Il precario della scuola che termina la supplenza deve vedersi pagati, a parte, i giorni di ferie non goduti: fa male l’amministrazione a considerarle assegnate “d’ufficio”. A ricordarlo, con tanto di condanna del Ministero dell’Istruzione e del Merito, è stato il giudice del lavoro di Trapani, nel risarcire una docente non di ruolo con quasi oltre 2.100 euro per decine di “giorni di ferie non fruiti al momento della cessazione del rapporto”.
I docenti di sostegno di ruolo interessati al trasferimento su disciplina, nelle procedure di mobilità 2024/25, possono presentare domanda valutando anche l’anno scolastico in corso. La sottolineatura, fondamentale per coloro che devono superare il vincolo quinquennale, è oggi esplicitata dalla rivista specializzata Orizzonte Scuola ricordando che lo prevede il Contratto collettivo nazionale di lavoro: il comma 8 del succitato art.23 riporta che “ai fini del computo del quinquennio (che include l’eventuale anno di decorrenza giuridica derivante dall’applicazione dell’art. 1, comma 4–bis del decreto-legge n. 255, del 3 luglio 2001, convertito in legge n. 333 del 20 agosto, è calcolato l’anno scolastico in corso”.
La decisione del legislatore di assegnare la Carta del docente solo al personale di ruolo è errata e discriminante. Lo ha ricordato anche il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1842 del 16/3/2022, evidenziando il contrasto “con l’esigenza del sistema scolastico di far sì che sia tutto il personale docente (e non certo esclusivamente quello di ruolo) a poter conseguire un livello adeguato di aggiornamento professionale e di formazione, affinché sia garantita la qualità dell’insegnamento complessivo fornito agli studenti” corrispondente al canone di buona amministrazione”. A ricordarlo è stato pochi giorni fa il tribunale del lavoro di Udine, che nell’accogliere il ricorso presentato dai legali Anief ha condannato il Ministero dell’Istruzione e del Merito a risarcire con 2.000, più accessori di legge, una insegnante precaria che per quattro anni si è dovuto aggiornare professionalmente a proprie spese. Sempre il giudice del lavoro ha osservato che gli artt. 63 e 64 del CCNL di riferimento “pongono a carico dell’Amministrazione l’obbligo di fornire a tutto il personale docente, senza alcuna distinzione tra docenti a tempo indeterminato e a tempo determinato, “strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in servizio”.
Cresce il contenzioso nella scuola. E crescono i numeri dei docenti e Ata che ottengono giustizia, con sempre più cospicui risarcimenti: nel mese di febbraio, Anief ha fatto toccare un nuovo record permettendo il risarcimento di migliaia di lavoratori della scuola per un totale di 1.434.450,73 recuperati. Se si somma la quota di risarcimenti prodotti dai tribunali del lavoro a gennaio, nei primi due mesi del 2024 il totale di somme recuperato a favore del personale scolastico che ha aderito ai ricorsi prodotti dall’Anief supera i 2 milioni e mezzo di euro.
I diritti non cambiano da lavoratore a lavoratore. Anche nella scuola, dove i docenti precari sono equiparati agli insegnanti di ruolo. Anche per acquisire la Carta del docente. Lo ha ribadito il tribunale di Trieste accordando le richieste dei legali operanti per il sindacato Anief, in difesa di un insegnante che per tre anni ha svolto delle supplenze annuali senza ricevere i 1.500 euro che invece i colleghi già stabilizzati hanno acquisito per formarsi e aggiornarsi. Il giudice del lavoro ha approfondito la questione scoprendo che, come osservato dalla Corte di Giustizia europea, in risposta alla causa C-450/2021, “la formazione dei docenti, senza distinzione di categorie, è obbligatoria, permanente e strutturale” ed “essendo i docenti a tempo determinato comparabili a quelli a tempo indeterminato dal punto di vista della tipologia di attività e di competenza professionale richiesta, non ricorrono ragioni oggettive che giustifichino la differenza di trattamento rispetto al riconoscimento della carta docente”.