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L'Anief lamenta che su concorsi e tirocini abilitanti continuano a prevalere allungamento dei tempi e tanti quesiti irrisolti.

"Ci sono tante decine di migliaia di docenti - spiega il presidente dell'Anief, Marcello Pacifico - a cui erano state indicate delle scadenze. Sulla base delle quali sono stati fatti progetti professionali e personali. Tutte queste date, tuttavia, sono state sistematicamente non rispettate.

"Ma poiché si preannunciano dei rilievi, con conseguenti modifiche sul testo, è inevitabile che l'avvio della prova nazionale prevista per giugno non potrà essere rispettata - continua Pacifico - . Come non porta ad alcuna certezza la conclusione del Tfa normale, frequentato da oltre 21 mila candidati: a loro era stato detto che avrebbero potuto accedere ad un nuovo concorso a cattedra di cui si sono perse le tracce. Se a questo aggiungiamo che verrà ingiustamente negato di potersi inserire nelle graduatorie ad esaurimento, dopo che per 13 anni era stato invece permesso, viene da chiedersi che genere di spendibilità avrà questo duro e oneroso percorso formativo".

Anief conferma dunque l'intenzione di avviare contenziosi, presso i tribunali della Repubblica, a tutela dei diritti dei lavoratori.

Fonte: Italpress

 

Su concorsi e tirocini abilitanti continuano a prevalere allungamento dei tempi e tanti quesiti irrisolti: il procrastinarsi dei termini per le correzioni delle prove scritte del concorso a cattedra, il silenzio assordante sui Tfa speciali e i tanti punti interrogativi che permangono su quelli ordinari stanno lasciando oltre 100 mila docenti della scuola pubblica, in parte precari in parte di ruolo, in uno stato di pericolosa incertezza.

Anche le dichiarazioni odierne del ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, orientate a rimandare qualsiasi decisione su reclutamento e nuove abilitazioni, confermando la logica del “tutto è possibile”, non fanno altro che aumentare questo stato di insicurezza. Uno stato che, però, tanti professionisti della formazione e dell’educazione pubblica non meritano. Dopo che il Miur ha dato conferma di non volere o potere assumersi alcuna responsabilità in merito al rispetto dei tempi prefissati, il nostro sindacato ha deciso di rivolgersi direttamente al Parlamento: “ci sono tante decine di migliaia di docenti – spiega il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico – a cui erano state indicate delle scadenze. Sulla base delle quali sono stati fatti progetti professionali e personali. Tutte queste date, tuttavia, sono state sistematicamente non rispettate”.

A partire dal concorso a cattedre, da cui sarebbero dovuti scaturire circa 11.500 nuovi insegnanti entro la fine di quest’anno scolastico, ma per il quale più di una regione ha fatto sapere che chiuderà le operazioni solo in autunno. Facendo così saltare le immissioni in ruolo, previste in estate, per tutti quei vincitori. Senza contare che il drastico calo di pensionamenti, con conseguente riduzione di posti liberi previsti, ha nel frattempo posto seri dubbi pure sull’attuazione del turn over. Problemi seri si stanno riscontrando anche per il Tfa speciale, che avrebbe dovuto far abilitare tra i 75 mila e i 100 mila docenti.

Dopo il ‘colpo di mano’ del Miur, che lo scorso 25 marzo ha pubblicato un regolamento dei corsi comprensivo di novità importanti, come l’allargamento a tre anni di supplenze e l’indizione di un test d’accesso, le quali avrebbero dovuto comportare il consulto di organi istituzionali, come le commissioni parlamentari (sono migliaia i ricorsi che l’Anief ha raccolto e si prepara a presentare non appena il decreto sarà ufficializzato), le modifiche al decreto 249/2010 sul reclutamento scolastico risultano ad oggi ancora ferme alla Corte di Conti. “Ma poiché si preannunciano dei rilievi, con conseguenti modifiche sul testo, è inevitabile che l’avvio della prova nazionale prevista per giugno non potrà essere rispettata – continua Pacifico - . Come non porta ad alcuna certezza la conclusione del Tfa normale, frequentato da oltre 21 mila candidati: a loro era stato detto che avrebbero potuto accedere ad un nuovo concorso a cattedra di cui si sono perse le tracce. Se a questo aggiungiamo che verrà ingiustamente negato di potersi inserire nelle graduatorie ad esaurimento, dopo che per 13 anni era stato invece permesso, viene da chiedersi che genere di spendibilità avrà questo duro e oneroso percorso formativo”.

