erano titolari di un siffatto contratto a tempo determinato alla data di entrata in vigore del decreto presidenziale n. 81/2003.
25 A seguito del mancato rinnovo dei loro contratti di lavoro gli interessati risultano disoccupati ovvero provvisoriamente occupati presso l’ELOG a seguito di provvedimenti giudiziari d’urgenza.
26 I ricorrenti nella causa principale hanno pertanto adito il Monomeles Protodikeio Thessalonikis al fine di far dichiarare che i contratti controversi devono essere considerati come contratti di lavoro a tempo indeterminato, in conformità all’accordo quadro. A tale effetto essi rilevano di aver fornito all’ELOG prestazioni regolari corrispondenti a «fabbisogni permanenti e durevoli», ai sensi della normativa nazionale, di sorta che la conclusione successiva di contratti di lavoro a tempo determinato con il loro datore di lavoro era abusiva, poiché nessuna ragione obiettiva giustificava il divieto, previsto nell’art. 21, n. 2, della legge n. 2190/1994, di trasformare i rapporti di lavoro controversi in contratti di lavoro a tempo indeterminato.
27 Secondo il giudice del rinvio, una siffatta riqualificazione dei contratti controversi costituisce condizione necessaria alla decisione in merito ad ulteriori domande dei ricorrenti della causa principale, quali la loro reintegrazione e il pagamento dei loro arretrati salariali.
28 Il giudice del rinvio, ritenendo che la clausola 5 dell’accordo quadro conferisca agli Stati membri un ampio potere discrezionale per il suo recepimento nell’ordinamento giuridico interno di questi ultimi e non abbia carattere sufficientemente preciso e incondizionato per avere un’efficacia diretta, si chiede innanzitutto a partire da quale data, in caso di tardiva attuazione della direttiva 1999/70/CE, il diritto nazionale debba essere interpretato in conformità a quest’ultima. Egli indica a tal proposito diverse date, vale a dire quella della pubblicazione della detta direttiva nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, che corrisponde alla data di entrata in vigore di quest’ultima, quella della scadenza del termine di attuazione e quella di entrata in vigore del decreto presidenziale n. 81/2003.
29 Egli si interroga inoltre sulla portata della nozione «ragioni obiettive» ai sensi della clausola 5, n. 1, lett. a), dell’accordo quadro, che possono giustificare il rinnovo dei contratti o dei rapporti di lavoro a tempo determinato, tenuto conto dell’art. 5, n. 1, lett. a), del decreto presidenziale n. 81/2003 che consente il rinnovo illimitato dei contratti di lavoro a tempo determinato, in particolare quando la durata determinata sia prevista da una disposizione legislativa o regolamentare.
30 Il giudice del rinvio si chiede altresì se le condizioni di rinnovo dei contratti di lavoro a tempo determinato, quali risultanti dal combinato disposto dei nn. 3 e 4 dell’art. 5 del decreto presidenziale n. 81/2003, siano conformi al principio di proporzionalità e all’effetto utile della direttiva 1999/70/CE.
31 Infine, dopo aver constatato che il ricorso, nella prassi, all’art. 21 della legge n. 2190/1994 per giustificare la conclusione di contratti di lavoro di diritto privato a tempo determinato quando tali contratti hanno la finalità di soddisfare «fabbisogni permanenti e durevoli» è abusivo, il giudice del rinvio si chiede se in un’ipotesi siffatta il divieto enunciato al n. 2, ultima frase, del detto art. 21 di trasformare contratti conclusi a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato, pregiudichi l’effetto utile del diritto comunitario e se esso sia conforme alla finalità enunciata nella clausola 1, lett. b), dell’accordo quadro, che mira a prevenire gli abusi risultanti dal ricorso ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
32 In tale contesto, il Monomeles Protodikeio Thessalonikis ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, nella versione rettificata dalla decisione di quest’ultimo in data 5 luglio 2004:
«1) Se il giudice nazionale debba interpretare il proprio diritto nazionale – nei limiti del possibile – in modo conforme ad una direttiva tardivamente recepita nell’ordinamento giuridico interno
a) dal momento in cui la direttiva sia entrata in vigore, oppure
b) dal momento in cui il termine per recepire la direttiva nell’ordinamento interno sia scaduto senza che tale recepimento sia avvenuto, o
c) dal momento in cui il provvedimento nazionale di recepimento sia entrato in vigore.
