Varie

L'Anief organizza l'apertura starordinaria di sportelli di consulenza su tutto il territorio nazionale per agevolare le procedure di compilazione delle domande di utilizzazione e assegnazione provvosoria. Di seguito i riferimenti degli sportelli per ogni regione. La tabella verrà aggiornata costantemente.

 

 

Abruzzo Vai agli sportelli
Basilicata Vai agli sportelli
Calabria Vai agli sportelli
Campania Vai agli sportelli
Emilia Romagna Vai agli sportelli
Friuli Venezia Giulia Vai agli sportelli
Lazio Vai agli sportelli
Liguria Vai agli sportelli
Lombardia Vai agli sportelli
Marche Vai agli sportelli
Molise Vai agli sportelli
Piemonte Vai agli sportelli
Puglia Vai agli sportelli
Sardegna Vai agli sportelli
Sicilia Vai agli sportelli
Toscana Vai agli sportelli
Trentino Alto Adige Vai agli sportelli
Umbria Vai agli sportelli
Veneto Vai agli sportelli

 

Crescono i Neet, ma anche tantissimi laureati rimangono senza occupazione. Non ci vengano a dire che è colpa della crisi: a condannare i nostri under 25 sono stati il taglio delle risorse per la formazione e degli incentivi al lavoro, il blocco del turn over e dei salari. E l’abbattimento degli organici: solo nella PA in dieci anni spariti 360mila posti. Manca una vera riforma dell’apprendistato. E anche il comparto privato è stato abbandonato.

Le informazioni contenute nell’Employment out look dell’Ocse, basate sui risultati di fine 2012 e pubblicate oggi, confermano che l’Italia non è più un paese adatto ai giovani. Il crollo al 20,5% del tasso di occupazione dei 15-24enni è un dato che parla da solo. E che dire dell’aumento, definito dagli stessi esperti di Parigi "preoccupante", della quota di giovani che non sono né nel mondo del lavoro, né in educazione né in formazione (Neet), cresciuta in cinque anni, tra gli under 25, di oltre 5 punti percentuali e arrivata a fine 2012 al 21,4%? E non vale nemmeno la teoria che tutti sono in queste condizioni: solo Grecia e Turchia, tra i 34 Paesi dell'organizzazione, hanno infatti una quota di Neet più elevata.

Anche il futuro, scorrendo sempre il rapporto Ocse, non promette nulla di buono, visto che, sempre secondo l’Ocse, per questi giovani c’è "un rischio crescente di effetti negativi a lungo termine". Ci sono, infine, da considerare le proiezioni sulla disoccupazione italiana: continuerà ad aumentare per quest'anno e il prossimo. Con le fasce giovanili, per vari motivi indifese, che saranno sempre le prime colpite.

I sindacati Anief e Confedir ritengono che le cause di questa situazione non possono addebitarsi solo alla crisi economica internazionale: i governi italiani, infatti, hanno provveduto negli ultimi anni ad approvare una serie di provvedimenti che hanno tarpato le ali ai giovani e alle loro prospettive lavorative. Basti pensare al taglio delle risorse per la formazione e degli incentivi al lavoro, al blocco del turn over e dei salari.

“Si sono create le condizioni – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – per rendere inutile una vita di studi e di formazione. La speranza di poter contribuire con il proprio dovere professionale e civico al bene proprio e del paese si è sempre più smorzata. Tanto è vero che tantissimi giovani, anche in possesso di titoli di studio elevati, laureati e con master alle spalle, hanno notevoli problemi a trovare un impiego. Quanto sta accadendo nella scuola vale per tutti: si organizza un concorsone per selezionare oltre 11mila insegnanti e poi mancano i posti per assumerli; si abilitano 21mila futuri docenti, tramite il Tfa ordinario, ma poi si tengono fuori dalle graduatorie ad esaurimento che portano all’assunzione in ruolo. Ma come fa un giovane, in queste condizioni, a costruirsi un progetto di vita?”.

Anief-Confedir trovano assurdo, inoltre, che gli esecutivi che si sono succeduti abbiano progressivamente provveduto a bloccare il naturale ricambio generazionale nella pubblica amministrazione: un comparto dove operano oltre 3 milioni di dipendenti, ma dove da anni non si provvede più ad assumere. Viene anche da chiedersi come si possa mantenere lo stesso livello dei servizi se nel pubblico impiego in dieci anni sono stati cancellati 360mila posti. Con l’approvazione della riforma Fornero, infine, il quadro si è ulteriormente complicato.

“Servirebbe una politica che guardasse con attenzione al bene dei giovani – continua Marcello Pacifico –, ad iniziare dall’approvazione di una vera riforma dell’apprendistato. La quale permetterebbe ai nostri ragazzi, come avviene in Germania, di specializzarsi prima di avventurarsi nella ricerca del lavoro. E nemmeno il comparto privato, stretto tra riduzione del volume di affari, tassazione record e mancati pagamenti da parte dell’amministrazione pubblica, riesce più ad assorbire una fetta importante di lavoratori in erba. E’ dura ammetterlo, ma l’Italia non è più un paese per giovani”.

