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Lotta all'abuso dei contratti a termine; uguaglianza di accesso per uomini e donne; investimenti per educazione scolastica, apprendistato, ricerca universitaria e patrimonio culturale. Ma non serve modificare la Costituzione.

Nel giorno della Festa della Repubblica italiana, Anief e Confedir indicano al Governo la strada per recuperare il senso e il fine della sua stessa ragion d’essere: il diritto al lavoro. Perché il lavoro è un diritto-dovere, l'essenza stessa della nostra italianità ovvero della nostra umanità. E la Repubblica deve rimuovere ogni ostacolo che si frappone alla sua ricerca e al suo accesso. Per tornare ad essere un Paese competitivo occorre allora prima di tutto invertire la tendenza dei sempre più preoccupanti dati Istat sulla disoccupazione, con il numero di chi cerca lavoro che in cinque anni è quasi raddoppiato, attestandosi all'11,7% e sfiorando il 40% tra i più giovani.

Sono tre i passaggi chiave da attuare per salvare il lavoro: rimuovere tutti gli ostacoli per la sua ricerca, promuovendo sanzioni severe contro l'abuso dei contratti a termine; garantire l'uguaglianza sostanziale dei cittadini nel suo accesso e nelle pari opportunità tra uomini e donne, sempre nel rispetto del merito; investire nell'educazione scolastica, nell'apprendistato, nella formazione e nella ricerca universitaria iniziando con l’approvazione di un vasto piano di sviluppo economico legato al patrimonio culturale.

“Solo promuovendo questi tre percorsi, attraverso il sostegno normativo e le risorse necessarie – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e delegato Confedir alla scuola e ai quadri – sarà possibile pianificare uno stato sociale che tenga conto dei diritti democraticamente acquisiti. E attuare quel patto generazionale che, dalla sanità alla previdenza, rispetti e non sovverta i principi costituzionali”.

“In questo giorno particolare – continua il sindacalista Anief-Confedir –, di fronte alla perdita del potere di acquisto degli stipendi giunto ai livelli di venticinque anni addietro, al progressivo aumento dell'età pensionabile con assegni ridotti della metà, l’impennata della disoccupazione giovanile e gli alti tassi di abbandono degli studi, bisogna riflettere seriamente. Ed impegnarsi a trovare soluzioni che non mortifichino gli ideali su cui si fonda la Repubblica. Perché più che modificare la Costituzione, rischiando di tradirne valori e capisaldi, bisogna pensare – conclude Pacifico - a programmare la crescita del Paese”.

 

Dimensionamento – Anief: non c’è nulla di che essere soddisfatti, come stanno facendo alcuni sindacati: il prossimo anno si perderanno altre 500 scuole e migliaia di docenti e Ata verranno collocati in soprannumero. Si tratta di provvedimenti illegittimi, perché derivanti dalla sparizione o dall’accorpamento di istituti che per la Corte Costituzionale dovevano rimanere autonomi: per questo li impugneremo.

Altro che sedi scolastiche recuperate: l’unica verità è che il prossimo anno avremo altri 500 istituti in meno. E rispetto al periodo precedente all’approvazione della Legge 111/2011 sul dimensionamento, ne mancano all’appello almeno 1.400. Anziché battersi in tutte le sedi per disapplicare quella norma che obbliga a chiudere o accorpare gli istituti con meno di mille alunni, perché bocciata dalla sentenza della Consulta n. 147 del 7 giugno 2012, nelle ultime ore alcuni sindacati hanno assunto quasi posizioni di conquista. Come se lo Stato avesse deciso finalmente di rispettare le proprie leggi sulla formazione degli istituti scolastici, mai decadute, a partire dai criteri previsti dal D.P.R. 233 del 18 giugno 1998.