2) Se la clausola 5, n. 1, lett. a) dell’accordo quadro (…) debba essere interpretata nel senso che una ragione obiettiva per il ripetuto rinnovo o per la conclusione di contratti di lavoro a tempo determinato successivi, al di là dei motivi che dipendono dalla natura, dal tipo, dalle caratteristiche del lavoro prestato e da altre ragioni analoghe, sia rappresentata dal semplice fatto che la stipulazione di un contratto a tempo determinato sia prevista da una disposizione legislativa o regolamentare
3) a) Se una disposizione nazionale come l’art. 5, n. 4, del decreto presidenziale n. 81/2003, la quale precisa che contratti di lavoro successivi sono quelli stipulati tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore con condizioni di lavoro identiche o simili e intervallati da un lasso temporale non superiore a 20 giorni, sia conforme alla clausola 5, nn. 1 e 2, dell’accordo quadro (…).
b) Se la clausola 5, nn. 1 e 2, dell’accordo quadro (…) possa essere interpretata nel senso che la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra il lavoratore e il suo datore di lavoro possa presumersi soltanto quando sia soddisfatta la condizione stabilita dalla disposizione di diritto interno di cui all’art. 5, n. 4, del decreto presidenziale n. 81/2003;
4) Se il divieto di conversione di contratti di lavoro a tempo determinato successivi in contratti a tempo indeterminato previsto dalla disposizione di diritto interno di cui all’art. 21 della legge n. 2190/1994, sia compatibile con il principio dell’effettività del diritto comunitario e con la finalità del combinato disposto dalle clausole 5, nn. 1 e 2, e 1 dell’accordo quadro (…), qualora tali contratti vengano sì stipulati a tempo determinato per soddisfare un bisogno straordinario o stagionale del datore di lavoro, ma con il fine di far fronte ad un suo fabbisogno permanente e durevole».
[…]
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1) La clausola 5, n. 1, lett. a), dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta all’utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato successivi che sia giustificata dalla sola circostanza di essere prevista da una disposizione legislativa o regolamentare generale di uno Stato membro. Al contrario, la nozione di «ragioni obiettive» ai sensi della detta clausola esige che il ricorso a questo tipo particolare di rapporti di lavoro, quale previsto dalla normativa nazionale, sia giustificato dall’esistenza di elementi concreti relativi in particolare all’attività di cui trattasi e alle condizioni del suo esercizio.
2) La clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo indeterminato deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, quale quella controversa nella causa principale, la quale stabilisce che soltanto i contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato non separati gli uni dagli altri da un lasso temporale superiore a 20 giorni lavorativi devono essere considerati «successivi» ai sensi della detta clausola.
3) In circostanze quali quelle di cui alla causa principale, l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato deve essere interpretato nel senso che, qualora l’ordinamento giuridico interno dello Stato membro interessato non preveda, nel settore considerato, altra misura effettiva per evitare e, nel caso, sanzionare l’utilizzazione abusiva di contratti a tempo determinato successivi, il detto accordo quadro osta all’applicazione di una normativa nazionale che vieta in maniera assoluta, nel solo settore pubblico, di trasformare in un contratto di lavoro a tempo indeterminato una successione di contratti a tempo determinato che, di fatto, hanno avuto il fine di soddisfare «fabbisogni permanenti e durevoli» del datore di lavoro e devono essere considerati abusivi.
4) Nell’ipotesi di tardiva attuazione nell’ordinamento giuridico dello Stato membro interessato di una direttiva e in mancanza di efficacia diretta delle disposizioni rilevanti di quest’ultima, i giudici nazionali devono nella misura del possibile interpretare il diritto interno, a partire dalla scadenza del termine di attuazione, alla luce del testo e della finalità della direttiva di cui trattasi al fine di raggiungere i risultati perseguiti da quest’ultima, privilegiando l’interpretazione delle disposizioni nazionali che sono maggiormente conformi a tale finalità, per giungere così ad una soluzione compatibile con le disposizioni della detta direttiva.
