Solo nove mesi fa, il premier annunciava l’intenzione di assumere 148.100 precari per dare una risposta “alla direttiva 1999/70/CE, relativa al lavoro a tempo determinato, che è finita davanti al giudice comunitario”. Oggi è scomparso qualsiasi riferimento all’Europa, alla procedura d’infrazione ancora in corso e alla possibile sentenza di condanna della Corte di Giustizia europea. Improvvisamente, per il Presidente del Consiglio “le assunzioni hanno senso solo se cambiamo la scuola, se c'è un nuovo modello organizzativo”, perché “investire sui docenti serve a migliorare la qualità educativa per i nostri figli, non ad accontentare qualcuno”.
Marcello Pacifico (presidente Anief): i precari della scuola non possono essere stabilizzati secondo i desideri della maggioranza, con le chiamate dirette o le premiazioni clientelari: vorrà dire che ce ne faremo una ragione, con decine e decine di migliaia di docenti regolarmente abilitati e con più di 36 mesi di servizio svolto che saranno comunque assunti per ordine del giudice. Per questo motivo citeremo la Presidenza del Consiglio dei ministri al tribunale civile di Roma.
L’incoerenza del Governo sui precari è figlia delle contraddizioni del premier sulle tante promesse mai mantenute per stabilizzarli. Non si comprende ancora perché le 148.100 mila assunzioni, annunciate il 3 settembre scorso, che prevedevano lo svuotamento delle GaE e l’assunzione degli idonei nei concorsi, si siano ridotte di un terzo le prime e posticipate nel tempo le seconde: di quel che era incluso nel capitolo 1.5 (pag. 15/136) delle linee guida sulla “Buona Scuola” presentato dallo stesso Esecutivo in carica, non c’è infatti traccia nel testo di riforma oggi in discussione al Senato. Ma è scomparso anche qualsiasi riferimento all’Unione europea, alla procedura d’infrazione ancora in corso e alla possibile – poi avveratasi – sentenza di condanna della Corte di Giustizia europea (pag. 36/136) per l’infrazione sistematica della “direttiva 1999/70/CE, relativa al lavoro a tempo determinato, che è finita davanti al giudice comunitario” (così riportavano le linee guida governative). Anche il titolo di quel capitolo, scritto nove mesi fa, era più che esplicativo: “Un segnale forte per l’Europa, se anche la corte di giustizia si interessa dei docenti italiani”.
Ora, però, per comprendere quanto il Governo abbia rinnegato se stesso, basta leggere l’ultima lettera inviata on line dal premier ai suoi iscritti, con lo scopo di portare in porto la riforma senza emendamenti sostanziali e confermare che se non passerà il ddl salteranno anche le assunzioni: “non siamo noi che vogliamo fermarci, ma le assunzioni hanno senso solo se cambiamo la scuola, se c'è un nuovo modello organizzativo”, scrive il premier nel capitolo 8 delle sue E-news. Poi aggiunge: “Investire sui docenti serve a migliorare la qualità educativa per i nostri figli, non ad accontentare qualcuno”.
Non è affatto lo stesso concetto espresso nello scorso settembre sulle stesse assunzioni, quando nel video sul “patto educativo” di presentazione della “Buona Scuola”, il premier auspicava di cancellare la ‘supplentite’ e di finirla con questa piaga tutta italiana dei precari chiamati per decenni. Quel che dice oggi Renzi sulle assunzioni non è nemmeno compatibile con quanto scritto nero su bianco, a pagina 36 e 37 delle linee guida del 3 settembre 2014, in particolare quando afferma di volere “chiudere i conti con il passato, mettendo fine al precariato italiano nella scuola italiana” e che è quindi giunto il momento di “dare una risposta alle aspettative di quasi 200mila aspiranti docenti”. Ma soprattutto il Presidente del Consiglio contraddice se stesso rispetto a quando, poco mesi fa, sosteneva che “il sistema attuale non prevede alcuna misura per prevenire e sanzionare il ricorso abusivo alla successione di contratti a tempo determinato nel settore scolastico” e che quindi è giunto il momento di adeguarci per “rispondere in maniera più che efficacie al richiamo che ci arriva dall’Europa”.
Verba volant, scripta manent: le parole volano, gli scritti rimangono. Da allora, Anief ha vinto la sua scommessa e ha ottenuto la sentenza “Mascolo” della Corte di Giustizia europea, il 26 novembre 2014. Che ha inchiodato l’Italia alle sue manchevolezze rispetto ai precari della scuola e di tutta la pubblica amministrazione. Adesso, però, è terminato il tempo di questa politica: il Governo deve rispettare le norme comunitarie, senza porre alcun ricatto al Parlamento. In caso contrario non vi sarà altro epilogo che soccombere nei tribunali.
“I precari della scuola – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief, segretario organizzativo Confedir e confederale Cisal - non possono essere stabilizzati secondo i desideri della maggioranza, attraverso le chiamate dirette o le premiazioni clientelari: vorrà dire che ce ne faremo una ragione, con decine e decine di migliaia di docenti regolarmente abilitati e con più di 36 mesi di servizio svolto che saranno comunque assunti per ordine del giudice. Per questo motivo citeremo la Presidenza del Consiglio dei ministri al tribunale civile di Roma. Solo che questa volta non dovranno pagare i cittadini, ma tutti i politici e parlamentari favorevoli a una riforma ingiusta e sempre più incostituzionale”.
Per approfondimenti:
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Buona Scuola – Assunzioni precari, Governo ci ripensi: meglio un decreto legge
DDL BUONA SCUOLA – Anief presenta 90 emendamenti: il Governo è riuscito a mettere tutti contro tutti
Ddl scuola, vertice a palazzo Chigi. Trattativa a oltranza oppure fiducia (Corriere della Sera del 19 giugno 2015)
DDL SCUOLA – Si va verso la fiducia al Senato. Anief: nessun ricatto sulle assunzioni dei precari