Sta determinando forti proteste l'approvazione avvenuta oggi da parte della Regione Lombardia dell'articolo 8 della legge 'misure per la crescita, lo sviluppo e l'occupazione', in base al quale "le istituzioni scolastiche statali possono organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi per reclutare il personale docente con incarico annuale".
Secondo i sindacati la norma sarebbe palesemente incostituzionale. Per il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico, "il ministro Profumo deve bloccare la norma. In caso contrario la impugneremo in Tribunale".
Secondo il leader del sindacato, specializzato nella normativa scolastica, "la giunta lombarda si sta assumendo una responsabilità enorme nel contrastare le indicazioni della nostra Costituzione e dovrà spiegare le ragioni di questa insensata iniziativa direttamente ai giudici".
"La Regione Lombardia ed il presidente Roberto Formigoni dovrebbero sapere - continua Pacifico - che il reclutamento del comparto Scuola è di pertinenza esclusiva dello Stato: l'ordinario svolgimento delle attività didattiche deve quindi essere svolto da docenti assunti obbligatoriamente dallo Stato e non dalle singole Regioni". Il presidente dell'Anief ricorda che "neanche in Sicilia, Regione a statuto speciale, senza le necessarie modifiche legislative nazionali e regionali si può procedere alla gestione diretta del personale scolastico. Fanno eccezione Trento e Bolzano, ma si tratta di province autonome. E la Lombardia non lo è".
Il parlamentare siciliano ha chiesto cosa sta facendo il responsabile del Miur per la costituzione della quarta fascia aggiuntiva. E a che punto è l'inserimento degli abilitandi. L’Anief intanto prepara i ricorsi per aggiudicarsi il prima possibile l’inserimento a “pettine”.
Che fine ha fatto il compromesso raggiunto in Senato per garantire l’introduzione degli abilitati all’insegnamento nell’ultimo triennio all’interno delle graduatorie ad esaurimento, seppure in una quarta fascia aggiuntiva? A chiederlo al ministro Profumo, attraverso un’interrogazione, è stato il 3 aprile l’on. Tonino Russo (Pd), componente della commissione cultura alla Camera, tra i promotori, alla Camera, dell’emendamento che sembrava aprire del tutto le porte delle GaE agli ultimi abilitati.
Russo ha chiesto di sapere “a quale punto è la definizione del decreto per regolamentare l’inserimento in fascia aggiuntiva nelle graduatorie ad esaurimento, entro l'anno 2012-2013, dei docenti che hanno conseguito l'abilitazione essendo stati iscritti ai corsi universitari abilitanti negli anni accademici 2008-2009, 2009-2010 e 2010-2011, presso le Facoltà di Scienze della Formazione, le Università, le Accademie a i Conservatori”.
Il deputato del Pd coglie anche l’occasione per ricordare al Ministro quali effetti ha avuto l’impegno assunto dai parlamentari sullo “scioglimento della riserva degli abilitati all'insegnamento del semestre aggiuntivo del IX corso Siss nonché degli insegnanti che, pur abilitati, non hanno rinnovato domanda di inserimento all'atto dell'aggiornamento”. Per Russo “è bene che il Governo cominci a mettere in campo tutte le iniziative necessarie per chiudere questa partita”.
Sulla questione c’è poi sempre l’impegno del Ministro, a seguito dell’ordine del giorno accolto il 23 febbraio dalla Camera, presentato dallo stesso Russo assieme all’on. Pierfelice Zazzera (Idv), di sanare tutto in corrispondenza del rinnovo delle GaE, quindi nell’a.s. 2014-15.
L’esito della travagliata norma non sembra aver accontentato i diretti interessati. Gli abilitati dal 2009 perché speravano in un inserimento a pettine immediato. E anche gli abilitandi perché chiedevano l’immissione diretta, seppure con riserva. A rappresentare il loro stato d’animo è stata l’Anief, che annuncia ricorsi: l’associazione sindacale di Pacifico “pur ritenendosi soddisfatta per la riapertura delle graduatorie, senza condividere affatto la soluzione dell’inserimento in una fascia aggiuntiva incostituzionale, si riserva dopo la pubblicazione del suddetto decreto di fornire indicazioni a tutti i docenti che avevano ricorso o attendevano le istruzioni operative per ricorrere avverso l’esclusione dall’inserimento nelle graduatorie (ex 7.1-7.3bis et alii)”. Per il sindacato autonomo spiega anche che “che nei nuovi ricorsi al giudice del lavoro a differenza del contenzioso amministrativo, non è possibile in corso d’opera introdurre motivi aggiunti di impugnazione”.
L’auspicio dell’Anief è “che, nell’emanazione del decreto secondo l’impegno assunto dal Governo in Parlamento, si tenga conto del necessario inserimento di chiunque è oggi in possesso di un’abilitazione, sia in Italia che all’estero, per evitare una nuova stagione di ricorsi, cosi come fu previsto nel 2009 per alcune categorie”. Insomma, la guerra legale tra Miur e un numero crescente di precari, che ha contraddistinto gli ultimi anni, non sembra destinata verso una tregua.
Viale Trastevere ha risposto alle diffide dei lavoratori sostenendo che il passaggio per tutti al Tfs non ha cambiato nulla. Dopo la Gilda, stavolta a replicare è l’Anief: il giudice del lavoro ci darà ragione.
La disputa sulla laicità delle trattenuta del 2,5% per l’accantonamento dell’indennità di buonuscita, operata sugli stipendi dei dipendenti della scuola anche dopo il 1° gennaio 2011, sta determinando un altro braccio di ferro tra ministero dell’Istruzione e sindacati. Secondo i rappresentanti dei lavoratori, con il passaggio per tutti al Tfs (trattamento di fine servizio) il regime cui fare riferimento diventa quello dei lavoratori privati. Cui non è assegnata alcuna percentuale per la cosiddetta liquidazione di fine rapporto.
Nei giorni scorsi la Gilda degli insegnanti aveva invitato i docenti ad inviare al Miur degli atti di diffida a seguito della volontà di quest’ultimo di mantenere in vita la trattenuta a favore del Tfr. Fondamentale, sempre per il sindacato guidato da Rino Di Meglio, sarebbero gli “esiti della decisione della Corte Costituzionale”, cui si è rivolto il Tar della Calabria per “dirimere la questione”. L’invito è stato rivolto anche da altri sindacati, ma soprattutto raccolto da molti dipendenti.
Tanto che il 23 marzo viale Trastevere ha emesso una notaattraverso cui ha tenuto a precisare “che a proposto delle richieste di diffida finalizzate ad ottenere la “cessazione del prelievo della ritenuta del 2,5% sull’80% della retribuzione”, il MEF Dipartimento dell’Amministrazione Generale del Personale e dei Servizi, con nota del 13 febbraio 2012, ha chiarito che le modalità di calcolo del TFS non hanno subito, a decorrere dal 1° gennaio 2011, alcuna variazione”. A sostegno di questa teoria riporta l’art. 1 comma 3 del DPCM 20 dicembre 1999, che contiene le motivazioni tecniche per cui occorre “assicurare l’invarianza della retribuzione netta complessiva e di quella utile ai fini previdenziali dei dipendenti”.
La precisazione non ha però scalfito le certezze dei sindacati. Nelle ultime ore l’Anief, in particolare, ha detto di rimanere “convinta” del fatto che “alla luce delle norme vigenti e delle sentenze che i Tar stanno emettendo in merito”, da 15 mesi “viene sottratta al lavoratore pubblico parte della stessa retribuzione, a differenza del lavoratore privato, e quindi diminuita contestualmente la quantità di TFR che lo stesso lavoratore andrà maturando nel tempo”. Violando palesemente in tal modo, sempre secondo il sindacato, l’articolo 3 e dell’articolo 36 della Costituzione, che non prevede applicazioni disomogenee tra lavoratori pubblici e privati. Esaurita la “fase” delle diffide, l’organizzazione guidata da Marcello Pacifico ha già annunciato che “si rivolgerà al giudice del lavoro”.
L’obiettivo è arrivare a replicare nella scuola la sentenza favorevole che il Tar della Calabria, con la n. 53/2012, ha emesso a proposito di una situazione analoga a favore dei magistrati.
Il 27 marzo a Milano davanti al Pirellone protesta dell’Unicobas contro un progetto di legge reputato distruttivo, anti democratico e collegato a doppio ‘filo e nodo scorsoio’ con la Legge regionale Lombardia di Formigoni. Critica pure l’Anief: ignora le rappresentanze dei lavoratori e incentiva la presenza dell’utenza a spese dei docenti.
Non sono rimasti soltanto l’Idv e la Flc-Cgil ad esprimere dubbi sui 14 articoli che compongono la proposta di legge 935 con primo firmatario Valentina Aprea, l’onorevole del Pdl destinata nei prossimi giorni a lasciare la carica per accettare quella di assessore della regione Lombardia. Ad opporsi al testo sono rimasti anche altri sindacati della scuola. E ciò malgrado l’impianto normativo, che ha ricevuto l’ok della VII Commissione Cultura della Camera e che potrebbe presto essere discusso in Aula, contenga ormai quasi esclusivamente “norme per l'autogoverno delle istituzioni scolastiche e la libertà di scelta educativa delle famiglie”. Mentre della controversa “riforma dello stato giuridico dei docenti” è rimasta la presenza solo nel titolo del ddl.
Chi ha cambiato idea, come l’on. Francesca Puglisi (Pd), ha non a caso fatto notare che nella versione attuale del ddl "non c'e più traccia della possibilità di trasformare le scuole in Fondazioni, non c'è traccia di norme sul reclutamento degli insegnanti, funzione centrale della scuola continua ad essere svolta dal Consiglio dei docenti(assente nel testo originario) e dalla partecipazione di genitori e studenti nel consiglio d'istituto (presieduto da un genitore) e nei consigli di classe e di interclasse".
Tuttavia per diversi raggruppamenti il ridimensionamento della proposta Aprea non basta. Secondo Paolo Latella, segretario Unicobas Scuola Lombardia, ci ritroviamo sempre comunque a commentare un piano nazionale di riforma “distruttivo, anti democratico e pericoloso. Forse l'on. Puglisi ingenuamente non ricorda – sottolinea Latella - che questo disegno di legge è collegato a doppio ‘filo e nodo scorsoio’ con la Legge regionale Lombardia di Formigoni - Aprea(sempre lei), dove nell'impianto normativo il reclutamento diretto (a chiamata) e la trasformazioni delle scuole in fondazioni di diritto pubblico sono gli elementi imprescindibili della stessa legge”.
Per dire no pubblicamente ad entrambi i progetti, nazionale e lombardo, l’Unicobas ha organizzato una manifestazione: si terrà martedì 27 marzo a Milano alle 17 davanti al Pirellone. Alla protesta hanno aderito diversi partiti, associazioni, movimenti locali, facenti capo a docenti, studenti, precari e cittadini comuni. “Mentre il PD dove sarà?”, chiede pubblicamente Latella. Che invece ha solo parole di elogio per l’Italia dei valori, i cui rappresentanti avrebbero “ben presente cosa produrranno sia il disegno di Legge Aprea sull'autonomia scolastica che la Legge regionale Formigoni-Aprea sulla chiamata diretta”.
A reputare insoddisfacente la proposta di legge Aprea è anche l’Anief. Per il sindacato guidato da Marcello Pacifico è grave l’assenza “dell’organo di rappresentanza dei lavoratori”. Inoltre ritiene che “la durata del consiglio dell’autonomia debba essere annuale e non triennale per impedire vacanze nelle nomine o sostituzioni improprie del personale docente e dirigente”. I rilievi dell’Anief non finiscono qui. In particolare, l’associazione sindacale ritiene pericoloso incentivare, all’interno degli organi collegiali, la presenza di studenti, genitori e rappresentanti degli enti locali a spese degli insegnanti: “una maggiore partecipazione dell’utenza alla vita della Scuola che non può penalizzare la componente docente che ha un ruolo centrare nella progettazione e nell’attuazione del Pof”. E ciò vale pure per “l’elezione del presidente del consiglio”. Il sindacato di Pacifico reputa grave, infine, i mancati riferimenti alla “valorizzazione dell’attività di ricerca e di sperimentazione che da sempre risultano un elemento fondante per l’arricchimento professionale dei docenti e al ruolo delle altre associazioni professionali diversamente dal consiglio nazionale delle autonomie scolastiche”. Oltre la mancanza di riferimenti al Cnpi, “che pure dovrebbe essere rinnovato nei suoi componenti”.
Del mancato via libera a 4mila dipendenti cui serviva il riconoscimento del servizio fino al 31 agosto si discuterà anche in tribunale. Il ministro del Welfare: capisco rabbia, ma non è un'ingiustizia. Anche gli over 65 anni tremano: ottenere la proroga per rimanere in servizio sarà davvero dura.
Sembrano non volersi rassegnare i circa 4mila dipendenti, in larga parte insegnanti, che hanno visto sfumare negli ultimi mesi la possibilità di andare in pensione a seguito dell’approvazione della riforma Monti-Fornero: naufragata la possibilità di un emendamento al decreto Milleproroghe, su cui si era a lungo impegnato il Partito democratico, i diretti interessati hanno man mano iniziato a muoversi attraverso iniziative legali. Dopo la costituzione del gruppo on line “Quota 96”, venutosi a creare all’interno del nel blog dell'on. Manuela Ghizzoni (Pd), negli ultimi giorni a farsi promotori dei ricorsi sono stati alcuni sindacati. Il mancato riconoscimento del servizio che va dal 1° gennaio al 31 agosto 2012 diventerà materia di Tribunaleamministrativo regionale attraverso, ad esempio, la Uil Scuola: il sindacato guidato da Massimo Di Menna ha annunciato che impugnerà il diktat del governo mettendo a disposizione una dettagliata schedache riassume i requisiti necessari per impugnareal Tar del Lazio, tramite le segreterie provinciali, una “decisione del governo che penalizza i lavoratori del nostro settore in modo particolare, creando disparità”.
Sempre la Uil Scuola riassume le tipologie di persone interessate dal ricorso (c’è tempo sino al 14 aprile): i nati tra l’1.1.1952 e il 31.8.1952 che alla data del 31.8.2012 o del 31.12.2012 maturano almeno 36 anni di servizio: i nati/e nel 1951 (o uomini nati in anni precedenti) che maturano 35 anni di servizio entro il 31.8.2012 o il 31.12.2012; tutti i dipendenti che maturano 40 anni di servizio entro il 31.8.2012 o entro il 31.12.2012.
A procedere per il riconoscimento di un diritto cambiato “in corsa” è anche l’Anief: l’associazione sindacale, che ha fatto delle battagli in tribunale uno dei suoi cavalli di battaglia, ha annunciato oggi che a seguito della mancata “risposta positiva del Miur alla diffida inviata dall’Anief per conto dei propri associati nei giorni scorsi”, il personale interessato “può inviare un modello sostitutivo di domanda cartacea da compilare al posto di quello telematico”. Sempre al Tar del Lazio verranno contestati diversi provvedimenti ministeriali: il D. M. n. 22 del 12 marzo, la circolare Miur n. 23 del 12 marzo, la circolare Funzione Pubblica n. 2 dell’8 marzo, le circolari Inps nn. 35 e 37 del 14 marzo. E se non basterà, l’Anief ha già pronti “i ricorsi al Giudice del Lavoro”.
D’altra parte per chi è intenzionato a lasciare, quella delle vie legali sembra davvero l’ultima spiaggia. Le residue possibilità di deroghe ai requisiti per andare in pensione sono state praticamente cancellate dal ministro del Welfare, Elsa Fornero, durante un question time svolto alla Camera qualche giorno fa: "un conto è venire incontro alle esigenze di chi ha lasciato il lavoro per accordi, un altro è la questione di chi il lavoro ce l'ha ancora. Per quanto possa umanamente comprendere la delusione provata da questi lavoratori - ha aggiunto la Fornero - non lo ritengo un'ingiustizia e non credo che oggi noi possiamo tornare su questa questione riportando indietro le lancette a favore dei lavoratori della categoria della scuola".
Intanto, paradossalmente, anche per coloro che pur avendo compiuto 65 anni vorrebbero rimanere in servizio si fanno esigue le possibilità di ottenere l’ok dell’Usr: nella circolare del Miur dello scorso 12 marzo è infatti esplicitato che nell’esaminare le richieste di proroga gli Uffici scolastici regionale dovranno considerare “con particolare attenzione la capienza della classe di concorso, posto o profilo di appartenenza, non solo per evitare esuberi, ma anche nell’ottica di non vanificare le aspettative occupazionali del personale precario”.
L’altolà vale anche per i capi d’istituto. Per i quali “le istanze di trattenimento devono essere valutate sia in relazione ad eventuali situazioni di esubero determinate dal processo di dimensionamento della rete scolastica che all’esigenza di mantenere la disponibilità dei posti per le immissioni in ruolo dei nuovi Dirigenti scolastici a seguito del superamento delle procedure concorsuali in atto”.
