Dagli Uffici Scolastici Regionali continuano a pervenire delle precise richieste rivolte ai capi d’istituto, affinché rappresentino l’amministrazione pubblica nei tribunali per difendere lo Stato davanti al giudice di primo grado. Ma un dirigente scolastico è il dipendente pubblico più adatto per occuparsi delle cause di lavoro che riguardano l’amministrazione pubblica? Sicuramente no. Per questo motivo il giovane sindacato ha deciso di chiedere spiegazioni formali al Miur e all’Usr Sardegna, uno degli uffici regionali italiani da dove stanno partendo il maggior numero di deleghe di questo genere.
Marcello Pacifico (presidente Udir): Stiamo parlando di capi d’istituto che, a causa di norme palesemente errate, arrivano ad essere anche penalmente condannati. Al Miur, inoltre, fanno finta di non sapere che i nostri dirigenti gestiscono quotidianamente almeno cinque plessi scolastici, che in quasi 2mila casi si raddoppiano poiché reggenti di due o più istituti. Perché devono surrogare gli appositi uffici legali dello Stato, deputati a svolgere per mandato questa delicatissima attività? Noi non ci stiamo a questo gioco. Anche perché qualsiasi rapporto di lavoro presuppone che a fronte di maggiori impegni si debba associare un incremento stipendiale. Mentre, ricordiamo, chi dirige una scuola può contare su uno stipendio sensibilmente più basso di quello dei colleghi della stessa area professionale. Nel contempo invitiamo gli stessi dirigenti scolastici a chiarire tale posizione con l’amministrazione regionale di appartenenza.
Il Tribunale del Lavoro di Napoli dà nuovamente ragione all'Anief e annulla il CCNI nella parte in cui non attribuisce punteggio al servizio svolto nelle scuole paritarie. Marcello Pacifico (Anief-Cisal): “La contrattazione non può violare disposizioni di legge e il mancato riconoscimento del servizio nelle scuole paritarie nei trasferimenti è da considerare illegittimo proprio perché in contrasto con la normativa sulla parità scolastica. Con la rappresentatività chiederemo che anche questa palese disparità di trattamento venga superata per conformare le disposizioni contrattuali alle leggi dello Stato. È inconcepibile che le regole per la mobilità del prossimo anno siano state confermate nella loro interezza con il beneplacito dei sindacati già rappresentativi e con le illegittimità che da anni segnaliamo. Porteremo noi ai tavoli i diritti dei lavoratori della scuola e chiederemo rispetto per la normativa interna e comunitaria”.
Di contrattazione, diritti dei lavoratori e mobilità si parlerà anche nel corso dei nuovi seminari gratuiti sulla legislazione scolastica organizzati da Anief ed Eurosofia “DIES IURIS LEGISQUE” che si svolgeranno in tutta Italia nel corso dei prossimi mesi e che vedranno come relatore proprio il presidente Anief Marcello Pacifico.
In data 16 gennaio 2018, a distanza di sei mesi dall’udienza pubblica, la sesta sezione del Consiglio di Stato pubblica una sentenza che in linea con le altre precedenti riconosce il diritto dei diplomati magistrali ad inserirsi nelle Gae. Peccato che l’adunanza plenaria a Natale abbia cambiato orientamento generando un conflitto di giudicato che per sua natura avrebbe dovuto risolvere. E ora altri fortunati saranno confermati nei ruoli, mentre 6.669 maestre, molte delle quali hanno superato l’anno di prova, aspettano un intervento legislativo come richiesto dall’Anief in occasione dello sciopero dell’8 gennaio. Sono 23.356 i supplenti annuali nominati, altri 20.110 sono attualmente in servizio temporaneo presso le scuole.
La nuova sentenza del Consiglio di Stato conferma quanto Anief ha sempre detto: non esiste un conflitto di giudicato, ragion per cui l’adunanza plenaria non aveva motivo di esprimersi. Ora la politica, dopo l’inerzia di quei sindacati che a dispetto dei comunicati ufficiali di questi giorni si sono sempre rivolti alle aule dei tribunali piuttosto che puntare i pugni nei tavoli contrattuali (dal 2002 avrebbero dovuto parlare), trovi subito la soluzione legislativa perché chi è abilitato ad insegnare possa insegnare. Non chiediamo di eludere una sentenza – seppur illegittima – ma di chiarire un concetto semplice: in Italia, il valore legale di un titolo di studio non può scadere. Se sei abilitato ad insegnare devi poter insegnare. Se un posto è vacante e disponibile e se hai un abilitato per insegnare quella disciplina, devi poter esser assunto. Come? Attraverso il sistema del doppio canale: o per superamento di un pubblico concorso o per scorrimento di quelle graduatorie ex permanenti di cui si chiede con urgente l’apertura. Ogni altro discorso è fuorviante, inutile e dispendioso. Non possiamo aspettare il parere dell’avvocatura, magari per marzo. È come chiedere al nostro studio legale cosa ne pensa. E i nostri legali lo hanno dichiarato per tempo: la Cassazione o la Cedu annullerà la sentenza della plenaria per ripristinare il rispetto del diritto in Italia.
Queste cose dirà la delegazione Anief presieduta da Marcello Pacifico, il 17 gennaio, all’incontro al Miur. Altre parole sono inutili, a meno che ci voglia affidare ai giorni fasti del Consiglio di Stato per poter entrare nei ruoli della scuola.