Per cercare di arrestare i risarcimenti danni a favore dei precari. Rivendicano il merito nell’azione di Governo, attaccano l’opposizione e sono lodati dal Ministro del lavoro e del Miur per aver sostenuto una politica incentrata sui tagli al settore dell’istruzione, sul blocco degli stipendi e delle elezioni RSU.
Bella coerenza: da una parte, certi sindacati la cui rappresentatività negli ultimi due anni è stata garantita dal ministro della Funzione pubblica (datore di lavoro) hanno invitato i precari a ricorrere nei tribunali del lavoro per non perdere preziose tessere al fine di chiederne la stabilizzazione, seguendo l’iniziativa dell’Anief; dall’altra, danno il loro placet alla norma del Decreto di sviluppo economico che vorrebbe disapplicare la normativa comunitaria in tema di stabilizzazione del personale a tempo determinato in cambio della copertura di neanche la metà dei posti vacanti e disponibili.
Vergogna: qui risiedono le motivazione della crisi del sindacato.
Già, perché i precari inseriti nelle graduatorie sono più di 250.000 di cui almeno 108.000 di essi, oggi, potrebbero essere stabilizzati sui posti vacanti e disponibili, altro che 67.000 immissioni.
Vadano tutti a rivedersi i conti.
Il Governo, di contro, in cambio del nuovo piano di assunzioni che dovrebbe completare, in ritardo di due anni, quanto già previsto da una legge del 2006, ottiene il via libera da parte degli stessi sindacati alla norma che, nel Decreto sullo sviluppo economico, dovrebbe bloccare nelle sue intenzioni i risarcimenti danni e le conversioni dei contratti disposti dai giudici a favore dei precari della scuola con tre anni di contratto.
Strano che questi sindacati in dieci anni si siano ricordati soltanto nel gennaio scorso che esisteva una norma comunitaria che prevedeva la stabilizzazione dei precari e, sempre strano, che oggi si dimentichino di denunciare l’illegittimità della norma blocca-processi introdotta nel decreto di cui rivendicano la primogenitura, che sarà facilmente stralciata dalla Consulta o dalla Corte di giustizia europea, già pronunciatesi in casi analoghi (sentenza n. 168/01 della Corte costituzionale, sentenza della Grande Sezione del 4.7.2006, causa C-212/04 Adelener).
Anief continua per la sua strada, con coerenza e giustizia, dalla parte dei lavoratori della scuola e cercherà di garantire a tutti quei precari utilizzati ogni anno in maniera sistematica dallo Stato per il funzionamento della Scuola il diritto all’immissione in ruolo, al di là dei proclami o delle finzioni del drammaturgo di turno.
Nel frattempo, chiederemo ai parlamentari di modificare un testo che viola palesemente la nostra costituzione e la direttiva comunitaria nella speranza di ritardare l’esito scontato del contenzioso: già, perché i giudici potranno sempre disapplicare la nuova normativa se ritenuta illegittima.
Grazie all’azione decisa dell’Anief: 30.000 dalle vecchie graduatorie di pettine e di coda. Ma ne mancano ancora 41.000. Graduatorie e salva-precari triennali per i precari. Blocco quinquennale della mobilità per i neo-assunti.
Nel gennaio 2010, l’Anief lanciava solitaria dalle pagine di Repubblica il contenzioso per la stabilizzazione del personale precario e per la parità di trattamento tra personale a tempo determinato e personale a tempo indeterminato, forte dei successi sulle graduatorie di coda al Tar Lazio.
Un anno dopo, una norma di legge imponeva entro il dicembre 2011 la scelta di ricorrere al giudice del lavoro per reclamare l’immissione in ruolo in caso di licenziamento dopo 3 anni di contratto da supplente. L’Anief avviava le procedure per organizzare il ricorso per più di 8.000 assistiti insieme, recentemente, ad alcune di quelle altre OO. SS. che sono state pubblicamente oggi ringraziate dal ministro Gelmini per la collaborazione avvenuta in questi due anni di tagli e blocco degli stipendi.
