Gli ultimi dati Invalsi ci dicono che il gap di competenze tra allievi del Centro-Nord e del Meridione si sarebbe attenuato, ma non illudiamoci: il divario strutturale rimane alto, fino a 40 punti, e non potrà mai risolversi spontaneamente. Marcello Pacifico (Anief-Confedir): servono interventi mirati, come introdurre un organico maggiorato di docenti, ridurre gli alunni per classe, garantire il tempo pieno e un miglior orientamento, puntare su forme valide di alternanza scuola-lavoro come quella di Bolzano o il modelle tedesco. E laddove mancano le aziende si investa sul patrimonio culturale e turistico.
La stima è del sindacato Anief: la provincia di Pavia ha calcolato una mancata spesa di 500mila euro l’anno per il risparmio di trasporti, riscaldamenti, luce a altro. Se si estendesse la stessa cifra alle altre 108 province si arriverebbe a 50 milioni. Ed altrettanto risparmierebbero i Comuni.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): così si scavalcano gli organi collegiali delle scuole, che su questo genere di decisioni hanno la priorità. Come non si tiene conto che per milioni di famiglie può essere un problema avere a casa i figli per 33 giorni in più l'anno. Abbiamo poi il timore che possa essere non solo una prevaricazione derivante dagli scellerati tagli del Governo agli enti locali, ma un ulteriore passo verso un’istruzione sempre più compressa.
Il dato emerge da un approfondimento del dossier nazionale di Tuttoscuola sulla ‘Dispersione nella scuola secondaria superiore statale’: l’insuccesso scolastico concorre in modo considerevole alla dispersione, perché dei 305mila ragazzi che nel periodo 2009-2014 sono stati respinti almeno una volta più della metà ha lasciato i banchi di scuola. Marcello Pacifico (Anief-Confedir): è la riprova che nelle zone deprivate, senza servizi e più a rischio abbandoni, come Sicilia e Sardegna, occorrono organici maggiorati di docenti e personale Ata.
Uno studente delle scuola superiore che non viene ammesso alla classe successiva ha più possibilità di lasciare la scuola che di continuarla e portarla a termine: è quanto sostiene la rivista Tuttoscuola attraverso il dossier nazionale sulla ‘Dispersione nella scuola secondaria superiore statale’, che ha indagato sulle possibili cause che nell’ultimo quinquennio hanno determinato l’abbandono del percorso d’istruzione e di formazione di 167mila studenti. Da un approfondimento realizzato dalla rivista specializzata risulta, infatti, che praticamente tutti i ragazzi che hanno abbandonato gli studi superiori nel corso quinquennio 2009-2014 sono passati per almeno una bocciatura.
“Nel medesimo periodo – scrive Tuttoscuola – dal 1° al 4° anno di corso vi sono stati circa 305mila bocciature, un dato ricavato applicando al numero degli studenti di ogni anno di corso la percentuale dei respinti riportata negli annuali Focus sugli scrutini finali pubblicati dal Miur”. I ricercatori hanno dedotto “che è improbabile che vi siano stati abbandoni tra gli studenti con successo scolastico, cioè promossi, quei 167mila che risultano dispersi dopo il quarto anno di corso vanno ricercati in larga parte tra i 305mila studenti che hanno subito bocciature lungo il percorso”.
“Si può ritenere attendibilmente che tra i 305mila che hanno subito bocciature, 167mila (55%) hanno abbandonato, mentre gli altri 138mila (45%) sono rimasti a scuola e non hanno lasciato”. La conclusione di Tuttoscuola non ammette repliche. “I numeri confermano: l’insuccesso scolastico concorre in modo considerevole alla dispersione”.
Il dossier nazionale sulla dispersione alle superiori conferma quanto Anief sostiene da tempo: lo Stato ha il dovere di non abbandonare i giovani che frequentano la scuola in territori difficili, dove l’arretratezza culturale delle famiglie unita alla scarsità di servizi e a un inadeguato sostegno sociale spesso prevalgono sui valori trasmessi dalla scuola e dalle figure formative. Così, tantissimi giovani, oltre il 40 per cento in province come Caltanissetta e Palermo, sono oggi ancora condannati a lasciare i banchi prima del tempo.
