Per riconoscere il diritto del personale della scuola ad andare in pensione con le vecchie regole, se maturati i requisiti nel corso del 2012. In questa prima fase si è deciso di adire il giudice amministrativo, pur in presenza di circolari dell’INPS, del Ministero della FP, del Miur, riservandosi di adire il giudice del lavoro successivamente.
Il deposito dei ricorsi avverrà entro il prossimo 7 maggio. I ricorrenti che hanno aderito al ricorso riceveranno conferma a mezzo e-mail dell’avvenuto deposito.
Anief esprime la propria solidarietà alla manifestazione organizzata dal Comitato civico “Quota 96” che si è tenuta il 29 aprile a Roma per denunciare la situazione di migliaia di lavoratori della scuola, bloccati nel loro diritto ad andare in pensione da una riforma, quella del ministro Fornero, che non tiene conto delle specificità del nostro sistema scolastico.
Anief chiede ai parlamentari di presentare un’interrogazione urgente al ministro, visti i diversi aspetti oscuri. I corsi, infatti, potrebbero partire in deroga ai corsi ordinari per il conseguimento della specializzazione su sostegno, con un monte ore inferiore, un percorso differente e garantirebbero l’assegnazione su posto di sostegno prima ancora del conseguimento del titolo.
La convenzione, inoltre, è stata firmata con le Facoltà di Scienze della formazione primaria di sole cinque università, costringendo i corsisti, su base volontaria, a spostarsi anche in regioni lontane dai luoghi di servizio, mentre migliaia di insegnanti precari di sostegno, invece di essere stabilizzati dopo anni di onorato servizio svolto con la dovuta formazione, rimarrebbero irrimediabilmente disoccupati.
Anief, pertanto, ribadisce la necessità di improntare i corsi di riconversione su sostegno a criteri di massima serietà e impegno, al fine di garantire il diritto allo studio degli studenti disabili e la parità di trattamento con coloro che hanno conseguito la specializzazione attraverso i canali ordinari. Qualsiasi deroga a simili principi, come già affermato in precedenti occasioni, non potrebbe che essere ritenuta inaccettabile dal nostro sindacato.
Il Capo dipartimento per l’istruzione, Lucrezia Stellacci, ora non può fare altro che rivedere il decreto interministeriale del 29 marzo 2012 sulla determinazione degli organici del personale docente per l’anno scolastico 2012/13.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2032/2012, ha stabilito che il Ministero dell’Istruzione dovrà emanare entro 120 giorni degli appositi decreti per motivare la ripartizione squilibrata, sistematicamente a danno del Sud, degli organici dei docenti riguardanti gli ultimi tre anni: i giudici danno dunque ragione all’Anief, che da tempo sostiene la necessità di assegnare alle scuole un numero di insegnanti adeguato a sostenere la formazione delle nuove generazioni appartenenti a territori già fortemente provati da seri problemi sociali, economici ed occupazionali.
L’Anief, attraverso il suo Presidente, Marcello Pacifico, chiede “al Capo dipartimento per l’istruzione, Lucrezia Stellacci, sia alla luce della sentenza del Consiglio di Stato, sia dei ricorsi ancora pendenti presso il Tar del Lazio per la mancata immissione in ruolo di un congruo numero di docenti, come previsto dalle norme vigenti, di riformulare al più presto il decreto interministeriale del 29 marzo 2012 (Disposizioni sulla determinazione degli organici del personale docente per l’anno scolastico 2012/13), la cui ripartizione è stata realizzata ancora una volta a danno delle regioni del Sud senza alcuna motivata ragione”.
L’associazione sindacale ricorda anche che sul mantenimento delle cattedre vi era stato un preciso impegno da parte del Ministro dell’Istruzione: “Il Ministro Profumo – dichiara il Presidente dell’Anief – aveva dichiarato che non ci sarebbe stato alcun taglio. Mentre, in realtà, negli istituti del Centro-Sud è oggi prevista la cancellazione di più di 2mila posti. Tra le regioni più penalizzate c’è ancora una volta la Sicilia, dove in questi giorni si stanno peraltro verificando già molteplici disagi, a seguito dell’attuazione dei parametri del dimensionamento della rete scolastica con ripercussioni negative su studenti, famiglie e colleghi”.
Secondo l’Anief non è accettabile continuare ad insistere su una politica così fallimentare. “Questa situazione – sostiene Marcello Pacifico – diventa ancora più insostenibile se si pensa che gli investimenti per l’istruzione nella zona Ue e negli Stati Uniti, per volontà politica sono aumentati di quasi un punto percentuale. Mentre in Italia si continuano a registrare soltanto ulteriori tagli di risorse. I nostri politici devono capirlo: soltanto investendo sulla cultura si può rilanciare il paese. E non a parole, perché è giunto il momento dei fatti”.