“In tempi non sospetti, all’inizio del corrente anno scolastico – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief - avevo scritto ai Governatori delle Regioni richiamandoli al rispetto dei criteri generali fissati dal quel D.P.R. e dal D.P.R. 81/09 sulla materia concorrente con lo Stato nella rideterminazione della rete scolastica. Ma le Regioni non ne hanno voluto sapere: invece di riattivare i vecchi decreti assessoriali emanati prima dell’applicazione della norma cancellata dal nostro ordinamento, hanno disposto dei provvedimenti illegittimi, sia perché basati su parametri reputati incostituzionali sia perché prodotti in modo unilaterale. Dimenticando infatti, prima di approvarli, di consultare lo Stato”.

A rendere ancora più drammatica la situazione è che assieme alla sparizione degli istituti autonomi, proprio in questi giorni migliaia di docenti e Ata stanno ricevendo (o presto riceveranno) la comunicazione di soprannumerarietà a seguito dell’incrocio delle graduatorie d’istituto, appena pubblicate, con i dati in ribasso riguardanti gli organici del prossimo anno scolastico. Vale la pena ricordare che questo stato, l’essere considerati in soprannumero, comporta, a seguito dell’approvazione della spending review, l’obbligo ad essere trasferiti d’ufficio, su posti vacanti, ma qualora questi non vi siano nella propria provincia di titolarità, anche in una regione diversa rispetto a quella di appartenenza. E per chi si oppone scatterà anche la “punizione”: il declassamento professionale o, peggio ancora, la cassa integrazione con rischio di licenziamento.

A tal proposito, Anief conferma che, come già annunciato per i Direttori dei servizi generali ed amministrativi, sta predisponendo i ricorsi avverso tutti quei provvedimenti di dimensionamento che stanno producendo gli illegittimi stati di soprannumerarietà anche per dirigenti scolastici, docenti (compresi gli itp provenienti dagli ex Enti Locali), amministrativi, tecnici e ausiliari.

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DSGA – Il Miur non cambia registro: anche nel prossimo anno scolastico è intenzionato, con l’avallo dei sindacati che siedono al tavolo delle contrattazioni, a collocare in esubero i Direttori dei servizi generali ed amministrativi “vittime” del dimensionamento scolastico da tempo considerato illegittimo dalla Corte Costituzionale. Anief non lo permetterà.

In vista della formazione degli organici del prossimo anno scolastico, Anief invita l’amministrazione scolastica a rivedere la posizione che penalizza i DSGA diventati soprannumerari a seguito del dimensionamento scolastico: la sentenza della Consulta n. 147 del 7 giugno 2012 ha infatti reputato incostituzionale la norma voluta dal Parlamento che ha soppresso almeno 1.500 istituti scolastici: in particolare ha abrogato l'articolo 19, comma 4, del decreto legge 98 del 2011, poi legge 111/2011, nella parte che fissava l'obbligo di accorpamento in istituti comprensivi di scuole d'infanzia, primaria e medie con meno di mille alunni.

Tale abrogazione ha comportato, come noto, il ripristino dei criteri previsti dal D.P.R. 233 del 18 giugno 1998, la cui applicazione garantisce comunque la collocazione di questo personale in uno stato di titolarità. E non di certo il loro posizionamento in esubero. Con tutte le conseguenze, professionali e personali, che ne derivano.

Il Miur, invece, con l’avallo dei sindacati nazionali con cui sta svolgendo la contrattazione, da cui scaturirà il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro sulle utilizzazioni e assegnazioni provvisorie, continua incredibilmente a considerare questi Dsga in posizione di soprannumerarietà. Come se il dimensionamento deciso durante l’ultimo Governo Berlusconi fosse stato legittimo.

"Quella sentenza dei giudici – commenta Marcello Pacifico, presidente dell'Anief - oltre a ripristinare il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, aveva inviato un chiaro segnale verso il Governo. Oltre che verso l’amministrazione. E reso vano il tentativo di calpestare il diritto dei lavoratori, costituzionalmente protetto, al mantenimento del posto. L’Anief non ci sta e difenderà sino all’ultimo i diritti di questa categoria di lavoratori della scuola: il sindacato ha da tempo attivato le procedure per ricorrere al Tar del Lazio e ottenere giustizia”.