Insomma, sembra proprio che stavolta il governo sia riuscito proprio a scontentare tutti in un “colpo” sola. Sia chi vorrebbe lasciare ma non può, perché i suoi ultimi otto mesi per la prima volta non gli vengono considerati. Sia chi vorrebbe rimanere, ma non può perché le riforme stanno determinando sempre più esuberi.
La volontà del governo di intervenire sul valore legale del titolo di studio accademico "non trasformerà la laurea in carta straccia". Lo ha assicurato il ministro dell'Università, Francesco Profumo, avviando in diretta tv la consultazione pubblica voluta dall'esecutivo sul valore legale del titolo.
Il governo, ha spiegato il ministro, vuole "solo correggere alcune anomalie" rispetto al valore del titolo per l'accesso al pubblico impiego e alle professioni.
Contro la consultazione si sono schierate oggi numerose sigle, del mondo sindacale e degli studenti. Tra queste l'Anief, per la quale questa iniziativa ha “solo un preciso obiettivo: svilire il merito, su cui si fonda anche il criterio di assunzione nella Pubblica Amministrazione”.
Critica anche Rete della Conoscenza, il network promosso da Unione degli Studenti e Link-Coordinamento universitario, che parla senza mezzi termini di consultazione-truffa: "Alcuni quesiti risultano molto difficili, altri invece sembrano indirizzare le risposte verso un'unica direzione che mira appunto a cancellare il valore legale. Siamo convinti che una vera consultazione degli studenti dovrebbe tener conto delle rivendicazioni che il movimento studentesco ha portato con forza nelle piazze lo scorso autunno e dell'opinione di tutte le componenti dell'università”.
Anche per Michele Orezzi, coordinatore nazionale dell'Udu, le domande “sono faziose e disegnano una realtà distorta". "La consultazione, aperta da poche ore, presenta addirittura domande che richiedono perché sarebbe utile una abolizione, anche solo parziale, del valore legale dei titoli di studio per come oggi è intesa - dice il coordinatore nazionale dell'Udu - Fin dalle prime domande si capisce il chiaro indirizzo, per finire con gli ultimi 3 quesiti dove non è possibile esprimere la propria contrarietà all'abolizione".
Fino al 24 aprile chiunque potrà esprimere il proprio parere sul progetto che il governo avrebbe voluto approvare a fine gennaio. Il 22 marzo flashmob della Federazione della sinistra: non si possono privatizzare i saperi. Per l’Anief sarebbe la fine del merito: speriamo non votino gli analfabeti!
Ha preso il via il 22 marzo il sondaggio ministeriale via internet sull’abolizione del valore legale del titolo di studio. L’iniziativa era stata annunciata alcune settimane fa dal premier Monti dopo le perplessità che il progetto aveva riscosso - da diversi parlamentari, sindacati e parte dell’opinione pubblica – a seguito della volontà del governo di includere il provvedimento all’interno del decreto legge sulle semplificazioni, poi approvato il 27 gennaio dal Consiglio dei ministri.
Fino al 24 aprile chiunque potrà esprimere il proprio parere sull’argomento identificandosi attraverso il codice fiscale e indicando l’indirizzo di posta elettronica, a cui il Miur invierà la password per accedere al questionario: le domande saranno almeno una decina (sono previsti supporti conoscitivi riguardanti la materia su cui viene chiesto il parere popolare).
L’iniziativa, apparentemente aperta al contributo di tutti e quindi impostata su un concetto indiscutibilmente democratico, sta riscuotendo diverse critiche. E non solo da parte degli studenti. Riccardo Messina, responsabile saperi del Pdci, ha annunciato un flashmob, indetto dalla Federazione della sinistra, per il 22 marzo, alle ore 10 davanti al ministero dell’Istruzione, proprio a difesa del valore legale del titolo di studio. Messina si sofferma sul fatto che il sondaggio è stato "pubblicizzato sinora solo dal Sole24ore, a conferma di chi saranno le masse di lavoratori e studenti che cliccheranno a favore dell'abolizione. Si tratta dell'ennesimo tentativo di distruzione del sistema di istruzione pubblico e di privatizzazione dei saperi. Il valore legale del titolo di studio - conclude il rappresentante del Pdci - rappresenta una funzione di garanzia dello stato sociale ed individua con certezza i contenuti di conoscenza da acquisire nell'università".
Contrario alla consultazione on line del Miur sull’ipotesi di cancellazione del valore legale dei diplomi è anche l’Anief: “speriamo che non votino gli analfabeti!”, ha detto provocatoriamente il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico: “certe iniziative – ha poi precisato – hanno solo un preciso obiettivo: svilire il merito, su cui si fonda anche il criterio di assunzione nella Pubblica Amministrazione”. Pacifico sostiene che se passerà la cancellazione del valore legale della laurea, presto lo stesso destino toccherà a tutti gli altri titoli. “In tal caso – sostiene il sindacalista dell’Anief - non si capisce per quale ragione uno studente dovrebbe ancora impegnarsi per cercare di prendere un buon voto o per essere promosso: alla fine del suo percorso formativo, infatti, non conterà più l’esito degli esami svolti e la loro valutazione, ma solo la partecipazione”.
Quasi tutti i sindacati chiedono di cancellare la trattenuta obbligatoria a seguito della soppressione del medesimo ente e del trasferimento della “tassa” nelle casse dell’Inps. In ballo ci sono 50 milioni di euro annui.
Sulla trattenuta Enam i sindacati della scuola (esclusa la Cisl) sembrano aver messo alle spalle gli indugi: dopo la Flc-Cgil, la Uil Scuola e di recente la Gilda degli insegnanti, anche l’Anief predispone le azioni legaliper cancellare la trattenuta obbligatoria a seguito della soppressione del medesimo ente e del trasferimento della stesso importo nelle casse dell’Inps.
Al centro della questione vi è la “tassa” che, attraverso un decreto del lontano 1947, sottrae ai circa 300mila maestri della scuola primaria lo 0,80% dello stipendio in cambio di servizi, opportunità professionali e possibili contributi. Servizi, opportunità e contributi di cui però i maestri, sul piano pratico, non hanno riscontro da diverso tempo. Mentre continuano a vedersi sottrarsi tra i 150 e i 200 euro l’anno. Che, complessivamente, arrivano a sovvenzionare all’ente una cifra tutt’altro che trascurabile pari a 50 milioni di euro annui.
Il punto è che l’Enam dal 30 luglio scorso è stato soppresso. O meglio, assorbito dall’Inps. “Il paradosso è che con l’approvazione della manovra Monti – ha detto Marcello Pacifico, presidente dell’Anief - migliaia di colleghi dovranno quindi versare allo stesse ente previdenziale, l’INPS, due trattenute: una per la pensione, l’altra per un ente, l’Enam, di cui non si percepisce più l’utilità. Per questo abbiamo chiesto di far risarcire le quote illegittimamente trattenute dallo scorso agosto, al netto degli interessi maturati”.
La battaglia legale si prevede aspra. Nei giorni scorsi le revoche inviate dallo stesso sindacato degli educatori in formazione alla Ragioneria provinciale dello Stato (e per conoscenza all’Inps) sono state respinte. E se quasi tutti i sindacati, come sembra, vogliono perseguire la strada del ricorso non c’è altra scelta: portare la disputa in tribunale.
I numeri sono come gli oracoli, le risposte arrivano se sono ben interrogati. Se si guardano i numeri nel complesso, le elezioni RSU hanno visto l'avanzata dei sindacati confederali, con un arretramento consistente dello SNALS ed uno meno importante (ma su percentuali decisamente diverse) della FGU (ex. Gilda). E i piccoli? Laddove erano presenti, ANIEF e Cobas, in particolare, non hanno certo svolto un ruolo da "piccoli", anzi.
E' quanto emerge dai comunicati diffusi dai due sindacati che evidenziano come nelle scuole in cui erano presenti hanno raccolto un numero di consensi che gareggia con i più grandi.
Così i COBAS fanno notare che, sebbene il trend di consensi è leggermente in calo rispetto alle precedenti elezioni, nelle 1110 scuole presenti ha raggiunta una media del 24% di voti e hanno avuto il 62% delle scuole dove sono state presentate le liste.
Alla stessa stregua, l'ANIEF evidenzia come, nelle scuole presenti abbia avuto l'11,4% dei voti, togliendoli proprio ai confederali che insieme allo Snals mostrano una perdita del 12,3%.
I dati forniti dall'ANIEF riguardano 666 scuole scrutinate nelle quali era presente una lista ANIEF raccogliendo un proprio eletto su quattro e superando la Gilda che invece ne totalizza uno su cinque.
L'accusa arriva all'unisono sia dai Cobas che dall'ANIEF: le difficoltà di presentare liste in tutte le scuole deriva dal divieto per i sindacati non rappresentativi di assemblee e l'assenza di distacchi. Imposizioni "anti-democratiche" dicono dai Cobas, imposte "dall'oligarchia sindacale".
Anief conferma che ricorrerà contro l’ingiusta decisione del Governo: entro il 18 marzo le istruzioni operative per coloro che maturano i requisiti al 31 agosto 2012.
Con la pubblicazione da parte del Miur del decreto ministeriale n. 22 del 12 marzo 2012 che fissa al 30 marzo 2012 il termine ultimo per la presentazione delle domande di pensionamento che interessano il personale scolastico i cui requisiti posseduti fanno riferimento al 31.12.2011, l’Anief “conferma la volontà di ricorrere contro l’insensata scelta del Governo di non concedere al personale della scuola, il cui servizio si calcola obbligatoriamente sull’anno scolastico e non su quello solare, la possibilità di far slittare il riconoscimento dei requisiti al 31 agosto 2012”.
Si ricorda che i requisiti validi al 31/12/2011 sono: 60 anni di età anagrafica e 36 anni di contributi utili oppure 61 anni di età anagrafica e 35 anni di contributi utili; la quota 96 può essere raggiunta anche sommando le eventuali “porzioni” di anno, quindi ad esempio sommando 60 anni e 2 mesi di età con 35 anni e 10 mesi di contributi utili; - 40 anni di contributi utili (bastano anche 39 anni, 11 mesi e 16 giorni) prescindendo dall’età anagrafica,
L'Anief sottolinea che entro domenica 18 marzo fornirà precise istruzioni a tutti coloro che hanno manifestato la volontà di ottenere il rispetto dei diritti acquisiti per andare in pensione con le regole precedenti alla riforma Fornero. Contestualmente saranno fornite precise istruzioni su come compilare la domanda per aderire ai ricorsi stessi.
Scrima (Cisl): quei 41mila docenti non in classe indicati dal capo dipartimento non stanno in piedi. E poi perché un risicato 1 per mille di impegnati fuori ruolo fa tanto scalpore? Pacifico (Anief): se vuole far risparmiare il Miur stabilizzi i precari come ci chiede l’Ue.
Come previsto nell'articolo precedente, non sono tardate ad arrivare le reazioni dei sindacati alle parole rilasciate al Corriere della Sera dal neo capo dipartimento del ministero dell`Istruzione, Lucrezia Stellacci, per giustificare le mancate assunzioni di 10mila docenti precari, inizialmente approvate dalle commissioni della Camera all’interno del decreto ‘semplificazioni’: sulla scuola, ha detto Stellacci, “pesano altri 40mila stipendi, per la precisione 41.503. Sono professori o maestri che però non insegnano, non vanno in classe. Sono distaccati presso altri ministeri oppure in permesso sindacale. Gli studenti non ne traggono alcun beneficio, ma il loro stipendio – ha sottolineato il capo dipartimento - è sempre a carico del nostro bilancio”.
Il primo a replicare all’affondo della Stellacci è stato Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola, secondo il quale quelle espresse dal dirigente del Miur sono “cifre del tutto inattendibili” che “non stanno in piedi”.
“Abbiamo fatto e rifatto i conti – ha rivelato Scrima - ma quella cifra ci pare addirittura fuori della realtà. Mettendoci dentro tutto, e forse qualcosa di più (ad esempio i docenti all’estero, pagati anche se ovviamente non insegnano in Italia) arriviamo a meno di 9.000 unità di personale che “non va in classe”. A noi risultano 5.000 docenti dichiarati inidonei, per i quali peraltro sono avviate procedure di mobilità verso altre mansioni o altri tipi di impiego, 500 comandati presso l’Amministrazione scolastica centrale e periferica (di questi, 120 sono al Miur), 200 in comando presso associazioni, 200 in aspettativa per mandato parlamentare o amministrativo. Sono 500 quelli operanti negli staff di segreterie e gabinetti di ministri e sottosegretari, mentre non arrivano a 1.000 - e non sono nemmeno tutti assegnati a docenti - i distacchi sindacali”.
E sui docenti che non stanno dietro la cattedra ma fanno sindacato, il leader della Cisl Scuola sottolinea che in ogni caso “stiamo parlando di un comparto che occupa circa un milione di addetti: non ci pare che la percentuale (un risicato 1 per mille) sia tale da giustificare la punta di malizia che quasi sempre, quando si danno certe ‘notizie’, traspare fra le righe”.
Molto risentito per l’uscita della Stellacci è anche Marcello Pacifico, presidente dell’Anief: evidentemente, fa notare il sindacalista, “sono bastate poche settimane la dirigente ministeriale per dimenticare la sua lunga esperienza maturata proprio da distaccata presso la Direzione Scolastica Regionale della Puglia. Invece di preoccuparsi di questioni a dir poco opinabili, la Stellacci farebbe molto meglio a invitare tutti i suoi colleghi dirigenti dell’amministrazione periferica del Miur a stipulare fino al 31 agosto tutti i contratti relativi alle supplenze annuali su posti vacanti e disponibili. E laddove quelle cattedre continuassero per diversi anni ad essere prive di titolare, quindi sempre vacanti e disponibili, il capo dipartimento non dovrebbe fare altro che stabilizzare i precari nelle graduatorie ad esaurimento come la direttiva comunitaria cita in modo inequivocabile”. Solo in questo modo, continua Pacifico, la Stellacci farebbe “risparmiare al Ministero dell’Istruzione ulteriori risarcimenti danni: quelli che saranno disposti dai giudici con le cause in corso patrocinate dall’Anief”.
L’incremento del sindacato di Pantaleo rimane importante, ma è solo del 2%. Sale anche la Uil Scuola, che supera lo Snals. In leggero calo la Gilda, che comunque mantiene la rappresentatività nazionale. Un obiettivo che per i sindacati “minori” rimane quasi una chimera.
Con la grande maggioranza delle schede di votazione esaminate, manca solo il 20% di preferenze espresse, si comincia a delineare con maggiori dettegli l’esito del rinnovo delle Rsu d’istituto avvenuto ad inizio settimana: la Flc-Cgil, con oltre il 33%, si conferma il sindacato che ha avuto più consensi, ma l’incremento rispetto alle ultime elezioni sarebbe importante (tra i 2 e 3 punti percentuali) però non così consistente come inizialmente lo stesso sindacato aveva indicato (5%). Dietro all’organizzazione di Mimmo Pantaleo si posiziona sempre la Cisl: il sindacato guidato da Francesco Scrima avrebbe incrementato di mezzo punto: la Cisl Scuola porterebbe le sue preferenze attorno al 25%. La vera sorpresa delle elezioni del 2012 sarebbe allora la Uil Scuola, che avanzando di almeno un punto e collocandosi vicino al 16% di voti complessive avrebbe anche superato lo Snals: l’organizzazione di Marco Paolo Nigi, infatti, sembra aver fatto registrare la perdita di 3 punti pieni (da quasi il 17% del 2006 al 14% scarso). Massimo Di Menna, segretario della Uil Scuola, indica la buona performance del suo raggruppamento come conseguenza dell’“azione di un sindacato libero e che è stato e intende essere ‘concreto’ nelle scelte e ‘utile’ per le persone”.
In discesa, ma più contenuta, anche la Gilda (dal 6,5% a poco sopra il 6%): il sindacato coordinato da Rino Di Meglio continuerà comunque ad essere presente ai tavoli di trattative nazionali, superando (anche grazie a quasi 50mila deleghe) la soglia minima del 5% di rappresentatività.
Quota che non dovrebbero invece aver raggiunto i sindacati “minori”. Che comunque non sembrano avviliti. Anzi. Dopo le dichiarazione entusiaste dei Cobas, anche l’Anief esprime la sua soddisfazione: dai primi risultati parziali risulta che nelle scuole dove era presente, la lista di Pacifico avrebbe superato il 10%.
Tuttavia il numero di istituti “coperti” con le liste alternative ai cinque sindacati maggioritari è stato davvero troppo limitato: più o meno un decimo degli istituti, contro oltre il 90%, ad esempio, della Flc-Cgil. Morale: se la normativa rimarrà quella in vigore, con l’obbligo da parte degli elettori di rivolgere la loro preferenza solo alle liste sindacali con dei candidati in servizio, per gli outsaider (che già devono arrivare alle elezioni senza la possibilità di convocare assemblee in orario di servizio) continuerà ad essere davvero dura cambiare gli equilibri.
