Tutte le notizie

Errori e refusi a go go, esclusi inferociti, sindacati pronti a ricorrere, esperti allibiti, corsi senza più candidati: la "feroce" pre-selezione per accedere ai tirocini abilitanti, con classi di concorso dov’è passato solo il 3% di candidati, sta confermando le difficoltà dell’amministrazione nel governare i concorsi. Secondo Luzzatto, il padre delle Ssis, urgono meccanismi di selezione credibili. Il Miur per ora tace. Ma come se ne esce?

Non esisteva un programma ben definito a cui attingere per ‘ripassare’ (anche se con queste domande c'era ben poco da ripassare o studiare…) e i libri dei quiz in vendita (nonché le simulazioni) non davano minimamente l'idea di quelle che sarebbero state le domande, tanto di geografia (per la cui classe non c'era un testo dedicato) quanto di comprensione del testo. Spero che il CINECA riveda le risposte errate o dubbie che noi segnaliamo prima di dare la sentenza finale, non tanto perché è l'unico filo a cui possiamo aggrapparci ma per far sì che un concorso per futuri docenti (molti dei quali insegnano da anni e anni con titoli e pubblicazioni) non si trasformi in una presa in giro”. Per rendere l’idea del malcontento che aleggia sull’organizzazione delle prove pre-selettive all’accesso ai Tfa, ancora in corso di svolgimento, abbiamo estrapolato un passaggio esaustivo di una delle decine di lettere che la nostra redazione sta ricevendo ogni giorno sulla selezione che avrebbe dovuto portare circa 21mila corsisti a frequentare i primi Tfa aperti a tutti.
Il problema è che all’amarezza della selezione, tutt’altro che naturale (nella A036, dove confluiscono filosofi, psicologi, sociologi, pedagoghi e scienziati della comunicazione, hanno passato il primo “turno” selettivo appena 141 candidati su oltre 4mila partecipanti, con 8 atenei su 37 rimasti già senza più candidati), si è sommata la rabbia per essere stati sottoposti a quesiti particolarmente ostici. Ed in non pochi casi di dubbia correttezza. Tanto che il Miur è stato costretto già ad annullare alcune domande o a porsi seriamente il dubbio se mantenerle (per evitare il sempre più crescente rischio ricorsi). Come per un quesito in arabo e uno sulla grammatica transalpina. E che dire dello sconosciuto Amafinio, ignorato dai manuali di filosofia ma in questi giorni balzato agli onori di una cronaca che probabilmente non meritava? Di ora in ora la lista delle defaiance lunga. Sembra che si sia confusa la Comunità Europea con il Consiglio d’Europa. Una famosa opera di Dino Buzzati mutata da “Qualcosa era successo” a “Qualcosa era accaduto”.

L’Anief, il sindacato dl ricorso “facile”, ha già fatto sapere, dopo aver “ricevuto davvero troppo numerose le segnalazioni”, di aver “incaricato i suoi esperti di verificare l’esattezza delle domande e delle risposte somministrate in questi giorni a diverse decine di migliaia di candidati”. Secondo il suo presidente, Marcello Pacifico, “abbiamo assistito alla somministrazione di quesiti con troppi errori, troppi nozionismi e poche certezze: occorre assolutamente fare chiarezza sulla qualità delle correttezza della gestione delle prove preparate dal Cineca e organizzate dal Miur”.

Il problema, al di là degli errori o dei refusi, è anche un altro. Di approccio generale. A riassumerlo è un’altra nostra lettrice, aspirante docente nelle superiori, che ha tentato il test per accedere ai Tfa abilitanti della classe di concorso A072 (Topografia): “esprimiamo il nostro disappunto relativamente alla natura delle domande in esso contenute. Il test è stato incentrato su due o tre argomenti che in pratica non vengono trattati nelle scuole (geometri ed istituti agrari) se non in forma assolutamente marginale, ignorando completamente invece quelli che sono il corpo e le assi portanti della materia”.

Sarebbe il caso di sapere, a questo punto, il pensiero del Miur. Sinora è trapelato solo qualche commento. Tra l’altro tutt’altro che esaustivo: da viale Trastevere si limitano a dire che ci troviamo di fronte a “risultati non fisiologici”. Tra qualche ora si riunirà una commissione di esperti al Miur: verificherà caso per caso le decisione di prendere. Ma è difficile, francamente, che possano sciogliere una matassa che giorno dopo giorno, selezione dopo selezione, sta diventando sempre più intrecciata. Ricorsi a parte, resta da capire cosa accadrà nelle decine di Facoltà universitarie dove si era organizzata la “macchina” per far partire i corsi, si erano preparati i programmi e si erano selezionati i docenti. Solo che ora manca la materia prima: i corsisti.

