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Pacifico (Anief-Confedir): abbiamo un'organizzazione del corpo insegnante da terzo mondo. Facciamo i concorsi, scegliamo i migliori, si abilitano ma poi non vengono assunti.

L'Italia detiene gli insegnanti non solo peggio pagati dell'area Ocse, ma anche i più vecchi: l'impietosa conferma è arrivata oggi con il nuovo rapporto 'Education at a glance'. Nel rapporto si spiega che nel 2011 il 47,6% dei docenti elementari, il 61% di quelli delle medie inferiori e il 62,5% di quelli delle superiori aveva oltre 50 anni. Ma ciò che preoccupa ancora di più è questo resoconto, emesso sempre dalla importante organizzazione parigina: ''negli ultimi anni un numero decisamente limitato di giovani adulti è stato assunto nella professione di insegnante''.

Anief ritiene che il Governo italiano non può continuare a rimanere indifferente di fronte a certe indicazioni. Del resto si tratta di una normale conseguenza degli scellerati provvedimenti presi dagli esecutivi che si sono susseguiti a partire dal 2006. E serve un cambio di direzione.

"Stiamo pagando un conto salatissimo - spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per la scuola e i quadri - iniziato con il taglio degli organici, che ha cancellato 200mila posti in 6 anni, è continuato con il blocco del turn over e si è concluso con lo stop al rinnovo degli scatti e degli stipendi. Il risultato, al di là dei freddi numeri, è che oggi i nostri alunni si ritrovano davanti insegnanti anziani, stanchi e demotivati. Mentre i giovani vengono lasciati fuori, tanto è vero che anche quando sono abilitati e meritevoli si ritrovano ad entrare in ruolo ormai alle soglie dei 50 anni".

"Basta dire, a tal proposito, - continua il sindacalista Anief-Confedir - che solo una minima parte di coloro che conseguiranno l'abilitazione questa estate con i Tfa speciali avrà la possibilità di accedere al ruolo entro qualche anno. Mentre, se va bene, appena la metà dei vincitori del concorso a cattedra verranno assunti. E che dire degli oltre 200mila già abilitati da anni, inseriti nelle graduatorie, destinati a fare i supplenti chissà ancora per quanto? Non è un caso che il loro numero corrisponda a quello dei tagli agli organici degli ultimi sei anni...".

L'Ocse ha anche sottolineato che il gap stipendiale a inizio carriera (29.418 dollari per un prof italiano, contro 31.348 di media dei 34 membri dell'organizzazione), diventa sempre maggiore con il procedere dell'esperienza lavorativa: 36.928 dollari per un prof italiano con 15 anni di anzianità, contro 41.665 di media Ocse.

"Questo è un altro dato molto indicativo - prosegue Pacifico - che ci dice come la limitatezza del potere d'acquisto degli stipendi medi dei nostri insegnanti sia sempre più evidente. Basta dire che l'ultima indagine Ocde quantificava la forbice a fine carriera in 8mila euro. Con la tendenza attuale diventerà molto più grande. Ma non poteva andare diversamente, visto che con la riforma Fornero la carriera non sarà più di 35 anni di contributi, ma di 42 anni".

 

Invece di spiegare come stanno le cose, i sindacati si autoesaltano per un mini-accordo che porterà 50 euro a lavoratore. Dimenticando che quegli stessi fondi destinati ai progetti a miglioramento della didattica erano stati saccheggiati per salvare gli scatti di anzianità: un’operazione che il Governo Letta potrebbe tra l’altro anche vanificare, qualora approvasse la proroga del blocco sino a tutto il 2014.

Dopo aver recuperato gli scatti di anzianità tagliando i fondi destinati al Mof e riducendo al minimo le attività di supporto alla didattica, i sindacati rappresentativi firmano un accordo che non cambia la sostanza delle cose. Anzi per certi versi le peggiora. Anief ritiene ingiustificata, pertanto, la soddisfazione espressa dalle organizzazioni sindacali - in particolare da Cisl, Snals e Gilda - per l’accordo sulla ripartizione delle economie sul Fis-Mof 2011/12 (40.670.000 euro) e sulla pratica sportiva 2012/13 (3.104.000 euro).