Anief conferma dunque l’intenzione di avviare contenziosi, presso i tribunali della Repubblica, a tutela dei diritti dei lavoratori: non si possono disperdere o congelare le competenze accertate di decine di migliaia di docenti.

Fonte: AgenParl

 

"Dopo il taglio di 300 mila posti in sei anni ed il reiterato blocco dei contratti, i dipendenti pubblici accusano un altro duro colpo: stavolta ad essere penalizzati sono i lavoratori di ruolo, per la cui formazione ed aggiornamento professionale l'amministrazione spende sempre meno soldi". A rilevarlo e' il rapporto annuale della Scuola superiore della P.A. (Sspa), secondo cui a partire da un dl del 2010 si e' assistito ad una progressiva riduzione dei fondi dedicati alle attivita' formative.

Nel solo ultimo anno la contrazione media nella PA e' stata del 30%, con punte di oltre il 50% in meno per i lavoratori che operano nelle Camere di commercio (-60,1%), nelle Province (-62,9%) e nei Comuni (-56,7%).

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per le alte professionalita', "con il passare dei mesi il processo peggiorativo delle condizioni lavorative dei dipendenti pubblici diventa sempre piu' evidente: anziche' puntare su azioni di rafforzamento di educazione permanente e di aggiornamento 'in progress', come da tempo indica anche l'Unione europea, l'Italia si mette in evidenza per la mancata formazione dei suoi lavoratori statali. Una 'performance' che si va ad aggiungere, tra l'altro, al sostanzioso taglio agli organici, in particolare nella scuola dove in pochi anni sono stati cancellati 200 mila posti tra docenti e Ata, ed al congelamento dei contratti avviato a partire dal 2010".

"Anief e Confedir non possono che condannare questo modo di procedere: alla lunga portera' ad un peggioramento della qualita' dei servizi pubblici - si legge in una nota -. Considerati dallo Stato sempre piu' un 'salvadanaio' e non una preziosa risorsa da valorizzare e mettere a disposizione della cittadinanza. Con un inevitabile allargamento della forbice rispetto al comparto privato, dove invece la formazione e l'aggiornamento del personale rimangono essenziali per lo sviluppo e la crescita aziendale".

"C'e' un'ultima considerazione da fare: poiche' rispetto al 2011 il debito pubblico e' aumentato del 10% - continua Pacifico - , viene da chiedersi dove sono finiti i fondi che annualmente lo Stato dovrebbe spendere per la pubblica amministrazione. E lo stesso vale per i finanziamenti di provenienza comunitaria annualmente stanziati per questo preciso obiettivo. Il nuovo Governo faccia chiarezza al piu' presto: ci sono oltre 3 milioni di dipendenti pubblici che meritano risposte".

Fonte: Italpress

 

Nel cedolino di aprile degli statali assunti dal 2000 è subentrata una sorta di ‘tassa’ “compensativa per garantire parità retributiva tra vecchi e nuovi. Anief: il Mef fa il mea culpa e corre ai ripari per non restituire niente, chi è in regime di TFR deve rivolgesi al tribunale. Intanto Palazzo Chigi farebbe bene a mettere da parte 3 miliardi…

Non c’è pace sulle trattenute stipendiali che alcuni sindacati continuano a considerare non lecite. Anche le novità introdotte dal Governo sulla trattenuta del 2,5% sullo stipendio di aprile dei dipendenti pubblici assunti a partire dal 2000, apparentemente favorevole a questi circa 700 mila lavoratori, non soddisfa proprio l’Anief.

Il sindacato di Pacifico, che aveva fatto pervenire migliaia di diffide del personale della scuola contro la trattenuta da intendersi come contributo obbligatorio per la costituzione del TFR, sostiene che ora “il Governo cambia la giustificazione della trattenuta, perché, in verità” sostiene di aver inserito una sorta di ‘tassa’ “compensativa per garantire parità retributiva tra vecchi e nuovi assunti, ai sensi dell’art. 1, c. 3, del DPCM 1999”.

E qui sta il punto. Per l’Anief, infatti, il CCNQ 26 luglio 1999, recepito dal DPCM 20 dicembre 1999 prevede dal maggio 2000 per i neo-assunti statali il passaggio da regime di TFS con aliquota 9,60% e trattenuta 2,5% a regime TFR con aliquota 6,91% totalmente a carico del datore di lavoro (nota Inpdap 9 giugno 2000). Dopo 13 anni, a seguito delle recenti diffide sindacali, il Mef sembra fare mea culpa e correre, invano, ai ripari per non restituire niente.

