Dalle ore 15.30 alle 17 ne parleranno i legali che hanno seguito la vertenza. Interverrà il presidente nazionale Anief, Marcello Pacifico. A seguire il commento dell'avvocato Walter Miceli. Per seguire in diretta la conferenza stampa basterà accedere alla pagina Facebook Anief.
IL TEMA
Il Comitato europeo dei diritti sociali si è espresso sul ricorso n. 146/2017, presentato nel 2017 dal giovane sindacato della Scuola, condannando in modo secco la politica perpetrata dai governi italiani sulla reiterazione dei contratti a termine sottoscritti nei confronti degli insegnanti precari, che non ha tenuto minimamente conto dei tre anni di supplenze massimi consentiti in tutti i Paesi membri sulla base della direttiva 1999/70/CE,: è palese, si legge nel parere, la violazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della Carta sociale europea. Alla conferenza di oggi parteciperanno i legali Vincenzo De Michele (foro di Foggia), Sergio Galleano (foro di Milano), Walter Miceli (foro di Palermo), Fabio Ganci (foro di Palermo): l’evento servirà a rendere pubblici i dettagli sulle azioni di tutela che il sindacato Anief avvierà per i precari “storici” della scuola italiana e saranno proposte alcune soluzioni al Governo perché eviti una dura condanna anche da parte della Commissione europea nella procedura d’infrazione NIF 4231/2014.
L’ANALISI DELL’AVVOCATO MICELI
Di seguito, si propone il commento dell’avvocato Walter Miceli al rilevante parere del Comitato europeo dei diritti sociali.
“In data 19 gennaio u.s. è scaduto il termine dal quale può essere reso noto il parere adottato dal Comitato europeo dei diritti sociali nel reclamo 146/2017 presentato dall’Anief nei confronti dello Stato italiano in relazione alla situazione del precariato scolastico dopo la legge 107/2015, ossia dopo l’esecuzione del piano di stabilizzazione riservato esclusivamente agli insegnanti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento.
Nelle conclusioni del Parere così si legge: “Il Comitato conclude: (…) - all'unanimità, che vi è violazione dell'articolo 1§2 della Carta Sociale Europea nei confronti del personale della pubblica istruzione non iscritto negli elenchi GaE e assunto con contratti successivi per una durata complessiva superiore a 36 mesi.
Lo Stato italiano, dunque, ha violato l’impegno assunto con tutti gli altri Stati membri dell’Unione europea a “tutelare in modo efficace il diritto del lavoratore di guadagnarsi la vita con un lavoro liberamente intrapreso”.
In buona sostanza, con il suo reclamo, Anief aveva sostenuto che la legislazione e la giurisprudenza italiane non proteggono adeguatamente il personale dell'istruzione pubblica (personale docente e non docente) dagli abusi derivanti dal successivo rinnovo dei loro contratti di lavoro a tempo determinato, nella misura in cui tali contratti non possono essere convertiti in contratti a tempo indeterminato al termine di una certa anzianità di servizio, diversamente da ciò che accade nel settore privato.
ANIEF ha sostenuto, inoltre, che i precari non inseriti nelle GaE non dovevano essere esclusi dal piano straordinario di immissione in ruolo varato ai sensi dell’art. 1, commi 95, 96, 97, 98 e 103 della legge 13 luglio 2015, n. 107. La platea dei docenti destinatari del piano di stabilizzazione, infatti, è stata selezionata in base a un requisito - la mera iscrizione nelle graduatorie ad esaurimento - per un verso non rivelatore di maggior merito e, per altro verso, non sintomatico dell’abuso dei contratti a termine; nelle graduatorie ad esaurimento, infatti, vi erano anche docenti che non avevano mai lavorato alle dipendenze del Ministero dell’Istruzione.
Il Comitato europeo dei diritti sociali ha preso atto delle misure adottate dall'Italia, anche a seguito dell'introduzione del reclamo, volte a ridurre progressivamente il numero dei contratti a tempo determinato nella pubblica istruzione. Ma precisa poco dopo: “ (…) la situazione è diversa per il personale dell'istruzione pubblica non iscritto nelle GaE (…) 90. Rispetto a questa categoria di lavoratori, il Comitato rileva che, in base alla legge italiana, il rapporto di lavoro si considera interrotto, e anche quando lo stesso lavoratore viene assunto anno dopo anno nella stessa posizione, i contratti succes-sivi non possono essere automaticamente presi in considerazione, sia ai fini della fissazione dei limiti al numero dei contratti e alla loro durata complessiva, sia ai fini dell'adeguamento del livello salariale all'anzianità di servizio cumulativa maturata attraverso contratti successivi con interruzioni. Di conseguenza, in pratica non si applicano limiti al numero di contratti o alla loro durata complessiva e non esistono altre misure per impedire un ricorso indebito a questo tipo di contratti. 91. Per le stesse ragioni, vale a dire il fatto che il ricorso a contratti successivi con interruzione non è considerato fonte di abuso, indipendentemente dal numero di contratti e dalla loro durata complessiva, non è disponibile alcun rimedio effettivo, compreso il diritto al risarcimento poiché spetta al lavoratore interessato provare che il ricorso a contratti a tempo determinato non era giustificato ogni volta da esigenze eccezionali e temporanee. 97. Inoltre, il Comitato rileva dalla relazione della Corte dei conti (2019) che a febbraio 2019, ovvero quasi due anni dopo l'introduzione di questa denuncia e dopo i concorsi di assunzione tenuti nel 2016 e nel 2018, il ricorso ai contratti a tempo determinato per il personale dell'istruzione pubblica non è diminuito. 98. Sebbene il Comitato non possa valutare l'efficacia e l'adeguatezza delle misure adottate più di recente, in quanto non ancora pienamente attuate, ritiene che, qualora i contratti a tempo determinato siano stati successivamente rinnovati per un periodo di tempo molto lungo, possono non è più considerata rispondente a esigenze eccezionali, imprevedibili e temporanee, e ritiene che ciò indichi che non vi è stata un'adeguata prevenzione degli abusi derivanti dal ricorso a contratti a tempo determinato.
