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"Uno Stato che non investe nei selezionatori dei docenti e negli ispettori della qualità scolastica è destinato al massimo a tenersi a galla". La denuncia arriva dall'associazione sindacale Anief che fa riferimento a notizie secondo cui l'amministrazione scolastica avrebbe grosse difficoltà nel reperire "docenti-eroi che si prestino a lavorare tutta la prossima estate, senza andare in ferie e in cambio di appena 500 euro, per fare da esaminatori del concorso a cattedra da cui entro il 31 agosto scaturiranno 11mila nuovi insegnanti".

"Se a questo aggiungiamo l'ormai cronica carenza di ispettori addetti alla valutazione scolastica, rilanciata da una testata giornalistica specializzata, non possiamo che giungere a una triste conclusione: non servono le riforme dei concorsi e i nuovi sistemi di valutazione scolastica, se poi - osserva l'Anief - non c'é la volontà di incentivare adeguatamente i commissari e di selezionare nuovi ispettori".

Secondo il sindacato "un sistema d'istruzione di qualità non può continuare a reggersi sul volontariato di chi ama l'insegnamento oppure sulla professionalità di un 'pugno' di esperti chiamati a valutare l'operato di quasi 10 mila scuole".

"E' quindi urgente - afferma - porre un rimedio a questa situazione, tornando a dare la giusta considerazione per i selezionatori dei nuovi docenti e assumendo nuovi ispettori. Altrimenti tutto il sistema scolastico rischia di regredire ulteriormente".

"Uno Stato che non investe in queste figure professionali, da cui dipende il destino di un milione di dipendenti tra docenti e Ata, oltre che la formazione di sette milioni di alunni, non può permettersi di svilire certe figure professionali. Occorre il prima possibile - dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief - porre rimedio a tale limite. Altrimenti, non si capisce perché dei commissari, ridotti a lavorare come lavoratori dell'Ottocento, malpagati, senza sosta e privati anche del riposo settimanale, debbano decidere di immolarsi per una causa in cui nessuno crede. A iniziare proprio dallo Stato".

Fonte: ANSA

 

Dall'Europa giunge un altro importante segnale che indica la necessita' di abbattere la precarieta' lavorativa e non incentivarla, come purtroppo avviene in Italia da tempo e ancora di piu' dopo l'approvazione della riforma Fornero. Da un vasto studio dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, pubblicato in queste ore, che ha visto coinvolti 16.622 cittadini europei appartenenti a 31 Paesi diversi (gli attuali 27 Stati membri dell'UE, insieme a Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera), risulta che "la precarieta' dell'impiego o la riorganizzazione del lavoro sono considerate le cause piu' comuni dello stress legato all'attivita' lavorativa".

"La meta' dei lavoratori europei - si legge nelle conclusioni del rapporto - ritiene che lo stress legato al lavoro sia un fenomeno comune, mentre quattro su dieci ritengono che non sia gestito adeguatamente nel proprio luogo di lavoro".

E' davvero significativo che "la causa piu' comune dello stress da lavoro in Europa, individuata nella precarieta' dell'impiego o nella riorganizzazione del posto di lavoro (72%)" sia maggiormente sentita rispetto addirittura agli eccessi di ore passate sul posto di lavoro e pure "al carico di lavoro (66%)". E' anche sintomatico che l'Agenzia europea abbia ravvisato che "nei paesi con un debito pubblico piu' elevato, i lavoratori tendono maggiormente a citare la precarieta' dell'impiego o la riorganizzazione del posto di lavoro come causa percepita dello stress legato al lavoro". dp/com

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alle alte professionalita', "questi dati confermano quanto sosteniamo da tempo: in Italia si ha paura della precarieta'. Al punto che non si fa nulla per combatterla. Il nostro, infatti, e' uno dei Paesi europei dove le amare conclusioni del rapporto si riscontrano in pieno. Troppo spesso il lavoro e' considerato come un 'male oscuro', per il quale non esiste pero' alcuna terapia o medicina".

A tal proposito, il sindacato ricorda che lo Stato italiano non ha mai voluto recepire la giurisprudenza e le direttive comunitarie, in particolare la direttiva europea 1999/70, che avrebbero calmierato sicuramente l'aumento del 10% di disoccupazione nell'ultimo anno: assumere definitivamente i precari dopo 36 mesi di servizio, infatti, permetterebbe in un "colpo" solo di investire in professionisti competenti, che migliorerebbero la macchina lavorativa, oltre che stabilizzare tantissimi lavoratori dando loro l'opportunita' di realizzare il loro progetto di vita.

