“Nella Scuola si insegna l’importanza del rispetto delle leggi, a partire dalla Costituzione. Peccato che i diritti fondamentali di discenti e docenti continuano ad essere sistematicamente aggirati, perché lo Stato non assolve ai suoi doveri di garantire l’istruzione dal primo giorno di scuola, i docenti e il personale in cattedra, il più possibile vicino ai propri affetti. Venendo meno tutto questo, si producono danni ingenti. È ora di agire per dire basta a questa contraddizione”: è il commento di Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, alla giornata celebrativa nazionale del 2 giugno, nata per ricordare la nascita della Repubblica Italiana, coincisa con il 2 giugno del 1946, giorno del referendum istituzionale.
La Costituzione italiana continua a non avere seguito. Almeno nella scuola. Dove il diritto al lavoro non viene contemplato, respingendo la direttiva Ue 70/1999, con centinaia di migliaia di docenti titolati, selezionati, formati, abilitati e specializzati ma poi lasciati incredibilmente per decenni a fare i precari a 1.300 euro al mese, spesso a centinaia o migliaia di chilometri da casa. Il Covid19, nella sua straordinarietà e con tutto il seguito di problemi che ha portato per la difficile convivenza in classe e i rischi di contagio tra alunni e personale, era una motivazione più che valida per la loro stabilizzazione, ovviamente assieme all’incremento degli organici e degli spazi dovuto alle esigenze derivanti dal contesto straordinario. Invece, le aule sono rimaste le stesse, gli alunni non sono diminuiti. Invece niente. Anche gli stipendi sono rimasti immutati, come se la Corte Costituzione, nell’estate del 2015 non avesse mai dichiarato illegittimo il blocco stipendiale, e come se il Covid non avesse posto ancora in modo più netto l’esigenza di introdurre una diaria da rischio biologico. Nemmeno il processo di reclutamento è stato modificato. Con l’aggravante che i già inefficaci concorsi hanno potuto procedere a ritmi ancora più lenti. Così il precariato ha assunto proporzioni gigantesche.
MOBILITÀ PIÙ DIFFICILE
Come se non bastasse, nello stesso periodo si sono inasprite le regole sulla mobilità del personale: invece di favorire l’avvicinamento dei lavoratori, riducendo quindi gli spostamenti dei cittadini, come indicato più volte dal Comitato tecnico scientifico per i comportamenti in tempo di Covid, si è preferito portare a ben cinque anni il tempo minimo di permanenza dei neo-assunti sulla sede di destinazione scolastica. E nello stesso tempo si è deciso di negare pure l’assegnazione provvisoria annuale: una condizione che, in presenza di motivazioni personali e posti vacanti cui potere essere destinati, permetterebbe perlomeno di dare una risposta parziale ad un problema oggettivo.
SEMPRE PIÙ RICORSI VINCENTI
“Il risultato delle mancate stabilizzazioni – dei docenti, ma anche del personale Ata, degli educatori, dei Dsga e altri ancora - è diventato anche uno spregio verso la posizione presa dal Comitato europeo per i diritti sociali di Strasburgo, che accogliendo proprio il ricorso Anief n. 146/2017 sull’illegittimità della reiterazione dei contratti a termine nella scuola, ha detto che l’unica strada per uscire da questa impasse è finirla col tenere chiuse le GaE. E quindi con l’opporsi all’uso libero delle Gps. Una condizione di stasi che ha portato nel tempo sempre più precari della scuola ad intraprendere la strada del ricorso, con i giudici che hanno dato loro ragione: come il tribunale del lavoro di Torino, che qualche anno fa ha risarcito con oltre 32mila euro una docente costretta a fare 25 anni di supplenze, assegnandogli pure 700 euro di aumento al mese.
IL COMMENTO DEL PRESIDENTE
“Ecco perché nel decreto Sostegni-bis chiediamo adesso di utilizzare tutte le Gps per le immissioni in ruolo dei lavoratori della scuola – ricorda Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief -, come chiediamo il rispetto del diritto alla mobilità del personale di ruolo, perché la famiglia non è meno importante della normativa. Quando si parla di sostegno ai nuclei familiari, di supporto alle coppie, di motivi che portano ad una natalità sempre più esigua, è bene andare ad eliminare gli inutili paletti dell’amministrazione. Creati senza un motivo significativo e valido. Andando anche contro a delle chiare direttive UE, come la 88 del 2004, introdotto a tutela della famiglia e dei ricongiungimenti familiari. È bene, ora, che la politica si renda conto di questo: una Repubblica moderna non può più convivere con certi orpelli”.
PER APPROFONDIMENTI:
Emergenza precariato, in 250 mila il prossimo anno scolastico