“Ma forse – si chiede il sindacato autonomo - la pensione non è una retribuzione differita? Come è possibile affermare un principio, quello corretto della parità retributiva, dopo averlo sconfessato nei commi precedenti a sfavore delle nuove generazioni sulle buonuscite future? E questa trattenuta, se non doveva essere data, perché è tassata all’origine? E perché non è stata recuperata esplicitamente a livello figurativo nella contrattazione? Forse che il 2,5% pagato in regime di TFS non garantisce una maggiore buonuscita rispetto alla riduzione già penalizzante dello 0,19 (7,10% - 6,91%) dell’aliquota o della liquidazione?”.

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir al contenzioso, tutto questo è paradossale, tanto che “pone queste domande non soltanto al Governo ma a tutte le Confederazioni sindacali perché non si adotti più una riforma che penalizzi i lavoratori in base all’anno di assunzione, proprio mentre il Governo pensa di portare a 70 anni l’età anagrafica necessaria dal 2020 per andare in pensione e di erogare dal 2030 ai lavoratori in quiescenza soltanto il 40% del loro ultimo stipendio”.

Per il sindacato, quindi, il mea culpa del Mef, se mea culpa è stato, non convince, perché non si tratta di un mero errore formale in un Paese nel cui ordinamento giuridico la forma è sostanza, ma di un’evidente ingiustizia. L’Anief, già dopo la pubblicazione della sentenza n. 223/12 della Consulta aveva già messo a disposizione un primo modello di diffida per interrompere la trattenuta (ottobre 2012), superato poi dalla legge 228/12 (art. 1, cc. 98-99) che ha ripristinato la situazione precedente. In seguito, a tale norma, il sindacato ha elaborato un secondo modello di diffida (febbraio 2013) atto alla certificazione del credito figurativo del 2,69% (9,60%-6,91%) quale differenza tra le due aliquote per gli anni 2011-2012 per chi è ritornato in regime TFS. Oltre che all’interruzione della trattenuta del 2,5% con richiesta risarcitoria-recupero credito per gli ultimi dieci anni per chi è stato assunto in regime TFR o ha optato per esso.

Pertanto, il sindacato oggi fa sapere che continuerà a raccogliere le diffide per i lavoratori in regime di TFR, al fine di avviare “le opportune iniziative giudiziarie nei tribunali della Repubblica perché possa essere rispettato il principio della parità di trattamento tra tutti i cittadini senza distinzione di età e perché i lavoratori del pubblico impiego non siano penalizzati rispetto ai privati soltanto perché il Governo ha la potestà di legiferare d’urgenza e di disapplicare i contratti da lui firmati in contrasto con la legge da lui voluta”.

L’Anief invita quindi “Palazzo Chigi farebbero bene a fare bene i conti” per coprire le spese dovute ai dipendenti che, anche se con qualche anno di ritardo rispetto alla vecchia tabella di marcia, andranno in pensione: “oltre ai soldi per cassa integrazione o proroga dei contratti”, il Governo dovrebbe preoccuparsi di “trovare la copertura anche per quei 3 miliardi (corrispondente al 2,69%, frutto della differenza tra le due aliquote TFS e TFR per gli anni 2011-2012) necessari per onorare interamente le future buonuscite dei 2,5 milioni di dirigenti e dipendenti pubblici che nei prossimi anni andranno in pensione, rispetto ai 41 milioni già stanziati nell’ultima finanziaria bastevoli a riliquidare il trattamento di fine servizio di chi è andato illegittimamente, nel frattempo, in pensione in regime di TFR”.

Fonte: Tecnica della Scuola

 

Alla luce della novità introdotta nei cedolini a partire dalla rata di aprile 2013, la spiegazione del MEFsull'importo risultante nelle ritenute previdenziali non convince l'Anief, che continua a mettere a disposizione le diffide per i lavoratori in regime di TFR.

Ufficio Stampa Anief - Il CCNQ 26 luglio 1999, recepito dal DPCM 20 dicembre 1999 prevede dal maggio 2000 per i neo-assunti statali il passaggio da regime di TFS con aliquota 9,60% e trattenuta 2,5% a regime TFR con aliquota 6,91% totalmente a carico del datore di lavoro (nota Inpdap 9 giugno 2000). Dopo 13 anni, a seguito delle recenti diffide sindacali, il Mef sembra fare mea culpa e correre, invano, ai ripari per non restituire niente. Mancano, inoltre, ancora i 3 miliardi necessari per liquidare interamente i TFS futuri.