Non si hanno ancora le percentuali definitive, ma a circa tre quarti dello spoglio delle schede le tendenze emerse nelle votazioni per il rinnovo delle RSU sembrano chiare e difficilmente reversibili. La partecipazione alle elezioni è stata ampia, circa l’80%, conferendo alle RSU una legittimazione che sarebbe risultata appannata in caso di decremento dei votanti.
A meno di sorprese dell’ultimo momento i cinque sindacati della scuola considerati ‘più rappresentativi’ sulla base nella normativa vigente - Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals-Confsal e Gilda degli insegnanti - continueranno in sostanza ad esserlo, avendo tutti superato la soglia del 5% dei voti, alcuni rafforzando le loro percentuali (i tre confederali, più di tutti la Flc-Cgil), altri regredendo un po’, ma non tanto da perdere la ‘rappresentatività’, che comporta la partecipazione ai negoziati contrattuali, un certo numero di ‘distacchi’ ecc.
In base alle proiezioni della Uil Scuola, che in passato ha dimostrato di avere affidabili strumenti di rilevazione, avrebbero guadagnato voti tutti e tre i sindacati confederali, mentre ne avrebbero persi lo Snals, la Gilda e i Cobas.
L’incognita era l’Anief, che sembra aver ottenuto (come i Cobas) un certo numero di eletti nelle scuole dove ha presentato candidati, ma che complessivamente, malgrado i notevoli sforzi profusi nella campagna elettorale, non avrebbe raggiunto il 5% su scala nazionale avendo presentato le liste solo in un limitato numero di istituzioni scolastiche.
Il buon successo ottenuto da Anief e Cobas dove si sono presentati fa peraltro ritenere non infondata l’ipotesi che se avessero potuto presentare liste in un maggior numero di istituzioni scolastiche anche l’esito delle votazioni sarebbe stato per loro più favorevole, in particolare nelle scuole a maggior tasso di precariato.
Resta il fatto che a dispetto della aggressiva e spregiudicata campagna “anti-casta” (cioè anti sindacati confederali) condotta in particolare da Anief ad avanzare sono stati proprio i sindacati confederali.
Dopo l’avvio dei ricorsi da parte dell’Anief e gli appelli della Uil Scuola, la Gilda di Trieste avvia un ricorso pilota: se avrà esito positivo sarà esteso a livello nazionale. Ma in ballo ci sono 50 milioni di euro. Che da quest’anno vanno all’Inps.
Quella dell’Enam, la trattenuta obbligatoria per tutti i docenti della scuola primaria che risale a un decreto del lontano 1947, rischia di trasformarsi un una querelle immensa con gli insegnanti, sostenuti dai sindacati, da una parte e il Miur dall’altra. Dopo la decisione dell’Anief di chiedere alla Ragioneria provinciale dello Stato la revoca della trattenuta obbligatoria dello 0,80% sullo stipendio (attraverso un modello predisposto dallo stesso sindacato) e gli annunci fatti dalla Uil Scuola durante la campagna elettorale delle scorse settimane per il rinnovo delle Rsu, anche la Gilda degli insegnanti fa sapere che si sta muovendo.
Il passo ufficiale del sindacato di Di Meglio è stato fatto dalla Gilda di Trieste: anche in questo caso l’obiettivo è ottenere l’abolizione di quello che la Fgu definisce “un balzello iniquo” che grava sugli stipendi dei docenti delle scuole elementari e dell’infanzia.“Si tratta di un ricorso pilota – chiarisce il coordinatore nazionale, Rino Di Meglio – ma, se avrà esito positivo, potrà essere esteso a livello nazionale”.
La somma prelevata dalla busta paga è dell’1% sull’80% dello stipendio, per un totale annuo di oltre 200 euro. Nonostante la soppressione dell’ente assistenziale, la trattenuta non è stata cancellata, ma trasferita all’Inpdap. Da quando anche questo Istituto ha cessato di esistere, i docenti continuano, loro malgrado, a versare questo “tributo” nelle casse dell’Inps. “Il paradosso è che con l’approvazione della manovra Monti – aveva detto qualche giorno fa Marcello Pacifico, Presidente dell’Anief - migliaia di colleghi dovranno quindi versare allo stesse ente previdenziale, l’INPS, due trattenute: una per la pensione, l’altra per un ente, l’ENAM, di cui non si percepisce più l’utilità”.
Di Meglio aggiunge “che le forme di assistenza offerte dall’Enam non si sono mai adeguate alla mutata realtà storica e sociale del Paese e, quindi, non hanno garantito alcun vantaggio sostanziale agli insegnanti. Ecco perché – conclude il coordinatore nazionale della Gilda – chiediamo che, contestualmente alla soppressione dell’ente, venga eliminato anche questo iniquo balzello”. Che però alle casse dell’Inps potrebbe portare oltre 50 milioni di euro l’anno.
Sulla vicenda non tutti i sindacati la pensano allo stesso modo. La Flc-Cgil non ci risulta che si sia espressa. Mentre la Cisl si è detta più possibilista verso il mantenimento del servizio.
Proiezioni e primi dati indicano i Confederali in ascesa: in particolare la Cisl di oltre 5 punti, la Flc-Cgil di 4. Soddisfatta l’Anief: dove eravamo presenti abbiamo primeggiato. Ma per i risultati definitivi serviranno un po’ di giorni.
I sentimenti di delusione dei cittadini verso la politica italiana non sembrano appartenere al mondo sindacale. Altro che declino del loro ruolo di interlocutori istituzionali. Dalle proiezioni e dai primi scrutini pervenuti, risulterebbe infatti che l’adesione al rinnovo delle Rsu di tutta Italia è stata di circa l’80%. Una cifra (in termini numerici sarebbe non troppo lontana dalle 800mila unità) che, se confermata, sarebbe molto vicina a quella fatta registrare nell’ultima tornata delle elezioni, svolte nel dicembre 2006.
In attesa di venire in possesso dei risultati definitivi delle elezioni (ci vorranno un po’ di giorni, solo allora si potrà decretare il dato della rappresentatività di settore per ogni sigla), dai sindacati Confederali giungono dichiarazioni di entusiasmo.
Sulla base dei dati provvisori, il leader della Cisl Scuola, Francesco Scrima, ha prima parlato di un “testa a testa con la Flc-Cgil” e poi di “un consistente incremento di consensi: rispetto alla precedente tornata elettorale del 2006, la Cisl Scuola passa dal 24,61% al 31,08%”. Scrima sottolinea che il suo sindacato, “primo per numero di iscritti”, è anche “la prima sigla per voti in una regione come la Puglia e in province come Alessandria, Bergamo, Pavia, Pesaro, Gorizia, Latina, Caserta, Avellino, Bari, Vibo Valentia, Cosenza, Agrigento, Oristano”.
Anche la Flc-Cgil rivendica incrementi rispetto al rinnovo Rsu del 2006. “Nella scuola le proiezioni – dice il segretario Mimmo Pantaleo - indicano una crescita di due punti mentre i dati a metà scrutinio assegnano una crescita di 4 punti”. Anche le informazioni dei lavoratori della conoscenza Cgil indicano una “partecipazione al voto nella scuola dell’80%”: il risultato “conferma come sia stato giusto battersi con determinazione per garantire alle lavoratrici ed ai lavoratori di poter eleggere le proprie Rsu quale condizione fondamentale per riconquistare una effettiva democrazia sui posti di lavoro e per esercitare pienamente la contrattazione”, ha concluso Pantaleo.
Secondo un altro comunicato, firmato da Pantaleo e gli altri due segretari generali Susanna Camusso e Rossana Dettori, l’alto numero di adesioni significa che “le lotte di questi anni, spesso condotte solitariamente, hanno dato i loro frutti, le nostre proposte ottenuto una fiducia che dà ancor più forza alle nostre rivendicazioni. Continueremo a seguire questa strada”.
Moderatamente soddisfatta si dimostra la Uil Scuola, che attraverso il suo segretario, Massimo Di Menna, parla di un “ulteriore bel successo della Uil Scuola, in continua crescita, così come era già successo in tutte le precedenti elezioni: il risultato rafforza l’azione di un sindacato laico e libero come la Uil Scuola e favorirà con le tante Rsu elette, la trasparenza, la tutela dei diritti e la qualità nella scuola”.
Tra i sindacati autonomi, si registra la reazione dell’Anief, alla sua prima esperienza di rinnovo Rsu: il sindacato degli educatori in formazione ha riscontrato a favore della propria organizzazione un numero di “consensi record, tra un terzo e la metà dei voti complessivamente espressi. È davvero sorprendente che nell’80% degli istituti, dove il giovane sindacato era presente, ha fatto registrare maggiori consensi. Questo significa – ha detto il Presidente dell’Anief, Marcello Pacifico – che nelle scuole dove il nostro sindacato ha potuto presentare le proprie liste l’onda d’urto ha davvero lasciato il segno. Confermando la fondatezza del nostro programma, oltre che il malcontento che serpeggia negli istituti italiani contro la ‘casta’ sindacale che da decenni primeggia nella scuola italiana”. Nessuna reazione, per il momento, dagli altri sindacati autonomi.
A differenza di Cgil e Cisl che nelle prime dichiarazioni del dopo-voto per le RSU riportano dati parziali a loro favore, la Uil-scuola (nel 2006 risultò quarta con il 14,3% di voti, dietro lo Snals) si limita ad affermare: “La UIL Scuola ringrazia quei tanti che, con il loro voto, hanno rafforzato l’azione di un sindacato laico e libero come la UIL Scuola e che, con le tante RSU elette nelle nostre liste favoriscono nelle scuole trasparenza, tutela dei diritti, qualità. La Uil rivolge un particolare ringraziamento a quanti si sono impegnati nelle commissioni e nei seggi elettorali.
Snals e Gilda per il momento non hanno rilasciato dichiarazioni.
Ben altro tono, improntato al trionfalistico, quello dell’Anief, presente per la prima volta nelle elezioni per le RSU d’istituto.
Il suo presidente, Marcello Pacifico, ha scritto sul sito dell’Associazione: “Onda d’urto dell’Anief nelle scuole in cui ha potuto presentare le liste. Consensi record, tra un terzo e la metà dei voti complessivamente espressi. Rivolta nelle scuole contro la casta sindacale. Si attendono i risultati finali per la misurazione della rappresentatività. GRAZIE per la fiducia.
Ringrazia candidati ed elettori, il presidente nazionale dell’Anief, prof. Marcello Pacifico, per aver raccolto il suo appello al cambiamento. Questi risultati sono il segno che è giunto il momento di iniziare una nuova stagione di relazioni sindacali nelle scuole all’insegna del rispetto del diritto e della valorizzazione delle diverse professionalità della scuola, a partire dalle RSU elette.
Dedico questo straordinario successo ai diversi collaboratori che in questi tre mesi di campagna elettorale hanno anteposto il futuro della scuola alla propria famiglia: soltanto nella ferma speranza di poter continuare a interpretare la voglia di cambiamento nel solco della giustizia si può vincere la sfida del domani".
Gilda: anche uno studente avrebbe compreso le peculiarità del settore, il no alla deroga è offensivo. Anief: ci penseranno i giudici a sistemare la cosa, anche perchè l’attività di docenza è tra le più usuranti. Cisl: provvedimento iniquo, ma qual è la linea del governo?
Le resistenze del governo sul mantenimento delle vecchie regole del sistema pensionistico al 31 agosto per la categoria degli insegnanti, ribadite dal ministro del Welfare, Elsa Fornero, nel corso di un question time alla Camera, non scalfiscono la determinazione dei sindacati nel respingere una soluzione considerata iniqua.
Secondo il coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino Di Meglio, con queste parole il ministro Fornero “dimostra di non avere nessuna idea di come funzioni il mondo della scuola. Persino un semplice studente – rincara la dose il sindacalista – comprende bene che per chi lavora a scuola il termine per i requisiti di pensione non cade il 31 dicembre e che, quindi, anche il computo dei contributi viaggia al ritmo dell’anno scolastico”. La Gilda non nasconde il suo disappunto e quello dell’intera categoria: “I docenti italiani – conclude Di Meglio – sono offesi dalla scarsa attenzione con cui, ancora una volta, vengono affrontate questioni cruciali come quelle che riguardano la vita e il lavoro di chi insegna”.
Anche l’Anief non si rassegna: secondo il suo presidente, Marcello Pacifico, ancora una volta le ingiustizie del legislatore verranno compensate dai tribunali: “di fronte a tale disparità di trattamento dei lavoratori, il giudice non potrà non riconoscere la normativa specifica in ambito scolastico”. Il giovane sindacato ritiene inoltre ingiusto che la scuola non risulti tra le professioni usuranti: “vorrei ricordare che nel comparto pubblico – ha detto il rappresentante dell’Anief – l’attività di insegnamento è tra quelle lavorative più stressanti e per questo motivo ad alto rischio ‘burnout’. Pertanto – haconcluso Pacifico - chiederemo ai giudici di riconoscere l’attività di docenza come usurante e come tale di garantire ai suoi lavoratori la stessa ‘finestra’ concessa ai privati”.
Pure la Cisl Scuola, attraverso il suo segretario Francesco Scrima, parla di“provvedimenti iniqui e discriminanti. Lo diciamo – ha sottolineato il sindacalista - al ministro del lavoro, che in Parlamento ha escluso la possibilità di rivedere le norme sui requisiti di accesso alla pensione. Anche in questa occasione, peraltro, si fatica a comprendere se ci sia - e quale sia - una linea condivisa sia all’interno del governo, sia nel rapporto tra il governo e la maggioranza che lo sostiene”.
Grazie ad un emendamento approvato dalle commissioni Affari costituzionali e Attività produttive della Camera: l’incremento, sovvenzionato da più aliquote su birra e alcolici, servirà ad estendere il tempo scuola degli alunni con “bisogni educativi speciali”. Soddisfazione da Pd e sindacati.
Dopo anni di tagli ad oltranza, finalmente nel prossimo anno scolastico gli organici della scuola non subiranno riduzioni. Anzi, si incrementeranno di 10mila unità. A prevederlo sono state, il 6 marzo, le commissioni Affari costituzionali e Attività produttive della Camera approvando un emendamento al decreto semplificazioni come copertura alle norme “sull'autonomia responsabile delle scuole” prevista nel provvedimento. Accadrà quindi che i 725mila docenti in organico le oltre 230mila unità di personale Ata rimarranno in essere.
L'emendamento prevede, inoltre, che gli attuali posti vengano incrementati con "ulteriori 10mila posti", tra personale docente ed Ata, a partire dall'anno scolastico 2012/2013: il personale in aggiunta si occuperà specificatamente di estendere il tempo scuola degli alunni con “bisogni educativi speciali”, in particolare frequentanti la scuola primaria e secondaria di primo grado.
La spesa verrà assicurata attraverso nuove entrate dai giochi "in misura non inferiore a 250 milioni di euro annui a decorrere dal 2012" e con l'aumento delle aliquote sulla birra, i prodotti alcolici intermedi (la cui gradazione alcolica non proviene interamente da fermentazione come i vini aromatizzati e liquorosi) e l'alcol etilico "al fine di assicurare un maggior gettito erariale complessivo pari a 100 milioni di euro annui a decorrere dal 2012".
Sull'emendamento, riferiscono le agenzia di stampa, c'è stato un piccolo colpo di scena con i due relatori che si sono espressi in disaccordo: Stefano Saglia del Pdl ha dato parere contrario, mentre Oriano giovanelli (Pd) si è espresso a favore. Di fronte a questa inedita situazione, il governo si è rimesso al voto delle commissioni. Lì'emendamento è passato con 29 sì e 13 no.
Molto soddisfatto, per l’esito dell’emendamento, è il Partito democratico: secondo Manuela Ghizzoni, capogruppo Pd in commissione, e Francesca Puglisi, responsabile scuola Pd, "è un importante vittoria del partito democratico a favore" del comparto istruzione e "che restituisce ossigeno e fiducia alle scuole".
Soddisfazione viene espressa anche dai sindacati. Secondo Francesco Scrima, segretario Cisl Scuola, è “certamente positivo un emendamento che rimedia alla vaghezza del testo originario e offre parametri certi a cui fare riferimento anche nella definizione delle linee guida che il ministro dovrà emanare entro sessanta giorni. Poiché si tratta di individuare obiettivi e priorità in una situazione che vede numerosi punti di autentica sofferenza del sistema (si pensi alle crescenti difficoltà organizzative che vive oggi la scuola primaria), chiediamo che si apra immediatamente - conclude Scrima - un confronto per individuare soluzioni quanto più possibile condivise”.
Secondo il segretario generale della Uil Scuola, Massimo Di Menna, in realtà l’emendamento approvato oggi “ripristina il testo iniziale del decreto così come formulato nella prima stesura posta al vaglio del consiglio dei ministri. Disposizione che era successivamente svanita. Il Governo non resti a guardare, ma sostenga in Parlamento la scelta di dare alle scuole un organico stabile e pluriennale per dare continuità didattica e continuità del lavoro”. Due elementi indispensabili per garantire “tranquillità nel personale e continuità nell’attività didattica e nei servizi”.