Il Governo si arrampica sugli specchi per le pensioni del personale della scuola, mentre alcuni AT chiedono ai ricorrenti di ritirare la domanda presentata prima dell’approvazione della legge, per non soccombere. Anief chiede di ignorare tali richieste per ottenere giustizia dai tribunali della repubblica, dopo la risposta all’interrogazione.
È incredibile quanto riferito da alcuni ricorrenti, in merito all’invito ricevuto dall’ex-provveditorato di ritirare immediatamente la domanda presentata a suo tempo per andare in pensione, perché così possa essere cancellata ogni traccia del reato, di un diritto soggettivo acquisito su cui non può intervenire lo Stato - datore di lavoro, in corso d’opera. Ed è altamente squalificante la risposta del sottosegretario del Governo circa la richiamata equità intergenerazionale che nulla ha a che fare con l’entrata in servizio il 1 settembre per il personale della scuola.
Andremo fino in fondo sulla questione, perché tutti hanno diritto alla pensione.
Fornito il modello di domanda cartacea per il personale della scuola per far riconoscere i requisiti maturati entro il 31.12.2012: 40 anni di contributi, quota 96, vecchiaia (65 anni di età per gli uomini e 61 anni per le donne con 20 anni contributi o 15 anni ante 1992), 57 età e 35 contributi per le sole donne. Da notificare, entro il 30 marzo 2012, all’amministrazione per andare in pensione con le vecchie regole. Per ricorrere al Tar Lazio, chiedi le istruzioni a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Scadenza: 9 aprile.
In assenza di una risposta positiva del Miur alla diffida inviata dall’Anief per conto dei propri associati nei giorni scorsi, il sindacato ha deciso di mettere a disposizione del personale della scuola il modello sostitutivo di domanda cartacea da compilare al posto di quello telematico, e di inviare le istruzioni operative per impugnare preliminarmente al Tar Lazio il D. M. n. 22 del 12 marzo, la circolare Miur n. 23 del 12 marzo, la circolare Funzione Pubblica n. 2 dell’8 marzo, le circolari Inps nn. 35 e 37 del 14 marzo; ed eventualmente proseguire i ricorsi al Giudice del Lavoro.
Il D. M. n. 22 del 12 marzo 2012, infatti, fissa al 30 marzo il termine ultimo per la presentazione delle domande di collocamento a riposo, indipendentemente dalla modalità di trasmissione che la circolare n. 23, prot. n. AOODGPER 1814, individua nel sistema web Polis “Istanza on-line”.
Senza presentare una domanda di pensionamento non è possibile dimostrare l’interesse ad andare in pensione.
Per questa ragione è stato fornito, nel rispetto della normativa vigente, un modello di domanda cartacea, da trasmettere per Raccomandata a/r entro il 30 marzo agli indirizzi indicati, per permettere di dichiarare i requisiti vantati dal personale della scuola che matura entro il 31 dicembre 2012 il diritto ad andare in pensione con le vecchie regole, avendo raggiunto:
·la quota 96 (art. 1, c. 6, lettera c, L. 243/2004 novellata dalla L. 247/2007);
·i 40 anni di contributi complessivamente versati;
·i 65 anni di età per gli uomini e 61 anni di età per donne con almeno 20 anni di contributi o 15 anni se anteriormente maturati al 1992 (art. 2, c. 3, lettera c), d.lgs. n. 503/1992);
·i 57 anni di età e i 35 anni di contributi se donne (art. 1, c. 9, L. 243/04).
È stato fornito, altresì, un modello di dichiarazione cartacea per il personale scolastico femminile che compie i 57 anni di età e i 35 anni di contributi (art. 1, c. 9, L. 243/04) entro il 31 dicembre 2011 ma si vuole avvalere della quota 96 (art. 1, c. 6, lettera c, L. 243/2004 novellata dalla L. 247/2007) o dei 40 anni di contributi complessivamente versati, maturati entro il 31 dicembre 2012.
Il personale scolastico femminile che compie i 57 anni di età e i 35 anni di contributi (art. 1, c. 9, L. 243/04) entro il 31 dicembre 2012 può ricorrere per andare in pensione dal 1 settembre 2012.
Istruzioni
Per aderire al ricorso al Tar Lazio, bisogna essere iscritti all’Anief e richiedere le istruzioni operative a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.. Il termine per l’invio ad Anief per posta Raccomandata 1 del plico di adesione con tutta la documentazione che sarà richiesta in risposta alla e-mail ricevuta, è fissato per il 9 aprile 2012.
Per aderire al ricorso al Tar Lazio è necessario inviare entro il 30 marzo 2012 all’amministrazione la domanda cartacea di pensionamento. Si ricorda che è importante conservarne una copia che deve essere prodotta per la notifica del ricorso sia al Tar che al Giudice del Lavoro.
Il costo del ricorso al Tar Lazio (discussione della sospensione delle circolari citate, richiesta di remissione della norma alla Consulta, accettazione della domanda di cessazione del servizio per i requisiti maturati e dichiarati nella domanda), non supera i 150 euro, ivi incluso il costo del contributo unificato che sarà pagato dall’Anief.
