Arriva in G.U. la Legge n. 56/2019, cosiddetta legge Concretezza, approvata il 19 giugno scorso, riguardante gli “Interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell'assenteismo”: nel comparto Scuola, il testo prevede, tra le altre cose, la videosorveglianza nei nidi e nelle scuole dell’infanzia, e anche la rilevazione delle presenze del personale Ata con moderni sistemi biometrici. L’iter di approvazione verso la conclusione.
Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief, la ministra Giulia Bongiorno si dovrà assumere la responsabilità di avere approvato una legge inutile che comporterà centinaia di milioni di euro iniziali, più altri per l’assistenza e la manutenzione dei dispositivi biometrici. Lo continuiamo a dire: si vogliono far passare i dipendenti della scuola come dei delinquenti. Senza dimenticare l’enorme problema di privacy che si verrà a determinare.
Ora si può dire con piena certezza: sulla regionalizzazione non c’è accordo. Nemmeno nel Governo. A creare maggiore disturbo alla realizzazione dell’autonomia differenziata, su cui la Lega punta forte, è il Movimento 5 Stelle: il dissidio è emerso, nella sua interezza, nell’ultimo confronto di Palazzo Chigi, svolto lunedì 8 luglio. Per i “grillini” non hanno motivo di esistere né le assunzioni dirette dei docenti né i concorsi regionali, perché, “il rischio è di recar danno alle Regioni istituendo scuole di serie A, B e C”. Anche perché, hanno giustamente ricordato, la Consulta si è già espressa negativamente.
Marcello Pacifico (Anief): “La posizione del M5S è ineccepibile. Certamente, qualora l’azione politica dei prossimi giorni dell’altro partito di Governo, la Lega, dovesse far venire meno l’attuale corretta opposizione, sarà il nostro sindacato a sollevare la questione di legittimità. Prima raccogliendo le firme per realizzare un referendum abrogativo, poi mettendo a disposizione dei presidenti delle regioni non coinvolte nel processo, se non come parte ‘lesa’, il nostro ufficio legale per impugnare la norma presso sempre la Corte Costituzionale. La quale sembra già avere le idee molto chiare”.
Negli ultimi quattro anni si sono spostati lungo la penisola 342.374 insegnanti; di questi, 57.580 sono andati in un’altra regione. Vale a dire il 16,8% per cento. Se si eccettua il 2016/17, quando il deflusso è stato maxi per effetto della mobilità obbligatoria prevista per tutti gli assunti della Buona Scuola, ogni volta ha cambiato scuola il 10% del corpo docente. A scriverlo è oggi Il Sole 24 Ore, che ha realizzato anche un approfondimento sull’ultimo biennio: qualche giorno fa, il Miur, con effetto 1° settembre 2019, ha accolto 63.997 domande di docenti sulle 115.534 complessive presentate, pari al 55%; l’anno prima le richieste accolte erano state 58mila su 129mila (il 45%). Inoltre, è un dato oggettivo, riportato anche dall’Invalsi, che i trasferimenti non comportano alcun “impatto negativo sugli apprendimenti degli studenti”.
Marcello Pacifico (Anief): Quindi, considerando che gli spostamenti riguardano appena il 10% del totale degli insegnanti, significa che il 90% dei docenti non si muove, e che il 98% dei docenti non cambia regione. Viene da sé che il tanto decantato spostamento di docenti che andrebbe ad inficiare la continuità didattica non ha alcun fondamento. Ma questo significa anche che non vi è alcun elemento oggettivo per introdurre né i vincoli di permanenza obbligatoria, già approvati dal Governo in carica, né le selezioni locali, con tanto di domicilio professionale obbligatorio per accedere ai nuovi concorsi a cattedra. Il progetto di legge leghista non solo, quindi, poggia su una base discriminante, con buone possibilità di sconfinare nell’incostituzionalità, ma è anche totalmente immotivato. È bene che questi risultati vengano quindi diffusi, anche arrivando sui banchi parlamentari dove si deciderà di approvare il disegno di legge sul nuovo reclutamento, che poi non è altro che ‘costola’ di quello generale sulla regionalizzazione sul quale proprio oggi è stato svolto l’ennesimo confronto in seno al Governo e che ora può contare anche sull’avallo del ministro dell’Istruzione.
A poche ore dal confronto tra i vertici del Governo che nelle intenzioni del Carroccio potrebbe risultare decisivo per l’approvazione dell’autonomia differenziata, il ministro dell’Istruzione leghista Marco Bussetti si dice convinto che “la scuola regionale si farà”, negando che ci sia stata una bocciatura su tutta la linea da parte del Movimento 5 Stelle e che il modello al quale guarda è quello del Trentino e della Valle d’Aosta. Intanto, però, dal M5S continuano ad arrivare bordate e si continua a dimenticare che proprio i tentativi trentini su questo ambito sono stati già bocciati dalla Consulta.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, il titolare del Miur sembra dimenticare che l'Italia è una Repubblica che garantisce il diritto allo studio su tutto il territorio nazionale e che un ministro, rispetto al già evidente attuale gap di alcune regioni, dovrebbe garantire organici differenziati e maggiori risorse a quei territori in difficoltà, piuttosto che creare le condizioni per privarli dei pochi fondi a disposizione. Eppure, in Italia nel 1870 si scelse un'unità politica e solidale del Paese e la scuola nonostante sia autonoma per Costituzione rimane e rimarrà sempre statale.