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Gli accorgimenti introdotti non cambiano la sostanza: è un errore pensare di valutare il complesso percorso di apprendimento di oltre due milioni di alunni e le performance di migliaia di scuole prendendo come unico riferimento i risultati forniti da test in larga parte nozionistici. Una valutazione seria dovrebbe tenere conto di diversi fattori, ad iniziare da uno studio preliminare del territorio e delle famiglie degli studenti.

Prendono il via domani le prove Invalsi: i primi a cui verranno somministrati i quesiti, 20 domande a cui rispondere in 45 minuti, saranno gli alunni delle seconde e quinte classi della scuola primaria; il 14 maggio sarà la volta degli iscritti alla prima media (30-35 test con un'ora e 15 minuti di tempo a disposizione); il 16 maggio di tutte le classi del secondo superiore (50 domande, un'ora e mezza di tempo). Il 17 giugno, infine, quasi 600mila alunni saranno chiamati ad affrontarli all'interno dell'esame di Stato per conseguire la licenza media (con l’esito che varrà per un sesto del voto d'esame finale).

Le novità introdotte dai responsabili delle prove - più spazio alle domande aperte di matematica per dare la possibilità di rispondere in modo più articolato, per l’italiano quesiti che richiedono una maggiore comprensione complessiva dei testi, in generale test più mirati sulle competenze e meno sulle conoscenze scolastiche – non cambiano il giudizio negativo sull’operazione ministeriale. Anief ritiene che queste verifiche, ereditate dalla tradizione docimologica di altri Paesi, per come sono predisposte e somministrate non servono: non aiutano gli studenti e nemmeno le scuole a migliorarsi. Non si può, infatti, valutare il percorso di apprendimento di un alunno e le performance di una scuola prendendo come riferimento delle variabili fortemente soggettive e tutt’altro che standardizzabili.

Costruire un sistema di valutazione è cosa ben più complessa. E di più ampio respiro. I risultati delle prove Invalsi sarebbero utili solo se “incrociati” con altri descrittori, peraltro ben pregni di significato rispetto agli esiti derivanti dai asettici risultati di test a risposta multipla: questi descrittori, al momento non considerati dall’Invalsi, servirebbero infatti per verificare il punto di partenza delle conoscenze del gruppo classe, gli effettivi strumenti operativi a disposizione di docenti e discenti. Ma anche il grado di cultura delle famiglie di provenienza, le risorse e i servizi offerti dal territorio circostante (in diverse zone d’Italia inesistenti) e il grado di integrazione. Ci fermiamo qui, non perché siano terminati, solo per rimanere ai più importanti.

Solamente attuando una verifica di questo genere, di tipo multi-variabile, di cui la mera didattica è solo una parte del tutto, si consentirebbe dunque di realizzare un sistema di valutazione degno di questo nome. Per il sindacato, insistere invece sul genere di prove riproposte dall’Invalsi, che rimangono in larga parte di tipo nozionistico, non offre quindi quelle indicazioni chiare e sicure che servirebbero a migliorare le nostre scuole e l’apprendimento dei nostri alunni: se non si esce da questo equivoco significa voler insistere su un inutile spreco di energie, soldi e tempo.

Secondo il presidente dell’Anief, Marcello Pacifico “quella di valutare il rendimento dei nostri alunni con test standardizzati è una scelta che contraddice la filosofia educativa approntata e sposata in Italia negli ultimi due decenni, sempre più orientata al ‘saper fare’ e alla centralità dell’alunno nel suo percorso educativo. Anche dopo le modifiche adottate quest’anno, la sostanza e lo spirito dei test rimangono in forte antitesi con il terreno normativo e le tante esperienze didattiche e progettuali percorse per anni nelle scuole. Ci riferiamo al Portfolio delle competenze e delle abilità, oltre che alla creazione della carta d’identità dello studente e dell’istituto scolastico”.