Anche per Marcello Pacifico, leader dell’Anief, è “un importante segnale in controtendenza rispetto alla pessima politica che negli ultimi anni ha cancellato oltre centomila posti tra insegnanti e personale Ata: la norma, giunta dopo la riduzione del maestro unico, l’eliminazione degli insegnanti specialistici di inglese e del tempo pieno, darebbe una bella boccata d’ossigeno alla nostra scuola dell’obbligo”, oltre che un punto a favore verso la “stabilizzazione dell’organico di sostegno precario annualmente utilizzato”. Il sindacato attende ora che le Commissioni parlamentari valutino con obiettività anche le proposte di modifica presentate nei giorni scorsi dallo stesso sindacato: “siamo convinti che la stessa attenzione verrà rivolta dai parlamentari in occasione della votazione degli altri emendamenti proposti dall’Anief su pensioni, precari, contratto e mobilità del personale”, conclude Pacifico.
Per Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil, siamo di fronte ad “un primo passo significativo e segna una inversione di tendenza rispetto ai tagli scellerati alla scuola pubblica, effettuati dal Governo Berlusconi. La scuola italiana ha bisogno di investimenti e della restituzione di quelle risorse necessarie per garantire il diritto costituzionale all’istruzione. La Flc-Cgil ha da tempo presentato alle forze politiche e al ministro Profumo le proprie proposte: organico funzionale con risorse aggiuntive, stabile e triennale”.
Meno entusiasmo viene invece espresso dagli studenti. "Non possiamo che accogliere positivamente un passo del genere – ha dichiarato Mariano di Palma, coordinatore nazionale dell'UdS - ma dobbiamo ricordare che è solo un primo passo avanti, dopo che ne sono stati fatti cento indietro. Negli ultimi tre anni, le scuole hanno vissuto e continuano a vivere un'enorme sofferenza: l'offerta formativa è sempre più risicata, i presidi si trovano costretti ad abusare del contributo volontario degli studenti per mantenere i bilanci in verde, e tra docenti licenziati e studenti appesantiti da tasse illegittime le scuole pubbliche attraversano enormi difficoltà".
L'approvazione dell'emendamento non comporta, tuttavia, la sua definitiva inclusione nel dl semplificazioni: per la sua attuazione servirà il sì della Commissione Bilancio. Che si esprimerà nei prossimi giorni, subito dopo aver verificato la compatibilità economica del provvedimento.
Fino a domani si vota per eleggere le rappresentanze unitarie, Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda alla conta. Decisivo il dato sulla partecipazione per decretare la vittoria.
Monta la protesta degli iscritti: tra disservizi e rimpalli di responsabilità, l'ente di assistenza è inutile. Finanziato con trattenute fisse, rende allo Stato 40 milioni.
Domani ultimo giorno di voto per il rinnovo delle RSU d’istituto. Se verrà confermata l’affluenza alle urne scolastiche del 2006, i votanti saranno circa 800 mila.
A contendersi quei voti saranno soprattutto i tre sindacati scuola confederali, lo Snals e la Gilda, da diversi anni gli unici sindacati rappresentativi, in quanto titolari del quorum richiesto del 5% elettorale e del 5% associativo.
La Cgil-scuola, con il 30,9% dei voti validi, si è aggiudicata, anche nel 2006, i maggiori consensi, seguita dalla Cisl-scuola (24,6%), dallo Snals (16,8%), dalla Uil-scuola (14,3%) e dalla Gilda (6,4%).
Dal 2006 ad oggi vi è stato un cambiamento all’interno della categoria con decine di migliaia di uscite e molte new entry che potrebbero determinare spostamenti di voti. Anche le politiche dei sindacati rappresentativi hanno subito una certa evoluzione. Il tutto potrebbe provocare cambiamenti inattesi.
Da verificare, ad esempio, la tenuta di Gilda sul quorum del 5% e la possibile avanzata della Uil-scuola con il sorpasso sullo Snals.
Tra Cgil e Cisl si tratta di vedere se le posizioni radicali della prima saranno premiate dall’elettorato a svantaggio della politica di concertazione e mediazione della seconda.
L’incognita e la maggior attesa di questa tornata elettorale per il rinnovo delle RSU è, comunque, rappresentata dalle liste Anief. L’Associazione di Pacifico ha condotto una campagna elettorale senza esclusione di colpi e con notevole dispendio di risorse, puntando decisamente a raggiungere il livello del 5% con la speranza di entrare tra gli “eletti”, cioè tra i sindacati rappresentativi che hanno diritto di partecipare alla contrattazione nazionale e di ottenere distacchi sindacali.
Nella mattinata di venerdì 2 marzo presso l’aula magna del Liceo Scientifico di Matera il sindacato Anief, che tutela i diritti del personale di ruolo e precario del mondo della scuola nella provincia di Matera ha promosso seminario sul tema “La legislazione scolastica nella normativa recente”.
Hanno preso parte insegnanti, di ruolo o precari e personale Ata dell’istituzione scolastica interessati ad aggiornarsi sulla nuova disciplina normativa e contrattuale introdotta nell’ultimo triennio.
Mobilità, Cassa integrazione, Licenziamento, Progressione di carriera, Riconversione professionale, Blocco degli stipendi, Indennità di reggenza, Stabilizzazione dei precari, Formazione iniziale, Reclutamento, Pensioni: sono le questioni che minano i diritti del personale di ruolo e precario del mondo della scuola e che sono state approfondite nel corso del seminario, che vedrà la partecipazione del segretario nazionale dell’Anief Marcello Pacifico, invitato nella città dei Sassi per chiudere la campagna elettorale avviata per il rinnovo delle Rsu, in programma da lunedì 5 a mercoledì 7 marzo 2012 anche a Matera nelle scuole di ogni ordine e grado. Dopo i saluti del sindaco di Matera, Salvatore Adduce, del dirigente scolastico del Liceo Scientifico “Dante Alighieri” di Matera, Osvaldo Carnovale, del presidente regionale CONFEDIR Basilicata, Pasquale Covella e del presidente provinciale ACLI Matera, Mimmo Corrado si sono svolte le relazioni del direttore del corso Marcello Pacifico, del segretario regionale Nuccio Santochirico e del vice-presidente di Anief Matera, Daniele Ventrelli.
Riportiamo di seguito l’intervista che ha rilasciato a margine del seminario il segretario nazionale dell’Anief Marcello Pacifico.
Marcello Pacifico ha 34 anni, è originario di Cefalù, centro della provincia di Palermo e da tre anni ricopre il ruolo di segretario nazionale Anief. La sua professione è legata naturalmente al mondo della scuola visto che è impegnato come docente di lettre in una scuola media di Collesano e vanta anche una docenza a contratto di storia medievale presso l’Università di Palermo. Come è nato l’impegno nel sindacato?
“Dopo aver fatto parte dal 2003 della direzione nazionale di un altro sindacato ho deciso di impegnarmi in prima persona nell’Anief. Sono presente anche all’interno della segreteria nazionale della Confedir (dirigenti pubblici e privati e alte professionalità)”.
Si chiude una campagna elettorale importante per l’Anief. Come è stata condotta e in quali città si è svolta prima di concluderla a Matera?
La campagna elettorale si è svolta con successo, sebbene sia stato negato all’Anief il diritto di parola nelle assemblee sindacali per via di un regolamento che è stato sottoscritto dai sindacati rappresentativi per ostacolare l’alternanza. Tanti docenti e Ata si sono rivolti a noi per candidarsi nelle nostre liste dopo aver preso coscienza dell’inerzia degli altri sindacati e del cambiamento promosso dall’Anief. La partecipazione ai seminari sulla legislazione, d’altronde, è la prova del desiderio di informazione che richiede il personale della scuola, messo all’oscuro da quanto approvato nell’ultimo decennio. Siamo stati in ogni parte del territorio nazionale, da Siracusa a Milano, ma abbiamo voluto concludere questi seminari a Matera proprio per legare la nostra scommessa a quella di una città che vuole essere capitale della cultura europea”.
Per quali ragioni l’Anief ha scelto proprio la città dei Sassi per il seminario conclusivo che anticipa le votazioni per il rinnovo delle RSU nel monndo della scuola?
“Perchè la scelta della RSU e il voto alla lista sindacale oggi come mai rappresenta un impegno per la ricostruzione della scuola e del Paese, per la riscoperta di quei diritti e valori civici che dovrebbero guidare la nostra azione educativa nella vita di ogni giorno. Soltanto partendo dalla promozione del nostro patrimonio culturale che qui ha avuto il riconoscimento dell’UNESCO, possiamo ricostruire il nostro stato sociale e quindi la crescita del Paese. Anche per questo scioperiamo domani con il sostegno di diverse sigle sindacali. Il Governo deve ascoltare i formatori della nostra scuola”.
Un giovane alla guida di un sindacato: quanto è importante il ricambio generazionale nell’ambiente sindacale per raggiungere gli obiettivi prefissati?
E’ importante nella misura in cui si è aperti sempre di più all’ascolto di chi ha maturato molta esperienza e ci si muove con sempre maggiore passione per costruire un domani migliore. La motivazione e la fede in una missione educativa che sappia coniugare un patto generazionale nella tutela dei diritti sono la missione di chi non vuole difendere diritti acquisiti ma la dignità dell’uomo e il ruolo dell’educatore in una società che deve essere giusta e solidale.
L’Anief riuscirà ad avere la rappresentatività alle prossime elezioni? Ci sono i presupposti affinchè questo possa avvenire?
“Abbiamo quasi il 3% delle deleghe attive registrate allo scorso dicembre. Dobbiamo prendere il 7% dei voti espressi alle prossime elezioni RSU nel 15% delle liste presentate. Se i colleghi, indipendentemente dalla loro tessera sindacale e dalle loro promesse, votano le liste Anief possono consentire al sindacato di essere rappresentativo. In questo modo, sono sicuro, gli altri grandi sindacati ci seguiranno ancora di più da vicino come hanno fatto per la trattenuta ENAM (UIL), per l’indennità di reggenza ai vicari (SNALS), per le pensioni (CISL), per la stabilizzazione dei precari (CGIL), per lo sciopero (GILDA)
Ultima domanda: se l’Anief riesce a vincere questa sfida quali impegni intende assumere per soddisfare le aspettative di chi opera nel mondo della scuola, da docente di ruolo o precario?
“Vogliamo porre fine alla precarietà come sistema ordinario di assunzione nella scuole e garantire parità di trattamento tra tutti i lavoratori, sbloccare il contratto e gli scatti di anzianità, aumentare gli investimenti nella cultura e nell’istruzione, garantire le pensioni anche ai più giovani, far ripartire la scuola autonoma come centro di educazione permanente e sviluppo di tutto il territorio, valorizzare una professione che duemila anni fa era destinata a reggere i vertici del buon governo, ridare dignità al ruolo che ogni docente e Ata, giornalmente, svolge nel silenzio tra i corridoi e le aule delle scuole, per il bene dei suoi studenti”.
Al voto oltre un milione di dipendenti: dalle loro preferenze scaturiranno le 30mila rappresentanze sindacali dei 10mili istituti italiani. Una parte però rimarrà in carica solo alcuni mesi per il dimensionamento. Attacco della Gilda a Cgil, Cisl e Uil: perché hanno rifiutato la verifica sui loro dati? Parole forti anche dai Cobas. L’Anief, a sorpresa, tende la mano per fare alleanze sempre più larghe.
A partire da domani oltre un milione di dipendenti della scuola saranno chiamati a rinnovare le Rsu di oltre 10mile istituti, dalla materne alle superiori: fino a mercoledì docenti e personale in possesso di un contratto a tempo indeterminato o annuale potranno recarsi nelle urne allestite dalle stesse organizzazioni sindacali in ogni scuola italiana. Dalle preferenze, esprimibili fino a mercoledì negli orari prefissati delle commissioni elettorali, scaturiranno più di 30mila nuovi rappresentanti sindacali. Una parte di loro, alcune migliaia, decadrà già in estate a causa dell’annunciato dimensionamento scolastico.
Nel 2006 il rinnovo delle Rsu fu decretato da più di 800mila elettori: la Flc-Cgil incamerò quasi un terzo (il 31%) delle preferenze; la Cisl Scuola acquisì circa il 25% dei voti. A seguire lo Snals (con circa il 17% di consensi), la Uil Scuola (oltre il 14%) e la Gilda degli insegnanti (circa il 6,5%). Tutti gli altri sindacati non riuscirono nemmeno a sfiorare la soglia minima, legata anche al numero di deleghe, del 5% necessario per sedersi al tavolo delle trattative ministeriali, ottenere distacchi sindacali e svolgere riunioni in orario di servizio.
Le ultime ore della campagna elettorale sono state contrassegnate da alcuni interventi particolarmente duri, espressi dai sindacati meno rappresentativi nei confronti dei concorrenti. Tra questi spicca quello di Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli insegnanti, che durante l’incontro con delegati e lavoratori al teatro Quirino a Roma ha pronunciato parole forti contro l’attuale sistema che regola il sindacalismo scolastico: "siamo stufi delle Rsu e non perché abbiamo un problema di rappresentatività, come dimostrano le quasi 4mila liste presentate. Ma non si possono continuare a ignorare i problemi che comportano tali elezioni".
Secondo Di Meglio, infatti, "le Rsu non hanno niente a che fare con la scuola, luogo di formazione e cultura. Senza contare che queste elezioni, sulle quali si misurano permessi e distacchi, hanno effetti di diritto pubblico non trascurabili - Non solo, ma -ha aggiunto il sindacalista - si tratta di consultazioni viziate perché in capo agli stessi sindacati. Un po´ come se le elezioni politiche fossero affidate ai partiti anziché al ministero dell´Interno".
Di Meglio si è scagliato poi contro i sindacati Confederali, perchè "l´Aran ma anche Cgil, Cisl e Uil hanno rifiutato il controllo sui dati delle singole sigle sindacali. Contro questo diritto negato - ha concluso Di Meglio - promettiamo battaglia. Faremo una protesta politica forte e, poi, se necessario, passeremo alle vie giudiziarie".
I Cobas, dal canto loro, hanno adottato lo slogan “Esci dal guscio”. Inoltre si sono rivolti agli elettori con frasi al vetriolo. Come questa: “non abbiamo le mani in pasta in attività lucrose come quelle dei sindacati concertativi”.
Più morbida, dopo una campagna condotta senza esclusione di colpi, è apparsa l’Anief, che in occasione delle elezioni dal 5 al 7 marzo potrà contare sui consensi di Usi, Sisa, Lisa, Scuola Athena e Conitp. Oltre che sul patto di “desistenza” con l’Unicobas (che ha chiesto di “partecipare in massa alle elezioni Rsu a dare un senso al nostro impegno”) per evitare che il personale possa votare le altre organizzazioni.“Questo voto – ha dichiarato il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico - è un voto all’alternanza, alla speranza e che potrà convincere gli altri grandi sindacati a continuare a seguirci nelle iniziative di mobilitazione, di protesta e di tutela dei lavoratori”.
Da oggi e fino a giorno 7 si vota per la Rappresentanza Sindacale Unitaria (RSU) nelle scuole. I grandi si confrontano, i nuovi in cerca di rappresentatività.
In ballo non c'è poco, chi supera la soglia del 5% di voti si potrà sedere al tavolo delle trattative ministeriali e non solo.
I grandi sindacati si confrontano. FLCGIL, CISL, UIL, SNALS, GILDA raccoglieranno quanto seminato in questi anni difficili per la scuola, tra tagli, razionalizzazioni, blocco degli stipendi e gestione del precariato.
Gli emergenti, invece, sono alla ricerca di rappresentatività. Tra essi spicca sicuramente l'ANIEF che in questi anni ha spesso dettato l'agenda del Ministero e degli stessi sindacati, grazie ad eclatanti iniziative, e che, in vista di queste elezioni, ha tessuto una rete di relazioni di tutto rispetto, facendo confluire il consenso di svariate, piccole ma cobattive sigle: USI, SISA, LISA, Scuola Athena, Conitp,
Ma al di là dei "giochi di potere", l'elezione delle RSU è un momento importante nella vita della scuola. Pertanto riteniamo di dover augurare a tutto il personale scuola un buon voto, ricordando che dalle RSU passa la tutela dei lavoratori della scuola attraverso il controllo dell'applicazione del contratto.
L'Associazione di Marcello Pacifico intende ribaltare i pronostici che vogliono i sindacati di base sotto il 5% dei consensi e quindi esclusi dalla contrattazione nazionale. Il patto di "desistenza" con Unicobas potrebbe avvantaggiarla.
Dopo l'intervista a Piero Bernocchi, portavoce nazionale Cobas, pubblichiamo le risposte che abbiamo raccolto da Marcello Pacifico, presidente dell'Anief, associazione che per la prima volta si presenta alle elezioni per le RSU (e con l'intenzione dichiarata di sovvertire ogni pronostico superando lo sbarramento necessario ad ottenere la rappresentatività nel comparto)
Domanda
Mancano pochi giorni alle elezioni per il rinnovo delle RSU.
Siete in grado di dire in quante scuole il vostro sindacato ha presentato liste ?