 

ANIEF: si utilizzino gli esiti delle risposte per comprendere dove potenziare l'offerta formativa, non per abbandonare al loro destino le scuole più svantaggiate.

L'alta disomogeneità territoriale dei risultati riconducibili alle prove Invalsi svolte nel 2013, presentati oggi a Roma, conferma che l'amministrazione scolastica deve rivedere con urgenza le finalità cui conducono queste prove standard: le rilevazioni sugli apprendimenti condotte nel mesi di maggio e giugno hanno fatto emergere una differenziazione degli apprendimenti che va ben oltre il tradizionale divario Nord-Sud (con Trento, Bolzano, Friuli, Veneto, Piemonte e Marche che ottengono le performance migliori), ma si caratterizza per un'alta diversità di risultati tra comuni della stessa provincia. In molti casi anche tra scuole limitrofe, poche centinaia di metri l'una dell'altra, si sono riscontrati risultati ben diversi.

Anief ribadisce che si tratta di verifiche tutte da rivedere, perché per come sono predisposte e somministrate non servono, non aiutano gli alunni e non sono da stimolo per le scuole a migliorarsi. Secondo Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, "i risultati ottenuti dai test predisposti dall'Invalsi non sono frutto solo delle conoscenze, capacità e competenze acquisite in classe, ma derivano da elementi endogeni alla scuola. Sul loro rendimento influiscono tantissimo, infatti, le capacità culturali, valoriali ed economiche delle famiglie, dei servizi sociali, dell'entourage territoriale".

Il sindacato reputa, quindi, che prima di valutare un alunno è indispensabile registrare sempre il suo punto di partenza riguardante, oltre alle conoscenze scolastiche, anche gli strumenti operativi a sua disposizione, il gruppo classe di cui fa parte, la famiglia di provenienza, il territorio in cui vive. Calare dall'alto delle domande uguali per tutti deve prevedere tutto questo. Altrimenti si rischia di imporre un modello uniforme a degli "attori" fortemente diversi uno dall'altro.

"Speriamo che il Miur colga queste evidenti indicazioni - continua Pacifico - utilizzando finalmente le indicazioni provenienti dal rapporto Invalsi per scollegare una volta per tutte i risultati degli studenti dal merito dei docenti e dei dirigenti scolastici. Per utilizzarli, invece, ai fini di una più mirata assegnazione delle risorse a sostegno dei progetti di potenziamento dell'offerta formativa statale su contesti specifici particolarmente svantaggiati: le aree territoriali, le zone a rischio e gli istituti scolastici più in difficoltà non hanno bisogno di essere giudicati. Ma di avere maggiore sostegno".

 

ANIEF: non sono casi sporadici, ormai la media è di 28-30 iscritti per aula. È una vergogna nazionale derivante dal fatto che negli ultimi 5 anni lo Stato ha tagliato 200mila posti tra docenti e Ata, tenuto ai margini 150mila precari abilitati vincitori di concorso e cancellato quasi 2mila scuole. Il Pd annuncia un’interrogazione parlamentare. Il M5S presenta uno schema di risoluzione sul sovraffollamento delle classi per “inidoneità delle stesse a contenere gli alunni in condizioni di sicurezza, salubrità, igiene e vivibilità”. Il Governo prende tempo. Ma secondo Marcello Pacifico (presidente ANIEF) sicurezza e diritto allo studio non possono attendere.

Cambia il Governo ma le classi pollaio rimangono: per il prossimo anno scolastico, seppure in presenza di 30mila alunni in più distribuiti nelle varie scuole, il Miur non vuol sentire parlare di incremento di docenti ma intende attenersi alla legge 111/2011, che impone lo stesso numero di insegnanti dell’anno precedente. Ciò comporterà un numero sempre più alto di alunni per classe, che si aggira ormai mediamente sulle 28-30 unità. Con punte da record: la rivista specializzata “Orizzonte Scuola” riporta che nelle Marche sono state formate prime classi da 33 alunni al linguistico di Pesaro e al Benincasa di Ancona; ci sono poi 36 iscritti al liceo Rinaldini di Ancona e addirittura 37 allo scientifico di Tolentino. Si tratta di numeri impressionanti, per i quali l’on. Piergiorgio Carrescia (Pd) ha annunciato un’interrogazione parlamentare.

Ma quella dell’incremento di alunni non compensato da un aumento di docenti è ormai storia vecchia: negli ultimi cinque anni, a fronte di una vistosa maggiorazione di iscritti negli istituti pubblici, pari a quasi 100mila alunni, i Governi che si sono succeduti hanno avuto la “faccia tosta” di eliminare quasi 2mila scuole, 200mila posti tra docenti e personale Ata (amministrativi, tecnici ed ausiliari). Con il risultato che quelli che erano nati, durante la gestione Gelmini, come limiti numerici da adottare in casi eccezionali, sono diventati la norma: nella scuola d’infanzia si è passati da 28 a 29 alunni, alla primaria da 25 a 28 ed alle superiori si sono concesse deroghe fino alla presenza di 33 alunni per classe.

