Precariato

Quando dice che è contraria alla loro ‘stabilizzazione come pacchetto totale’ vuole continuare a sbagliare come ha fatto chi l’ha preceduta a Viale Trastevere dal 1999 ad oggi. Anche perché precarizzare il lavoro non paga, ma fa spendere di più. Cresce l’attesa per la decisione dei giudici di Lussemburgo.

Sulla stabilizzazione del precariato scolastico il Ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, è indietro di almeno 15 anni: dovrebbe aggiornarsi, perché negare a priori la possibilità a 160 mila docenti e Ata precari di essere assunti in blocco significa continuare a respingere la direttiva comunitaria 1999/70/CE, introdotta proprio per combattere l’abuso di precariato generato dall’insensato tentativo di ridurre le spese per l’istruzione pubblica e salvaguardare il bilancio dello Stato sulla pelle delle giovani generazioni.

“Forse a Giannini non è stato spiegato – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir - che se l’Italia si trova in questa situazione, con un numero spropositato di supplenti, è proprio perché i ministri che l’hanno preceduta hanno fatto prevalere le logiche del risparmio e dello sfruttamento dei docenti precari. Quando Giannini dice che ‘non sarà percorsa la strada della stabilizzazione come pacchetto totale’ esprime un giudizio ormai del tutto superato dagli eventi. Tra alcuni giorni, il 27 marzo, la Corte di Giustizia europea di Lussemburgo discuterà proprio le ordinanze sollevate dal giudice del lavoro di Napoli e dal Giudice della Leggi sulla compatibilità del diritto interno e sulla legittimità dell’intervento derogatorio nei confronti del personale della scuola”.

Se la posizione dei giudici di Lussemburgo dovesse essere favorevole ai ricorrenti, per i precari della scuola italiana con almeno tre anni di supplenze si aprirebbero quindi le porte dell’assunzione in ruolo. Sconfessando quindi quanto incautamente affermato nelle ultime ore dal Ministro dell’Istruzione, che continua a parlare di immissioni in ruolo graduali. Anche perché i supposti vantaggi economici per lo Stato italiano sono stati negati dai fatti. Uno studio Anief ha rilevato un aumento del 67%, 380 milioni di euro, delle spese per il personale a contratto a tempo determinato, nonostante la riduzione di 100.000 posti in organico di fatto dal 2007. Precarizzare il lavoro non paga, ma fa spendere di più.

“Il sindacato – continua Pacifico – ha già scovato 125.000 posti vacanti e disponibili dal 1° settembre 2014, che di fatto svuoterebbero i due terzi delle attuali graduatorie ad esaurimento. A questo punto, a graduatorie esaurite, si aprirebbe la prospettiva, a copertura totale annuale del turn over, dell’immissione in ruolo anche dei 150mila docenti rimasti fuori dalle graduatorie ma con un titolo abilitante riconosciuto dallo Stato (TFA, PAS, Estero o Italia) e con un concorso a cattedra superato (DDG 82/2012). Per loro, basterebbe prevedere una IV fascia – terzo scaglione alle attuali graduatorie divise in due scaglioni – I-III fascia, così da assumerli ed evitare nuove procedure d’infrazione”.

Anief, infine, respinge con forza qualsiasi tipo di reclutamento che non preveda più l’accesso all’insegnamento tramite concorsi pubblici. Auspicare la chiamata diretta dei docenti da parte dei dirigenti scolastici, come ha fatto di recente più di qualche politico, significherebbe inoltre affidare questo delicato compito ad una categoria, i responsabili d’istituto, che sta vivendo mesi di profonda difficoltà, anche a seguito della tormentata vicenda del concorso bandito nel 2011 e che in diverse regioni non ha ancora visto la conclusione.