“Per limitare questi numeri di abbandoni scolastici da mondo arretrato – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – il nostro sindacato torna a chiedere pubblicamente al Governo che stanzi finanziamenti ‘ad hoc’ per favorire un orientamento scolastico adeguato: i giovani, soprattutto a 14 anni, hanno bisogno di essere guidati, di comprendere qual è la loro strada formativa e professionale da intraprendere. Soprattutto quando non c’è una famiglia ed un contesto sociale in grado di dare indicazioni”.
“Ecco perché – continua Pacifico – per risollevare il Meridione, in particolare Sicilia e Sardegna, dove gli abbandoni sono da record, servirebbero degli organici maggiorati di docenti e personale Ata: il calo demografico degli ultimi anni, che nelle aree meridionali ha avuto maggiore consistenza, ha invece determinato il processo inverso”.
Tra il 2007 e il 2012 le amministrazioni comunali del Sud hanno infatti riservato all'istruzione sempre meno risorse (-13%), mentre per gli stessi capitoli i Comuni delle Regioni centrali e del Nord hanno rispettivamente la spesa del 4% e dell’8%. Abbiamo poi assistito alla riduzione di insegnanti che operano nelle stesse aree del Paese: per il prossimo anno scolastico, infatti, il Miur ha previsto la cancellazione di 14 cattedre in Abruzzo, 58 in Basilicata, 183 in Calabria, 387 in Campania, 33 in Molise, 340 in Puglia, 27 in Sardegna. La riduzione non risparmia l’area dell’handicap: negli ultimi anni il numero di docenti di sostegno che operano nel Meridione si è ridotto sensibilmente, con la sparizione di oltre 4mila posti di cui 2.275 solo in Sicilia e 900 in Campania.
“A fronte di questi numeri è evidente che occorrono interventi decisi e mirati. Un intervento importante, ma questo su scala nazione, sarebbe quello di estendere l’obbligo formativo a 18 anni, con l’avvio anticipato a 5. Oltre che – conclude il sindacalista Anief-Confedir – introdurre una vera riforma dell’apprendistato, con gli studenti dai 15 anni un su coinvolti in forme di alternanza scuola-lavoro, remunerate, fino alla maturità”.
La sensibile riduzione mantenuta in vita malgrado la Consulta, con sentenza 147/2012, avesse espresso parere contrario a soppressioni e accorpamenti di istituti scolastici autonomi. In assenza di accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni, valgono ancora i parametri stabiliti dal D.P.R. 233/98 (scuole da 500 a 900 alunni, con deroghe a 400 su territorio per un terzo montano, 300 per territorio montano e piccole isole) e non quelli culminati nella Legge Tremonti-Gelmini 111 del 2011 che ha fissato l'obbligo di accorpamento in istituti comprensivi di scuole d'infanzia, primaria e medie con meno di mille alunni.
Marcello Pacifico (Anief-Confedir): la nostra battaglia legale contro la soppressione illegittima di migliaia di scuole non si ferma, difenderemo sino all’ultimo i diritti dei lavoratori, degli studenti e delle famiglie danneggiate. Soprattutto in Sicilia e Sardegna, dove malgrado l’alto numero di alunni “dispersi” il dimensionamento è stato più severo. Già diversi Tar e il Consiglio di Stato hanno dato ragione al sindacato.
Il prossimo anno scolastico si aprirà con 8.094 presidi, circa 2.100 in meno rispetto al 2011/12, quando erano 10.211: il dato ufficiale è contenuto nel decreto del Miur contenente il contingente dei dirigenti scolastici assegnati ad altrettante scuole autonome dal prossimo 1° settembre. Il sensibile decremento di istituzioni scolastiche si deve alla lunga serie di cancellazioni e accorpamenti introdotti nell’ultimo triennio, ma soprattutto alla Legge Tremonti-Gelmini 111/2011 che ha introdotto parametri minimi di iscritti spiccatamente più elevati rispetto al passato. Con il risultato di produrre una lunga serie di sparizioni e fusioni di istituti, che hanno ridotto drasticamente la qualità dell’offerta formativa italiana.