"Le indicazioni fornite dal rapporto europeo - continua Pacifico - ci confermano quanto siano state inopportune e ingiustificate le deroghe adottate dall'Italia rispetto alle indicazioni dell'Ue. Il Governo Letta non puo' non prenderne atto. E' infatti giunta l'ora di voltare pagina. Mettendosi finalmente alle spalle le discriminazioni effettuate, persino dallo Stato; basta vedere cosa accade nella scuola, nei confronti dei lavoratori precari: dalla stessa Europa e' stato infatti piu' volte segnalato che le differenze di trattamento tra dipendenti di ruolo e precari di lunga data non sono accettabili. In caso contrario si incappa nella discriminazione. Il Governo non puo' continuare ad eludere questi campanelli di allarme sovranazionali: e' giunto il momento - conclude il rappresentante Anief-Confedir - di investire seriamente, aumentando in modo significativo i finanziamenti rispetto al Pil, sulla formazione e sulla cultura. Oltre che affrontare una volta per tutte il problema della precarieta' lavorativa crescente: allargarla ulteriormente sarebbe un vero dramma nazionale".

Fonte: Italpress

 

E' incostituzionale obbligare i professori e i ricercatori universitari a lasciare il servizio al compimento dei 70 anni, negando loro la proroga di due anni concessa invece a tutti i dipendenti pubblici: a stabilirlo sono i giudici della Consulta, con la sentenza n. 83/2013, pubblicata oggi, che hanno di fatto annullato gli effetti attuativi dell'art. 25 della Legge 240/2010 voluta dall'ex ministro dell'Istruzione, Universita' e Ricerca, Maria Stella Gelmini.

"Nella sentenza - spiega l'Anief in una nota -, gli ermellini hanno ravvisato palesi contraddizioni tra il testo contenuto nella citata legge rispetto, in particolare, agli articoli 3 e 97 della Costituzione. Di conseguenza, la Consulta ritiene che la L. 240/2010 non tiene conto delle peculiarita' relative alla professione dei docenti e dei ricercatori accademici: negando loro la possibilita' di mettere al servizio degli studenti e della societa' tutta le competenze acquisite nel tempo nei rispettivi specifici ambiti di competenza, si e' tentato di introdurre 'una disciplina sbilanciata e irrazionale'".

Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per le alte professionalita', la sentenza "rimette ordine ad un sistema danneggiato da una evidente forzatura voluta dall'ex Governo Berlusconi", permettendo di "mantenere in essere delle alte professionalita' al servizio dello Stato e favorire nel contempo una continuita' didattica sempre piu' spesso minacciata dalla mancanza di turn over".

Il sindacalista ritiene, inoltre, che "la cancellazione dell'articolo 25 della Legge 240/2010 rappresenta l'occasione giusta per tornare a chiedere e con maggior forza al nuovo ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza, di adoperarsi per restituire dignita' alla figura del ricercatore universitario, cancellata da quella stessa legge. Allo stesso modo – continua Pacifico - e' indispensabile che si torni a dare la possibilita'ai ricercatori di essere collocati in una loro fascia professionale, oggi ad esaurimento. E di far loro conseguire l'abilitazione all'insegnamento come docenti associati, attraverso il ripristino della macchina concorsuale".

"Il ministro Carrozza, professore universitario con un'esperienza rilevante da rettore della Scuola Superiore S. Anna di Pisa, comprendera' bene che senza i ricercatori l'universita' italiana non potra' mai essere rilanciata. Si tratta di figure indispensabili, che meritano di essere finalmente collocati nel ruolo che spettano, come anche previsto - conclude il rappresentante Anief-Confedir - dalla carta dei ricercatori europei".

Fonte: Italpress

 

La Corte Costituzionale "rimette ordine a un sistema danneggiato da una evidente forzatura voluta dall'ex Governo Berlusconi", permettendo di "mantenere in essere delle alte professionalità al servizio dello Stato e favorire nel contempo una continuità didattica sempre più spesso minacciata dalla mancanza di turn over". Così l'Anief commenta la sentenza della Consulta che riabilita i prof universitari a rimanere altri due anni in servizio oltre i 70 anni di età.

"La cancellazione dell'articolo 25 della Legge 240/2010 - afferma il presidente dell'associazione, Marcello Pacifico - rappresenta l'occasione giusta per tornare a chiedere e con maggior forza al nuovo ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza, di adoperarsi per restituire dignità alla figura del ricercatore universitario, cancellata da quella stessa legge.

Allo stesso modo - continua Pacifico - è indispensabile che si torni a dare la possibilità ai ricercatori di essere collocati in una loro fascia professionale, oggi ad esaurimento. E di far loro conseguire l'abilitazione all'insegnamento come docenti associati, attraverso il ripristino della macchina concorsuale.

Il ministro Carrozza, professore universitario con un'esperienza rilevante da rettore della Scuola Superiore S. Anna di Pisa, comprenderà bene - conclude Pacifico - che senza i ricercatori l'università italiana non potrà mai essere rilanciata".

Fonte: ANSA

 

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XXIV2012

 

 

 

In questo numero:

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Scheda di rilevazione dati Ricorso Mobilità - Trasferimenti