Si fa presto a dire che si è centrato un obiettivo rendendo pubbliche le cifre complessive. Ma andando a fondo l’accordo si scopre che c’è poco da esultare: il nostro sindacato ha infatti calcolato che in media la scuola primaria e secondaria di primo grado (le destinatarie principali dell’accordo) riceveranno in media circa 4mila euro per implementare il fondo d’istituto. Ora, considerando che gli organici delle scuole italiane è composto da almeno 40-50 unità, tra personale docente e Ata, ad ognuna di queste andranno (qualora si operasse una suddivisione equa) non più 100 euro lordi. Quindi 50 netti. La domanda è d’obbligo: dov’è il grande risultato raggiunto dai sindacati?

Ma il punto è anche un altro. Perché la sottoscrizione dell’accordo ha riportato nel Mof degli istituti una parte di fondi che per contratto dovevano essere loro destinati (come previsto dal contratto nazionale di lavoro), ma che attraverso la Legge 122/2010 sono andati a finanziare gli scatti di anzianità del personale. Quegli stessi scatti che ora il Governo Letta, su indicazione del precedente esecutivo guidato da Mario Monti, vuole rimettere in discussione bloccando contratti e aumenti stipendiali fino a tutto il 2014.

“Come si fa a dire che questo accordo rende giustizia ai lavoratori della scuola?”, si chiede Marcello Pacifico, presidente Anief. “Vedersi assegnare un’elemosina per un progetto realizzato lo scorso anno scolastico non è paragonabile al danno ricevuto di rinviare di almeno un anno gli scatti stipendiali. E la cui assegnazione potrebbe, tra l’altro, venire meno qualora il Governo non dovesse trovare la copertura economica rimanente. Un sindacato serio queste cose le deve dire. Anziché – conclude Pacifico - parlare di risultato importante a vantaggio dei lavoratori”.

 

Pubblicata la “classifica” del costo medio dei dipendenti dei ministeri: con 39.436 euro, le retribuzioni degli insegnanti e del personale del Miur sono di gran lunga le più basse. La minore spesa, derivante dai tagli agli organici, blocco del turn over e dal blocco del contratto, ha prodotto una riduzione delle spese per il personale del 2,21%, pari a 1.689.941.000 euro. Pacifico (Anief-Confedir): ora è ufficiale, gli effetti dei tagli al pubblico impiego hanno portato solo a un impoverimento dei suoi dipendenti e ad un ridimensionamento progressivo dei servizi offerti.

Nel pubblico impiego c’è una categoria professionale che più delle altre ha motivo di lamentarsi per avere a fine mese delle buste paga sempre più modeste: sono gli insegnanti e il personale del Miur, i quali nel 2012 hanno percepito mediamente 39.436 euro, contro i 43.533 dei colleghi del ministero del Lavoro, i 48.296 di quelli del ministero delle Politiche agricole e i 57.799 euro del ministero della Salute. La “classifica” è stata realizzata dalla Ragioneria generale dello Stato, che ha anche rilevato una riduzione complessiva per la spesa dei dipendenti pubblici del 2,21%.

Si tratta di un risparmio considerevole, che corrisponde a 1.689.941.000 di euro, alla cui formazione hanno contribuito “in modo determinante – ha spiegato la Ragioneria generale – i costi per le retribuzioni che presentano una contrazione del 2,13%, pari a 1.590.181.000 di euro. E su questo capitolo di spesa pesa tantissimo il risparmio - derivante dai tagli agli organici, blocco del turn over e dal blocco del contratto – applicato “al Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, che pur presentando una riduzione poco significativa a livello di amministrazione (1,92%), riconducibile ad una diminuzione degli anni-persona, incide significativamente sul totale costi delle Amministrazioni centrali”.

Secondo il sindacato, queste indicazioni dimostrano che lo Stato italiano ha deciso di far quadrare i conti, applicando una rigorosa stagione di spending review, principalmente sulla “pelle” dei dipendenti pubblici. Ma, in particolare, facendo pagare il prezzo più salato di questa azione ai lavoratori della scuola. E, per riflesso, alla qualità del servizio di istruzione che ne deriva.

“I risparmi di spesa, piuttosto che essere indirizzati sui costi della politica, sulle consulenze e sugli strumenti che forniscono i servizi – sostiene Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir per la scuola e i quadri – si abbattono orami sistematicamente per una precisa scelta dei governanti sugli stipendi del personale del pubblico impiego. Che, infatti, dal 2010 sono stati bloccati. Ma i veri ‘agnelli sacrificali’ sono gli insegnanti ed il personale non docente della scuola, a cui la legge ha sottratto gli scatti automatici, i quali corrispondono alla loro unica strada per accedere a degli incentivi legati alla carriera”.

