In settimana prenderanno il via le contrattazioni per la messa a punto dell’Atto di Indirizzo: giovedì prossimo l’Atto sarà oggetto di discussione con le parti sociali. Subito dopo toccherà al rinnovo del contratto della Scuola, dei relativi aumenti delle retribuzioni che nel frattempo sono arretrate del 14 per cento rispetto al costo della vita. L’Accordo del 30 novembre 2016 prevede un aumento lordo medio mensile di 85 euro, somma che potrebbe anche essere fortemente ridotta in caso di mancata approvazione della Legge di Bilancio. Poi c’è il problema di chi superando i 26mila euro di imponibile si vedrebbe sottratti gli 80 euro introdotti dal Governo Renzi: si pensa di sanare il problema andando a decurtare gli aumenti dei presidi, che a loro volta sono in mobilitazione perché percepiscono lo stipendio più basso tra i dirigenti pubblici pur avendo responsabilità e carichi di lavoro enormi. Comunque vada, con la riforma Madia troverà spazio la logica di Robin Hood.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): tutti i docenti a metà e fine carriera, oltre che i dirigenti scolastici e i Dsga, rischiano di vedersi accreditati degli aumenti così bassi da essere ritenuti offensivi. È vero che ai soldi non si rinuncia mai, ma a tutto c’è un limite. Soprattutto quando un aumento di stipendio è così irrilevante che il ricorso al giudice del lavoro garantisce incrementi maggiori. Ammesso che si applichi a tutti il risultato dell’intesa il 30 novembre scorso, a un docente che guadagna 1.500 euro andrebbero infatti 56 euro netti, anziché 105 euro netti per 20 mesi di arretrati e poi a regime, per vedersi assicurata quella indennità di vacanza contrattuale, pari al 50% dell’inflazione, illegittimamente non assegnata. Ma da recuperare c’è poi l’altra parte dell’aumento del costo della vita. Quindi, il Governo deve mettere sul piatto 210 euro netti. Una cifra quasi quattro volte rispetto alla cifra stanziata e che mai come oggi risulta pure in forte dubbio.
Per questi motivi, l’Anief ha deciso di inviare dei modelli di diffida specifici per lo sblocco dei 105 euro di indennità di vacanza contrattuale da settembre 2015 e per l’assegnazione in busta paga della stessa cifra quando si firmerà il contratto. Poiché la loro presentazione offre molte più garanzie del contratto di categoria, il peggiore della storia della scuola pubblica italiana, che i sindacati si apprestano a firmare.