Anief ricorda che è particolarmente grave che questo processo non solo non si sia arrestato, ma che non fossero state ripristinate le sedi scolastiche autonome illegittimamente tagliate o accorpate: nel frattempo, infatti, la Corte Costituzionale, attraverso la sentenza 147 del 2012, ha ritenuto "costituzionalmente illegittimo" l'articolo 19, comma 4, del decreto legge 98 del 2011, poi legge 111/2011, proprio nella parte che fissava l'obbligo di accorpamento in istituti comprensivi delle scuole dell'infanzia, elementari e medie che per acquisire l'autonomia sarebbero dovuti "essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche".
Un concetto ribadito dal Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2032/2012, che ha chiesto al Miur anche appositi decreti per motivare la ripartizione squilibrata, sistematicamente a danno del Meridione, degli organici dei docenti riguardanti gli ultimi tre anni: uno studio dell’Anief ha evidenziato che in tredici anni si è passati dal rapporto 1 a 5 al rapporto 1 a 7 tra sedi direzionali e plessi decentrati o istituti accorpati. Con il 66,5% dei tagli delle scuole autonome che è avvenuto al Sud-Isole, proprio dove è più alto il tasso di abbandono dei banchi. In particolare, in Sicilia e Sardegna sono state tagliate due scuole autonome su tre, nonostante gli alti e allarmanti numeri sulla dispersione scolastica riscontrati proprio nelle due isole maggiori.
A dispetto delle decisioni dei giudici, nell’ultimo biennio abbiamo assistito ad un abbattimento notevole di plessi e scuole autonome: solo nel 2012 sono stati cancellati in maniera illegittima 1.567 sedi amministrative (scuole autonome) di circoli didattici, istituti comprensivi e medie. Nell’anno che si sta concludendo, con il D.M. 573/2013 sono stati assegnati 8.047 dirigenti e Dsga per dirigere e amministrare 57.216 plessi scolastici, ma la rete delle scuole autonome è stata decisa ancora una volta dalle Regioni sulla base di una legge (111/11) che è stata dichiarata in parte incostituzionale nel dimensionamento delle scuole elementari e medie (art. 19, c.4) e in parte rimane valida soltanto per il corrente anno scolastico per le reggenze delle scuole superiori (art. 19, c. 5).
Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, aveva denunciato l’illegittimità di questo processo nel settembre 2012 e nel gennaio 2013, scrivendo anche di suo pugno ai Governatori. Ma invano. Poi, nell’ottobre 2013 aveva chiesto modifiche al decreto legge sulla scuola. Anche questa richiesta non ha avuto effetti, costringendo così il sindacato – in difesa degli interessi di famiglie e personale docente e Ata – a rivolgersi ai tribunali. E proprio i tribunali, ad iniziare da quelli del Lazio e della Sardegna, nel corso di quest’anno scolastico hanno dato ragione sempre più ai ricorrenti, proprio in assenza di risposte coerenti e legittime dei Governatori.
“La Consulta – commenta Marcello Pacifico, presidente dell'Anief – oltre a ripristinare il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, aveva inviato un chiaro segnale al Governo e all’amministrazione scolastica: bisognava ritenere illegittima la norma della Legge 111 del 2011 che fissava l'obbligo di accorpamento in istituti comprensivi di scuole d'infanzia, primarie e medie con meno di mille alunni. L’Anief difenderà sino all’ultimo i diritti dei lavoratori, degli studenti e delle famiglie danneggiate. Per questo abbiamo attivato le procedure per ricorrere al Tar del Lazio e ottenere giustizia”.