“Oggi i nostri insegnanti sono scelti sulla base del merito, delle selezioni svolte, oltre che tenendo conto dei titoli di studio conseguiti, delle abilitazioni e delle specializzazioni. Sul reclutamento non abbiamo bisogno di colpi di mano, ma solo di adeguarci a quello che la Commissione Europea – conclude il sindacalista Anief-Confedir – ha detto chiaro e tondo ormai tre lustri fa”.

Per approfondimenti:

Il Parlamento inizia a discutere la mozione Chimienti (M5S) sulla stabilizzazione dei precari

Anief chiede al Governo un piano straordinario di 125.000 immissioni in ruolo nel 2014

27 marzo 2014: la Corte di Giustizia Europea deciderà la sorte dei 300.000 precari della scuola

 

50.000 docenti nel curriculare, 50.000 docenti di sostegno e 25.000 ATA. Così si adempie alla direttiva comunitaria e si svuotano subito le graduatorie ad esaurimento. Tutti i nuovi docenti abilitati potrebbero essere inseriti in una IV fascia dopo il nuovo concorso, come nel 1999. Graduatorie uniche nazionali a tutti i livelli, anche d’istituto e per il personale ATA, con assegnazione incarichi per via telematica. Ecco la ricetta del sindacato in attesa della sentenza della Corte di giustizia europea del 27 marzo per risolvere il problema del precariato e soddisfare le attese di altri 150.000 docenti rimasti fuori dalle graduatorie ma abilitati alla professione.

Per sfuggire alla condanna della UE e abbattere i costi dei contratti a tempo determinato, lievitati del 67% rispetto al 2007. I posti vacanti e disponibili ci sono e si ridurrebbero di 2/3 le GaE che, comunque, dovrebbero consentire il trasferimento dei punteggi, prevedere una graduatoria telematica unica nazionale, estesa anche alle graduatorie d’istituto e alle graduatorie ATA 24 mesi, l’inserimento in IV fascia di tutti i docenti abilitati dopo l’ultimo concorso a cattedra (Idonei, TFA, PAS, Diploma magistrale, estero, reinseriti o primo inserimento), l’accorpamento della fascia aggiuntiva alla terza. Il Concorso potrebbe essere bandito ogni tre anni.

Tra il 2001 e il 2013, a dispetto della direttiva comunitaria, le supplenze per il funzionamento ordinario delle scuole sono aumentate da 105.000 a 140.000 unità, e nel contempo le spese per il personale a tempo determinato sono aumentate di 348 milioni di euro dal 2007, mentre nella Sanità – dove si è proceduto alla stabilizzazione di 24.000 unità – si è prodotto un risparmio di 80 milioni di euro. Precarizzare il rapporto di lavoro nel pubblico impiego aumenta la spesa, specie da quando le nuove immissioni in ruolo dal 2011 avvengono a invarianza finanziaria, meccanismo giudicato illegittimo dall’Anief. Allora basta rivisitare il numero di organici a disposizione per svuotare le graduatorie dei docenti precari, composte da 150.000 aspiranti. Posto che delle 120.000 cattedre al 30 giugno assegnate quest’anno il 75% è senza titolare – in contrasto con la legge non affidato in supplenza annuale – e che rispetto ai 230.000 alunni con handicap lo Stato ha bisogno di 115.000 insegnanti di sostegno rispetto ai 90.000 previsti nel 2016 dall’ultima legge 128/2013 per garantire il rapporto uno a due, preso atto del pensionamento di 11.000 docenti e 3.600 ATA e dei contratti di 12.000 docenti e 19.000 ATA al 31 agosto, è possibile attuare fin dal prossimo anno scolastico un piano straordinario di immissioni in ruolo di 125.000 unità.

