Tutto il periodo di precariato contribuisce alla formazione degli scatti di anzianità: dopo la Corte di Appello di Catanzaro, a pensarla così è anche la Sezione Lavoro del Tribunale ordinario di Parma, che nell’esaminare il ricorso presentato da una docente della scuola secondaria di secondo grado entrata in ruolo nel settembre 2012 ha ritenuto corretto assegnarle quasi 3.000 euro più interessi per la mancata piena considerazione del servizio pre-ruolo, “in virtù di reiterati contratti a tempo determinato” sottoscritti a partire dall’anno scolastico 2004/2005, ritenuti quindi utili in toto sia ai fini della ricostruzione di carriera sia per l’immediata collocazione stipendiale più alta.
Marcello Pacifico, presidente del sindacato Anief, ricorda che “recuperare le somme e gli scatti stipendiali sottratti ha più lati positivi: incide quasi sempre sullo stipendio mensile, aumenta il gettito previdenziale e fa avere al docente o Ata che presenta ricorso delle cifre di indennizzo quasi sempre di tutto rispetto. Invitiamo i tanti lavoratori della scuola che hanno svolto periodi di precariato a verificare la loro posizione utilizzando il calcolatore gratuito on line messo a disposizione da Anief. In questo modo potranno valutare se è il caso o meno di ricorrere in tribunale con i nostri legali, così da vedersi riconosciuto il diritto all'integrale ricostruzione di carriera, al risarcimento e l’immediato inquadramento su fascia stipendiale maggiore”.
Nell’esaminare il ricorso della docente, il giudice del tribunale di Parma ha fatto osservare che “il CCNL del 4.08.2011 del comparto scuola si pone in contrasto con la richiamata normativa comunitaria, in quanto la c.d. clausola di salvaguardia inserita nell’art. 2, comma 2 del suddetto accordo contrattuale, stabilisce testualmente che: “Il personale già in servizio a tempo indeterminato alla data del 1.9.2010, inserito o che abbia maturato il diritto all’inserimento nella pre- esistente fascia stipendiale “3-8 anni”, conserva “ad personam” il maggior valore stipendiale in godimento, fino al conseguimento della fascia retributiva “9 - 14 anni””.
Nella sentenza viene anche ricordato che “la clausola 4 dell’Accordo Quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE, così dispone: “per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive”; per il punto 4 della medesima clausola, in particolare: “i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi, sia per i lavoratori a tempo determinato, sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”.
Inoltre, scrive ancora il giudice che “nell’ordinamento italiano, il principio di non discriminazione è stato recepito, per il lavoro privato, nell’art. 6 del D.Lgs. n. 368 del 2001 che così recita: “al prestatore di lavoro con contratto a tempo determinato spettano le ferie e la gratifica natalizia o la tredicesima mensilità, il trattamento di fine rapporto e ogni altro trattamento in atto nell’impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva, e in proporzione al periodo lavorativo prestato sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine”.
E “sempre in base all’articolo 6 del D.Lgs. n. 368 del 2001 ha specificato, ha scritto ancora il giudice, va considerata “oltre all’elencazione positiva di alcuni istituti contrattuali (ferie, gratifica natalizia o tredicesima, TFR) che devono essere riconosciuti anche ai lavoratori a tempo determinato, pena la violazione del principio comunitario di non discriminazione, una clausola generale che estende ai lavoratori a tempo determinato “ogni altro trattamento in atto nell’impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili””. secondo la CGUE, la nozione di “condizioni d'impiego” di cui alla clausola 4 punto 1 dell’Accordo Quadro “dev’essere interpretata nel senso che essa può servire da fondamento ad una pretesa ... che mira ad attribuire ad un lavoratore a tempo determinato scatti di anzianità che l’ordinamento interno riserva ai soli lavoratori a tempo indeterminato”. Pertanto, “ne discende, applicando i principi affermati dal diritto sovranazionale, che, in assenza di giustificazioni obiettive nell’accezione precisata, il carattere temporaneo del rapporto di lavoro di taluni dipendenti pubblici non può costituire, di per sé, una ragione oggettiva per legittimare una disparità di trattamento tra posizioni di fatto comparabili (sent. 8.9.2011, C-177/10, Rosado Santana), poiché, così argomentando, il principio di non discriminazione sarebbe privato di qualsiasi contenuto”.
In conclusione, “considerando che alla ricorrente non è stata riconosciuta la fascia stipendiale 3-8 dal 1.09.2012 sino al 1.01.2018, ne discende che le differenze retributive maturate dalla docente ammontano ad € 2.970,03 (€ 99,01 dal mese di luglio 2015 al 01.01.2018), così come risulta dai conteggi in atti depositati dalla difesa della parte ricorrente, che appaiono immuni da vizi logici e errori di calcolo. Per l’effetto, il Ministero convenuto, in persona del Ministro pro-tempore, va condannato: a) a procedere ad una nuova ricostruzione della carriera della ricorrente, applicando la clausola di salvaguardia di cui all’art. 2, co. 2 del CCNL Scuola 4 agosto 2011, tenendo conto dei criteri di inquadramento e del sistema delle fasce stipendiali previsti per il personale a tempo indeterminato immesso in ruolo prima del settembre 2010; b) a collocare la prof.ssa nel livello stipendiale corrispondente all’anzianità di servizio maturata e utilmente valutabile; c) e per l’effetto, a corrispondere in suo favore la somma di cui innanzi”. Infine, si “condanna il MIUR, in persona del ministro pro tempore, a rimborsare alla ricorrente le spese processuali liquidate in complessivi Euro 4.000,00, oltre IVA e CPA e spese generali come per legge, con distrazione in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari”.
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