Età anagrafica di almeno 62 anni e anzianità contributiva di almeno 41 anni, anche in caso di contributi cumulati tra diverse gestioni Inps: sono i requisiti, da realizzare entro il 31 dicembre 2023, richiesti dallo Stato per raggiungere la cosiddetta “Quota 103” e lasciare il lavoro anticipatamente. Ieri l’Inps ha pubblicato la circolare con le istruzioni che, sulla base di quanto stabilito con la Legge di bilancio 2023, permettono le modalità attuali, transitorie, per l’uscita anticipata dal lavoro che vanno a sostituire la “Quota 102” dell’anno precedente e la “Quota 100”, posticipando – scrive oggi la stampa specializzata - ancora l’adozione del regime previsto dalla legge Fornero, sempre in previsione di una riforma previdenziale integrale.
Potrà usufruire dell’anticipo “Quota 103” solo il personale del comparto scuola ed Afam a tempo indeterminato che presentato domanda specifica entro lo scorso 28 febbraio, con effetto dall’inizio dell’anno scolastico o accademico. Entro la stessa data hanno potuto aderire ad “Opzione donna” (che comporta penalizzazioni anche del 30-40%) solo le lavoratrici della scuola che, sempre come previsto dalla Legge di bilancio 2023 con almeno 60 anni di età (58 con due figli) e 35 anni di contribuzione, però accessibile solo in presenza di requisiti soggettivi ovvero assistenza ex art. 3 comma 3 legge 5 febbraio 1992 n. 104 oppure riduzione della capacità lavorativa con invalidità civile pari o superiore al 74%.
Il sindacato Anief reputa queste disposizioni utili ad uscire anticipatamente del lavoro del tutto insoddisfacenti e non certo una risposta efficace al ritorno alla Legge Fornero senza deroghe. “La passata estate – ricorda Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief - durante la campagna elettorale diversi politici oggi al Governo avevano più volte promesso che in caso di vittoria delle elezioni politiche avrebbero provveduto a cancellare la Legge Fornero che manda in pensione alle soglie dei 70 anni anche dopo una vita di lavoro. Non solo questo non è stato fatto, ma si è approvata una modalità peggiorativa rispetto a quella degli ultimi governi. Inoltre, continuano a non esserci adeguata considerazione per chi opera professionalmente nella scuola, dove il rischio burnout è tra i più alti in assoluto e nella pubblica amministrazione: l’insegnamento e l’impiego di chi lavora a contatto con gli studenti, è un lavoro usurante e noi continueremo a chiederlo in tutte le sedi, a partire dalla Commissione Lavori gravosi”.
Il sindacato ha tutte le ragioni per ritenere che per i dipendenti della scuola, docenti e Ata, deve essere prevista una ‘finestra’ con il riscatto gratuito della formazione universitaria: 40 anni di contributi (massimo 64 anni con 20 anni di contributi), con il massimo contributivo, senza tagli all’assegno pensionistico e tanto di ringraziamento da parte del Presidente della Repubblica con la nomina a Cavaliere del lavoro. La conversione gratuita in contributi degli anni universitari è stat chiesta più volte di recente anche dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Secondo Anief basterebbe adottare gli stessi parametri di accesso alla pensione previsti per i lavoratori delle forze armate, permettendo al personale della scuola, uomini compresi, di lasciare in ogni caso il lavoro a 62 anni e senza tagli all’assegno di quiescenza.
“Anche l’allargamento dell’Ape Sociale a tutti i dipendenti della scuola, potrebbe essere un passo in avanti importante - conclude Pacifico –, non si tratterebbe di nessuna concessione, visto l’alto numero di casi di insegnanti sottoposti a burnout e a patologie invalidanti dovute allo stress da lavoro prolungato e senza nemmeno il dovuto riconoscimento del rischio biologico, invece previsto per altre professioni anche del comparto pubblico”.
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