A graduatorie pressoché svuotate, comunque gestite a livello nazionale e non più provinciale sul modello delle selezioni annuali per l’accesso alle università a numero programmato, con il punteggio ogni anno trasferibile nel rispetto dell’autodeterminazione delle scelte dei candidati e del merito, da riprendere anche nelle graduatorie d’istituto attualmente limitate a 20 scuole, sarebbe opportuno introdurre una IV fascia per tutti coloro che si sono abilitati con e dopo il nuovo concorso a cattedra, analogamente a quanto avvenuto per la I-II fascia per i concorsi precedenti e per la III per quelli successivi al 1999. È evidente che, comunque, in questa fase transitoria devono essere riconosciuti agli idonei dell’ultimo concorso ordinario lo scorrimento delle nuove graduatorie di merito per le assunzioni dal doppio canale e il titolo abilitante, mentre tutto il personale confluito nelle graduatorie aggiuntive dovrebbe transitare nella terza fascia. In questo modo si darebbe una giusta risposta ai 10.000 abilitati con il TFA, ai 17.000 idonei dell’ultimo concorso, ai 50.000 docenti in possesso del diploma magistrale, ai 65.000 futuri docenti abilitati con il PAS, ai docenti abilitati in Italia e all’Estero non inseriti nelle graduatorie permanenti trasformate in esaurimento e in alcuni casi persino esaurite.

 

Sulle ordinanze di remissione della Corte Costituzionale e del Tribunale di Napoli. Per Pacifico, i legali Anief e la Commissione UE, la normativa italiana (legge 106/11) è in contrasto con il diritto comunitario (direttiva 1999/70/CE) che prevede la stabilizzazione dopo tre anni di contratti, un risarcimento danni dissuasivo, il principio di non discriminazione tra personale di ruolo e a termine anche in tema di scatti stipendiali.

Tanti sono i docenti e il personale ata, dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo della Confedir, inseriti nelle graduatorie da cui negli ultimi due anni sono chiamati 140.000 supplenti, la maggior parte al termine delle attività didattiche, per far risparmiare allo Stato le due mensilità di luglio e agosto, nonostante i posti siano vacanti e disponibili e non vi siano ragioni sostitutive di personale titolare assente: il 13,8% dell’organico necessario per far funzionare le scuole, una percentuale scesa di due punti percentuali rispetto al 2007, dopo la cancellazione di 124.000 posti ad opera dei piani di razionalizzazione (- 94.000 tolti ai precari e - 30.000 mancate assunzioni dal turn-over), quando i supplenti erano 233.000 e il tasso di precarietà era del 15,9%, il più alto tra i comparti del Pubblico impiego.

Il precariato nella scuola non soltanto è rimasto costante negli anni ma oggi è a suoi massimi storici se si considera che soltanto la metà del personale inserito nelle graduatorie ottiene una supplenza al 30 giugno o al 31 agosto, mentre altri 150.000 docenti (abilitati con TFA, SFP, Diploma magistrale, PAS) attendono di essere inseriti nelle stesse graduatorie.

La precarietà è una malattia endemica nella Scuola italiana e ora la Corte europea potrebbe trovare la cura: la Repubblica, fin dal suo nascere, ha utilizzato I supplenti per non chiudere le scuole e per risparmiare sulla finanza pubblica, visto che non riconosce loro aumenti di stipendio e li licenzia al 30 giugno piuttosto che al 31 agosto quando termina l’anno scolastico. Una legge (576) del 1970 riconosce soltanto nella scuola il ndete di pre-ruolo come utile ai fini della ricostruzione di ndeter una volta assunti a tempo ndeterminate, a testimonianza di come il fenomeno sia ben noto al legislatore.

