L’Unione europea ha pubblicato il rapporto annuale Education and Training Monitor 2020 sulla situazione dell’istruzione nei 27 Paesi membri sui livelli di competenza raggiunti dai nostri 15enni. Il problema è la scarsa competenza raggiunta (livello 1 o meno) da un alto numero di 15enni italiani rispetto all’obiettivo europeo fissato al 15%. Quello che è emerso dalla ricerca, ripresa da Tuttoscula, è che nella lettura nel 2009 i nostri ragazzi erano fermi al 21%, la stessa percentuale dell’anno scorso; nel 2019 hanno peggiorato risalendo al 23,3%. In matematica nel 2009 erano al 25%; l’anno scorso erano scesi al 23,3%, ma nel 2019 sono risaliti al 23,8%. È andata peggio in scienze: nel 2009 la percentuale era del 20,6%, peggiorata l’anno scorso al 23,2%. Ma nel 2019 la situazione è ulteriormente peggiorata attestandosi al 25,9%.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “l’assegnazione di almeno il 10 per cento del 209 miliardi derivanti dal Recovery Fund è sempre più fondamentale per colmare questo gap. Questi, serviranno infatti a potenziare quel tempo scuola affossato a partire dal 2008 con la Legge 133 sul forte dimensionamento delle strutture scolastiche, che infatti vanno incrementate con le 4 mila sedi autonome cancellate, assieme ai dirigenti e ai Dsga anch’essi cancellati assieme a 200 mila cattedre e 50 mila tra amministrativi, tecnici e ausiliari. Poi va agito sulla digitalizzazione e sulle infrastrutture, ma anche su organici e tempo scuola, sulla stabilizzazione di tutti i precari con oltre 36 mesi svolti, sulla adozione delle tante figure professionali degli Ata rimaste solo sulla carta, sulle compresenze in tutti i cicli scolastici, sul ritorno dei docenti specializzati alla primaria e su un rapporto più ridotto alunni-docente. Un processo – conclude Pacifico – che non può prescindere dall’aumento di almeno 2 punti percentuali di investimento per la Scuola e Università rispetto al Prodotto interno lordo”.
Le competenze degli alunni italiani stanno peggiorando: a dirlo è il rapporto annuale Education and Training Monitor 2020 sulla situazione dell’istruzione nei 27 Paesi dell’Unione Europea. Il rapporto mette a confronto i nuovi dati (2019) con quelli di dieci anni prima (2009) e fa il punto sugli obiettivi di Lisbona, i benchmark che i Paesi sono impegnati a conseguire: inoltre, la rivista Tuttoscuola, per disporre di maggiori elementi di valutazione, ha inserito i dati del 2018 per valutare gli scostamenti sul breve periodo. “Il dato complessivo per certi aspetti è preoccupante, anche perché – spiega la rivista specializzata - in tutte e tre le competenze dei 15enni l’Italia registra livelli superiori (cioè peggiori) alla media dei Paesi dell’Unione”.
CALA LA SCOLARIZZAZIONE, MEGLIO I “DISPERSI”
A preoccupare è anche la scolarizzazione dei bambini di 4 anni: l’Italia scende per la prima volta sotto l’obiettivo fissato del 95%, fermandosi nel 2019 al 94,9%; l’anno prima era al 96,1% e nel 2009 al 99,8%. Va leggermente meglio, fortunatamente, sul fronte della dispersione scolastica, la cui media europea è del 10,2%: rispetto all’obiettivo di Lisbona del 10% nel 2009 in Italia gli abbandoni erano pari al 19,1%, mentre nel 2018 sono scesi al 14% e nel 2019 al 13,5%, quindi oltre due punti percentuali la media UE.
VA MEGLIO L’ISTRUZIONE TERZIARIA
A migliorare, anche se non in modo adeguato, è anche la percentuale di giovani italiani (fascia di età 30-34 anni) con un livello di istruzione terziaria (università) per i quali l’Europa ha fissato l’obiettivo al 40%: nel 2009 erano al 19%, nel 2018 la percentuale era salita al 26,9%, nel 2019 aveva fatto un altro piccolo passo avanti salendo al 27,6%, una percentuale ancora ben lontana dall’obiettivo fissato dall’Europa e dalla stessa media dei Paesi dell’Unione attestata al 40,3%.
COSA NE PENSA IL SINDACATO
Anief torna a chiedere uno sforzo economico importante per produrre una svolta alla riduzione di competenze e colmare quindi il forte gap che si rileva tra i nostri alunni e quelli europei. Una differenza sensibile che si riscontra anche in ambito digitale: giusto qualche giorno fa dalla relazione “Education & Training Monitor 2020″ sulle modalità di insegnamento e di apprendimento nell’era digitale dei 27 paesi membri, ripresa da Indire, è emerso che “contrariamente alla percezione diffusa che i giovani di oggi appartengano a una generazione di “nativi digitali”, i risultati dell’indagine indicano che molti non sviluppano competenze digitali sufficienti”.
Il giovane sindacato, pertanto, torna a ribadire l’importanza di mettere a disposizione del corpo docente e dei discenti di adeguate attrezzatture e strumentazioni con connessioni adeguate. Ecco perché è estremamente necessario allargare la card docente anche ai precari, docenti e Ata. In tempo di Covid, tra l’altro, questa esigenza diventa ancora più impellente: come si può operare lo smart working, senza device, software professionali e reti internet? La stessa attenzione deve essere posta per una formazione adeguata, per svolgere la quale c’è oggi un contratto che la regolamenta.
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