Per certi versi, sembra quasi ripercorrere quello che accaduto con le prove che hanno portato alla nomina dei dirigenti scolastici. Con viale Trastevere che ha tirato dritto e che ora si ritrova con diverse regioni con i vincitori di concorso su cui pendono le sentenze dei Tar tutt’altro che rassicuranti.

Per comprendere l’entità del pasticcio venutosi a creare, chiudiamo con il commento di Giunio Luzzatto, docente dell’Università di Genova e “padre” delle Ssis, che dalle pagine dell’Unità ha detto che queste selezioni rappresentano “una selezione del tutto irrazionale. L’elaborazione dei dati, svolta per le prime 5 classi da Francesco Coniglione sul sito www.roars.it, mostra quanto segue. La percentuale di candidati sufficienti ha come estremi l’81% (lingua araba) e il 3,5% (filosofia e pedagogia), mentre per le altre 3 classi varia tra il 25% e il 36%. Poiché non è credibile che vi siano tali enormi differenze nella qualità della preparazione fornita ai laureati delle diverse discipline”, l’accademico sostiene che “non si è stati capaci di tarare correttamente l’insieme dei quesiti (erano disponibili 3 minuti per quesito). Occorre che, anche in sede politica, si rifletta sulla situazione qui descritta e si propongano, per il futuro, adeguati correttivi. Proprio perché vogliamo docenti qualificati dobbiamo pretendere che i meccanismi di selezione siano credibili; altrimenti di dà spazio a chi vuole le chiamate dirette degli amici da parte delle scuole, o simili”.

Fonte: Tecnica della Scuola

Protestano le organizzazioni sindacali della scuola per l'assenza del ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, al tavolo di confronto fissato stamattina a Palazzo Vidoni con le parti sociali. A sostenerlo, in una nota congiunta, sono i sindacati Confedir e Anief, dopo l'accoglimento solo parziale degli emendamenti chiesti dalle organizzazioni per calmierare gli effetti della spending review sull'istruzione pubblica e su coloro che dovranno governarla nei prossimi anni scolastici.

"Il confronto con il ministro avrebbe rappresentato la possibilità di comunicargli gli effetti nefasti che l'attuazione dei provvedimenti approvati dal Cdm farebbe riversare sul mondo dell'istruzione pubblica e sui suoi dipendenti": secondo Michele Poerio, segretario organizzativo della Confedir, "dispiace dovere ancora una volta osservare che il governo dei tecnici ignora le esigenze della scuola e dei dirigenti dello Stato: dopo questo ennesimo mancato confronto possiamo dire che non siamo stati infatti mai consultati sul provvedimento in esame ora al Senato".

Deluso anche Marcello Pacifico, delegato Confedir ai quadri e alte professionalità e presidente Anief: "contestiamo l'assenza del governo in un momento in cui - ha detto Pacifico - sarebbe stato veramente importante ascoltare tutti, in particolare per attuare un approfondimento del sugli emendamenti accantonati e presentati dai sindacati".

Confedir e Anief, si legge in una nota, "prendono atto che la commissione Bilancio del Senato ha di fatto accantonato alcuni degli emendamenti proposti. Mentre ha dato il suo accoglimento alle modifiche sulla deroga per mandare in pensione il personale che ha raggiunto quota 96, quindi con le vecchie regole, e la monetizzazione dei giorni di riposo non assegnati ai supplenti.

Sugli altri emendamenti, infine, sempre presentati in commissione tramite il sindacato, si attende la votazione".

Fonte: TMNews

Le organizzazioni sindacali della scuola si dicono "fortemente deluse" per l'assenza del ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, al tavolo di confronto fissato stamattina a Palazzo Vidoni con le parti sociali: secondo i sindacati Confedir e Anief, "dopo l'accoglimento solo parziale degli emendamenti chiesti dalle organizzazioni per calmierare gli effetti della spending review sull'istruzione pubblica e su coloro che dovranno governarla nei prossimi anni scolastici, parlare al Ministro sarebbe stato molto importante".

"Sono convinti - prosegue la nota - che avrebbe rappresentato la possibilità di comunicargli gli effetti nefasti che l'attuazione dei provvedimenti approvati dal Cdm farebbe riversare sul mondo dell'istruzione pubblica e sui suoi dipendenti". Secondo Michele Poerio, segretario organizzativo della Confedir, "dispiace dovere ancora una volta osservare che il governo dei tecnici ignora le esigenze della scuola e dei dirigenti dello Stato: dopo questo ennesimo mancato confronto possiamo dire che non siamo stati infatti mai consultati sul provvedimento in esame ora al Senato".