Nel 2011 il ministro Gelmini, di fronte alle prime pronunce dei tribunali che condannavano l’amministrazione al risarcimento danni e al pagamento degli scatti stipendiali con quote intorno ai 30.000 euro per ricorrente e a una procedura d’infrazione (2124) aperta nel 2010 che porterà nei prossimi mesi alla condanna dello Stato italiano per inadempimento, chiedeva al Parlamento di intervenire. La legge 106/2011 chiariva così che nella scuola non si applica il D.lgs. 368/2001 che recepisce la direttiva comunitaria sui contratti a termini e autorizza un nuovo piano di immissioni in ruolo di 67.000 unità ma a invarianza finanziaria, con stipendi bloccati per i successivi 9 anni, nonostante qualcuno dei neo-assunti da precario già ricevesse gli scatti stipendiali grazie ai giudici del lavoro. La Cassazione condivideva l’intervento del legislatore perché ritieneva che esistessero ragioni oggettive imputabili al privilegio che hanno i precari della scuola italiana di poter essere assunti per scorrimento di graduatoria grazie all’anzianità di servizio maturata e all’oscillazione degli organici dovuta all’iscrizione degli alunni. Ma i legali Anief e la stessa Commissione UE, con osservazioni scritte, contestavano tale difesa considerato che si accede alle graduatorie dopo aver superato concorsi per titoli ed esami, l’essere inserito nelle suddette graduatorie non comporta un diritto soggettivo all’assunzione dopo 36 mesi, il ricorso alle supplenze per l’ordinario funzionamento è persino aumentato in un decennio nonostante l’aumento del numero degli alunni.

E il precariato costa in termini di spending review. Non possono, infatti, essere addotte ragioni finanziarie che, ancorché non imperative per la Commissione UE, sono inesistenti: secondo la Ragioneria dello Stato, nel periodo 2007-2012, nella Sanità dove si sono effettuate 24.000 stabilizzazioni si è ridotta la spesa per il personale a tempo determinato di 80 milioni di euro (- 7,5%), mentre nella Scuola, dove è stata vietata la stabilizzazione, al netto delle assunzioni, la spesa è aumentata di 348 milioni di euro con un + 68%.

Sui docenti, basti pensare che il numero delle assunzioni è stato inferiore, a parità di tagli al fisiologico turn-over: dall’a.s. 2001/2002, 258.000 immissioni a fronte di 278.000 pensionamenti. In undici anni aumentano anche le supplenze, ma si dimezzano i posti assegnati al 31 agosto: nell’a.s. 2002/2003, primo anno di riapertura delle ex graduatorie permanenti, prima esaurite, le supplenze erano 105.000, di cui 26.000 al 31 agosto, mentre nell’a.s. 2013-2014 salgono a 120.000 di cui soltanto 12.000 al 31 agosto. A niente sono serviti i piani triennali di immissioni in ruolo annunciati con diverse leggi dello Stato (143/2004, 296/2006, 106/2011, 128/2013): i precari rimangono sempre lì per far funzionare le scuole. Che i numeri non tornano è evidente, visto che con 15.000 pensionamenti e 26.000 supplenze assegnate su posti al 31 agosto vacanti e disponibili non si è proceduto ad alcuna assunzione nell’a.s. 2003/2004, mentre con appena 25.000 posti vacanti e disponibili certificati nel 2011/2012 tra pensionamenti e supplenze annuali si proceduto all’assunzione di 30.000 insegnanti.

La legge (124/1999) è chiara: se un posto è vacante e disponibile deve essere assegnato al 31 agosto, ma la maggior parte dei posti, nonostante non vi sia il titolare, sono assegnati in supplenza al 30 giugno. Lo sanno bene i docenti di sostegno, il cui organico è stabilito dal legislatore (244/2007, 128/2013) sempre al 70% di quello utilizzato ogni anno per garantire un rapporto uno a due con alunni con handicap. Altro che Europa! Ma ora, finalmente la parola passa ai giudici di Lussemburgo cui si è rivolto il giudice Coppola del tribunale del lavoro di Napoli che, per la prima volta, invece di invocare il D.lgs. 165/2001, peraltro già bocciato dalla Corte Europea, o l’art. 97 della Costituzione, ha chiesto se le nostre norme sono compatibili con quelle comunitarie.