Il ricorso potrebbe iniziare e concludersi direttamente al Tar Lazio qualora il tribunale riconosca il carattere tributario della norma e/o i diritti reclamati e/o ancora rinvii alla Corte costituzionale la norma o chieda una lettura costituzionalmente orientata della stessa. A seconda delle decisioni dei Giudici amministrativi, sarà valutata l’opportunità di continuare i ricorsi al Giudice del Lavoro. Tali successivi ricorsi possono essere presentati in qualunque momento senza alcun termine di prescrizione, non avranno ulteriori spese di istruzione pratica (che saranno, dunque, a carico dell’Anief), al netto del pagamento del contributo unificato nominale.
Motivazioni
È evidente, infatti, che se l’art. 24, c. 3 della legge n. 214 del 22 dicembre 2011 ha fatto salvo il diritto ad andare in pensione con le vecchie regole per il dipendente pubblico che aveva maturato i requisiti per l’accesso al pensionamento vigenti nell’anno d’entrata in vigore del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201 (sia per età, sia per anzianità contributiva di 40 anni indipendentemente dall’età, sia per somma dei requisiti di anzianità contributiva ed età – cosiddetta quota), al fine di non toccare diritti acquisiti, la data scelta del 31 dicembre 2011 non può essere presa in considerazione per il personale della scuola che aveva iniziato il suo servizio il 1 settembre 2011, ritenendo che fosse l’ultimo anno di servizio -nel quale avrebbe raggiunto alla data, già normata, del 31/12/2012, i requisiti previsti: sia di anzianità, sia d'età e sia di quota - per maturare il diritto e l'accesso alla pensione, che nel recente passato per diverse volte è stato spostato, anticipando però la notizia di tre/quattro/cinque anni, non destando doglianze e danno come quest'anno.
Non è un caso se tutta la legislazione previgente, pur modificando in pejus i criteri di pensionamento dei lavoratori pubblici e privati, ha sempre permesso al personale della scuola una finestra speciale per maturare i diritti per andare in pensione dal 1 settembre successivo, facendo riferimento ai contributi da versare fino al 31 agosto successivo, indipendentemente dall’età anagrafica da maturare anche al 31 dicembre seguente (art. 509, d.lgs. 297/1994; art. 59, c. 9, L. 449/1997; art. 1, c. 6, lettera c, L. 243/2004 come modificata dal comma 3, art. 2, L. 247/2007; art. 1, c. 21 L. 148/2011).
Né può essere previsto il differimento del pensionamento al 1 settembre 2013 per il personale della scuola - donne - che matura il requisito di 57 di età e 35 di contributi a partire dal 1 gennaio 2012, per una presunta applicazione dell’art. 1, c. 21 della L. 148/2011, che è stato disapplicato dall’art. 24, commi 5 della legge n. 214 del 22 dicembre 2011 per il restante personale che matura i nuovi requisiti nel 2012.
Il ricorso mira a dichiarare come illegittima per eccesso di potere (assoluta illogicità e irrazionalità, ingiustizia manifesta, errata valutazione dei presupposti, difetto di motivazione, omessa ponderazione di interessi rilevanti, sviamento, contraddittorietà intrinseca ed estrinseca) la diversa lettura fornita dall’Inps, dal Miur, da DFP della norma evidentemente tributaria introdotta dal legislatore (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici. Capo IV. Riduzioni di spesa. Pensioni) laddove riconosce come perentoria anche per il personale della scuola la data del 31 dicembre 2011 per andare in pensione con le vecchie regole, e/o in subordine la remissione alla Consulta per non manifestamente infondata questione della illegittimità costituzionale dell’art. 24, c. 3 della legge 214/2011 e dell’art. 1, c. 21 della L. 148/2011 per violazione degli articoli 3, 42, 43, 53, 97 (violazione del principio d’uguaglianza, della parità di trattamento, di ragionevolezza legislativa, dell’universalità, uniformità e perequazione dell’imposizione, del giusto procedimento e del buon andamento) o una sua lettura costituzionalmente orientata.
Diverse, d’altronde, sono le ordinanze della Consulta che tutelano situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti di fronte all’irragionevole intervento del legislatore (nn. 416/1999, 393/2000, 327/2001, 446/2002, 264/2005, 282/2005). La norma, in poche parole, interviene nel privare i lavoratori della scuola di un trattamento economico acquisito sotto la sfera di diritto soggettivo, considerato che avevano iniziato l’anno di servizio come l’ultimo della carriera, alterando la durata del rapporto di lavoro e la stabilità anche economica su cui si fondano aspettative, progettualità e investimenti; e nel differire la pensione, tradisce il patto siglato dallo Stato-datore di lavoro con il cittadino-lavoratore dipendente che esige la giusta remunerazione di una vita di lavoro.