Su proposta del Governo Monti, in questi giorni il Parlamento sta verificando la possibilità di prorogare il blocco degli stipendi pubblici sino a tutto il 2014. Grazie all’azione della Confedir, però, in settimana la Commissione Affari Costituzionali del Senato ha mosso seri dubbi di applicabilità di questa operazione. Anche sulla scorta delle censure mosse dalla Corte Costituzionale, che con la sentenza n. 223 dell’ottobre del 2012 ha messo in evidenza come i sacrifici onerosi imposti dal legislatore, caratterizzati dalla necessità di recuperare l’equilibrio di bilancio in momenti delicati per la vita economico-finanziaria del Paese, non debbano mai travalicare il carattere originario di eccezionalità e temporaneità dell’intervento proposto.

È significativo che sempre la Commissione Affari Costituzionali di palazzo Madama abbia auspicato “che la presente proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali costituisca l'ultimo intervento di contenimento di spesa a discapito di una categoria sociale - quella dei dipendenti pubblici - già fortemente colpita da un progressivo processo di oggettivo impoverimento”.

“Purtroppo l’impoverimento rilevato dai senatori – conclude Pacifico – è lo stesso rilevato dalla Ragioneria generale dello Stato: è evidente che ormai gli effetti dei tagli al pubblico impiego si sono tradotti solamente in un ridimensionamento progressivo degli stipendi dei suoi dipendenti e dei servizi offerti”.

 

Pacifico (Anief-Confedir): è un passaggio ineludibile per garantire il tempo pieno e rilanciare l’apprendistato.

“Aprire le scuole al territorio, lasciando che vengano frequentate il pomeriggio, sino alla sera, non è un’impresa facile: se anche il ministro Carrozza non vuole limitarsi alla politica degli annunci dei suoi predecessori, allora provveda a ripristinare gli organici dell’anno scolastico 2005/06”. A sostenerlo è Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alla scuola e ai quadri, dopo che il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza è tornato a ribadire la volontà di vincere la dispersione cominciando “a tenere aperte le scuole anche di pomeriggio”.

“L’unico modo per tornare ad un modello di scuola valido e competitivo – sostiene Pacifico – è quello di ripristinare quel tempo pieno e prolungato che tutto il mondo ci invidiava prima che il duo Gelmini-Tremonti lo cancellasse attraverso la legge 133 de 2008. Contemporaneamente, occorre promuovere una seria riforma dell’apprendistato. Solo in questo modo, con queste due novità, sarà possibile tornare a dare alla scuola il ruolo centrale di formazione delle nuove generazioni e di apprendimento permanente per gli adulti”.

Il sindacato ritiene giusto aprire gli istituti scolastici di pomeriggio, facendoli così diventare dei poli di riferimento e di crescita per la cittadinanza. Ma occorrono strumenti, risorse ed un’adeguata quantità di personale. Mentre negli ultimi cinque anni sono stati tagliati 200mila docenti e Ata. Senza di loro sarebbe impossibile organizzare dei turni, anche solo di didattica alternativa, di assistenza e sorveglianza, oltre l’attuale orario curricolare.

Pensare di procedere verso un rilancio del settore dell’istruzione, senza rivedere un’organizzazione diversa in termini di risorse e strumenti, comporterebbe invece un sicuro fallimento. Lo stesso che ha portato negli ultimi anni a ridurre sensibilmente sia il tempo scuola curricolare, sia quello extra curricolare, limitando sempre più le iniziative di accompagnamento di crescita degli alunni. E rimandando, nel contempo, il progetto di miglioramento delle esperienze di apprendistato, passaggio ineludibile per il salto qualitativo del sistema di alternanza scuola-lavoro.

“Tutte le ricerche realizzate per ridare slancio all’occupazione – continua Pacifico – passano per una formazione di alto livello, arricchita da esperienze di lavoro. È l’unico modo per combattere quella piaga della disoccupazione, che tra i giovani ha toccato il 40%. Per questi motivi – conclude il rappresentante Anief e Confedir - il sindacato si attende dal Ministro che il primo vero provvedimento a favore della scuola sia quello di tornare agli organici di otto anni fa: passaggio ineludibile per un apprendimento delle competenze finalmente adeguato al mercato professionale moderno”.