Pacifico Abbiamo presentato liste, all’incirca, nel 15% delle scuole con migliaia di candidati. Ma la cosa più bella e gratificante è stata la consapevolezza di avere candidato centinaia di colleghi, iscritti anche ad altri sindacati, che, per l’occasione, con speranza, hanno messo il loro nome al servizio dell’Anief insieme ai nostri quadri sindacali o ai nostri iscritti, per sostenere un’assordante richiesta di cambiamento.
Domanda
Per chi non è già “rappresentativo” la campagna elettorale è stata particolarmente difficoltosa.
Come si potranno superare le regole in vigore che non consentono ai sindacati di base neppure di convocare assemblee per presentare liste e programmi ?
Pacifico La campagna è stata difficilissima, con l’ostilità aperta dei dirigenti provinciali delle altre organizzazioni sindacali rappresentativi che hanno fatto di tutto per convincere i colleghi ad annullare le candidature spontanee già presentate. Secondo le prime adesioni pervenute, avremmo dovuto contare quasi sul doppio dei candidati, ma evidentemente, il cambiamento non piace a chi è abituato da più di vent’anni a gestire le questione dei lavoratori come cosa sua. E il tutto senza che sia stata data all’Anief la possibilità di presentare in orario di servizio il proprio programma elettorale, dopo lunghi mesi di silenzi sui diritti negati in questa legislatura ai lavoratori della scuola, con il consenso di compiacenti sindacalisti. Per garantire la democrazia sindacale, basterebbe separare il voto RSU della scuola dal voto per la scelta del sindacato rappresentativo, ma dubito che gli altri possano consentire una partita ad armi pari. In questo momento è più facile candidarsi a sindaco che a RSU nella scuola, per colpa di un contratto che vieta ai sindacati rappresentativi gli opportuni spazi elettorali.
Domanda
Risultato elettorale a parte, siete soddisfatti di come le scuole hanno risposto alle vostre proposte in questa fase ?
Pacifico Indubbiamente siamo entusiasti; lo straordinario favore mostrato in questi giorni per un sindacato che è nato appena tre anni, conferma la volontà di lottare sempre più con maggiore determinazione per gli interessi di una categoria da cui dipende la fortuna del Paese.
La voce della scuola, grazie all’azione dell’Anief, è stata ascoltata fino ad oggi nelle aule parlamentari e dei tribunali. E’ giunto il momento che sia ascoltata nelle stanze del ministero e del governo, grazie al voto dei colleghi alle liste dell’Anief nelle prossime elezioni RSU. Nella scuola, è ancora possibile il cambiamento.
Pacifico: "Basta tagli, governo investa su cultura e personale".
Domani molte scuole a rischio chiusura o senza lezioni per lo sciopero nazionale unitario del personale della scuola promosso dall'Anief, e a cui hanno aderito altri cinque sindacati (Usi, Sisa, Lisa, Scuola Athena, Conipt) e al quale si aggiunge la protesta della Gilda degli insegnanti. Lo sciopero riguarda sia il personale di ruolo sia quello precario: incroceranno le braccia, insieme, per opporsi al blocco degli stipendi e del contratto, alla cassa integrazione e ai licenziamenti in arrivo per il personale in esubero, alla mancata stabilizzazione di lavoratori che da anni assolvono il loro compito senza alcun tipo di garanzia, alla nuova riforma delle pensioni che cambia le regole in corsa, al blocco della mobilità per il personale neo-immesso in ruolo.
"Il Governo - dice in una nota il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico - deve capire che soltanto ponendo fine alla stagione dei tagli, tornando ad investire sulla cultura e sul personale, promuovendone la professionalità, si può puntare a far ripartire il Paese: prima della religione dei mercati finanziari bisogna avere fede e scommettere sul diritto del lavoro e sulla giusta retribuzione, senza i quali viene meno lo stesso stato sociale".
Secondo Pacifico lo sciopero di domani deve sensibilizzare governanti e legislatori sulla necessità di migliorare la condizione professionale del personale scolastico: "Le istituzioni non possono più rimandare il miglioramento delle condizioni professionali ed economiche di centinaia di migliaia di colleghi, i quali malgrado tutto continuano a credere nell'alto valore educativo del lavoro che svolgono ogni giorno nelle aule delle nostre scuole".
Saranno molte le scuole che domattina, sabato, rimarranno chiuse per lo sciopero nazionale unitario del personale della scuola promosso dai sindacati Anief, Usi, Sisa, Lisa, Scuola Athena e Conitp, a cui si è aggiunta la Gilda degli insegnanti che ha deciso di protestare lo stesso giorno.
Migliaia di docenti e unità di personale Ata si asterranno dal lavoro per l'intera giornata del 3 marzo contro una serie di ingiustizie lavorative che continuano a perpetrarsi nei loro confronti. Lo sciopero nazionale riguarda sia il personale di ruolo sia quello precario.
Incroceranno le braccia, insieme, per opporsi al blocco degli stipendi e del contratto, alla cassa integrazione e ai licenziamenti in arrivo per il personale in esubero, alla mancata stabilizzazione di lavoratori che da anni assolvono il loro compito senza alcun tipo di garanzia, alla nuova riforma delle pensioni che cambia le regole in corsa, al blocco della mobilità per il personale neo-immesso in ruolo.
"A questo punto il Governo - ha detto il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico - deve capire che soltanto ponendo fine alla stagione dei tagli, tornando ad investire nella cultura e nel personale, promuovendone la professionalità, si può puntare a far ripartire il Paese. Prima della religione dei mercati finanziari bisogna avere fede e scommettere sul diritto del lavoro e sulla giusta retribuzione".
Se l’adesione sarà adeguata alle aspettative, il “listone” Anief che ha promosso la protesta nazionale anti Governo potrebbe davvero alimentare possibilità di raggiungimento del 5% di rappresentatività. Si fermerà pure la Gilda, che concluderà la campagna elettorale a Roma. L’Unicobas invece incrocerà le braccia il 28 marzo.
Ha raccolto le adesioni di diverse sigle sindacali la decisione dell’Anief di scioperare sabato 3 marzo, a ridosso del rinnovo delle elezioni Rsu: hanno infatti aderito alla protesta Usi, Sisa, Lisa, Scuola Athena e Conitp. E nella stessa giornata si fermerà anche la Gilda degli insegnanti. Certo, mancano all’appello i sindacati più rappresentativi. Ma proprio per questo motivo l’esito della protesta potrebbe essere una sorta di antipasto sul numero di adesioni al “listone” di candidati Rsu, creato dal leader dell’Anief, Marcello Pacifico, per raggiungere il tetto di rappresentatività del 5% utile per sedersi al tavolo dei negoziati nazionali. A dire il vero, però, non tutti i sindacati alleati con il sindacato di Pacifico si fermeranno: l’Unicobas, che solo alcune ora fa ha annunciato un patto di desistenza con l’Anief, attraverso cui impegna i lavoratori a votare per i candidati del sindacato “amico” in tutte quelle scuole dove non sono presenti proprie liste, non ha aderito alla protesta del 3 marzo. Come annunciato, l’organizzazione di base guidata da Stefano d’Errico incrocerà le braccia il 28 marzo.
A leggere le motivazioni dello sciopero tutti i dipendenti della scuola avrebbero motivo di aderire: si va dal rifiuto del blocco degli stipendi e del contratto alla netta contrarietà per l’ipotesi cassa integrazione e licenziamenti introdotta negli ultimi mesi per il personale in esubero (al momento oltre 10mila docenti). La piattaforma di rivendicazioni tocca anche la mancata stabilizzazione di decine di migliaia di precari che da anni assolvono il loro compito senza alcun tipo di garanzia. Netta contrarietà viene espressa anche sulla nuova riforma delle pensioni, che cambia le regole in corsa, ed sul blocco quinquennale della mobilità per il personale neo-immesso in ruolo.
“Il Governo – ha detto il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico – deve capire che soltanto ponendo fine alla stagione dei tagli, tornando ad investire nella cultura e nel personale, promuovendone la professionalità, si può puntare a far ripartire il Paese: prima della religione dei mercati finanziari bisogna avere fede e scommettere sul diritto del lavoro e sulla giusta retribuzione”.
La Gilda degli insegnanti aggiunge nella lista delle proteste anche l’esigenza di avere una maggiore "garanzia degli organici e modifiche alla riforma Brunetta che, allo stato attuale, non tiene conto né della libertà d`insegnamento né dei diritti sindacali nelle scuole". Sempre sabato, il sindacato di Di Meglio ha dato appuntamento ai lavoratori a Roma, dalle 10 alle 13, dove si svolgerà una manifestazione nazionale al teatro Quirino: la mattinata di mobilitazione alternerà momenti di intrattenimento, con le note della band Emporium live music e la satira pungente di Andrea Rivera, ad altri di dibattito e riflessione con una tavola rotonda sui problemi del mondo della scuola (saranno presenti tutti i dirigenti del sindacato autonomo). La manifestazione si concluderà con l'intervento del coordinatore nazionale della Gilda, Rino Di Meglio, che sancirà anche la fine della campagna elettorale per il rinnovo delle Rsu. Da lunedì la parola passerà ai lavoratori attraverso la scelta dei loro candidati.
''Molte scuole sabato mattina rimarranno chiuse per lo sciopero unitario del personale della scuola promosso dai sindacati Anief, Usi, Sisa, Lisa, Scuola Athena e Conitp, a cui si e' aggiunta la Gilda degli insegnanti che ha deciso di protestare lo stesso giorno'': è quanto si legge in una nota dell'Anief che sottolinea come la protesta riguardi sia il personale di ruolo sia quello precario.
''Incroceranno le braccia, insieme, per opporsi al blocco degli stipendi e del contratto, alla cassa integrazione e ai licenziamenti in arrivo per il personale in esubero, alla mancata stabilizzazione di lavoratori che da anni assolvono il loro compito senza alcun tipo di garanzia, alla nuova riforma delle pensioni che cambia le regole in corsa, al blocco della mobilita' per il personale neo-immesso in ruolo''.
''Il Governo - sottolinea il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico - deve capire che soltanto ponendo fine alla stagione dei tagli, tornando ad investire nella cultura e nel personale, promuovendone la professionalita', si puo' puntare a far ripartire il Paese: prima della religione dei mercati finanziari bisogna avere fede e scommettere sul diritto del lavoro e sulla giusta retribuzione, senza i quali viene meno lo stesso stato sociale''.
Molte scuole rischiano di restare chiuse per lo sciopero nazionale indetto dalla Gilda degli insegnanti e dall’Anief (con iniziative separate) per la giornata di sabato 3 marzo. Le motivazioni dell’azione di protesta indetta dai due sindacati (ai quali si unisce un’organizzazione minore, la Sisa) sono in buona misura coincidenti, e fanno riferimento alla mancata corresponsione degli scatti d’anzianità a gennaio e alla riforma del sistema pensionistico che penalizza fortemente la categoria degli insegnanti.
“La giornata di mobilitazione” – scrive in una nota la Gilda – “è finalizzata anche a ottenere norme concrete per la stabilizzazione del precariato, la garanzia degli organici e modifiche alla riforma Brunetta che, allo stato attuale, non tiene conto né della libertà d’insegnamento né dei diritti sindacali nelle scuole”. Altra ragione di protesta è poi la recente bocciatura al Senato dell’emendamento grazie al quale i docenti che matureranno i requisiti per la pensione entro il 31 agosto prossimo avrebbero potuto lasciare il lavoro con le vecchie regole.
Il sindacato ha indetto a Roma una manifestazione nazionale al teatro Quirino che si concluderà con l'intervento del coordinatore nazionale della Gilda, Rino Di Meglio, che sancirà anche la conclusione della campagna elettorale per il rinnovo delle Rsu.
Anief a sua volta spiega in una nota: “Al Governo chiediamo lo sblocco del contratto nazionale e il ripristino degli scatti di anzianità per il personale in servizio. Ma lo sciopero vuole essere anche una forma di protesta contro l’intesa Governo-sindacati del 4 febbraio 2011 finalizzata alla applicazione delle norme del decreto Brunetta al personale della scuola, per non parlare del fatto che ci aspettiamo che si ponga finalmente mano ad un serio piano di interventi per affrontare la questione del precariato”. Anche per Anief la scelta di scioperare il 3 marzo è da porre in relazione alla campagna elettorale per l’elezione delle Rsu (5-7 marzo), a cui partecipa per la prima volta, e per la conquista dello status di ‘sindacato maggiormente rappresentativo’.
Manca meno di una settimana alle elezioni per il rinnovo delle Rappresentanze Sindacali Unitarie della Scuola (Rsu) che si svolgeranno da lunedì 5 a mercoledì 7 marzo. Le elezioni saranno valide nelle istituzioni scolastiche doveavrà votato più del 50% degli aventi diritto al voto.
In questi ultimi giorni quindi si stanno moltiplicando da più parti gli appelli al voto e le iniziative sindacali per attrarre verso i propri candidati più voti possibili, anche sul Web. Vediamole insieme.
Dal punto di vista della comunicazione, chi sta investendo di più in queste elezioni è sicuramente la Flc Cgil, che in vista delle elezioni, ha creato un sito ad hoc, http://www.ricostruiamolitalia.it/, nel quale sono presenti l’elenco delle iniziative, notizie, sostenitori, foto, video e gadget a sostegno della campagna elettorale. Interessante, sul sito, la scheda con le modalità di votazione.
Sul sito della Cisl Scuola, è invece presente un’area con l’appello al voto e altre informazioni e materiali utili per votare e far votare i rappresentanti di questo sindacato.
Sul sito della Uil Scuola è possibile consultare e scaricare i materiali del sindacato in vista delle elezioni, mentre in quello dello Snals Confsal è riportata un’intervista al segretario generale dell’organismo di rappresentanza con l’intento di attrarre verso di sé i voti degli elettori.
Un appello a votare la Gilda è presente anche nel sito dell’organizzazione sindacale omonima, mentre i Cobas della Scuola, per indirizzare i voti verso di sé, si affidano allo slogan di "uscire dal guscio".
Infine, sul fronte delle alleanze in vista delle elezioni, è da segnalare l’accordo tra l’Anief e l’Unicobas, che invitano gli elettori, con un patto di desistenza “contro l’immobilismo della casta sindacale”, a sostenere reciprocamente la lista alleata, nelle scuole dove non saranno presenti propri candidati.
L’invito agli elettori è optare per la lista “amica” nelle scuole dove non ci sono propri candidati: l’intento è raggiungere il 5% di rappresentatività nazionale. Ma la soglia minima per sedersi al tavolo delle trattative nazionali rimane un obiettivo proibitivo.
A meno di una settimana dal rinnovo delle rappresentanza sindacali unitarie, in programma dal 5 al 7 marzo in tutte le scuole d’Italia, continuano a concretizzarsi soluzioni ed alleanze tra i sindacati meno rappresentativi. Come quella realizzata il 28 febbraio dal presidente dell’Anief, Marcello Pacifico, ed il segretario dell’Unicobas, Stefano d’Errico: nell’intento di raggiungere il 5 per cento di rappresentatività nazionale, soglia minima per sedersi al tavolo delle trattative nazionali, i leader dei due sindacati hanno annunciato di essersi “impegnati a sostenere reciprocamente, contro l’immobilismo della casta sindacale, le rispettive liste al fine di favorire l’evidente richiesta di cambiamento che proviene dal mondo della scuola, con un patto di desistenza elettorale”.
L’alleanza ha come obiettivo primario quello di evitare che laddove non sono presenti le liste dei due sindacati, docenti e Ata possano avere la tentazione di dare la loro preferenza per le organizzazioni concorrenti. Così, nelle scuole dove ci sono liste Unicobas e non liste Anief, il sindacato di Pacifico dà indicazione di votare per l'Unicobas. Dal canto suo l'Unicobas indica di votare l'Anief negli istituti dove non è presente con propri candidati.
Secondo i due sindacati siamo di fronte ad in vero e proprio “patto di desistenza, in previsione di una futura azione unitaria, per garantire le libertà sindacali a tutti i lavoratori, la tutela degli stipendi e della professione di tutta la comunità educante, per sconfiggere la precarietà”.
Certo, non è facile fare previsioni, anche in virtù del fatto che la rappresentatività delle organizzazioni sindacali deriva non solo dal risultato dell’urna ma anche dal numero di deleghe che ognuna di loro è riuscita a collezionare. E i sindacati con meno deleghe sono anche quelle che hanno avuto maggiori difficoltà a presentare dei candidati al rinnovo delle Rsu. Anche perché, hanno più volte denunciato, a loro non è concesso organizzare riunioni coi lavoratori in orario di servizio.
Di sicuro, però, rispetto all’ultima tornata elettorale, svoltasi all’inizio dell’anno scolastico 2006/07, stavolta i sindacati meno gettonati ce la stanno mettendo tutta per rendere la vita difficile a quelle che sino a qualche tempo fa venivano considerate delle solide e inamovibili gerarchie del settore.