A 25 giorni dalla decisione, c’è un silenzio assordante sugli sviluppi della sentenza del Consiglio di Stato sui maestri con diploma magistrale conseguito entro il 2002: la sorte dei 44mila maestri e maestre della scuola pubblica, di cui uno su sette di ruolo, rimane un mistero. È una situazione kafkiana, con molti docenti già con l’anno di prova superato e che ora rischiano di essere ricacciati all’indietro. Intanto, l’Anief attende con ansia e volontà di dare un giusto verso agli eventi grazie alla convocazione che ha ottenuto per domani presso il Ministero dell’Istruzione.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Nell’incontro che svolgeremo tra poche ora, chiederemo un decreto d’urgenza per riaprire le graduatorie ad esaurimento: questa sentenza della plenaria, dopo sette espressioni opposte emesse dallo stesso organo di giustizia passate pure in giudicato, rimane una negazione del diritto. Stiamo parlando di decine di migliaia di supplenti che lavorano nelle nostre scuole, di cui 6mila pure messi in ruolo con riserva, che per vari motivi risultano indispensabili per il corretto andamento della didattica nella scuola dell’infanzia e primaria. Non c’è alternativa, vanno confermati dove sono. Se si vuole davvero dire basta ai ricorsi e ai risarcimenti, non rimane altro che mantenerli nelle GaE.
Il tasso di precarietà rilevabile dai dati pubblicati dalla Ragioneria Generale dello Stato per il 2014 era del 5,5%, mentre quello della scuola statale si attestava al 14,6%, quasi il triplo di quello degli altri comparti pubblici. Un tasso di precarietà, quello della scuola statale che, evidentemente, ha natura non congiunturale ma strutturale. Con l’emblema della “precarietà della scuola” che risiede proprio nel nodo irrisolto del “sostegno in deroga e degli spezzoni di cattedra”.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): un posto su tre sul sostegno rimane in deroga, non disponibile per le immissioni in ruolo a discapito della continuità didattica. E tutto ciò nonostante 200 mila posti siano stati cancellati negli ultimi dieci anni per via della riduzione del tempo scuola, del dimensionamento e del piano di razionalizzazione. Una maxi-manovra assurda che ha preso il via con la Legge Tremonti-Gelmini 133 del 2008 e che nessun governo successivo, nemmeno gli ultimi di sinistra, hanno saputo e voluto annullare. Anzi, sul sostegno agli alunni disabili si è riuscito a fare peggio, impostando, durante la gestione della Ministra Maria Chiara Carrozza, la copertura del 30% dei posti di sostegno liberi con supplenze al 30 giugno, dunque non disponibili per trasferimenti ed immissioni in ruolo. Il blocco, attuato ai giorni nostri, è il motivo per cui oggi abbiamo più di 40 mila posti di sostegno in deroga. E con effetti nefasti per la didattica e gli alunni con problemi di apprendimento. È una tendenza che con l’incremento di allievi disabili, confermato negli ultimi 20 anni, non potrà che acuire il problema. A meno che non si decida una vola per tutte, attraverso una apposita legge, di adeguare l’organico di fatto a quello di diritto, ovvero di disporre le assunzioni per ogni posto vacante e disponibile.
Coloro che intendono vederci chiaro per la mancata nomina dei docenti di sostegno o delle ore non assegnate come indicato dalle commissioni mediche dello Stato, possono ancora scrivere all'indirizzo Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Il ricorso per ottenere la stabilizzazione dell'organico di sostegno con la trasformazione dei posti in deroga in posti in organico di diritto fa da corollario all'azione di sensibilizzazione che l'Anief promuove da anni gratuitamente con l'iniziativa “Sostegno, non un'ora di meno!”
A seguito dell’ultimo incontro tra Aran e sindacati rappresentativi è spuntata pure la possibile culpa in vigilando per docenti e Ata al di fuori dell’orario di servizio. La parte pubblica si pone in modo fermo sulla linea espressa la scorsa settimana, con una “stretta” sulle sanzioni e l’aggiunta di una serie di mansioni, oggi facoltative, tra quelle obbligatorie e quindi non più remunerabili. Una richiesta di fondo che la dice lunga sui pericoli che docenti e Ata andrebbero a correre qualora si dovessero approvare.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Se un genitore non dà l’autorizzazione all’uscita autonoma dell’alunno e non viene a prenderlo all’uscito, il docente dell’ultima ora di lezione o il collaboratore scolastico dovrebbe rimanere a scuola fino all’indomani mattina? Ma scherziamo? Per non parlare delle nuove norme legislative che devono essere recepite nel contratto in termini di assenze, sanzioni disciplinari, organizzazione dell’orario di lavoro, organici dopo le riforme del pubblico impiego, prima Brunetta ora Madia, oltre alla stessa Renzi-Giannini sulla Buona scuola. E tutto per avere in cambio una pizza in più al mese: 40 euro nette dal nuovo anno quando il costo della vita è aumentato di 15 punti negli ultimi dieci anni del blocco. Per questi motivi il nostro sindacato invita i sindacati rappresentativi, in scadenza di mandato, a non sottoscrivere l’accordo e a rinnegare l’intesa del 30 novembre 2016. Per pochissimi euro lordi, da assegnare anche dal prossimo primo marzo, con arretrati ridicoli, si svendono diritti inviolabile su responsabilità, sanzioni, organizzazione dell’orario di lavoro. Siamo sempre più convinti che si tratti di una “polpetta avvelenata” che porta meno diritti, più mansioni, senza recuperare nemmeno l’aumento del costo della vita tutelato dalla Costituzione. Qui non c’entrano le elezioni RSU e la possibilità che l’Anief possa oltrepassare la soglia del 5% attraverso il rinnovo del prossimo mese di aprile. A queste condizioni, lo ripetiamo, il tavolo deve essere abbandonato. E magari confluire sul doppio sciopero Anief proclamato a fine mese e a febbraio.
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