I più di 700.000 dirigenti e dipendenti pubblici passati al nuovo regime di TFR regolato dall’articolo 2120 del Codice civile introdotto dalla legge 297/1982, secondo quanto disposto dalla legge 335/1995 che prevede l’armonizzazione del sistema previdenziale pubblico a quello privato dopo la privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego (d.lgs. 29/1993), hanno sempre letto nei loro cedolini, in questi tredici anni, una voce: TRATTENUTA 2,5% TFR – OPZ. PREV. corrispondente a 35 € mensili per uno stipendio medio di 1.250 €

Questa voce, in verità, non è dovuta visto che l’azienda privata non opera alcuna trattenuta nella busta paga dei suoi lavoratori.

L’Anief, già dopo la pubblicazione della sentenza n. 223/12 della Consulta che ha dichiarato incostituzionale il passaggio anche dei lavoratori rimasti in regime TFS allo stesso regime TFR dal 1° gennaio 2011 con la trattenuta del 2,5%, ha messo a disposizione un primo modello di diffida per interrompere la trattenuta (ottobre 2012), superato poi dalla legge 228/12 (art. 1, cc. 98-99) che ha ripristinato la situazione precedente. In seguito, a tale norma, il sindacato ha elaborato un secondo modello di diffida (febbraio 2013) atto

· alla certificazione del credito figurativo del 2,69% (9,60%-6,91%) quale differenza tra le due aliquote per gli anni 2011-2012 per chi è ritornato in regime TFS;
· all’interruzione della trattenuta del 2,5% con richiesta risarcitoria-recupero credito per gli ultimi dieci anni per chi è stato assunto in regime TFR o ha optato per esso.

Nel cedolino di aprile 2013, dopo l’arrivo di migliaia di diffide del personale della scuola, il Governo cambia la giustificazione della trattenuta, perché, in verità, non voleva trattenere il 2,5% come contributo obbligatorio per la costituzione del TFR ma come trattenuta compensativa per garantire parità retributiva tra vecchi e nuovi assunti, ai sensi dell’art. 1, c. 3, del DPCM 1999.

Ma forse la pensione non è una retribuzione differita? Come è possibile affermare un principio, quello corretto della parità retributiva, dopo averlo sconfessato nei commi precedenti a sfavore delle nuove generazioni sulle buonuscite future? E questa trattenuta, se non doveva essere data, perché è tassata all’origine? E perché non è stata recuperata esplicitamente a livello figurativo nella contrattazione? Forse che il 2,5% pagato in regime di TFS non garantisce una maggiore buonuscita rispetto alla riduzione già penalizzante dello 0,19 (7,10% - 6,91%) dell’aliquota o della liquidazione?

Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir al contenzioso, pone queste domande non soltanto al Governo ma a tutte le Confederazioni sindacali perché non si adotti più una riforma che penalizzi i lavoratori in base all’anno di assunzione, proprio mentre il Governo pensa di portare a 70 anni l’età anagrafica necessaria dal 2020 per andare in pensione e di erogare dal 2030 ai lavoratori in quiescenza soltanto il 40% del loro ultimo stipendio.

Il mea culpa del Mef, se mea culpa è stato, non convince, perché non si tratta di un mero errore formale in un Paese nel cui ordinamento giuridico la forma è sostanza, ma di un’evidente ingiustizia. Pertanto, Anief-Confedir continua a mettere a disposizione le diffide per i lavoratori in regime di TFR e avvierà le opportune iniziative giudiziarie nei tribunali della Repubblica perché possa essere rispettato il principio della parità di trattamento tra tutti i cittadini senza distinzione di età e perché i lavoratori del pubblico impiego non siano penalizzati rispetto ai privati soltanto perché il Governo ha la potestà di legiferare d’urgenza e di disapplicare i contratti da lui firmati in contrasto con la legge da lui voluta.

Nel frattempo, a Palazzo Chigi farebbero bene a fare bene i conti perché oltre ai soldi per cassa integrazione o proroga dei contratti bisogna trovare la copertura anche per quei 3 miliardi (corrispondente al 2,69%, frutto della differenza tra le due aliquote TFS e TFR per gli anni 2011-2012) necessari per onorare interamente le future buonuscite dei 2,5 milioni di dirigenti e dipendenti pubblici che nei prossimi anni andranno in pensione, rispetto ai 41 milioni già stanziati nell’ultima finanziaria bastevoli a riliquidare il trattamento di fine servizio di chi è andato illegittimamente, nel frattempo, in pensione in regime di TFR. Anche per questa ragione, rimangono validi i modelli di diffida per il TFS.

Il link alla pagina da cui scaricare i modelli di diffida

Avviso per il personale in regime di TFR: le novità dal mese di aprile 2013

Fonte: Orizzonte Scuola

 

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XXIV2012

 

 

 

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