Deluso anche Marcello Pacifico, delegato Confedir ai quadri e alte professionalità e presidente Anief: "contestiamo l'assenza del governo in un momento in cui - ha detto Pacifico - sarebbe stato veramente importante ascoltare tutti, in particolare per attuare un approfondimento del sugli emendamenti accantonati e presentati dai sindacati".

Confedir e Anief prendono atto che "la commissione Bilancio del Senato ha di fatto accantonato alcuni degli emendamenti proposti. Mentre ha dato il suo accoglimento alle modifiche sulla deroga per mandare in pensione il personale che ha raggiunto quota 96, quindi con le vecchie regole, e la monetizzazione dei giorni di riposo non assegnati ai supplenti".

Fonte: Italpress

La decisione giunta dopo che il ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, ha disertato l’incontro del 25 luglio con le parti sociali: lunedì la legge sarà già stata votata dal Senato, senza la possibilità di un confronto preventivo coi sindacati e senza si sia potuto discutere dell'applicazione dell'accordo del 3 maggio. Duro anche il giudizio della Confedir.

Sulla spending review il governo tiene duro. E i sindacati affilano le armi, ricorrendo all’iniziativa più insidiosa a loro disposizione: lo sciopero. Ad annunciarlo sono state Cgil e Uil, al termine di un incontro sostanzialmente fallimentare tenuto a Palazzo Vidoni la mattina del 25 luglio. Il ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, ha infatti disertato il confronto con le organizzazioni sindacali e le parti sociali. E la cosa non è andata già ai sindacati.

La Cgil, dopo aver appreso dell'assenza del ministro Patroni Griffi all'incontro, è intervenuta esprimendo, con una nota del segretario nazionale, Nicola Nicolosi, e i segretari generali della Fp e Flc, Rossana Dettori e Domenico Pantaleo, "tutta la propria contrarietà e ricordando che sul tavolo del confronto c'è l'applicazione dell'accordo del 3 maggio scorso, ad oggi del tutto congelato" e ha osservato che "per le implicazioni e le scelte che deve compiere, il tavolo deve essere politico, nel quale il Ministero deve essere presente al massimo livello di autorevolezza, per provare a costruire le condizioni che portino a modifiche dell'impostazione della spending review".

"Nei prossimi giorni la Cgil – continua il sindacato confederale - valuterà la predisposizione di un calendario di iniziative di mobilitazione, sul quale verificare la disponibilità degli altri sindacati, a partire dallo sciopero generale delle categorie del lavoro pubblico di Cgil e Uil per fine settembre".

Inoltre, sempre sull'assenza di Patroni Griffi, i tre dirigenti della Cgil fanno notare che "tale scelta costituisce oggettivamente una mortificazione delle relazioni sindacali, e che il tavolo, in questa formazione, non ha ragione di essere".
Infine, sull'ipotesi di una nuova convocazione per lunedì, la Cgil esprime "un giudizio profondamente negativo su tale iter, visto che lunedì prossimo la spending review sarà già stata votata dal Senato, senza la possibilità di un confronto preventivo con i sindacati e senza che si sia potuto discutere dell'applicazione dell'accordo del 3 maggio".

Sulla mancata presenza di Patroni Graffi all’incontro con le parti sociali hanno avuto da ridire anche altre organizzazioni: secondo Michele Poerio, segretario organizzativo della Confedir, “dispiace dovere ancora una volta osservare che il governo dei tecnici ignora le esigenze della scuola e dei dirigenti dello Stato: dopo questo ennesimo mancato confronto possiamo dire che non siamo stati infatti mai consultati sul provvedimento in esame ora al Senato”.

Deluso pure Marcello Pacifico, delegato Confedir ai quadri e alte professionalità e presidente Anief: “contestiamo l'assenza del governo in un momento in cui – ha detto Pacifico - sarebbe stato veramente importante ascoltare tutti, in particolare per attuare un approfondimento del sugli emendamenti accantonati e presentati dai sindacati”.

Fonte: Tecnica della Scuola

La decisione di fare ricorso all’organo di rilievo costituzionale è stata presa dall’Anief: il sindacato ha scoperto, attraverso un regio decreto, che è di sua competenza stabilire il “decreto di collocamento a riposo”. Tesi confermata dal magistrato contabile.