Il 24 febbraio in tanti hanno risposto all’appello del Cps, manifestando in varie città la loro contrarietà per le scelte degli ultimi governi. Tra le richieste anche la restituzione dei tagli derivanti dalla Legge 133/08. Nelle stesse ore l’Anief tornava a proporre emendamenti alla Camera: come l’abolizione della direttiva Ue che esclude la scuola dall’assumere i supplenti con almeno 36 mesi di servizio.
Ci sono due costanti che negli ultimi anni hanno contrassegnato negativamente il mondo della scuola: da una parte i forti tagli alle risorse e agli organici decisi dal Governo per far quadrare i bilanci dello Stato; dall’altra l’irrisolta questione dell’esercito dei precari. Un numero impressionante – tra docenti e Ata sfiorano le 300mila unità, se ci si ferma a quelli inseriti nelle graduatorie degli abilitati e della prima fascia – che nessun governo, per vari motivi, è stato in grado di ridurre in modo radicale.
Il 24 febbraio, come annunciato da tempo, tanti supplenti si sono ritrovati in alcune piazze italiane. Rispondendo in questo modo all’appello del Coordinamento precari della scuola. A Milano, Ravenna, Pisa, Roma, Latina, Napoli, Bari, Foggia e Oristano hanno alzato striscioni e gridato il dissenso per delle istituzioni che, seppure cambiando gli “attori” che le governano, continuano a non prendere decisioni a loro favore. Anzi, spesso, come in uno sfortunato Gioco dell’oca, si rendono artefici di nuovo norme che li ricacciano indietro nei punteggi. E il periodo di grave crisi economica, inutile negarlo, non aiuta di certo.
Nella capitale si è svolta una protesta partecipata e colorata. Sulla scalinata che conduce al Miur hanno steso la scritta “Il precariato ci annulla, il governo ci offende”. Poi hanno appeso sul muro del dicastero dell’Istruzione diverse copertine (riviste e corrette!) dei grandi classici della letteratura: mostrando la loro competenza per la letteratura, unita ad tanto rammarico ed un pizzico di ironia, hanno associato una serie di famosi libri agli attuali ministri della Repubblica. Così Profumo è stato avvicinato a "L'uomo senza qualità", Passera al celebre "Petrolio" di Pier Paolo Pasolini, mentre "Pianto antico" di Carducci all’annuncio del ministro Fornero in occasione della conferenza di presentazione da parte del governo Monti dell’innalzamento dei requisiti deciso dal governo per andare in pensione.
È lunga la lista di rivendicazioni presentate dal Cps. Su tutte domina il “no al concorso finché tutti i precari non verranno assunti”. Forte è anche l’opposizione “alla chiamata diretta dei presidi e all'aziendalizzazione e alla privatizzazione del sistema d'istruzione statale”. I precari hanno poi chiesto, “ancora una volta, un serio piano di rifinanziamento che restituisca le risorse tagliate dalla finanziaria 133 del 2008”. Oltre che “l'immediato sblocco del turn over e l'assunzione di tutti i precari, l'utilizzo delle graduatorie come unico sistema di reclutamento, l'annullamento della distinzione tra organico di fatto e di diritto, la restituzione dello scatto stipendiale per i neoassunti e il rinnovo del contratto di lavoro”.
Considerando l’attenzione che il governo Monti è costretto a dare alle spese, sarà davvero improbabile che l’esecutivo possa permettersi di rivedere i tagli introdotti durante la gestione Gelmini. Come è assai difficile che i movimenti di piazza possano avere la loro influenza sulle altre questioni: più o meno, infatti, la loro soppressione o modifica comporterebbe l’esborso di fondi lo Stato in questo momento non appare in grado di sostenere.
Sulle manifestazioni del 24 febbraio non ha detto la sua nessuno dei principali sindacati della scuola. È voluto invece voluto intervenire l’Anief, il sindacato degli educatori in formazione che nelle stesse ore in cui scendevano in piazza i precari ha presentato una serie di proposte emendative al decreto legge sulle semplificazioni e sviluppo. Tra queste c’era anche quella che prevede la stabilizzazione proprio dei precari, attraverso la richiesta applicare pure nella scuola la direttiva comunitaria 1999/70/CE che impone ai datori di lavoro di assumere in ruolo tutti i dipendenti precari con almeno 36 mesi di servizio. Ma anche la cancellazione della legge che esclude tutti i docenti abilitati negli ultimi tre anni dall’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento. E l’abrogazione di quelle norme che alimentano confusione sulla giurisdizione relativa all’assunzione del personale non di ruolo, intervenendo sulla tabella di valutazione dei titoli delle graduatorie ad esaurimento.
“Il nostro sindacato – ha detto il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico – ha tra i suoi motivi fondanti la tutela dei precari della scuola. Per questo motivo non possiamo che condividere le ragioni che hanno portato oggi tanti lavoratori della scuola a scendere in piazza contro la politica di chi per troppi anni ha abusato della loro professionalità e abnegazione nel formare le nuove generazioni. Senza però mai trovare una soluzione per stabilizzarli. È giunto il momento di dire basta a questa anomalia tutta italiana. Noi ce la stiamo mettendo tutta: speriamo – ha concluso il leader dell’Anief - che altrettanto facciano i parlamentari”.
Assieme a Pd e Idv, il Carroccio (che al Senato aveva introdotto la quarta fascia delle graduatorie) ha permesso di far mettere in minoranza l’esecutivo. L’esito del decreto legge ‘milleproroghe’ non cambierà. Ma entro il 2014 gli abilitati nell'ultimo triennio dovrebbero accomodarsi nelle GaE. E sul tema del reclutamento dei precari ripartirà ora una nuova stagione di polemiche.
Continua ad essere sofferta e mal sopportata da una larga fetta dei parlamentari la scelta presa in Senato di collocare in coda alle graduatorie ad esaurimento gli oltre 20mila precari della scuola abilitati nell’ultimo triennio: nel corso dell'esame del decreto ‘milleproroghe’, su un ordine del giorno presentato da Antonino Russo (Pd), ma di cui l'Anief rivendica la paternità, il governo è stato battuto in aula con 257 voti favorevoli, 213 contrari e sei astenuti.
Ma quel che ha destato non poca sorpresa è stato il fatto che a dare il proprio consenso sul testo, pur con parere contrario dell'esecutivo, è stata, assieme a Pd e Idv, anche Lega Nord (contrari si sono espressi Pdl, Fli e Udc). Si tratta di una presa di posizione che farà discutere: in Senato, infatti, i fautori dell’emendamento che ha creato una quarta fascia di docenti precari abilitati erano stati proprio gli esponenti del Carroccio.
Ora il governo dovrà per forza di cose tenere conto del parere della Camera.In pratica, gli abilitati tra il 2008 e il 2011 verranno inseriti nella fascia aggiuntiva a giugno. E poi a "pettine" nel 2014, quando si riapriranno le graduatorie ad esaurimento per i canonici aggiornamenti. Nel decreto viene infatti chiesto al governo l'impegno di "inserire nella terza fascia, secondo il rispettivo punteggio delle graduatorie ad esaurimento, i docenti collocati nella fascia aggiuntiva, all’atto dell’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento previsto per l’anno scolastico 2014-2015". Oltre che di accettare con riserva coloro che stanno seguendo i corsi in questo momento.
Da un punto di vista pratico il fatto non cambierà di certo l’esito del decreto legge ‘milleproroghe’: il sì finale dell’Aula, previsto per la sera del 23 febbraio, appare scontato. Per la scuola però le indicazioni giunte nelle ultime ore creeranno le condizioni per l’innesco di nuove polemiche su un terreno che aveva invece bisogno di punti fermi.
Per il momento l'unica reazione che si registra è quella dell'Anief: “ancora una volta – ha detto il suo presidente Marcello Pacifico - il buon senso ha trionfato: il Parlamento ci ha ascoltato e di fronte ai muscoli duri mostrati dal Governo, sordo alla dottrina malgrado le diverse sentenze del giudice delle leggi, ha ribadito come sia incostituzionale discriminare i docenti in base all’anno di conseguimento dell’abilitazione”. Nelle prossime ore arriveranno gli altri commenti. E non tutti dello stesso tenore.
I sindacati non si rassegnano alla bocciatura dell’emendamento in Camera e Senato. Ricordano che sulla questione il governo ha approvato un ordine del giorno: ora lo traduca in legge. Sale intanto la tensione in vista del rinnovo Rsu: Scrima risponde con durezza e Pantaleo. E quasi tutti parlano di incrementi delle liste.
Il già cospicuo numero di contenziosi avviati dai docenti precari nei confronti del Miur, pari quasi a 40mila ricorsi patrocinati in larga prevalenza dai legali del Codacons, dell'Anief e della Cgil, potrebbe presto assumere proporzioni ancora più grandi. Lo hanno annunciato Cisl e Uil Scuola, attraverso dei comunicati dai toni forti emessi il 22 febbraio: le due organizzazioni confederali sono tornate a chiedere lo spostamento dal 31 dicembre 2011 al 31 agosto 2012 del termine per acquisire i requisiti per l'accesso alle pensioni con le norme precedenti alla nuova normativa introdotta dal ministro Fornero. Del resto, i tempi tecnici per realizzare il provvedimento ci sono. E anche la disponibilità del Governo che in occasione della prima votazione alla Camera del decreto ‘milleproroghe’, il 26 gennaio scorso, aveva condiviso le finalità dell’emendamento del Pd accogliendo sulla questione un apposito ordine del giorno. Quello che manca, e che ha fatto alzare le braccia ai tanti onorevoli e senatori favorevoli allo slittamento dei termini, sono i fondi: il motivo della stroncatura dell’emendamento da parte delle Commissioni Bilancio di Camera e Senato.
Francesco Scrima, segretario generale della Cisl Scuola, ha annunciato a nome del sindacato che se il governo non si deciderà ad approvare lo spostamento attraverso “un intervento di legge, non esiteremo ad assumere ogni necessaria iniziativa di tutela degli interessati anche sul piano legale".
Dello stesso avviso si è detto Massimo Di Menna, a capo della Uil Scuola, secondo cui “serve un immediato intervento del Governo affinché, per la scuola, venga individuata una soluzione equa. Sulle pensioni, siamo pronti – conclude Di Menna – ad attivare misure di contenzioso su tutto il territorio nazionale”.
A dire il vero, la minaccia di ricorrere in tribunale non è una novità assoluta: ad annunciarla, poche ore dopo la bocciatura della norma da parte delle commissini parlamentri, era stata anche l'Anief.
Intanto, a meno di due settimane dal rinnovo delle Rsu, i rapporti tra alcuni sindacati tornano ad essere infuocati. In particolare, come accaduto spesso nell’ultimo triennio, tra Cisl e Cgil. Significativo sono le parole di Scrima, a cui non è andata già una frase pronunciata da Mimmo Pantaleo nel corso di un’assemblea di delegati diffusa in diretta web: “quello firmato dalla Cisl Scuola e da altri sindacati, che ha reso possibile l’assunzione di migliaia di precari – ha detto Scrima - sarebbe secondo il segretario della Flc-Cgil un accordo truffaldino. Delle due l’una: o non conosce il significato delle parole che usa, il che sarebbe grave per chi ambisce a rappresentare i lavoratori della conoscenza, oppure lo sa. In tal caso, si assume la responsabilità di esasperare in modo insopportabile i toni della campagna elettorale per il rinnovo delle RSU, sconfinando dalla polemica agli insulti”.
Sempre a proposito di rinnovo delle rappresentanze sindacali, c’è poi da registrare l’ottimismo che trapela in ogni sindacato. Come la Gilda-Fgu, che secondo il suo coordinatore nazionale, Rino Di Meglio, “si presenta a questo importante appuntamento con grande serenità e con la certezza che verrà sancito un aumento della propria rappresentatività”. Nel 2006, il sindacato contava 38mila iscritti e adesso, secondo i dati rilevati dal ministero dell'Economia nel dicembre scorso, la Fgu ha raggiunto quota 50mila, pari a un incremento del 31%.
Anche Cisl e Uil si sentono sicuri del fatto loro, tanto che nei giorni scorsi hanno detto di avere messo in campo più candidati dell’ultima tornata. Chi ne avrà sicuramente di più, visto che non nel 2006 non esisteva, è l’Anief. Il sindacato di Marcello Pacifico le sta tentando tutte per raggiungere la soglia minima del 5% di rappresentatività: in appena tra anni, grazie alle vittorie in tribunale e all’effetto novità, è riuscito ad ottenere quasi 9mila deleghe. Inoltre ha annunciato di essere riuscito “a presentare le sue liste nel 15% delle scuole italiane di ogni ordine e grado”. Basteranno per centrare l’arduo obiettivo?
Cresce il numero di contenziosi tra i docenti e il ministero dell'Istruzione, con l'amministrazione sempre più spesso incaricata dai giudici a risarcire il personale: a sostenerlo sono i sindacati e le associazioni di categoria, che quasi sempre tutelano i lavoratori della scuola per mezzo dei loro legali specializzati.
I più combattivi sono i precari "storici", a cui il Miur continua a conferire supplenze a tempo determinato negandolo loro l'immissione in ruolo non tenendo conto della direttiva UE 1999/70/Ce, attraverso cui in Europa da anni sono state cancellate le discriminazioni tra il servizio lavorativo prestato come precari (se sono stati svolti almeno tre anni) e come personale di ruolo.
L'ultimo ad esprimersi in questa direzione è stato il giudice del lavoro di Milano, Fabrizio Scarzella, che esaminando la causa patrocinata dall'avvocato Ezio Guerinoni, del sindacato Anief, ha accordato quasi 30mila euro di indennizzo a una docente milanese.
"Nelle ultime settimane, prima di questa sentenza - ricorda Marcello Pacifico, presidente dell'Anief - anche altri Tribunali del lavoro hanno confermato tale parere". Per il sindacalista, poiché i ricorsi presentati sono decine di migliaia (sommando quelli del Codacons, della Cgil e di altri legali si sfiora quota 40.000), ancora quasi tutti da esaminare, "il Miur rischia di dover risarcire diversi milioni di euro. A meno che non assuma tutti i precari: ciò comporterebbe un esborso per le casse dello Stato decisamente minore".
La tendenza dei giudici del lavoro è di accordare onerosi rimborsi per la mancata stabilizzazione: si va dai 15mila ai 40mila euro. Poiché i ricorsi sono decine di migliaia, se l’esito dovesse generalizzarsi il Ministero rischia di perdere milioni di euro. Soprattutto se l’Avvocatura dello Stato dovesse confermare l’intenzione di tirarsi indietro.
La sentenza della Corte Europea, che sanziona quei datori di lavoro che non stabilizzano i lavoratori con alle spalle almeno tre anni di servizio, rischia di mettere a repentaglio una parte dei risparmi praticati negli ultimi anni dal ministero dell’Istruzione: a complicare i piani di razionalizzazione delle spese del dicastero di viale Trastevere sono le sentenze, emesse dai tribunali del lavoro, che stanno accordando onerosi indennizzi – tra i 15mila e i 40mila euro a testa - a favore dei docenti precari “storici”.
È notizia delle ultime ore che il giudice del lavoro di Milano, Fabrizio Scarzella, esaminando la causa patrocinata dal sindacato Anief ha indennizzato con quasi 30mila un’insegnante precaria lombarda: la docente non ha ottenuto l’assunzione a titolo definitivo, ma riceverà dallo Stato ben 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto percepita (oltre 10.000 euro); 2.880 euro come scatti biennali maturati e non corrisposti nel periodo di precariato; 14.354 euro quali retribuzioni non percepite nei mesi di luglio e agosto per gli anni in cui il contratto era stato stipulato fino al 30 giugno ma su posto vacante e disponibile.
“Nelle ultime settimane, prima di questa sentenza – ricorda Marcello Pacifico, Presidente dell’Anief – anche altri tribunali del lavoro (in particolare quello di Torino ndr) hanno confermato tale parere. Evidentemente il diritto non perdona all’amministrazione italiana la violazione della normativa europea che ci chiede la corretta tenuta dei conti pubblici, ma anche la non discriminazione del personale a tempo determinato Ma se la tendenza verrà confermata a questo punto, sostiene il leader dell’Anief , “il Miur non ha scelta: assuma tutti i precari in blocco. Ciò comporterebbe un esborso per le casse dello Stato decisamente minore”.
”In effetti, sono state già diverse le occasioni in cui i giudici del lavoro hanno tenuto conto della direttiva Ue 1999/70/CE, attraverso cui vengono cancellate le discriminazioni tra precari e personale di ruolo. Certo la stragrande maggioranza dei ricorsi devono ancora essere esaminati: oltre a quelli dell’Anief, molto corposo è anche il numero di quelli del Codacons. Meno nutrito il numero della Flc-Cgil. E poi ci sono i docenti che si sono rivolti ai legali non patrocinati da associazioni o sindacati. Stime da confermare indicano la quota complessiva di richieste di stabilizzazione (o di lauto indennizzo) vicina alle 40mila unità. Un numero altissimo, tanto che se il Miur dovesse continuare a soccombere si ritroverebbe a dover indennizzare non pochi milioni di euro.
