Si alzano i toni tra la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, e la sindaca di Roma, Virginia Raggi. Ma nessuno ricorda il vero problema: il ridotto numero di bimbi sotto i sei anni di età regolarmente iscritti ad una scuola pubblica. Senza dimenticare che si è trasformata una competenza puramente medico-sanitaria in un’incombenza amministrativa che ora rischia pure di ledere il diritto allo studio.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Il problema non è la campagna a favore o contro, anche alla luce delle sentenze della Corte Costituzionale che ha confermato la validità della legge. Il punto sta nella ragionevolezza di una norma che non può ottenere l’obiettivo prefissato, poiché in certe zone d’Italia meno del 30% dei bambini fino a sei anni è iscritto agli asili nido e alle scuole dell’infanzia, per la cui frequenza è necessario avere fatto le vaccinazioni obbligatorie. Dopo avere oltrepassato le proprie competenze, visto che il diritto a frequentare la scuola è previsto dalla Costituzione, lo Stato ha approvato una norma senza il minimo raccordo con gli istituti scolastici. Inoltre, nella scuola dell’obbligo, sempre in base alla nuova legge, decade la vaccinazione obbligatoria, sostituita dall’ennesimo ‘balzello’.