Negli ultimi giorni, sono giunte al sindacato Anief diverse richieste di chiarimento sulle modalità di gestione della didattica via web: si tratta della procedura d’insegnamento che tutte le scuole stanno portando avanti per sopperire alla sospensione dell’attività didattica prevista fino al prossimo 3 aprile. Molti docenti hanno chiesto se sia lecito gestire dall’alto metodologie, software, piattaforme digitali d’utilizzo, come starebbero tentando di fare alcuni dirigenti scolastici. Il giovane sindacato ritiene di no. Sia per il vuoto contrattuale in merito, sia perché la libertà d’insegnamento va sempre e comunque tutelata.
Marcello Pacifico (Anief): “No alle invasioni di campo. I docenti hanno dimostrato e stanno dimostrando di non volersi sottrarre, benché non vi siano obblighi contrattuali in tal senso, all’impegno di continuare a mantenere un contatto attivo con i loro alunni. Il sindacato, tuttavia, ribadisce che occorre anche evitare il rischio del digital divide: un rischio, concreto se pensiamo che non tutte le famiglie hanno a disposizione connessioni, computer o tablet. Va infatti ricordato che, pur considerando la presenza di buone pratiche in alcune realtà, in Italia il ritardo informatico e telematico rimane considerevole. I docenti sono consapevoli di questo. È bene che tutti lo tengano presente, rimanendo con i piedi per terra, evitando di avventurarsi in progetti formativi impossibili”.
Nel tempo del Coronavirus e della didattica a distanza, se è vero che la scuola non si ferma, è altrettanto vero che “la libertà d’insegnamento quale libertà individuale che costituisce un valore costituzionale (art. 33 comma 1 Cost.), e che detti principi costituzionali trovano conferma negli artt. 1 e 2 del T. U. Scuola (D.Lgs. n. 297 del 1994) non è stata soppressa”, leggiamo giustamente oggi su Orizzonte Scuola. L’osservazione appare più che lecita. Perché imporre l’attività didattica a distanza con tanto di metodologie risulta un’operazione decisamene illegittima.
Sempre la rivista specializzata ricorda che “la didattica a distanza non è normata in generale, salvo che per alcune casistiche, come quella per l’istruzione domiciliare, che prevede delle garanzie importanti a tutela dei docenti e dello studente. Il Vademecum per l’istruzione domiciliare del 2003, riporta delle indicazioni importanti che potrebbero essere valutate per una futura regolamentazione della didattica a distanza”. Al momento, tuttavia, non vi sono indicazioni chiare e univoche.
Lo stesso ministero dell’Istruzione, attraverso la Nota n. 279 dell’8 marzo 2020, ha previsto “che la normativa vigente (Dpr 122/2009, D.lgs 62/2017), al di là dei momenti formalizzati relativi agli scrutini e agli esami di Stato, lascia la dimensione docimologica ai docenti, senza istruire particolari protocolli che sono più fonte di tradizione che normativa”. Non sono pertanto accettabili eventuali intromissioni da parte del dirigente scolastico o dello staff dirigenziale, attraverso cui imporre modalità di accesso e di gestione dell’attività didattica a distanza.
In generale, Anief ritiene senz’altro importante attivare lezioni o l’invio di supporti digitali: in piena fase di crescita di casi da Coronavirus, la didattica via web rimane l’unico modo per garantire il diritto all’istruzione degli studenti nelle prossime settimane. Alla non sempre adeguata disponibilità tecnologica in seno agli istituti scolastici, soprattutto del primo ciclo, va aggiunta la mancanza di accesso informatico e telematico di una percentuale di famiglie, con alunni, tutt’altro che trascurabile.
In conclusione, non essendo uniforme la presenza di supporti hardware e software, oltre che di adeguate connessioni internet, è bene che le pratiche di didattiche a distanza proseguano, però evitando di discriminare una parte degli alunni. È bene che i dirigenti scolastici, cui il DPCM del 4 marzo 2020 delega la necessità di attivare la didattica a distanza (e i docenti?), ne tengano conto.
PER APPROFONDIMENTI:
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