Per il dicastero di viale Trastevere la questione sembra davvero in salita. Ancora di più dopo che alcuni giorni fa l’Avvocatura dello Stato, coinvolta in uno dei ricorsi, ha deciso di tirarsi indietro. “Considerata la natura della presente controversia”, l’Avvocatura statale ha reputato “di non dover assumere direttamente la trattazione della causa”. Per il Miur, insomma, ci sono tutti i presupposti perché le richieste di stabilizzazione e risarcimento formulate dai precari si trasformino in un affare a perdere.
L'Anief avverte: boom di indennizzi a favore precari, "il Miur rischia grosso", spiega il sindacato dopo le sentenze favorevoli delle scorse settimane. Un giudice del lavoro di Milano ha infatti accordato a un insegnante non di ruolo quasi 30mila euro, "e - spiega l'Anief in una nota - in attesa di giudizio altri 40mila candidati e per lo Stato l'esborso potrebbe essere anche di 4 milioni di euro".
Una sentenza della Corte europea, che sanziona quei datori di lavoro che non stabilizzano i lavoratori con alle spalle almeno tre anni di servizio, rischia di mettere a repentaglio i risparmi praticati negli ultimi anni dal ministero dell'Istruzione: a sostenerlo è il sindacato Anief, dopo aver preso atto che l'orientamento dei giudici del lavoro è quello di accordando onerosi indennizzi - tra i 15mila e i 40mila euro a testa - a favore dei docenti precari "storici".
L'ultimo ad esprimersi in questa direzione - spiega l'Anief - è stato il giudice del lavoro di Milano, Fabrizio Scarzella, che esaminando la causa patrocinata dall'avvocato Ezio Guerinoni, del sindacato Anief, ha indennizzato con quasi 30mila un'insegnante precaria lombarda: la docente non ha ottenuto l'assunzione a titolo definitivo, ma riceverà dallo Stato ben 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto percepita (oltre 10.000 euro); 2.880 euro come scatti biennali maturati e non corrisposti nel periodo di precariato; 14.354 euro quali retribuzioni non percepite nei mesi di luglio e agosto per gli anni in cui il contratto era stato stipulato fino al 30 giugno ma su posto vacante e disponibile.
"Nelle ultime settimane, prima di questa sentenza - ricorda Marcello Pacifico, Presidente dell'Anief - anche altri tribunali del lavoro hanno confermato tale parere.
Evidentemente il diritto non perdona all'amministrazione italiana la violazione della normativa europea che ci chiede la corretta tenuta dei conti pubblici, ma anche la non discriminazione del personale a tempo determinato".
Sono state già diverse - sostiene l'Anief - le occasioni in cui i giudici del lavoro hanno tenuto conto della direttiva Ue 1999/70/CE, attraverso cui vengono cancellate le discriminazioni tra precari e personale di ruolo. Per il sindacalista il Miur non ha scelta: "assuma tutti i precari in blocco. Ciò comporterebbe un esborso per le casse dello Stato decisamente minore".
L'Anief infatti fa questo ragionamento: "Se l'indennizzo per la mancata stabilizzazione del personale si moltiplica per le diverse migliaia di ricorrenti, ancora quasi tutti da esaminare, il ministero dell'Istruzione rischia grosso: si stima che i risarcimenti danni che il Miur sarà costretto a fornire per l'abuso dei contratti potrebbero arrivare a 4 milioni di euro".
La sentenza del giudice del Lavoro si compone di mancati scatti di stipendio per il servizio svolto dall’a. s. 2006/07, la conversione dei contratti dal 30 giugno al 31 agosto, il pagamento di otto mensilità come condanna per l’abuso della reiterazione dei contratti. Esulta l’Anief, che ha difeso il docente e rilanciato la sfida per raggiungere il 5% di rappresentanza.
È dovere dell’amministrazione, in qualità di datore di lavoro, dimostrare la temporaneità e l’eccezionalità della proposta dei contratti stipulati a tempo determinato per l’esercizio delle supplenze: con questa principale motivazione, il giudice del Lavoro Silvia Ravazzoni ha ordinato – confermando le pronunce precedenti emesse dai suoi colleghi di primo grado e dalla corte di appello - un risarcimento record, superiore ai 30mila euro, che il Miur dovrà corrispondere nei confronti di un docente (difeso dall’Anief). La cospicua cifra si compone di mancati scatti di stipendio per il servizio svolto dall’a. s. 2006/2007 (3.562,79 euro); la conversione dei contratti dal 30 giugno al 31 agosto (15.161,66 euro) e il pagamento di otto mensilità come condanna per l’abuso della reiterazione dei contratti (10.400 euro). A cui sono stati aggiunti anche 1.600 euro più interessi e altro, come risarcimento delle spese anticipate dal legale del precario.
Attraverso la sentenza, il giudice ha quindi ribadito la prescrizione decennale nelle cause portate avanti, ha sottolineato la nullità di circolari ministeriali che contro la legge autorizzavano ad assegnare posti vacanti e disponibili a cattedre al termine delle attività invece che annuali. E ha disposto l’annullamento del contratto a termine illegittimamente posto.
Insomma, ancora una volta dalle aule dei tribunali giungono sentenze che contraddicono quello che viene deciso nelle stanze del Miur. Il loro susseguirsi non fa altro che alimentare nuovi ricorsi. Lo Stato lo sa bene e non è un caso se, per cautelarsi, ha imposto una legge che presto porrà fine (con l’ultimo giorno di febbraio 2012) ai tempi per inviare la lettera interruttiva dei termini per ricorrere.
“In ogni caso, grazie all’Anief – ha dichiarato l’entourage del sindacato degli educatori in formazione - i precari della Scuola ottengono giustizia, mentre il Miur è condannato a pesanti risarcimenti danni per l’abuso dei contratti”. L’organizzazione guidata da Marcello Pacifico ha anche colto l’occasione per ricordare che l'intenzione è quella di condirre la battaglia non più solo nelle aule giudiziare, ma anche nelle grigie stanze di viale Trastevere. Ma per centrare questo nuovo obiettivo dovrà necessariamente raggiungere il 5% della rappresentatività (attraverso i voti che verranno espressi, potenzialmente da quasi un milione di lavoratori della scuola, in occasione del rinnovo delle Rsu d’inizio marzo). L'intenzione è combattere frontalmente una serie di questioni mai risolte: tra queste, il sindacato promette di battersi per “la piena parità di trattamento tra personale a tempo determinato e personale a tempo indeterminato e la stabilizzazione dei precari con 36 mesi di servizio, su tutti i 70.000 posti ancora vacanti e disponibili”.
Ma non solo: l’ Anief promette sin d’ora che “chiederà anche l’annullamento dell’illegittimo contratto siglato il 4 agosto 2011 da Cisl, Uil, Snals e Gilda, che abolisce il primo gradino stipendiale per i neo-assunti, tolto illegittimamente, in ragione proprio della loro stabilizzazione, perché il diritto a un posto fisso per il funzionamento ordinario della scuola non è contrattabile”.
Resta ora da capire se la linea combattiva intrapresa dall’Anief, a cui si aggiungono i non pochi esiti positivi dei ricorsi avviati nell’ultimo triennio, possano bastare per convincere almeno 5% dei dipendenti della scuola a votare il suo “listone” (cui hanno aderito una serie di sindacati minori, tra cui Sisa, Conitp, LISA, Scuola Athena, USI). Anche perché se ciò dovesse accadere, se il sindacato “sfondasse” il tetto imposto dal regolamento dell’Aran, ciò verrebbe a determinare un assetto di rappresentanze dei lavoratori sicuramente diverso rispetto al trittico dei Confederali e ai due autonomi Snals-Gilda che hanno dominato la scena sindacale degli ultimi anni.
Delle modifiche che avrebbe potuto attuare l’Aula, attese e auspicate da alcuni partiti politici e dalle parti sociali, non si è fatto nulla. Anzi, all’ultimo momento è saltata la stabilizzazione di personale educativo e scolastico degli enti locali e dei lavoratori socialmente utili. Il decreto ora torna alla Camera. L'approvazione finale entro lunedì 27.
Nessuna sorpresa dell’ultimo momento: il decreto ‘milleproroghe’ è stato approvato nella serata del 15 febbraio dal Senato con la fiducia (dopo quella già posta dal governo alla Camera): dopo la chiamata nominale, i voti a favore sono stati 255 e i voti contrari 34
Delle modifiche che avrebbe potuto attuare l’Aula, attese e auspicate da alcuni partiti politici e dalle parti sociali, non si è fatto nulla. In particolare, per quanto riguarda la scuola, non ha mai visto la luce (per difetto di copertura economica) l’emendamento che avrebbe permesso a migliaia di dipendenti pensionandi, in larga parte insegnanti, di lasciare il servizio col sistema pre-Fornero facendo valere i contributi dell’intero anno scolastico in corso, quindi fino 31 agosto 2012.
È anche saltata per carenza di fondi, questa però sul fotofinish, una disposizione che riguardava le assunzioni di personale educativo e scolastico degli enti locali e dei lavoratori socialmente utili coinvolti in percorsi di stabilizzazione.
L’unica vera modifica riguarda l’approdo degli abilitati tra il 2008 e il 2011 nelle graduatorie ad esaurimento. Come preannunciato ieri, in questo modo le liste di attesa restano chiuse, ma viene istituita una fascia aggiuntiva. Niente da fare, invece, per gli abilitandi (coloro che stanno concludendo il percorso). Che rimarranno fuori.
Di fatto, si tratta di un ritorno delle “code”. Un tema che l’Anief, che aveva combattuto con successo quelle istituite dall’ex ministro Fioroni, conosce bene: il suo presidente Pacifico oggi ha annunciato che darà battaglia in tribunale.
Il provvedimento, del resto, a questo punto appare "blindato": dopo la fiducia accordata oggi, tornerà all'esame della Camera, in terza lettura, per l'ok definitivo. Il decreto, pena la decadenza, dovrà essere convertito in legge entro il 27 febbraio. E visti e tempi ristretti non si prevedono ulteriori modifiche.
Durante un question time sul reclutamento: stiamo accertando le disponibilità; subito dopo il bando sui posti vacanti, tenendo conto delle aspettative di chi uscirà dai Tfa, in fase di attivazione. Frenata sul progetto Formigoni sulle assunzioni locali: devo sentire tutte le regioni.
A distanza di un paio di mesi scarsi dal primo annuncio, il ministro dell’Istruzione torna a rilanciare i maxi-concorsi pubblici per diventare insegnante entrando dalla porta principale. L’occasione per farlo è stato un question time postogli alla Camera dal Pd sulla stagnazione del nuovo reclutamento del personale: "Una volta accertata la consistenza delle disponibilità – ha detto Profumo - è mia ferma intenzione procedere immediatamente all'indizione dei concorsi sui posti vacanti e disponibili, tenendo conto delle legittime aspettative dei giovani che usciranno dai corsi di tirocinio formativo attivo, in fase di attivazione".
Profumo ha aggiunto che "si valuterà anche l'opportunità di introdurre elementi di semplificazione della procedura concorsuale" e ha ricordato che "sul reclutamento del personale docente della scuola è in corso, su mia precisa indicazione, un approfondito esame da parte dell'amministrazione, anche al fine di individuare modalità appropriate per consentire l'accesso ai ruoli dei docenti più giovani".
Le parole di Profumo sono state bene accolte. Ad iniziare da chi le aveva sollecitate: l’on. Giovanni Bachelet (Pd), ha replicato al Ministro direttamente in Aula, esprimendo una certa soddisfazione. Ma anche chiedendo anche di monitorare il prima possibile lo stato delle graduatorie per le varie classi di concorso alle medie e alle superiori, in particolare evidenziando quelle esaurite.
Sempre durante il question time, il ministro Profumo ha colto l’occasione chiarire la sua posizione sul progetto di legge della regione Lombardia, in base al quale i docenti dovrebbero essere assunti per mezzo di concorsi differenziati in base al titolo di studio. Il responsabile del Miur ha detto che l’incontro avuto con il Presidente Formigoni è stato solo il primo di una lunga serie, in vista dell’attuazione della revisione del Titolo V della Costituzione, che sul fronte istruzione dà ampi poteri decisionali alle regioni. Anche sulla gestione del personale scolastico. Profumo ha tenuto a sottolineare che rimarrà sempre inalterato la competenza dello Stato nella selezione ed assunzione del personale scolastico.
“Sentire il Ministro dell’Istruzione che la competenza nella assunzione del personale rimane ad esclusivo appannaggio dello Stato ci rassicura. Sono parole importanti, perché stoppano sul nascere certe ‘fughe in avanti’ incostituzionali”, ha commentatoMarcello Pacifico, Presidente dell’Anief. Il leader degli educatori in formazione ha apprezzato comunque il passo indietro fatto dal Ministro: “significa che finalmente, sempre anche grazie alle nostre pressioni, l’entourage di Profumo ha compreso l’altissimo rischio di rigetto di questa modalità di selezionare il personale perchè incostituzionale. Inoltre, se il Ministro, come ha detto oggi, ascolterà le altre regioni si renderà conto che quella della Lombardia è un’iniziativa isolata”.
Prima delle parole di Profumo, anche la Cisl Scuola, tramite il suo segretario generale, Francesco Scrima, aveva espresso grosse perplessità sul modello di assunzione proposto da Formigoni. E sulla posizione possibilista di Profumo. “Viene da chiedersi: ma sul reclutamento il Governo e il Ministro hanno una linea? E se sì, quale? Crediamo sia giunto il momento di fare un minimo di chiarezza, perché le attese di chi vorrebbe lavorare nella scuola sono tante, mentre le opportunità di impiego non lo sono”. A poche ore di distanza la risposta è arrivata. Vediamo ora quando seguiranno i fatti.
Il senatore Pittoni (Lega) è stato, nel bene e nel male, un po’ il mattatore della fase finale elle graduatorie ad esaurimento conclusa al Senato con l’approvazione di un maxiemendamento al DL “milleproroghe”, sul quale il Governo ha posto la fiducia, passata a larghissima maggioranza.
Forse, senza quel maxiemendamento e senza la fiducia, l’emendamento soppressivo proposto da Pittoni avrebbe potuto cambiare le sorti di questa strana semichiusura delle GaE. Forse.
Secondo il senatore leghista la scelta del Governo sarebbe stata dettata “dalla necessità di evitare problemi con la parte del Pd non in sintonia con la linea dell'ex ministro Fioroni, che le graduatorie le aveva chiuse, per preparare il terreno alla riforma del reclutamento”.
La preoccupazione di Pittoni, espressa nel suo intervento in Aula, è motivata dal fatto che “inserendo oggi chi ha concluso il percorso avviato nel 2007, non si potrà poi negare lo stesso beneficio a chi ha avviato il percorso sempre nel 2007 ma lo concluderà dopo l’entrata in vigore della norma, oppure a chi lo ha avviato nel 2008, nel 2009 o deve addirittura ancora iniziarlo. Fra tali categorie non esiste infatti alcuna reale differenza sotto il profilo giuridico".
"Si apre una breccia nelle graduatorie ad esaurimento - ha detto il senatore - non c'è poi più alcuna possibilità di arginare le richieste di coloro che da qui in avanti andranno a loro volta a completare il percorso di formazione conseguendo titolo abilitante all'insegnamento".
"Questo perché una norma che consente l’accesso alle graduatorie ad esaurimento, anche solo di alcuni dei docenti che hanno avviato il percorso di formazione dopo la chiusura delle graduatorie, potrà essere tranquillamente utilizzata in sede giurisdizionale da chiunque. Non dovrà fare altro che denunciarne l’incostituzionalità ai sensi dell’art. 3, essendo evidente il trattamento diverso di soggetti appartenenti alla medesima categoria".
Il timore del senatore leghista è già oggi nei fatti, perché l’Anief, l’Associazione sua antagonista dichiarata, ha già dato il via ai ricorsi per gli esclusi, invocando una presunta incostituzionalità della disposizione contenuta nell’emendamento del governo approvato dal Senato.
Il personale della scuola si sente penalizzato delle decisioni prese oggi dalle commissioni Affari costituzionali e Bilancio del Senato a proposito sugli emendamenti al decreto Milleproroghe, ora all'esame dell'Aula di Palazzo Madama. C'è delusione, in particolare, per il mancato via libera ad un emendamento che avrebbe accordato una deroga per circa 4mila docenti prossimi alla pensione: questi insegnanti, infatti, avrebbero potuto godere (il loro servizio si sviluppa sull'anno scolastico e non quello solare) di uno slittamento al 31 agosto del 2012 del tempo utile per accumulare i loro contributi pensionistici. La norma però non è passata, come era accaduto alla Camera, a causa della mancanza di copertura economica (circa 100 milioni di euro).
Secondo Domenico Pantaleo, segretario della Flc-Cgil, "si trattava di un atto di equità nei confronti del personale della scuola che ha una sola finestra di uscita nei pensionamenti con riferimento all`anno scolastico e non quello solare. Quell' emendamento - sostiene Pantaleo - poteva dare una risposta ai precari liberando altri 3500 posti da utilizzare per le stabilizzazioni".
