La protesta indetta da Anief, Unicobas e Usb, assieme a diverse altre sigle sindacali, avrebbe convinto il primo partito della maggioranza governativa e parlamentare a rivedere alcune storture della riforma, ad iniziare dal depotenziamento degli organi collegiali, con conseguenti super poteri ai presidi, e alla chiusura delle supplenze per tutti i precari che hanno svolto 36 mesi di servizio.
Marcello Pacifico, presidente Anief e candidato al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione: è vero, si stanno cogliendo i primi effetti della sollevazione popolare del mondo della scuola contro una riforma senza capo né coda, ma la mobilitazione del 24 aprile rimane in piedi. Rimangono infatti da cambiare ancora diversi punti del disegno di legge: trasferimenti immediati per i neo-assunti, no alla chiamata diretta del personale da parte dei presidi e al merito riservato a pochi lavoratori scelti dal dirigente, ripristino di un sesto del tempo scuola tagliato dalle riforme Gelmini, mancata assunzione di 100mila docenti abilitati e 10mila Ata.
Sono 90 gli emendamenti, al disegno di legge n. 2994, presentati oggi dall’Anief a Montecitorio nel corso dell’audizione tenuta dal sindacato nella Sala del Mappamondo, davanti alle commissioni congiunte Cultura e Istruzione di Camera e Senato: tra le proposte presentate c’è l’accesso alla mobilità per i neo-assunti, l’assunzione immediata di tutti i docenti precari delle GaE e della seconda fascia in graduatoria d’Istituto (da trasformare in permanenti), l’immissione in ruolo di 10mila Ata su altrettanti posti vacanti e quindi la stabilizzazione di tutto il personale con 36 mesi di servizio svolto su posto vacante. Richiesto poi l’obbligo formativo sino a 18 anni, il ripristino del maestro prevalente su moduli e del docente specialista di lingua inglese in organico di diritto. Nel piano di immissioni in ruolo vanno anche inclusi tutti i docenti risultati idonei e abilitati con riserva. Espresso il no categorico alla nuova governance della scuola, con i dirigenti scolastici che verrebbero trasformati in despoti e promotori della illegittima chiamata diretta del personale. Anief ha inoltre chiesto ai parlamentari la parità di trattamento del personale di ruolo e a tempo determinato, come indicato dalla Corte di Giustizia europea, anche per l’ambito retributivo. Come va risolta con estrema celerità l’incredibile questione di migliaia ‘Quota 96’ ancora bloccati in servizio per un errore, da tutti ammesso, nella Legge Monti-Fornero. Nella delicata fase di riordino delle disposizioni normative in materia di Sistema nazionale di istruzione e formazione va, infine, resa obbligatoria la consultazione del Consiglio superiore della pubblica istruzione.
Marcello Pacifico (presidente Anief): la riforma va cambiata, altrimenti si creeranno squilibri ancora più evidenti nell’organizzazione della scuola italiana che si ripercuoteranno negativamente sui livelli di offerta formativa. Siamo particolarmente preoccupati per l’eccessivo potere conferito ai dirigenti scolastici, che potranno effettuare anche la chiamata diretta del personale: un progetto incostituzionale, già cassato dalla Consulta.
Rimangono fuori dalle assunzioni e addirittura dalle supplenze tantissimi docenti abilitati, da anni impegnati nell’insegnamento su posti vacanti. Viene elusa la sentenza della Corte di Giustizia europea dello scorso 26 novembre. Via libera alla chiamata diretta incostituzionale. A rischio reggenze di migliaia di istituti e la governance delle scuole
Marcello Pacifico (presidente Anief e candidato al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione): non ha senso lasciare fuori dalle assunzioni coloro che fanno parte delle liste d’istituto o che si sono abilitati con TFA, PAS, diploma magistrale, cancellati o mai inseriti: hanno conseguito l’abilitazione con lo stesso percorso didattico e le stesse selezioni in entrata e in uscita. Sarebbe bastato realizzare un censimento dei posti effettivamente vacanti per accorgersi che circa l’80 per cento di quelli oggi conferiti al 30 giugno sono in realtà a tutti gli effetti liberi: quindi utili per le immissioni in ruolo. E, allo stesso, tempo ci sono una miriade di altri problemi che il ddl non solo non risolve, ma acuisce. Come l’assurdità della chiamata diretta, già cassata dalla Consulta nel 2013, in occasione di un altro tentativo maldestro: quello della Regione Lombardia.
La novità è contenuta nel disegno di legge che martedì 31 verrà formalmente assegnato dall'Aula di Montecitorio alla Commissione Cultura: la “formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale. Le attività sono definite dalle singole istituzioni scolastiche in coerenza con il Piano triennale dell’offerta formativa”.
Dalla Relazione Tecnica del ddl si apprende che il percorso è suddiviso in 4 fasi: incontri di accoglienza e fine corso per la durata complessiva di 5 ore a gruppi di massimo 250 docenti; laboratori formativi dedicati (4 laboratori dedicati ad approfondimenti di 3 ore ciascuno a gruppi di massimo 30 docenti e 4 ore di autoformazione e rielaborazione dell’esperienza); attività peer to peer (5 ore di affiancamento di ciascun docente ad un tutor della scuola per scambio di esperienze tra pari e 4 ore di autoformazione e rielaborazione dell’esperienza); formazione on-line (20 ore di formazione on-line su piattaforma informatica). Per ciascun docente è previsto un costo di formazione pari a 52,20 euro per un totale di 40 milioni. Prevista anche una Card di 500 euro per tutti gli insegnanti in organico di diritto, per un impegno di 127 milioni di euro per le esigenze formative del 2015 e 381 milioni per il 2016.
Marcello Pacifico (presidente Anief): riteniamo positiva l’adozione di un bonus che possa essere utilizzato per la formazione. Anche se si tratta di un finanziamento davvero minimo: il costo medio di un Master è infatti di almeno 1.000 euro. Quindi i 500 euro di spesa massima previsti dal disegno di legge andrebbero incrementati. È poi importante che quei fondi non provengano da ulteriori taglia alla scuola e che non vadano a sostituire gli aumenti di stipendio dovuti all'adeguamento dello stipendio all’inflazione.
Nell’ultimo quinquennio la categoria dei vicari è stata mortificata: prima è sparita l’indennità di reggenza (2010-2011), poi negata la qualifica di mansione superiore (2012-2014) e infine cancellati del tutto gli esoneri (con la Legge di Stabilità 2015). Come se non bastasse, non è stata assegnata nemmeno più una quota di posti riservata all’interno dei concorsi per dirigenti scolastici. E neanche un riconoscimento giuridico nei contratti sindacali.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): nel ddl La Buona Scuola serve un emendamento che continui a mantenere in vita il ruolo dei vicari dei presidi. Il sindacato ha inoltre calcolato che un vicario ha diritto al recupero dell’indennità di reggenza negata - per il periodo 2010-2015 - di una cifra che varia, a seconda del numero di alunni iscritti all’istituto, dai 5mila ai 10mila euro l’anno. Per questo abbiamo deciso di fare ricorso in tribunale.