Siamo sicuri che il modo di affrontare il Covid in Italia, dove si è arrivati a 55mila contagi al giorno, è il migliore? Perché in altri Paesi europei, dove non si attuano le nostre restrizioni sociali e non si impone il vaccino a determinati lavoratori come quelli della scuola, i contagi sono più del doppio, vi sono meno vaccinati, ma i decessi sono inferiori o leggermente più alti. A ragionare sull’anomalia è Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief. Il sindacalista si sofferma sui casi di contagio immediatamente precedenti al Natale: “Se mettiamo Italia e Inghilterra a confronto scopriamo due modi opposti di affrontare una pandemia che porta però lo stesso numero di morti (141 a 137), a dispetto del 5% di differenza di popolazione vaccinata, ma più del doppio delle persone contagiate”.
“In Italia – continua Pacifico – lo stato di emergenza è stato prorogato al 31 marzo 2022, con restrizioni per spostamenti, lavoro e vita sociale tra Green pass e Super green pass, più l’obbligo per il personale sanitario, scolastico, contro cui abbiamo presentato ricorso, e forze dell'ordine: i contagi al 24 dicembre sono 50.599 con 141 decessi e il tasso di popolazione totalmente vaccinata è dell’81,16%. In Inghilterra, invece, dove il tasso di popolazione totalmente vaccinata è del 72,6%, lo stato di emergenza è stato ritirato dal luglio scorso, non ci sono obblighi e restrizioni per lavorare, i contagi sono 122.186, più del doppio, però i decessi 137, quindi inferiori”.
Il sindacalista mette a confronto i dati con terzo Paese: “In Francia, dove il 69,2% della popolazione è vaccinata, quindi quasi dieci punti sotto l'Italia, 94.124 sono contagi, il doppio dell'Italia, con quasi il triplo in più di ricoverati in terapia intensiva ma con pochi decessi in più (28). E qui le restrizioni valgono per la vita sociale e per il solo personale sanitario, grazie alla proroga dello stato di emergenza. Allora – continua Pacifico – viene da chiedersi se lo stato di emergenza è così indispensabile per tutelare la salute pubblica intesa come salvaguardia della cittadinanza da eventi luttuosi irreversibili. Perché s’impone tutto questo a discapito della compressione di altri diritti fondamentali. Un esempio è proprio la sospensione dal lavoro ovvero il diritto al sostentamento senza alcun altro assegno. Stando così le viene da chiedersi se lo stato di emergenza e la compressione di diversi diritti fondamentali siano la scelta migliore. La risposta – conclude il leader dell’Anief - sembrerebbe scontata”.
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