La sensibilità di chi governa la scuola verso il personale continua a essere carente: è esemplare il caso di oltre mille assistenti amministrativi prestati anche da vent’anni a operare nel ruolo superiore di Direttore dei servizi generali e amministrativi, perché la logica era di immetterli in ruolo in caso di superamento di concorso riservato. Si ritrovano invece a perdere il posto perché l’amministrazione lo cede o lo sta assegnando ai vincitori del concorso pubblico. Quanto accaduto “non rende merito a tali professionalità: il compito dello Stato dovrebbe essere piuttosto quello di preservare chi ha svolto il ruolo di facente funzione Dsga”, ha detto il presidente Anief Marcello Pacifico a colloquio con Italia Stampa.
Accade all’indomani della forte nostra presa di posizione con la quale abbiamo denunciato l’intollerabile odissea dei 70 mila docenti e Ata assunti sull’organico aggiuntivo cosiddetto Covid che non percepiscono gli stipendi dal mese di novembre e all’indomani della iniziativa del dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo “Valenza A”, in provincia di Alessandria, dove è stato attivato il progetto Charity “Prestito d’onore”: il MI corre subito ai ripari
“Nel caso della scuola correlata al Covid c’è un dato su cui nessuno ha riflettuto: sul 100 per cento di studenti - da un anno a diciotto anni di età - che hanno avuto un contagio, sono 200 mila in Italia, il 60 per cento ha riguardato il primo ciclo di istruzione, dalla scuola dell’infanzia alla scuola media, quindi le scuole che stiamo aprendo ora”. Lo ha detto oggi Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, che è stato intervistato da Radio Crc all’interno della trasmissione “Barba e capelli” sul tema della riapertura delle scuole. “Questo ci deve fare molto riflettere: non vorrei che la paura di non avere la possibilità di organizzare i trasporti abbia giocato su delle decisioni che in questo momento appaiono irragionevoli”.
Il lockdown ha dato una spinta ulteriore a lasciare la scuola. Lo ricorda stamane Tuttoscuola, citando un’indagine condotta da Ipsos tra gli studenti della secondaria di secondo grado: nel 28% delle classi si sarebbe verificato almeno un abbandono di un loro compagno, da quando la pandemia ha compromesso le attività didattiche in presenza. Poiché nel 2019-20 le classi funzionanti erano 121,5mila, si può ritenere che, se fondata la stima del 28%, non meno di 34mila ragazzi hanno abbandonato o siano propensi a non ritornare a scuola: una ferita – commenta la rivista - che negli ultimi dieci anni ha comportato un abbandono complessivo di quasi 1,6 milione di ragazzi, il 26% degli oltre 6 milioni che nel decennio precedente avevano iniziato il loro primo anno del percorso scolastico nelle superiori. È come se tutte le scuole statali della Lombardia e della Toscana si svuotassero senza avere in classe nemmeno uno del milione e 658 alunni iscritti quest’anno, lasciando deserte le aule di paesi e città”.
“Il problema – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – è che in un modo o nell’altro la didattica a distanza ha messo a nudo gli effetti del digital divide che purtroppo continua a imperversare nel nostro paese, con gli alunni che diventano vittime innocenti di questo intollerabile gap di conoscenze e soprattutto di accesso alle nuove tecnologie digitali ed interattive. Oltre che per permettere l’attuazione del diritto allo studio su tutti i giovani, vera priorità dello Stato, affrontare questo problema permetterebbe di combattere pure la dispersione scolastica, altra conseguenza diretta della chiusura forzata delle scuole e della didattica a distanza. Ha fatto bene il Governo, quindi, a intervenire con l’assegnazione di device e collegamenti ai discenti che ne erano sprovvisti, come pure in comodato d’uso ai docenti precari, anche se per i supplenti continua a essere indispensabile l’accesso al bonus dell’aggiornamento assegnato invece dalla Legge 107/15 solo al corpo insegnante di ruolo. Sullo sfondo rimangono poi altri nodi da sciogliere: la mancata cancellazione del dimensionamento scolastico introdotto negli ultimi 12 anni, con 4mila istituti autonomi tagliati su 12mila, l’aumento progressivo di alunni per classe, alla base dell’indecenza delle 20mila classi pollaio, tagli operati alla Conoscenza dagli ultimi governi, anche nei confronti degli enti locali. Con effetti inaccettabili pure sul versante del personale, il quale si è trovato con stipendi soffocati dall’inflazione, sempre più precarizzato e con sempre meno posti a disposizione. Ecco perché sarebbe indispensabile andare a incrementare gli organici, anche del personale Ata, proprio in quelle zone dove il disagio è maggiore, il tasso di abbandono è alto, direttamente proporzionale spesso anche al numero di alunni stranieri, difficili e con disabilità”.
Stamattina Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, è stato intervistato da Radio Crc all’interno della trasmissione “Barba e capelli” sul tema della riapertura delle scuole. Il leader del sindacato ha affermato che “già come Anief, un mese fa, avevamo chiesto un periodo di 10 circa tra la fine delle vacanze natalizie e l’inizio delle lezioni in classe per poter fare screening a personale scolastico e studenti, così da poter riaprire le scuole in sicurezza. Oggi invece registriamo una situazione di confusione, in cui ogni regione procede un po’ per la sua strada. Per noi sono necessari screening obbligatori e priorità a vaccini”.
“Inoltre il vero problema – ha continuato Pacifico – è il fatto che aumenta l’incertezza, sia per le famiglie che per il personale. Quello di cui abbiamo bisogno è la diagnostica, senza analisi non si può capire, poiché durante le vacanze certamente la curva dei contagi è salita per il mancato rispetto del distanziamento sociale. Bisogna procedere adesso con la didattica a distanza e noi come Anief abbiamo firmato un contratto che ha consentito di avere regole più certe”.
“In definitiva le classi sono sicure, abbiamo firmato anche i protocolli di sicurezza, ma la verità è che la scuola è uno dei pochi luoghi dove c’è un’alta concentrazione di persone e in caso di positività il virus si diffonde. Più che di banchi abbiamo bisogno di aule per far diminuire il fenomeno delle classi pollaio”, ha concluso il sindacalista autonomo.