Anief ritiene che siano stati violati i criteri per l’assegnazione dell’autonomia disposti dal D.P.R. 233/98 oggi ancora in vigore (scuole da 500 a 900 alunni, con deroghe a 400 su territorio per un terzo montano, 300 per territorio montano e piccole isole), anche per l’accordo mai raggiunto, in sede di Conferenza Stato-Regioni, per la definizione di nuovi parametri. Non aver adottato questi parametri, ma il dimensionamento illegittimo derivante dai piani di razionalizzazione (L. 244/2007, L. 133/2008, L. 111/11, L. 135/12), ha prodotto, negli ultimi sei anni, non solo la sparizione di migliaia di scuole, ma anche di circa 200mila tagli di posti, tra docenti e personale Ata. A proposito del personale non docente, l'Anief ha calcolato che solo nell'ultimo triennio sono stati cancellati 44.500 Ata. Cui vanno aggiunti 2.395 direttori dei servizi generali e amministrativi: in tutto 47mila posti in meno, che corrispondono ad un quinto del totale degli Ata.
Per salvaguardare la titolarità di tutto il personale perdente posto, ma anche i diritti degli alunni e delle rispettive famiglie, cui viene negata senza logica la frequenza dell'istituto scolastico prescelto, Anief continua a tenere aperta la possibilità di ricorrere: basta scrivere a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Tuttoscuola: dei 2milioni 900mila ragazzi dispersi negli ultimi 15 anni in buona misura si sono perse le tracce. L’andamento è confermato sul breve periodo: dei 180mila studenti che hanno lasciato i banchi nel 2012, di almeno 110mila non si hanno notizie sul fronte formativo o professionale. E il costo sociale è altissimo: 32,6 miliardi di euro l’anno. Secondo l'Istituto Toniolo nel 75% dei casi non sono felici: vivono una condizione che mescola frustrazione personale e risentimento sociale. Marcello Pacifico (Anief-Confedir): stiamo aspettando da tempo una politica che guardi da vicino alle esigenze dei giovani. Le priorità sono un orientamento scolastico migliore, l’estensione dell’obbligo fino a 18 anni e una vera riforma dell’apprendistato che migliori il collegamento tra scuola e privato.
Il fenomeno crescente dei Neet, gli oltre due milioni di giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano (uno su quattro di quella fascia di età), ha le sue radici principali nell’abbandono scolastico: il dato emerge dal dossier ‘Dispersione nella scuola superiore statale’ realizzato dalla rivista Tuttoscuola e reso pubblico in questi giorni. “Dei 2milioni 900mila ragazzi dispersi negli ultimi 15 anni – si legge nel rapporto – in buona misura sono diventati Neet: solo circa 700 mila di quei 2,9 milioni di ragazzi (cioè 1 su 4) ha continuato gli studi fuori dalla scuola statale o ha trovato lavoro”.
L’andamento è confermato anche sul breve periodo: “si può calcolare – spiega Tuttoscuola – che di quei circa 180 mila studenti dispersi che nel 2012 hanno lasciato in anticipo i percorsi statali di istruzione, accontentandosi della semplice licenza media, 5-8 mila hanno lasciato dopo il conseguimento della qualifica negli istituti professionali/istituti d’arte, 50-60 mila sono passati a istituti non statali o a corsi di formazione professionale, ma i restanti 110-120 mila non hanno continuato alcun percorso formativo e risultano effettivamente dispersi”.
Gli ultimi dati Istat, riferiti sempre all’anno 2012, dicono che la situazione è sopra il livello di guardia: “in Italia la quota di Neet è di molto superiore a quella della media europea (23,9 e 15,4 per cento rispettivamente), e va dall’11,6% della provincia di Bolzano al 37,7% della Sicilia (dati): l’incidenza dei Neet in Italia è significativamente più alta rispetto ai principali paesi europei quali la Germania (9,7 per cento), la Francia (14,5 per cento) ed il Regno Unito (15,5 per cento) e più simile a quella della Spagna (21,1 per cento)”.
