Il Miur non ha previsto alcuna immissione in ruolo per il personale ausiliario, fondamentale per la sorveglianza e pulizia delle scuole. Parte il ricorso Anief per stabilizzare i 40 mila collaboratori scolastici che svolgono lo stesso servizio dei 12 mila assunti dalle cooperative e che transiteranno nei posti accantonati dallo Stato.
Marcello Pacifico (Anief): Basta discriminare i lavoratori e aggirare il diritto dell'Unione. Adesioni entro il 30 giugno.
Nella pubblica amministrazione, il personale Ata della scuola continua ad essere considerato l’ultima ruota del carro: dopo avere previsto l’accantonamento di 12 mila posti, da destinare agli ex LSU e senza stabilizzare i precari dello Stato, la notizia della mancata immissione in ruolo dei collaboratori scolastici, l’inutile attesa per l’attivazione dei posti previste per legge come AS e C, coordinatori dei collaboratori scolastici, degli assistenti tecnici e amministrativi, ora arriva la doccia fredda dei tagli ingiustificati di amministrativi, tecnici e ausiliari. Solo a Biella si sono perse le tracce di 51 posti.
Ma a cosa sono dovuti, allora, i tagli sensibili in alcune province? “Probabilmente – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – a delle compensazioni. Le quali, tuttavia, vanno a scapito di realtà già in carenza di personale. L’ultima grande riduzione di posti, derivante dalla Legge 133 del 2008, ha fatto perdere alle scuole italiane decine di migliaia di posti come Ata. Proprio mentre, con la stessa legge sul ‘dimensionamento’, le scuole assumevano proporzioni maggiori, con un numero di sedi distaccate in perenne crescita. E negli anni quei posti non sono mai stati recuperati, anzi il calo è continuato. In queste condizioni, il personale Ata assegnato alle scuole diventa più che fondamentale, se non indispensabile, per il regolare svolgimento delle lezioni e delle incombenze organizzative. Diffidiamo l’amministrazione, centrale e periferica, a ridurre i posti di personale Ata”.
Si parla tantissimo di debito pubblico dell’Italia e della possibilità che a luglio la BCE possa intervenire con una multa farcita di tanti zeri: pochissimo, invece, si dice del fatto che Bruxelles chiede all’Italia di pagare di più gli insegnanti. «La produttività tendenzialmente stagnante dell’Italia – ha scritto l’UE nelle raccomandazioni inviate in questi giorni a Roma - è dovuta alle debolezze del sistema di istruzione e formazione e alla scarsità della domanda di competenze elevate. Migliorare, quindi, la qualità del sistema di istruzione e formazione rappresenta una sfida importante». L’Unione Europea non ha dubbi: in Italia servono «ulteriori sforzi per attirare, assumere e motivare maggiormente gli insegnanti.»
Secondo Marcello Pacifico, presidente del sindacato Anief, in Italia si continua a parlare di merito quando si fa fatica a recupere gli 8 punti di ritardo stipendiale rispetto all’inflazione, accumulati tra il 2007 e il 2015, proprio mentre i contratti dei privati assicuravano stipendi sopra il costo della vita. Di carriera, alla quale fa riferimento l’UE, da noi nemmeno se ne parla, quando sarebbe più che opportuno dare la possibilità a chi ha insegnato 20-25 anni di diventare tutor dei nuovi docenti, sganciandoli dalle lezioni frontali e mettendo a disposizione la propria esperienza verso chi si avvicina alla professione. Non siamo invece d’accordo con Bruxelles, invece, quando dice che i cittadini più qualificati non lavorano nella scuola: noi, che giriamo per gli istituti di tutta Italia per svolgere assemblee ed incontri sindacali, possiamo assicurare che nella scuola italiana operano persone molto preparate e valide, che fanno questa professione perché è nel loro Dna. Anche a costo di guadagnare meno.
Per attivare 20 mila nuovi posti previsti dalla normativa nei profili AS e C, coordinatori dei collaboratori scolastici, degli assistenti tecnici e amministrativi. Adesione entro il 30 giugno per rivendicare in organico di diritto l'attivazione dei posti per i profili AS "addetto ai servizi" e C.
L’Anief lo aveva detto il 1° gennaio scorso: il 2019 sarà l’anno dei concorsi e del nuovo reclutamento, ma non della fine del precariato. Ed esattamente così sta andando. Perché le procedure concorsuali avviate in questi mesi dal Miur sono state davvero male organizzate, esposte più che mai ai ricorsi e come al solito si preannunciano lente, se non a rischio annullamento, come quello per dirigenti scolastici finito nel mirino dei Tar e delle procure. Anche i concorsi in via di pubblicazione si prospettano su questa lunghezza d’onda. E malgrado questo, è un dato oggettivo che con l’inizio del nuovo anno scolastico, a settembre, ci ritroveremo con il nuovo record di supplenze annuali, le quali arriveranno non molto distanti dalla quota record di 200 mila contratti a tempo determinato, che corrispondono ad un docente italiano precarizzato ogni quattro. In questo panorama complicato, con la scuola, i suoi studenti e il personale che pagano colpe non loro, il ministro dell’Istruzione ha addirittura il coraggio di auto elogiarsi, sostenendo che durante l’anno di mandato a capo del Miur è stata inaugurata una “fondamentale stagione di concorsi” e che “nuovi bandi arriveranno entro l’estate”.
Marcello Pacifico (Anief): Le mancate soluzioni sul precariato sono costate care al Governo Renzi. E ora si potrebbe fare il bis, perché si organizzano procedure che immettono in ruolo solo un terzo dei precari con oltre 36 mesi, senza tenere conto del parere della Cassazione e della Corte costituzionale. L’unica ‘ricetta’ da adottare è riaprire il doppio canale di reclutamento, assieme alle GaE, in modo da assumere in ruolo tutti gli abilitati. Poi c’è la conferma da attuare dei contratti a tempo indeterminato stipulati con clausola rescissoria per chi ha superato l’anno di prova. Anche l’avvocato generale Szpunar della Curia europea si è detto d’accordo con la tesi della Commissione UE e del prof ricorrente Rossato. Attendiamo con fiducia gli esiti della sentenza C-331/17 Sciotto, della Corte di Giustizia Europea del 25 ottobre scorso: l’obiettivo è sempre la conversione automatica dei contratti da tempo determinato in indeterminato.