Sull’aumento delle spese militari la maggioranza parlamentare si è ormai spaccata in modo marcato: il M5S si è detto contrario “e va ad aggiungersi a un fronte già ampio”, con sempre più evidenti “lacerazioni interne ai dem”. Anche la Lega ha fatto un passo indietro. Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ritiene che la mancanza di accordo deve servire a riflettere sull’opportunità di spendere miliardi di euro pubblici per le armi, andando ancora una volta a penalizzare altri comparti. Come la scuola e la formazione dei giovani.
“Più che arrivare al 2% del Pil per le spese militari – dice il leader del giovane sindacato - riteniamo importante aumentare di 2 punti le spese del Pil per l'Istruzione e la Ricerca: è un investimento che sul lungo periodo porterebbe solo benefici, culturali e sullo stesso prodotto interno lordo, perché si produrrebbe minore disoccupazione e una crescita dell’economia. Per fare questo, assieme ai miliardi del Pnrr, vanno aggiunti investimenti a regime per fare crescere gli organici del personale, il tempo scuola, l’assunzione a tempo indeterminato dei tanti precari con almeno 36 mesi svolti, l’introduzione pratica dei coordinatori Ata, figure professionali previste ma dimenticate, le compresenze in tutti i cicli scolastici, l’assegnazione di docenti specializzati alla primaria e l’addio alle classi pollaio con il dimezzamento di alunni per classe e il ripristino dei 4mila istituti cancellati. Anche per questo motivo – conclude Pacifico – domani la scuola si ferma per l’intera giornata”.
Anief ricorda che la spesa per l’istruzione in Italia si conferma tra le più basse nell’Unione europea, soprattutto dopo che è diminuita complessivamente del 7 % nel periodo 2010-2018: dall’ultima rilevazione nazionale risulta che la spesa pubblica resta ben al di sotto della media UE, sia in percentuale del PIL (il 4 % contro il 4,6 %) sia in percentuale della spesa pubblica totale, che all’8,2%, è la più bassa dell’UE (9,9%). Addirittura per le scuole superiori in dieci anni l’impegno finanziario dell’Italia si è ridotto di quasi il 20%. E per l’Università l’impegno italiano è il più basso dell’Unione europea.
Già in quell’occasione, il presidente nazionale Anief disse che “colmare quasi 2 punti percentuali di investimento per la Scuola e Università rispetto al Prodotto interno lordo: infrastrutture, digitalizzazione, organici maggiorati, stabilizzazione dei precari e più tempo scuola, anche di pomeriggio, diventano imprescindibili se si vuole alzare l’asticella delle competenze, anch’esse in calo, pure in campo digitale, e ridurre l’abbandono scolastico che – ha concluso Pacifico - soprattutto in alcuni territori tocca percentuali da paesi tutt’altro che moderni”.
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