La Uil Scuola sottolinea che la riforma pensionistica ha creato molti problemi nel personale della scuola. "Ed è ancora più penalizzante considerando che, chi lavora nella scuola può andare in pensione solo dal 1 di settembre. E' grave la responsabilità di quelle forze politiche che non hanno consentito l'approvazione di questo emendamento all'insegna dell'equità". Per la Uil la questione non è però chiusa: "sollecitiamo il ministro Profumo ad intervenire e continueremo ad insistere perché in sede parlamentare venga individuata una soluzione equa".
Francesco Scrima, segretario generale della Cisl Scuola sottolinea che "sulle pensioni la scuola non rivendica privilegi: chiede solo di non essere penalizzata a causa delle particolari modalità che regolano la cessazione dal servizio del suo personale. Chi ha impedito che passasse l'emendamento rivolto a questo fine si assume una grave responsabilità".
Critiche arrivano anche per la modifica all'emendamento, approvato il 26 gennaio scorso alla Camera, che avrebbe permesso ad oltre 20mila abilitati a partire dal 2008 si collocarsi "a pettine" nelle graduatorie ad esaurimento: l'emendamento approvato dalle commissioni del Senato prevede però l'istituzione di una fascia aggiuntiva. Reintroducendo le "code".
"Ma così - dice Marcello Pacifico, presidente dell'Anief - si penalizzano dei docenti abilitati presso le Facoltà di scienze della Formazione primaria, Conservatori e Accademie solo perché hanno conseguito l'abilitazione in un mese o anno diverso dagli altri colleghi. Noi non ci stiamo: è scandaloso. Sono almeno tre le sentenze della Corte costituzionale violate: la 168/2004, la 41/2011, la 242/2011. E poi ci si lamenta che si ricorre ai tribunali: i ministri come tutti i parlamentari dovrebbero pagare con le loro tasche le condanne alle spese che la magistratura commina, e non i magistrati".
Le Commissioni Affari costituzionali e Bilancio non approvano l’emendamento che avrebbe permesso al personale di lasciare il servizio facendo valere i contributi fino al 31 agosto. Tuona la Cisl: si assumono una grave responsabilità. Rammaricata la Flc-Cgil: sfumati 3.500 posti per assumere i precari. Uil: la questione non è chiusa. Intanto i 23mila abilitati dal 2008 accolti nelle GaE, ma in “coda”. L’ira dell’Anief: almeno tre le sentenze della Corte Costituzionale violate.
I timori dei sindacati erano fondati. La Scuola esce ancora una volta penalizzata dalle decisioni del Parlamento. Stavolta a smorzare gli entusiasmi ci hanno pensato le Commissioni Affari costituzionali e Bilancio del Senato. Che tra gli emendamenti al decreto ‘milleproroghe’, giunto nel pomeriggio all’esame dell'Aula di Palazzo Madama, non se la sono sentita di inserire quell’emendamento, chiesto con insistenza dal Pd e da tutti i sindacati, che avrebbe permesso a migliaia di dipendenti, in larga parte insegnanti, di andare in pensione col sistema pre-Fornero facendo valere i contributi dell’intero anno scolastico in corso, quindi fino 31 agosto 2012. La richiesta, del resto, era del tutto lecita. Visto che il servizio del personale scolastico si sviluppa sull’anno scolastico e non quello solare. Evidentemente il vincolo dei 100 milioni di euro mancanti per “coprire” l’uscita anticipata di docenti e Ata, già decisivo alla Camera, è stato fatale.
Secondo Francesco Scrima, segretario generale della Cisl Scuola “sulle pensioni la scuola non rivendica privilegi, chiede solo di non essere penalizzata a causa delle particolari modalità che regolano la cessazione dal servizio del suo personale. Consentire di andare in pensione coi vecchi requisiti a chi li maturi entro il 31 agosto, e non il 31 dicembre, avrebbe permesso di rimuovere una vera e propria iniquità. Chi ha impedito che passasse l’emendamento rivolto a questo fine si assume una grave responsabilità”.
Secondo il leader del sindacato confederale, però, non è detta l’ultima parola. “La Cisl Scuola – conclude Scrima - incalzerà il governo e le forze politiche perché la questione sia comunque ripresa in considerazione, cercando e trovando una soluzione nel più breve tempo possibile”.
Delusa pure la Flc-Cgil, che pensa anche ai posti che si sarebbero liberati per il personale non di ruolo: “Quell' emendamento – dice il segretario generale Mimmo Pantaleo - poteva dare una risposta ai precari liberando altri 3.500 posti da utilizzare per le stabilizzazioni”. La Uil Scuola ricorda che “la riforma pensionistica ha creato molti problemi nel personale della scuola ed è ancora più penalizzante considerando che, chi lavora nella scuola può andare in pensione solo dal 1 di settembre”. Anche per la Uil la questione non è chiusa: “sollecitiamo il ministro Profumo ad intervenire e continueremo ad insistere perché in sede parlamentare venga individuata una soluzione equa.
Ma le critiche per l’esito del capitolo ‘milleproroghe’ a Palazzo Madama non finiscono qui. Molto attesa era anche l’espressione dei senatori a proposito del via libera della Camera sull’accesso nelle graduatorie ad esaurimento dei 23mila abilitati a partire dal 2008. La Lega Nord, guidata dal sen. Mario Pittoni, aveva promesso battaglia sino all’ultimo. Ed è riuscito quasi nell’impresa.
L’emendamento approvato dalle Commissioni del Senato prevede infatti l’istituzione di una fascia aggiuntiva alle graduatorie per quei "i docenti che hanno conseguito l'abilitazione dopo aver frequentato i corsi biennali abilitanti di secondo livello ad indirizzo didattico (Cobaslid), il secondo ed il terzo corso biennale di secondo livello finalizzato alla formazione di docenti di educazione musicale" di alcune classi di concorso, "nonché i corsi di laurea in scienze della formazione primaria negli anni accademici 2008/09, 2009/10 e 2010/11". Porte sbarrate, quindi, per coloro che hanno iniziato i corsi lo scorso settembre (i cosiddetti abilitandi).
Vibrante la reazione di Marcello Pacifico, Presidente dell’Anief, che ancora una volta si ritrova a dare battaglia contro le “code”: secondo il sindacalista in questo modo “si penalizzano dei docenti abilitati presso le Facoltà di scienze della Formazione primaria, Conservatori e Accademie solo perché hanno conseguito l’abilitazione in un mese o anno diverso dagli altri colleghi”.
Pacifico ricorda che quanto accaduto “è scandaloso”. Perché ci sono “almeno tre le sentenze della Corte Costituzionale violate: la 168/2004, la 41/2011, la 242/2011. E poi ci si lamenta – continua il Presidente dell’Anief - se si ricorre ai tribunali: i ministri come tutti i parlamentari dovrebbero pagare con le loro tasche le condanne alle spese che la magistratura commina, e non i magistrati. Soltanto così si otterrebbe quel poco di attenzione necessaria all’attività legislativa”. Il sindacalista rivolge quindi un appello ai senatori della Repubblica: “boccino o modifichino in aula il testo”. Ma è probabile, a questo punto, che i giochi al Senato siano fatti.
In Senato passa la proposta del governo: riapertura degli elenchi, ma non per gli abilitandi. Salta la soluzione per la pensione dei prof.
ROMA - Ok in commissione al Senato a dl milleproroghe, con una novita' per quanto riguarda le graduatorie della scuola. La Camera le aveva sostanzialmente riaperte, consentendo l'ingresso di neo abilitati e abilitandi senza particolari paletti. Al senato si cambia (anche se di poco) con un emendamento ad hoc del governo che e' arrivato in extremis per 'sedare' lo scontro fra la Lega, che diceva "no a qualunque riapertura delle graduatorie", e il Pd, che aveva chiesto la modifica approvata alla Camera.
Il testo del governo prevede la riapertura degli elenchi (chiusi con ula Finanziaria del 2007 dall'ex governo Prodi) ma solo per coloro (circa 23mila) che si sono abilitati negli anni successivi al 2007 e che hanno gia' il titolo. Niente abilitandi.
La novita' ulteriore e' che questi ultimi finiranno in coda agli elenchi: almeno per ora e fino a nuovo aggiornamento delle graduatorie (nel 2014) non potranno far valere il loro punteggio. Ok al testo del governo, dunque, ma c'e' gia' chi protesta. Come il sindacato Anief, secondo cui non si possono mettere in coda gli insegnanti. "Il governo- afferma, invece, la senatrice Mariangela Bastico, Pd, interpellata dalla Dire- ha proposto una buona mediazione. Non si potevano lasciar fuori gli abilitati come chiedeva la Lega, ma nemmeno inserirli a pettine visto che le graduatorie sono ferme e sono state aggiornate lo scorso anno. Far valere il loro punteggio significava dare ai neo abilitati un vantaggio. Nel 2014/2015 con il nuovo aggiornamento potranno rettificare la loro posizione".
PENSIONI, PROF ANCORA DISCRIMINATI - I prof continueranno ad essere 'discriminati' sul piano pensionistico. Non e' passato, infatti, al Senato, in commissione Affari Costituzionali e Bilancio, l'emendamento del Pd che prevedeva la possibilita' per i docenti che matureranno i requisiti per la pensione entro il 31 agosto prossimo di lasciare il lavoro con le vecchie regole. Cosi' come hanno potuto farlo i dipendenti pubblici che hanno maturato i requisiti entro il 31 dicembre scorso. Il Pd ha cercato di far capire al governo e agli altri partiti che "i docenti lavorano non sull'anno solare, ma su quello scolastico- come ricorda la senatrice Mariangela Bastico alla Dire- e dunque non possono andare in pensione l'1 gennaio, ma solo l'1 settembre. Ma non c'e' stato verso". Cosi' 4mila prof rimarranno fuori dai giochi e slitteranno automaticamente dentro al nuovo sistema disegnato dal governo Monti con un ritardo netto della loro pensione. Lega e Pdl hanno votato contro l'emendamento del Pd. E anche parte del centro.
Secondo i calcoli effettuati dal Pd la platea dei fruitori delle vecchie regole sarebbe stata di circa 4mila insegnanti con un costo, spiega alla Dire Bastico, di 215 milioni per la copertura fino al 2105.
Ma per la Ragioneria di Stato i beneficiari sarebbero stati 6mila con un costo, sempre secondo il Tesoro, di 600 milioni.
Cifre distanti che hanno allontanato il si' all'emendamento. Il pd, comunque, e' pronto a "ritentare" l'inserimento "in qualche altro provvedimento".
All’ultima ora il governo ha presentato al Senato un emendamento che media tra opposte posizioni relativamente alla riapertura delle graduatorie ad esaurimento.
Il testo del Governo prevede la riapertura degli elenchi (chiusi con la Finanziaria del 2007 dall'ex governo Prodi) ma solo per coloro (circa 23mila) che si sono abilitati negli anni successivi al 2007 e che hanno già il titolo. Niente abilitandi, dunque.
La novità ulteriore è che questi ultimi finiranno in coda agli elenchi.
Ma c'è già chi protesta, come il sindacato Anief, secondo cui non si possono mettere in coda gli insegnanti.
È soddisfatta, invece la sen. Bastico (PD) che ha dichiarato: “Il governo ha proposto una buona mediazione. Non si potevano lasciar fuori gli abilitati come chiedeva la Lega, ma nemmeno inserirli a pettine visto che le graduatorie sono ferme e sono state aggiornate lo scorso anno. Far valere il loro punteggio significava dare ai neo abilitati un vantaggio. Nel 2014/2015 con il nuovo aggiornamento potranno rettificare la loro posizione”.
L’emendamento del Governo toglie dall’imbarazzo il ministro Profumo che in un primo tempo aveva dato il suo ok alla riapertura per poi ricredersi per salvare il suo progetto del concorso.
Rinnovo del contratto e ripristino degli scatti di anzianità fra i motivi della protesta. Ma lo sciopero è finalizzato anche a riproporre il problema del precariato.
Si riparte con gli scioperi nel comparto scuola. Per il 3 marzo (ma è un sabato) l’Anief conferma la protesta.
I motivi, peraltro facilmente intuibili, vengono così riassunti dal presidente Marcello Pacifico:“Al Governo chiediamo lo sblocco del contratto nazionale e il ripristino degli scatti di anzianità per il personale in servizio”.
“Ma - aggiunge Pacifico - lo sciopero vuole essere anche una forma di protesta contro l’intesa Governo-sindacati del 4 febbraio 2011 finalizzata alla applicazione delle norme del decreto Brunetta al personale della scuola”.
“E poi - conclude il presidente - ci sono le recenti norme sulle pensioni che ancora una volta penalizzano insegnanti e Ata, per non parlare del fatto che ci aspettiamo che si ponga finalmente mano ad un serio piano di interventi per affrontare la questione del precariato”.
Allo sciopero del 3 marzo ha già aderito da tempo il Sindacato indipendente scuola ambiente di Davide Rossi che sarà presente con propri candidati all’interno delle liste Anief per le prossime elezioni per il rinnovo delle RSU.
Va segnalato che proprio in queste ore anche Gilda-Unams ha fatto sapere di aderire alla protesta.
All’indomani dell’approvazione alla Camera dell’emendamento al DL "milleproroghe" che prevede la riapertura delle Graduatorie ad Esaurimento (GaE) a favore di 20-23mila abilitati e abilitandi (soprattutto dei corsi di scienze della formazione primaria), i sindacati scuola rappresentativi hanno rilasciato queste dichiarazioni, in parte poco favorevoli.
“Il problema va risolto organicamente, per evitare di separare le graduatorie dalle assunzioni e creare nuove inutili attese”, ha dichiarato Massimo Di Menna, segretario della Uil scuola.
Sulla stessa lunghezza d'onda, Francesco Scrima, leader della Cisl scuola: “La riapertura delle graduatorie ad esaurimento rischia di essere una ‘non soluzione’, se non si affronta in termini complessivi il problema del reclutamento”.
Per Mimmo Pantaleo, segretario della Flc-Cgil, l'apertura delle graduatorie invece “è un atto dovuto al precariato della scuola che ha pagato pesantemente i tagli lineari del governo Berlusconi”.
Rino Di Meglio, coordinatore della Gilda-Unams, ha dichiarato che “L'emendamento “indubbiamente sana alcune ingiustizie, ma non mancherà di sollevare le proteste da parte dei numerosi abilitati che, per svariati motivi, sono rimasti fuori”.
Dello Snals, il maggior sindacato autonomo del settore scolastico, non si conoscono, a tutt’oggi, precise prese di posizione.
Questi, dunque, erano stati i commenti sindacali di circa un mese fa.
Ora che il dibattito si fa particolarmente caldo per l'avvicinarsi del momento finale al Senato per decidere la conferma o lo stop a quella apertura delle GaE, i sindacati si limiteranno a fare da spettatori o vorranno sostenere le parti in campo?
Verso il ministro Profumo che sembra intenzionato a rivedere l’iniziale disponibilità all’apertura e a confermare, quindi, la blindatura delle graduatorie, i sindacati vorranno assecondarlo o contrastarlo?
Oppure si limiteranno a commentare privatamente i fuochi d’artificio che sullo scottante problema l’Anief accende un giorno sì e un giorno pure?
Possono quattro senatori della Repubblica italiana, tra cui un ex ministro, farsi promotore di due emendamenti che vanno clamorosamente uno contro l'altro indicando soluzioni opposte?
A chiederlo pubblicamente è l'Anief, dopo aver appreso con stupore che i senatori della Lega Nord Roberto Calderoli, Lorenzo Bodega, Massimo Garavaglia e Gianvittore Vaccari hanno apposto la loro firma all'emendamento soppressivo della norma approvata il 26 gennaio alla Camera col decreto 'Milleproroghe', al fine di permettere ai docenti precari della scuola abilitati negli ultimi tre anni di inserirsi nelle graduatorie ad esaurimento.
Negli stessi giorni, però, gli stessi senatori hanno anche firmato l'emendamento 1.0.1 (come la loro collega Paola Goisis aveva fatto alla Camera), che chiede l'esatto contrario: il mantenimento, di fatto, di quello stesso emendamento già approvato a Palazzo Chigi, che aveva come primo firmatario l'on. Antonino Russo (Pd), nonchè la conferma della giurisdizione esclusiva del Tar sulle controversie dei punteggi nelle graduatorie ad esaurimento.
Secondo l'Anief, "siamo di fronte alla dimostrazione che purtroppo nei palazzi della politica si possono approvare dei provvedimenti di cui i parlamentari non conoscono a pieno i contenuti. L'Anief chiede quindi al Governo di prendere le distanze da chi opera palesemente senza criterio". "Non era mai successo - ha commentato Marcello Pacifico, il presidente del sindacato degli educatori in formazione - che dei senatori chiedono il tutto e il contrario di tutto nello stesso provvedimento.
Se il Governo dipende dagli umori del capogruppo in VII Commissione della Lega Nord, Mario Pittoni, le cui idee contro le richieste dell'Europa sono sconfessate dagli stessi esponenti del suo partito alla Camera come al Senato, allora vuol dire che siamo alla frutta".