Si pronuncerà anche la Corte dei Conti sulla decisione del Governo di negare la pensione ai circa 3.500 dipendenti della scuola che maturano i requisiti per lasciare il lavoro il prossimo 31 agosto – attraverso il conseguimento della cosiddetta “quota 96”, tra età anagrafica e contributi lavorativi - non derogandoli delle nuove disposizioni contenute nella riforma Monti-Fornero. A tirare in ballo l’organo di rilievo costituzionaleè il sindacato Anief, dopo aver scoperto che la competenza in materia è affidata alla magistratura contabile attraverso il regio decreto 1214/1934: nell’art. 62 si indica, in effetti, che “contro i provvedimenti definitivi di liquidazione di pensione a carico totale o parziale dello Stato è ammesso il ricorso alla competente sezione della Corte, la quale giudica con le norme di cui agli articoli seguenti. Alla medesima sezione sono devoluti anche tutti gli altri ricorsi in materia di pensione, che leggi speciali attribuiscono alla Corte dei conti, nonché le istanze dirette ad ottenere la sentenza che tenga luogo del decreto di collocamento a riposo o in riforma e dichiari essersi verificate nell'impiegato dello Stato o nel militare le condizioni dalle quali, secondo le leggi vigenti, sorge il diritto a pensione, assegno o indennità”.   

Quanto riportato dal regio decreto, mai decaduto, è stato confermato dal magistrato contabile Pino Zingale durante la III Scuola estiva di formazione dei quadri sindacali Anief, svoltasi lo scorso fine settimana ad Arborea (Oristano). Durante il suo intervento, Zingale, che è delegato al controllo sulla gestione finanziaria dell’Agenzia del demanio, si è soffermato sul ruolo della Corte dei conti nell’attuale ordinamento giudiziario italiano: “la Corte dei Conti – ha detto il magistrato - svolge attività di garanzia sul contenzioso giudiziario, azione di controllo preventivo e si occupa, come competenza aggiunta, anche di processi pensionistici”.

Per quanto riguarda il ruolo di verifica della responsabilità amministrativa, Zingale ha poi sottolineato che le verifiche dell’organo di rilievo costituzionale riguardano anche “idanni patrimoniali che si arrecano ai dipendenti della pubblica amministrazione” e che la stessa “deve quindi risarcire”. Il magistrato ha infine spiegato che “la riforma del 1994 ha cambiato moltissimo la responsabilità amministrativa”, la quale oggi infatti “non mira più a risarcire quanto a sanzionare il comportamento” dell’amministrazione “verso i pubblici dipendenti”.

Alla luce di questa doppia presa di conoscenza giuridica, l’Anief ha quindi deciso di cambiare strategia. Abbandonando in extremis la linea del ricorso-istanza al giudice del lavoro: come spiegato dallo stesso sindacato, entro fine luglio le impugnative, anche quelle che arriveranno all’ultimo momento, verranno inviate alle rispettive Corti regionale. Non tutti coloro che si sentono danneggiati dalla riforma pensionistica Monti-Fornero potranno però aderire: “unica condizione per inoltrare la domanda al magistrato contabile – spiega l’Anief - è aver presentato domanda di pensionamento entro la data prevista dal Miur e aver ricevuto diniego alla stessa”.

Viene ora da chiedersi cosa potrebbe accadere se la Corte dei Conti dovesse dare ragione in corso d’anno alle centinaia di ricorrenti hanno impugnato la mancata deroga per andare in pensione con i vecchi requisiti: lascerebbero il servizio immediatamente oppure rimarrebbero dietro la cattedra sino alla fine dall’anno scolastico? Una soluzione, quest’ultima, che eviterebbe un piccolo “terremoto” didattico. Ma renderebbe ancora più amara la sconfitta per lo Stato, che sarebbe costretto a pagare indennizzi ancora più salati. Soprattutto se la decisione dell'Anief di rivolgersi alla Corte dei Conti dovesse essere presa anche dagli altri sindacati.

Fonte: Tecnica della Scuola

LE PROSPETTIVE - LA TECNICA DELLA SCUOLA

SPAZIO DI INFORMAZIONE SINDACALE PER I SOCI


SCARICA LULTIMO NUMERO

 

XXIV2012

 

 

 

In questo numero:

IL PUNTO

I RICORSI

Dimensionamento: per evitare il licenziamento i Dsga costretti a cambiare regione

Ricorso contro il blocco quinquennale della mobilità per il personale docente neo immesso in ruolo 

Scheda di rilevazione dati Ricorso Mobilità - Trasferimenti