Anief, che aveva denunciato la mancata stabilizzazione e la discriminazione dei precari della scuola italiana dalle pagine di un quotidiano nazionale il 16 gennaio 2010 e che ha già ottenuto presso diversi tribunali del lavoro sentenze positive in primo grado in tema di stabilizzazione e/o risarcimenti danni, confermate in appello per gli scatti stipendiali durante il pre-ruolo grazie al prezioso coordinamento della Rete dei legali operato dagli avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli, sarà rappresentata in CGUE dagli esperti avvocati Sergio Galleano e Vincenzo De Michele che hanno vinto, sempre in Europa, il contenzioso sulla stabilizzazione del personale di Poste italiane. Si sono costituiti in giudizio anche i legali di Flc-Cgil, Gilda e Conitp.

Il personale precario che è interessato ai ricorsi per la scuola, può aderire chiedendo info a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. o ancora seguire le istruzioni a questo link.

Nel frattempo, anche il sindacato dei medici Prodirmed, aderente a Confedir, sulla scia dell’Anief apre una vertenza giudiziaria per stabilizzare i medici precari dopo il divieto introdotto nel 2012 dal legislatore, in analogia a quanto avvenuto per la Scuola. Per info, scrivi a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

I giudici amministrativi sanciscono dopo 12 anni che i maestri supplenti possono essere inseriti nella seconda fascia delle graduatorie di istituto. Marcello Pacifico (presidente Anief): lo avevamo detto prima di tutti. Ora si renda giustizia a questi docenti cui per cinque anni è stato negato di inserirsi nelle graduatorie permanenti, poi trasformate ad esaurimento: per l’errata interpretazione della norma, tanti di loro hanno perso la possibilità di lavorare e di essere immessi in ruolo.

Ancora una volta i giudici sono chiamati a sanare i pasticci di cui si rende protagonista l’amministrazione pubblica: stavolta è toccato al Consiglio di stato "bacchettare" il Ministero dell’Istruzione, accogliendo il ricorso straordinario al presidente della Repubblica di 200 docenti – in possesso del diploma di scuola o di istituto magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/02 - ingiustamente esclusi dalle graduatorie di seconda fascia d’istituto riservate agli abilitati. Con il parere n. 4929, i giudici amministrativi della seconda sezione hanno evidenziato come questo titolo sia da considerarsi a tutti gli effetti ‘abilitante ex lege’.

“Quella del Consiglio di Stato è una sentenza importante – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – perché non solo potrà essere allargata agli oltre 50mila maestri diplomatisi prima del 2001/02, ma contiene un’altra importante ammissione di errore operata dal Miur: tra il 2002 e la fine del 2006, quando con la Legge 27/12/2006, n. 296 art. 1 comma 605, le graduatorie furono trasformate da permanenti ad esaurimento, a decine di migliaia di diplomati è stato illecitamente negato di inserirsi nelle liste pre-ruolo. In sostanza, dopo 12 anni si scopre che quel titolo è a tutti gli effetti abilitante, dando ragione al nostro sindacato che per primo lo aveva rivendicato”.

“Ancora una volta – continua Pacifico – la gestione dei supplenti annuali e temporanei da parte del Ministero dell’Istruzione si conferma carente. E la modifica da parte del legislatore delle graduatorie permanenti nelle GaE non cancella di certo il grave danno prodotto a tanti docenti supplenti in possesso del titolo magistrale. Altrettanto scandaloso è che lo stesso trattamento di immotivata esclusione continui ad essere attuato per coloro che si sono abilitati dopo la chiusura delle Ssis: chi ha concluso positivamente i Tfa, chi si abiliterà prossimamente con i Pas, come per gli idonei al ‘concorsone’, non possono essere dimenticati dallo Stato”.

