La Retribuzione professionale docenti – pari a 174,50 euro al mese - va assegnata a tutti gli insegnanti: quelli precari, come quelli di ruolo. Pagarla solo a chi è stato assunto a tempo indeterminato è un atto illegittimo che il giudice contrasta con sentenze di tenere opposto. Così è accaduto anche a Catania, dove il Tribunale del Lavoro, seconda Sezione Civile, ha restituito ad una docente “1677,87 euro oltre accessori, come per legge” e condannato il ministero dell’Istruzione “al pagamento delle spese processuali, in favore della parte ricorrente, che si liquidano in €.981 per compensi, oltre IVA e CPA, rimborso forfettario al 15%”.
Il servizio del precario vale pienamente ai fini degli scatti stipendiali e dell’anzianità di servizio da calcolare all’interno della ricostruzione di carriera e se si è svolto anche un giorno di supplenza prima del 2011 dà titolo a recuperare l’avanzamento di livello del terzo anno oggi cancellato: lo ha stabilito anche il Tribunale ordinario di Firenze, sezione Lavoro, nell’accogliere la richiesta di una docente che aveva prestato servizio “in favore dell’amministrazione resistente, in forza di plurimi contratti a tempo determinato, dall’a.s. 2004/2005 all’a.s. 2018/2019”. Superando anche “la clausola di salvaguardia prevista dal C.C.N.L del 19 luglio 2011 in favore dei soli docenti assunti con contratto a tempo indeterminato in servizio al primo settembre del 2010”, il giudice ha anche restituito all’insegnante lo “scatto” del terzo anno di carriera cancellato per coloro che non hanno avuto rapporti di lavoro con l’amministrazione (anche da precari) prima del 2011. Come differenza, alla docente sono stati anche assegnati “1.903,85 euro oltre interessi legali dalla data di maturazione delle singole somme al saldo”.
Con la sentenza del Consiglio di Stato che, di fatto, annulla la precedente sentenza del TAR Lazio esprimendosi solo sull'aspetto formale per cui il TAR Lazio aveva annullato l'intero decreto interministeriale n. 182/2020, appare evidente che ora sia necessario un intervento “a valle” della procedura e, quindi, come chiarito dallo stesso Consiglio di Stato, “attraverso la mediazione di un provvedimento applicativo, che renda attuale l’eventuale pregiudizio, radicando l’interesse alla reazione in sede giurisdizionale”. Marcello Pacifico (Anief): “Il Consiglio di Stato non si esprime sui gravi motivi per cui il TAR aveva ritenuto illegittimo il Decreto in quanto lesivo degli interessi degli alunni con disabilità, ma rimanda ai singoli provvedimenti attuativi dello stesso per la valutazione della sua illegittimità, dunque come sindacato non ci tireremo indietro e con la nostra iniziativa “Sostegno: non un'ora di meno!” tuteleremo tutte le famiglie con azioni legali mirate e gratuite”.
A un insegnante che svolge dei periodi di supplenza con il titolo idoneo all’insegnamento va corrisposto il punteggio pieno e ciò a prescindere dalla graduatoria di appartenenza: lo ha stabilito il Tribunale di Venezia, sezione per le controversie di Lavoro, che ha accolto la tesi dei legali Anief e cancellato la decurtazione di 22 e 11 punti sottratti illegittimamente a un ITP, insegnante tecnico pratico, il punteggio di servizio maturato negli anni scolastici 2017/2018 e 2018/19 a seguito dell’esito di sentenze che lo ricollocavano, a seconda dell’esito, in diverse fasce d’Istituto. La decisione del Consiglio di Stato di inserire il docente in terza fascia non avrebbe dovuto infatti penalizzare lo stesso ITP.
Anche il precario della scuola ha diritto a percepire gli scatti di anzianità: non può essere fermo per anni, se non per decenni, sempre allo stipendio base. L’indicazione arriva dal tribunale di Modena, sezione Lavoro, che nell’esaminare un ricorso prodotto nel giugno 2020 dai legali operanti per Anief in difesa di una “docente abilitata della scuola primaria, ancora precaria”, ha esaminato il caso per giungere al riconoscimento degli anni di precariato dal 2015 e quindi il “riconoscimento della medesima progressione stipendiale prevista per i dipendenti a tempo indeterminato dai c.c.n.l. succedutisi nel tempo, in relazione ai servizi non di ruolo prestati, con applicazione della clausola di salvaguardia di cui al CCNL del 4 agosto del 2011”; inoltre, il giudice del lavoro ha condannato “il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca a corrispondere a favore della ricorrente le differenze retributive dovute sulla base del calcolo dell’anzianità di servizio che sarebbe maturata in costanza dei rapporti di lavoro a termine allo stesso modo di quella riconosciuta, in relazione ai medesimi periodi, al corrispondente personale di ruolo” e che sono state “maturate dal giorno 26.11.2015 sino al 30.06.2020, oltre interessi legali o, se maggiore, rivalutazione monetaria, ai sensi dell’art. 22 comma 36 l.n.724/1994, relativo ai crediti dei pubblici dipendenti, dalla data di maturazione di ciascun incremento retributivo fino al saldo”; infine, è stata condannato “l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite, liquidate in € 3513,00 per compensi oltre rimb. forf., IVA e CPA, da distrarsi ex art. 93 c.p.c.”.