È di pochissimi giorni fa la pubblicazione da parte del ministero dell’Istruzione degli oltre 23.000 trasferimenti del personale Ata che avranno effetto pratico a partire dal prossimo 1° settembre 2020. I numeri sono i seguenti: 20.163 i trasferimenti in ambito provinciale; 2.701 i trasferimenti interprovinciali; 229 i passaggi di profilo in ambito provinciale; 65 i passaggi di profilo interprovinciali. Nel mese di agosto sono previste le immissioni in ruolo, per la quali il sindacato chiede di prevedere un contingente pari al numero totale di posti vacanti e disponibili: il numero complessivo nazionale ha subito anche un leggero decremento.
Il Governo è costretto a correre ai ripari sulla carta del docente, il bonus da 500 euro destinato alla formazione e aggiornamento professionale degli insegnanti introdotta con la legge 107/2015: all’inaspettatocomma 9 dell’articolo 44 del decreto legge 36, approvato a fine aprile, prevede il taglio del bonus annuale con la riduzione, anche se non immediata, di alcuni milioni di euro che si andranno a decurtare dai 381,137 milioni annui destinati fino ad oggi al finanziamento della carta del docente, ha infatti “risposto” l’ordinanza della Corte di Giustizia Europea di alcuni giorni fa.
Continua ad essere deficitaria la normativa che regola l'assegnazione delle ore di sostegno agli alunni con disabilità: è una mancanza particolarmente grave perché, come rimarcato i giudici del Consiglio di Stato nel ricorso promosso da Anief sulla elaborazione del nuovo PEI, rischia di penalizzare il diritto allo studio degli allievi più bisognosi di attenzioni. Come è evidente la mancanza di docenti che affiancano gli alunni disabili senza essere in possesso del titolo: il bisogno di docenti specializzati è evidente. Anche alla luce di questo, dopo le prove preselettive per l'accesso ai nuovi 20 mila posti banditi del VII ciclo del TFA Sostegno, il sindacato Anief riapre i ricorsi per gli esclusi in virtù dell'errato numero programmato non corrispondente alle reali esigenze didattiche, come ha avuto modo di provare già in un ricorso vinto in tribunale per lo stesso motivo.
Ad oltre dieci anni la riforma pensionistica Monti-Fornero, il tema dell’uscita dal lavoro torna caldo e i partiti politici sembrano pronti a riaprire il dibattito, a partire da Quota 41 con la Lega vorrebbe fosse la risposta alla fine di Quota 102 dopo che anche Quota 100 (che prevedeva l’uscita a 62 anni di età con un minimo di 38 anni di contributi) è andata in pensione a fine 2021. Il problema è che Quota 41, come ha scritto ricordato Il Corriere della Sara, è oggi riservata ai lavoratori cosiddetti “precoci” e categorie tutelate (disoccupati, invalidi, chi fa assistenza a familiari disabili, lavori usuranti e gravosi). “Il problema di Quota 41- ha scritto in queste ore lo stesso quotidiano - si chiama “fondi”: nel 2021 l’Inps aveva stimato i costi dell’estensione a tutti di Quota 41 superiori ai 4 miliardi nel primo anno, per poi superare i 9 miliardi 10 anni dopo. Un’enormità”. Sullo stesso tema c’è la proposta, dell’ottobre scorso, del presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, che vorrebbe un anticipo intorno ai 63 anni per i lavoratori appartenenti al sistema misto, che avrebbero così la possibilità di accedere a una prestazione di importo pari alla quota contributiva maturata alla data della richiesta per poi avere la pensione completa al raggiungimento dell’età di vecchiaia. Intanto, si profila una possibilità che ha dell’incredibile: dopo il 2026 i 67 anni di uscita per andare in pensione di vecchiaia potrebbero salire.
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