Per spiegare il senso di tale importante decisione, occorre fare un passo indietro e ricordare che Corte di Giustizia Ue, III Sezione, con la sentenza del 26 novembre 2014, in cause riunite C-22/13, C-61/13, C-62/13 e C-418/13 Mascolo ed altri contro Miur, aveva svelato in modo inequivocabile la condizione di flagrante violazione del nostro ordinamento giuridico in materia di reclutamento del personale docente rispetto alle clausole 4 e 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES.
Il presupposto giuridico per la stabilizzazione dei periodi di servizio a termine (“supplenze” assegnate ai sensi dell’art. 4 della l. n.124/1999 sia dalle GAE sia dalle graduatorie di istituto) da cui hanno preso le mosse i giudizi culminati con la sentenza Mascolo, invero, non era legato all’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento, ma alla reiterazione di contratti a termine per soddisfare il fabbisogno ordinario del MIUR.
Ecco perché il piano di stabilizzazione riservato esclusivamente agli insegnanti inseriti nelle graduatorie ad esaurimento non è riuscito a sanare la frattura aperta nell’ordinamento giuridico italiano dopo la sentenza “Mascolo” in tema di abuso del precariato scolastico.
Né migliore sorte, quanto ad efficacia sanante dell’abuso, ha avuto il concorso straordinario selettivo riservato ai precari con 36 mesi di servizio.
E, infatti, dopo l’abrogazione del limite dei 36 mesi per la stipula dei contratti a termine, la Commissione Europea ha aperto una nuova procedura d’infrazione contro l’Italia per la mancanza di misure di prevenzione e di sanzione dell’abusiva reiterazione dei contratti a tempo determinato nel comparto scolastico.
A questo punto occorre chiedersi: quale misura di prevenzione dell’abuso, secondo la Corte di Giustizia Europea, salva lo Stato membro dal risarcimento del danno derivante dalla reiterazione dei contratti a termine? La risposta è semplice: la progressiva stabilizzazione attraverso l’operare di meccanismi non selettivi, ma automatici. In altre parole, lo scorrimento di una graduatoria per titoli e servizi.
Questa conclusione si evince dalla fondamentale sentenza della Corte di Giustizia Europea, pubblicata in data 8 maggio 2019, nella causa Fabio Rossato contro il MIUR, della quale si trascrive il passaggio più significativo:.“(…) la Corte ha dichiarato, in sostanza, che una normativa recante una norma imperativa ai sensi della quale, in caso di ricorso abusivo a contratti di lavoro a tempo determinato, questi ultimi sono trasformati in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, è tale da costituire una misura che sanziona in modo efficace un abuso di questo tipo (v., in particolare, sentenza del 3 luglio 2014, Fiamingo e a., C 362/13, C 363/13 e C 407/13, EU:C:2014:2044, punto 70 e giurisprudenza ivi citata) e, quindi, da soddisfare i criteri ricordati ai punti 27 e 28 della presente sentenza”. (…) “La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale che, così come applicata dagli organi giurisdizionali supremi, esclude – per docenti del settore pubblico che hanno beneficiato della trasformazione del loro rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un effetto retroattivo limitato – qualsiasi diritto al risarcimento pecuniario in ragione dell’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato, allorché una siffatta trasformazione non è né incerta, né imprevedibile, né aleatoria”.
I PRECEDENTI
L’Anief ha denunciato per la prima volta l’abuso dei contratti a termine dei precari italiani il 16 gennaio 2010. Qualche anno dopo, il 26 novembre del 2014, ha ottenuto una prima sentenza di condanna della legislazione italiana, con la sentenza Mascolo, direttamente dalla Corte di giustizia europea, dimostratasi fedele interprete della norma comunitaria. Oggi, la posizione dei giudici transnazionali, che definiscono il comportamento dei governanti italiani “un'ingerenza sproporzionata nei loro diritti di guadagnarsi da vivere in un'occupazione liberamente intrapresa", giunge nell’anno dei record di posti vacanti e disponibili, con 210 mila contratti di supplenza annuali sottoscritti e diversi ancora da assegnare. Un numero impressionante di supplenze: corrispondono agli abitanti di Venezia.
PER APPROFONDIMENTI:
Il premer Conte ammette le carenze strutturali che si trascinano e dice grazie ai docenti