Il sindacato coglie l’occasione per ricordare all’amministrazione che tutti coloro che si sono abilitati all’insegnamento devono essere messi in condizione di lavorare nelle scuole. “La logica che deve prevalere non può essere quella del mantenere le porte chiuse al diritto, tarpando le ali di chi ha dimostrato di meritare di insegnare. Non solo impendendo l’inserimento nelle graduatorie: il Miur ha anche stabilito che, sempre gli abilitati magistrali ante 2001/02, non hanno diritto all’accesso ai pubblici concorsi o ai corsi di specializzazione che richiedano l’abilitazione come titolo d’accesso. Tutte decisioni che, seppure alla lunga, si sono rivelate – conclude il presidente Anief – prive di fondamento giuridico”.

A tal proposito, c’è da ricordare che, prima del Consiglio di Stato, più di un Tar ha stabilito che tutti coloro che sono in possesso del diploma magistrale conseguito precedentemente al 2001/2002 hanno pieno diritto a presentare domanda di accesso ai corsi di specializzazione per il conseguimento del titolo di abilitazione sul sostegno. Un diritto sancito dall'art. 197 comma 1 del D.Lgs. 297/1994 e dall'art. 15 comma 7 del D.P.R. 323/1998: delle disposizioni legislative, mai abrogate, che attribuiscono il valore abilitante permanente al diploma di maturità magistrale nonché il diritto ai possessori di partecipare ai concorsi a cattedra. L’abilitazione è, infatti, intrinseca al titolo medesimo e non è subordinata al superamento di alcuna ulteriore prova, esame o concorso.

Per approfondimenti:

Corsi di specializzazione sul sostegno: il diploma magistrale conseguito prima dell’a.s. 2001/2002 è a tutti gli effetti abilitante

Concorso a cattedra: il diploma magistrale a indirizzo linguistico è titolo valido per la partecipazione

Concorso a cattedra: Anief ricorre contro l’esclusione degli aspiranti docenti in possesso del diploma di maturità linguistica conseguito presso l’istituto magistrale ante 2001/2002

 

Per godere dei benefici derivanti in caso di pronunciamento favorevole. ANIEF mette a disposizione l’istanza di accesso agli atti per avviare la procedura e verificare la natura vacante e disponibile dei posti occupati con contratto a tempo determinato per almeno 36 mesi. Chiedi le istruzioni operative entro il 27 marzo a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Manca un mese a quello che potrebbe diventare il D-Day del precariato scolastico in Italia: il prossimo 27 marzo, infatti, la Corte di Giustizia Europea è chiamata ad esprimersi sull'abuso di precariato che si attua in Italia nei confronti dei lavoratori che hanno svolto un impiego a tempo determinato, anche non continuativo, per almeno 36 mesi su posti privi di titolare.

La sentenza, che segnerà il culmine dell’iniziativa lanciata dall’ANIEF nel 2010, potrebbe assumere davvero una portata storica, aprendo definitivamente le porte per la stabilizzazione del personale docente e Ata precario che, in questi anni, ha garantito il funzionamento delle nostre scuole.

È bene tuttavia chiarire che per godere dei benefici di quanto dovesse essere disposto dal giudice europeo occorre aderire al contenzioso prima delle sentenza definitiva di fine marzo. Per questo, ANIEF mette a disposizione l’istanza di accesso agli atti, che consente di verificare la natura vacante e disponibile dei posti occupati negli anni precedenti (sono necessari almeno 36 mesi di servizio, anche non continuativi) e che rappresenta il primo passo per l’avvio del contenzioso.

Contestualmente, gli interessati (docenti abilitati inseriti in GaE o Ata inseriti in graduatoria permanente) devono inviare, entro il prossimo 27 marzo e comunque fino alla pubblicazione della sentenza, una mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. per ricevere le istruzioni operative per l’attivazione del ricorso.

L’istanza di accesso agli atti per la stabilizzazione

Per approfondimenti:

Per 140mila precari arriva il giorno della verità: il 27 marzo la Corte di Giustizia Europea deciderà se vanno assunti