Di fronte al nuovo contenzioso che reclama l’osservazione della normativa comunitaria e al vecchio contenzioso sfociato nella sentenza della Consulta che ha permesso, ai primi 3.000 ricorrenti Anief, l’inserimento a pettine nelle altre province delle graduatorie elaborate e riformulate per l’anno scolastico 2010-2011, il Governo ha autorizzato 67.000 immissioni con nomina retroattiva sulle graduatorie rielaborate dell’anno in corso e altri migliaia sui posti dai posti vacanti e disponibili sulle graduatorie nuove che verranno elaborate per il prossimo anno scolastico, quando sarà consentito ai precari di cambiare provincia.
A tal proposito, per evidenti ragioni di chiarezza, l’Anief chiederà a tutti i ricorrenti (Tar e Pdr, con e senza commissariamento) nei prossimi giorni di compilare apposite istanze di accesso agli atti da inviare all’amministrazione per individuare gli aventi diritto alla stipula dei contratti anche per gli anni precedenti. Ma mancano ancora 41.000 posti che ogni anno per errore sono stati dati al 30 giugno invece che al 31 agosto e che dovrebbero essere subito stabilizzati.
Il rinnovo del salva-precari è anche di buon auspicio per tutti i ricorrenti che hanno chiesto con i ricorsi al Tar l’inserimento nel 2009 e nel 2010 e di cui si attende la sentenza di merito dopo le ordinanze cautelari che hanno concesso l’inserimento negli elenchi prioritari di chi aveva prestato servizio nel 2008-2009 per 180 giorni su più scuole. Se l’Anief ottiene la mobilità per i precari che si potranno spostare in un’altra provincia con il proprio punteggio per il nuovo triennio di vigenza delle graduatorie, semaforo rosso per gli insegnanti neo-immessi in ruolo che dal Governo sono bloccati nella provincia di nomina. Nessun accenno, invece, allo sblocco dei contratti del pubblico impiego (e quindi docenti e ata) che una recente sentenza della Cassazione sembra voler contrastare nella denuncia delle gabbie salariali, su cui l’Anief in questi giorni chiederà il parere dei giudici del lavoro.
Il Decreto, complessivamente, se rende giustizia ai primi ricorrenti che otterranno il ruolo grazie alla battaglia giuridica condotta dall’Anief sulle graduatorie del personale docente, l’assunzione per merito, il rispetto delle norme europee, non risolve purtroppo in maniera sistematica la condizione della precarietà della scuola italiana (15% del personale in servizio) né la disparità di trattamento tra personale avente uguale titolo. Pertanto, l’Anief continuerà la propria azione sindacale a tutela di tutti i professionisti della scuola e a baluardo dei nostri principi costituzionali rendendo note le sue iniziative anche giudiziarie con successivi comunicati.
Nell’incontro di oggi con le OO. SS. convocate per scelta del ministro Brunetta, il Miur dà ragione all’Anief dopo due anni di inutile contenzioso. Tutti a pettine. Nelle prossime immissioni in ruolo, una quota riservata ai ricorrenti. Ora il sindacato chiede l’applicazione della normativa comunitaria nella scuola per la stabilizzazione.
Alla fine aveva ragione l’Anief, peccato che ci sono voluti quattro anni per constatare chi è stato sempre dalla parte del diritto, al di là delle sirene, dei gufi e dei lupi di turno: l’aggiornamento delle graduatorie in questa primavera si farà e si potrà scegliere in quale provincia spostarsi con il proprio punteggio come era stato previsto tra il 2002 e il 2007. I ricorrenti che saranno inseriti nei prossimi giorni a pettine per effetto delle decisioni del Miur in auto-tutela secondo le comunicazioni del commissario ad acta o dei giudici del lavoro (in caso di inadempienze) avranno diritto alla stipula dei contratti a tempo determinato o indeterminato se aventi diritto (come precisato dallo stesso commissario) con una riserva dei posti da attingere o nel prossimo numero di immissioni in ruolo autorizzate o con nomine in surroga, qualora le operazioni di individuazione richiedano più tempo. Salvi i contratti, comunque, stipulati, nel biennio 2009-2011 dagli altri docenti, ma anche i diritti dei ricorrenti che hanno dato fiducia all’Anief, ai suoi legali e non alle altre OO. SS. che hanno fatto spendere tempo e denaro inutile in contro-ricorsi.
