Sulle immissioni di ruolo previste a settembre molte regioni del Nord si muovono autonomamente ignorando le vecchie graduatorie. 3mila precari del sud rischiano di nuovo l’esclusione
di CARLO DI FOGGIA
ROMA
Al tutti contro tutti che da qualche anno regna nel variegato universo del precariato scolastico si aggiunge in questi giorni un ulteriore tassello. Al nord, molti Uffici scolastici provinciali (ex provveditorati agli studi) hanno infatti deciso di congelare le 10mila assunzioni dei docenti precari della scuola da attuare attraverso le vecchie graduatorie, quelle, per intenderci, al centro di una battaglia legale per l’inserimento in ‘coda’ dei precari migrati da altre provincie, in particolare dal sud.
Il pomo della discordia è rappresentato ancora una volta dai 3mila insegnanti (quasi tutti del sud) che il commissario ad acta, nominato nel 2009 dal Tar del Lazio, ha imposto di inserire a ‘pettine’ (cioè per merito) nelle stesse liste. Piemonte, Veneto, Lombardia e Toscana, al contrario, sembrano muoversi nella direzione di un generale accantonamento di questi posti. Ufficialmente il blocco è motivato con l’attesa della sentenza di merito del Tribunale ma la sostanza, a torto o a ragione, è sempre la stessa: al nord quei supplenti non ce li vogliono.
Nonostante le impressioni, con questa storia la discriminazione c’entra poco, la questione è politica: la maggior parte dei precari riammessi per merito nelle liste del nord ha infatti punteggi superiori ai loro colleghi ‘autoctoni’, che pure hanno maturato nel tempo legittime aspettative di assunzione. Le sentenze in serie di Tar, Consiglio di Stato e Corte Costituzionale sembrano non essere riuscite ad avere la meglio sul Ministro Gelmini che nel 2009, in sede di conversione di legge aggiunse al testo del decreto ‘salva precari’ una norma che di fatto congelava le graduatorie nelle regioni del nord consentendo il trasferimento in altre liste provinciali solo in ‘coda’.
In sostanza chi si fosse voluto trasferire, avrebbe potuto farlo a danno del proprio merito perché secondo le disposizioni la precedenza di fatto spettava, in base ad un punteggio minimo, agli insegnanti già registrati nelle graduatorie. Non è un caso che la maggior parte di coloro che si sono trasferiti nelle liste del nord provenga dal sud e di conseguenza non stupisce l’attivismo con cui la lega ha guidato le mosse del Ministero in questi anni. Quest’ultimo in realtà si era formalmente impegnato ad agire in ottemperanza alla sentenza della consulta che a febbraio di quest’anno aveva dichiarato incostituzionale la norma.
Nel 2007 l’allora Ministro della pubblica istruzione Giuseppe Fioroni congelò di fatto le graduatorie rendendole non più ‘temporanee’ ma “ad esaurimento”, con l’obiettivo di assorbire la gigantesca mole dei precari attraverso un grande piano triennale di assunzioni, evitando in questo modo che le stesse si gonfiassero a dismisura. Caduto il governo, le norme volute dalla Gelmini hanno invece sbloccato le graduatorie e il ministero si è inventato il contestatissimo sistema dell’inserimento ‘in coda’. Da quel momento sono partiti milgiaia di ricorsi, la maggior parte dei quali patrocinata dall’Anief, un’associazione sindacale impegnata nella tutela dei ricorsi amministrativi nella scuola.
Gli insegnanti meridionali hanno punteggi più alti perché in media hanno più anni di esperienza alle spalle e questo nelle liste li colloca nelle posizioni più elevate, ma non solo al nord. Nel Lazio infatti, moltissimi insegnanti si sono visti spesso scavalcare nelle graduatorie della scuola elementare dagli oltre 5mila loro colleghi del sud (soprattutto campani), che si sono trasferiti in massa a seguito della sentenza della Consulta. I precari romani hanno protestato con il Ministero chiedendo di poter accedere ai fascicoli per verificare la reale legittimità di questi super-punteggi.
In campo però non c’è solo la Lega. Il Pd veneto infatti ha presentato una mozione, approvata all’unanimità dal consiglio regionale, per congelare le graduatorie 2010/2011 e attingere solo da queste le assunzioni previste a settembre. Sulla vicenda il Partito Democratico sembra spaccato al suo interno con il deputato Tonino Russo che invece ha chiesto un’immediata inversione di rotta agli Usr, sposando di fatto le tesi dell’Anief. In ballo, al sud come al nord, ci sono migliaia di voti: basti pensare che i precari individuati dal piano triennale di assunzione previsto a suo tempo da Fioroni erano infatti più di 150mila.
Il nuovo piano messo appunto dal Miur prevede a settembre 30mila assunzioni, un terzo delle quali (10mila) da individuare sulla base delle vecchie graduatorie ad esaurimento. A questo punto, la decisione delle regioni settentrionali riapre i giochi e mette di nuovo in mostra la babele normativa e burocratica che in questi anni ha generato il caos nella scuola pubblica e scopre di nuovo il fianco ad una possibile raffica di ricorsi davanti al giudice del lavoro. Un pasticcio in buona parte merito del Ministero Gelmini ma è chiaro che gli interessi politici e quindi clientelari in campo hanno di fatto compromesso la situazione. A pochi giorni dall’inizio del nuovo anno scolastico sulle assunzioni sembra regnare l’anarchia: ogni regione si muove autonomamente e il Ministero fatica a dare disposizioni precise. A centocinquant’anni dall’unità, sulla scuola, si torna all’Italia dei comuni.