Tra le famiglie con almeno un figlio con meno di 18 anni, tre su quattro non hanno un computer fisso; solo una su due ha un computer portatile; solo una su tre ha un tablet. Il 25% non possiede la banda larga. Al Sud i dati diventano ancora più alti. Marcello Pacifico (Anief): “Il numero di famiglie che non hanno accesso ai pc e ad internet è molto più alto di quello che si pensi. Dai nostri calcoli, almeno un alunno ogni tre ha seri problemi di accesso alle lezioni e ai compiti impartiti dai docenti via web. Qualche decina di milioni di euro assegnati qualche giorno fa con il decreto “Cura Italia”, per affrontare il problema, sostenendo gli studenti meno abbienti, con acquisti in comodato d’uso e dispositivi digitali individuali, può servire a tamponare la situazione e a portare a termine la fine del corrente anno scolastico, contrassegnato dal contagio del Coronavirus. Il problema del digital divide, però, necessita di ben altre risorse e progetti: è bene che il Governo riprenda in mano quel Piano nazionale di scuola digitale, uno dei pilastri della Buona Scuola, la Legge 107/2015, purtroppo mai decollato, e decida una volta per tutte di trovare le modalità per favorire l’accesso a tutte le famiglie italiane, nessuna esclusa, a quelle tecnologie moderne di cui non è possibile fare a meno”.
Bisogna evitare il rischio del digital divide: un rischio, concreto se pensiamo che non tutte le famiglie hanno a disposizione connessioni, computer o tablet. L’Anief lo ha detto all’indomani della decisione del Governo di sospendere le lezioni in tutta Italia fino al 3 aprile (data che ormai sicuramente verrà prorogata almeno a dopo Pasqua, come chiesto sempre dal giovane sindacato). Il divario digitale si riscontra quando si va a verificare l’effettiva disponibilità tecnologica in seno agli istituti scolastici, soprattutto del primo ciclo. Come si evidenzia tra il corpo docente, con tanti precari della scuola assunti lontano da casa, che spesso percepiscono stipendi in ritardo, senza una rete di connessione stabile, non di rado senza un computer a disposizione e senza nemmeno potere accedere alla ‘carta del docente’ per l’aggiornamento, da 500 euro l’anno, perché l’articolo 1, comma 121 della Legge 107 del 2015 ha precluso il suo accesso a tutti i supplenti.
Anief ha anche sempre detto che tra i problemi di cui occorre tenere conto per l’attuazione della didattica on line c’è anche quello del mancato accesso informatico e telematico di una percentuale non trascurabile di famiglie con alunni. E con il via libera del ministero dell’Istruzione alla didattica a distanza, e prima ancora del Governo con il Dpcm del 4 marzo scorso, il problema del divario tecnologico delle famiglie italiane sta emergendo in modo sempre più netto.
Oggi Repubblica parla di “una difficoltà pratica e insormontabile che sottovalutiamo quando parliamo delle meraviglie della scuola online e dello smart working: la dotazione tecnologica della famiglie italiane. Se consideriamo le famiglie con almeno un minore, tre su quattro non hanno un computer fisso; solo una su due ha un computer portatile; solo una su tre ha un tablet. Insomma ogni giorno in milioni di case si pone il dilemma: se hai due o più figli, a chi spetta il computer per la scuola online? E se nel frattempo i genitori sono in smart working, come ci si divide il pc di famiglia?”.
Il problema non è di poco conto. E non è certo di questi giorni, se su pensa che la nota con il Miur nell’ottobre del 2012 ha lanciato il processo di “dematerializzazione” non è mai entrata a regime. Il divario è evidente soprattutto nelle aree con meno risorse e servizi, in particolare al Sud. La società dell’Informazione, del resto, se è vero che implementa i servizi ICT, incrementando le opportunità di sviluppo offerte dalle tecnologie digitali, mostra tutti i suoi limiti quando dispone poi, nella pratica, tali servizi cui possono accedere solo gli “inclusi digitali”, omettendo dalla platea dei fruitori coloro che per vari motivi non hanno accesso a internet.
Il problema è che circa il 25% delle famiglie non accede al web. Inoltre, vi sino delle notevoli differenze territoriali di accesso: in Trentino Alto Adige e Lombardia, ad esempio, la percentuale di famiglie dotate di connessione con banda larga è vicina alla totalità; una realtà molto lontana da quella, ad esempio, di Molise e Calabria. E pure in Sicilia e Campania stiamo ben sotto la media. Tutte regioni, non a caso, del Sud. Anche il titolo di studio ha la sua influenza: il 94,9% delle famiglie con almeno un componente laureato possiede una connessione a banda larga, mentre l’accesso scende al 64% quando in famiglia il titolo di studio più elevato è la licenza media.
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