L’aggiornamento, probabilmente, per effetto di un emendamento al prossimo decreto legge di programmazione economica e finanziaria, sarà triennale, a riprova della validità della giurisprudenza comunitaria che impone la stabilizzazione dopo tre anni di servizio a tempo determinato come denunciato dall’Anief sempre da due anni, e quand’anche dal Mef si provasse con un emendamento a intervenire nello stesso decreto escludendo la scuola e l’università dall’applicazione della normativa UE, è chiaro che, essendo in palese violazione dei trattati europei, potrebbe essere sempre disapplicata dai giudici o dichiarata incostituzionale. Su questo tema, pertanto, chiediamo alle altre OO. SS. rappresentative ope legis, di appoggiare una volta tanto anche in sede parlamentare, la richiesta dell’Anief invece di ostacolarla. Un’occasione propizia, potrebbe essere proprio il favore alla proposta di legge dell’on. Russo, n. 3920.
Per quanto riguarda il contenzioso seriale avverso il DM. 42/09 e le relative nuove attività da porre in essere, si attende un incontro con il Miur da espletare entro il 29 aprile prossimo al fine di porre in essere le attività consequenziali. Successivamente saranno date eventuali precise istruzioni a tutti i ricorrenti al Tar Lazio e al Presidente della Repubblica.
108.000 posti sono vacanti e disponibili e subito assegnabili in ruolo. Richiesto anche l’inserimento dei docenti abilitati (a pieno titolo) e specializzandi (con riserva) nelle graduatorie ad esaurimento.
Dopo le condanne a risarcimenti milionari dei giorni scorsi emesse dai tribunali della Repubblica, peraltro confermate in appello (Perugia) anche quando è stata bloccata l’immissione in ruolo disposta dal giudice di primo grado, e dopo il balletto delle cifre sciorinate da alcuni sindacalisti in merito ai posti vacanti e disponibili (dalle 30.000 alle 65.000 unità), peraltro smentite dallo stesso ministro Gelmini che recentemente ha parlato di 110.000 supplenze annuali - forse convinta dei numeri che l’Anief ha estrapolato dal rapporto da Lei commissionato su La Scuola in Cifre (38.000 posti docente e 70.000 ata nell’a.s. 2009-2010) - considerati gli 8.000 ricorsi che la sola Anief ha predisposto (dato che ormai con il blocco degli scatti del personale di ruolo non vi è alcun risparmio dello Stato rispetto al personale precario) e che al personale ata in sede di conciliazione viene ormai esteso al 31 agosto il contratto al 30 giugno senza alcun risparmio per i mesi estivi al netto di ferie non godute e assegno di disoccupazione, Anief ritiene sia arrivato il momento di presentare e approvare una norma di legge per stabilizzare con urgenza il precariato e adeguare anche la scuola a quanto disposto dalla direttiva europea 1999/70/CE, inserendo un emendamento specifico al disegno di legge comunitario: o il DDL 2646 in discussione presso la I Commissione del Senato o il DDL 4059 in discussione presso la XIV Commissione della Camera.
Analogamente, per rispettare altre due direttive comunitarie (2005/36/CE e 2006/100/CE), Anief ritiene che sia necessario presentare un altro emendamento specifico per inserire i docenti abilitati in Italia come all’estero nelle graduatorie ad esaurimento, e per consentire l’inserimento con riserva dei docenti specializzandi in procinto di conseguite una laurea o un diploma abilitante presso le università italiane autorizzate (Scienze della Formazione primaria, Accademie e Conservatori).