Il sovraffollamento delle classi, attraverso uno schema di risoluzione presentato dal senatore Fabrizio Bocchino (M5S), è proprio in questi giorni oggetto di discussione nella VII Commissione permanente (Istruzione pubblica, beni culturali): ieri, 9 luglio, è ripreso l’esame dell’“Affare assegnato”, con l'Esecutivo che ha preso tempo per valutare “alcune richieste di modifica al predetto schema di risoluzione”.

Nella presentazione della risoluzione, il relatore del M5S ha dichiarato che l’alto numero di alunni per aule “comporta inevitabilmente l'inidoneità delle stesse a contenere gli alunni in condizioni di sicurezza, salubrità, igiene e vivibilità”. Considerando anche il mancato assolvimento del pieno diritto allo studio, non soddisfabile in gruppi-classe particolarmente grandi, Bocchino sostiene che “secondo la normativa vigente, in aula non possono essere presenti più di 26 persone, compresi gli insegnanti o l'eventuale ulteriore personale a qualunque titolo presente”. E che, in presenza di alunni disabili, “il numero complessivo dovrebbe essere al massimo di 20, in modo da facilitare i processi di integrazione e d'inclusività”.

Purtroppo, si tratta di parametri sistematicamente elusi. Con il Miur che continua a nascondersi dietro ad un dito, parlando di sforamenti rari e al di sotto l’1%. “Oltre al danno irrecuperabile che si arreca agli studenti - ribatte Marcello Pacifico, presidente nazionale dell'ANIEF e segretario organizzativo Confedir - è grave che si continua a non tenere conto che la scuola italiana ha a disposizione, pronti a subentrare, 150mila docenti precari già abilitati all'insegnamento e vincitori di pubblici concorsi. Invece di utilizzarli, fa di tutto, anche ammucchiando gli alunni nelle classi, per tenerli a debita distanza e risparmiare soldi. Ma è una politica che non paga. Perché prima o poi toccherà ad un tribunale super partes, come quello di Lussemburgo, ristabilire i parametri di un sistema di istruzione degno di questo nome”.

 

20120520 scuole-chiuse-ferrara

Impensabile chiudere le scuole nel mese di settembre per favorire il turismo. Il ministro Gelmini dovrebbe favorire il sapere e agevolare il diritto all’istruzione di tutti gli alunni, se veramente vuole una scuola di qualità, e non pensare alle vacanze degli italiani, costretti, alla disoccupazione e al lavoro straordinario.

E le 200 ore indispensabili di lezione, poi, chi le assicura? Per non parlare dei 215.000 Docenti e Ata supplenti annuali, precari, su posti vacanti e disponibili, che sarebbero contenti di rimanere al mare o in montagna a settembre ma con lo stipendio pagato, e perché no, anche con i soldi di luglio e agosto, visto che il loro contratto si è concluso per un reiterato arbitrio dell’Amministrazione, divenuto consuetudine, poco prima dell’inizio delle vacanze estive, quando le scuole sono ancora impegnate in collegi docenti, delibere e programmazioni. La proposta di legge rappresenta una truffa per il personale precario della scuola e per le famiglie. Speriamo che il ministro smentisca in Parlamento dove è stata chiamata a rispondere.

 

Il comunicato stampa dell’on. Russo (Pd)

RUSSO (PD), LA GEMINI VENGA SUBITO IN COMMISSIONE A DIFENDERE SCUOLA E UNIVERSITA’

PALERMO, 26 MAGGIO - "Considerata l'approvazione di ieri, in Consiglio dei Ministri, della manovra correttiva di finanza pubblica che determina numerose e preoccupanti ripercussioni sul mondo della scuola e dell'università, credo sia utile, oltre che doveroso, poter interloquire con il ministro Gelmini in VII commissione per essere rassicurati e poter rassicurare tutto il personale della scuola oltre  che gli studenti e le relative famiglie." Lo ha detto Tonino Russo, parlamentare nazionale del PD e componente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, rivolgendosi oggi alla presidente Aprea in chiusura dei lavori della commissione.

"Le notizie relative ad un nuovo blocco del turnover, all'aumento dell'età pensionabile e al blocco pluriennale degli stipendi - continua Russo - riguardano direttamente le competenze e i lavori della nostra commissione. Per questo, ancor prima dell'esame di merito dei provvedimenti, mi aspetto che il ministro senta il dovere di incontrarci per fare, magari, fronte comune in difesa di scuola e dell’università, delle quali il ministro dovrebbe pur sempre rimanere il principale difensore".

"L'occasione, -ha concluso il parlamentare del PD - potrebbe essere utile anche per fugare le preoccupazioni di chi crede che il rinvio dell'inizio dell'anno scolastico al 1 ottobre danneggerebbe soltanto la didattica, le abitudini e le necessità delle famiglie che normalmente hanno genitori che lavorano. Infine, servirebbe a tranquillizzare i docenti precari che dall’attuazione del proposito rischierebbero di vedersi sottratto un ulteriore mese di stipendio".