Per lo Stato italiano “il costo sociale è enorme: secondo Confindustria è stimabile in 32,6 miliardi di euro l’anno, e se questi giovani inattivi entrassero nel sistema produttivo nazionale si guadagnerebbero più di 2 punti di Pil. Il divario – continua Tuttoscuola – nasce proprio dall’elevato numero di ragazzi che non completa il percorso secondario superiore, oltre che dalla debole capacità del mercato di lavoro di assorbire giovani, tanto più se non qualificati”.
Del resto, quello del mancato conseguimento della maturità è un problema endemico: nel 2011 solo il 56 per cento della popolazione italiana nella fascia di età 25-64 aveva concluso un ciclo di scuola secondaria superiore, contro il 75 per cento della media Ocse: il divario rimane, ancorché più contenuto, anche tra le coorti più giovani (71 contro 82 per cento nella fascia di età 25-34 anni), come ha ricordato di recente il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco.
Inevitabile la conclusione dei ricercatori: se è difficile trovare lavoro per chi ha raggiunto solo il diploma secondario superiore (il 28% rimane disoccupato), figurarsi quali sono le prospettive di coloro che neanche ci arrivano, non a caso ben il 45% di coloro che sono in possesso della sola licenza media sono disoccupati.
Questi ragazzi che non studiano e non lavorano, inoltre, sono anche molto più infelici dei loro coetanei: a sostenerlo, sempre in questi giorni, è stato il Rapporto Giovani, indagine curata dall'Istituto Toniolo in collaborazione con Ipsos e condotta tra fine 2013 e inizio 2014 su un campione di 2.350 giovani di età 19-29 anni: mentre i "non Neet" si dichiarano abbastanza o molto felici in misura di tre su quattro, tra i Neet il valore precipita. Oltre uno su tre tra le donne e quasi uno su due tra gli uomini si dichiara per nulla o poco felice.
Secondo Alessandro Rosina, tra i curatori di questa seconda indagine, “nel perdurare della crisi economica, in combinazione con la cronica carenza di politiche attive, questo segmento della popolazione rischia non solo di allargarsi sempre di più ma anche di scivolare sempre più in profondità in una condizione che mescola frustrazione personale e risentimento sociale. La politica, soprattutto su questa fascia di giovani, deve agire in tempi brevi e in modo incisivo".
Per frenare questo andamento, ormai cronico, Anief è sempre più convinta che il Governo italiano debba intervenire con forza per convertire a tempo indeterminato tutti i contratti a termine superiori ai tre anni, nel rispetto della direttiva comunitaria. Nel nostro Paese si sono penalizzati anche coloro che hanno investito negli studi: è esemplare quanto sta accadendo nella scuola, dove ci sono circa 150mila docenti precari nelle graduatorie ad esaurimento, di cui la gran parte con oltre 36 mesi di servizio alle spalle. Non ci dobbiamo scandalizzare, poi, se nell’ultimo decennio il numero di immatricolati alle università è sceso da 338mila a 269mila studenti, ovvero del 20,6 per cento in meno rispetto al 2003. Il blocco del turn over e dei salari ha fatto il resto.
“Purtroppo, in Italia stiamo aspettando da tempo una politica che guardi da vicino alle esigenze dei giovani – dice Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir –, le cui decisioni devono essere bene indirizzate attraverso un orientamento scolastico all’altezza. Soprattutto nelle aree a più rischio abbandoni. Serve poi l’estensione dell’obbligo formativo sino a 18 anni, con l’avvio anticipato a 5 anni. Ma anche l’approvazione di una vera riforma dell’apprendistato, che coinvolga i giovani a partire dai 15 anni e crei delle forme di alternanza scuola-lavoro nel triennio finale delle superiori”.
“Un maggiore collegamento con le aziende permetterebbe ai nostri ragazzi, come avviene in Germania, di specializzarsi prima di avventurarsi nella ricerca del lavoro. Anche perché la crisi ha messo alle strette anche il comparto privato: stretto tra riduzione del volume di affari, tassazione record e mancati pagamenti da parte dell’amministrazione pubblica, le aziende non riescono più a garantire – conclude il rappresentante Anief-Confedir – quel ricambio generazionale lavorativo necessario per togliere i nostri giovani dalla condizione di Neet”.