Se si eludono queste ed altre verifiche preliminari, l’esito dei test di valutazione, anche se ben fatti e sempre più sofisticati - apprendiamo che per i prossimi anni sono in arrivo prove di lingue e l’uso del computer - è necessariamente destinato a rimanere deficitario. Ancora di più se, come sembra, questi risultati alla lunga avranno la loro influenza sulla definizione dei meriti degli istituti e sui fondi da assegnarvi. Con il risultato, davvero incredibile per un Paese che tra le sue priorità dovrebbe porre l’istruzione aperta a tutti, che le scuole e gli alunni più in difficoltà per motivazioni oggettive, come la provenienza da luoghi o famiglie svantaggiate, non solo non saranno adeguatamente sostenuti, ma verranno affossati.

“Per tali motivi – conclude Pacifico - questo genere di attività di verifica, tra l’altro affidate a decine di migliaia docenti, sottoposti ad un lavoro supplementare e gratuito, non può essere considerata seria e attendibile per lo sviluppo e il miglioramento della scuola. Per l’Anief, in definitiva, non si può affidare alle sole prove Invalsi la verifica del grado di sviluppo degli apprendimenti dei nostri alunni. È bene che il nuovo ministro dell’Istruzione lo sappia. E prenda appena possibile i provvedimenti che ne conseguono”.

 

I sindacati falliscono anche per il prossimo anno: arrivano altre 550 scuole in reggenza e 500 soppressioni. Ora tocca all'Anief entrare in campo per salvare Dirigenti Scolastici e Dsga attraverso l’unica strada percorribile: il ricorso. L’obiettivo è duplice: assicurare l’autonomia a queste scuole e salvare il personale scolastico coinvolto dall’ingiusta condizione di soprannumerarietà.

Ancora una volta sul dimensionamento siamo costretti a costatare il fallimento dell’operato dei sindacati più rappresentativi, che già per il corrente anno scolastico non erano stati capaci di fare fronte comune per evitare di lasciare quasi 2mila istituti scolastici privi dei loro dirigenti scolastici: ignorando la pronuncia della Corte costituzionale sulla materia, a partire dal prossimo mese di settembre altre 550 scuole, diffuse su tutto il territorio nazionale, avranno la loro autonomia solo sulla “carta” e verranno, invece, private dei loro capi d’istituto. Per essere dirette da un dirigente reggente. Inoltre, come se non bastasse, altri 500 istituti perderanno la loro autonomia, a causa dell’adozione da parte del Miur di parametri legati all’elevazione del numero minimo di studenti iscritti.

A fronte di questo andamento peggiorativo, che porterà all’ulteriore sparizione di tanti istituti scolastici e al trasferimento coatto di un numero considerevole di Dirigenti Scolastici e Dsga, l’Anief ha deciso che il tempo dell’attesa è terminato. E che quindi è giunto il momento di intervenire contro questi provvedimenti già dichiarati incostituzionali. L’obiettivo è duplice: assicurare l’autonomia a queste scuole, salvando nel contempo il personale scolastico coinvolto dall’ingiusta condizione di soprannumerarietà.

Marcello Pacifico, presidente Anief, ricorda che “come nel settembre scorso l’Anief ha salvato la cancellazione di tutte le Rsu coinvolte nel dimensionamento e parallelamente ha avviato i ricorsi per evitare la mobilità coatta, anche intercompartimentale, di docenti e Ata finiti in sovrannumero, oggi il sindacato ha deciso che tutelerà i diritti di quei dirigenti scolastici che si ritroveranno costretti a presentare domanda obbligatoria di trasferimento. Oltre che dei diversi direttori dei servizi generali ed amministrativi individuati come perdenti posto, i quali saranno anche costretti a subire una ingiusta regressione economico-professionale perché collocati coattivamente nel ruolo di normali impiegati”.

A tal proposito, vogliamo anche ricordare che il Miur continua a dare credito all’art. 19 comma 4 della Legge sul dimensionamento n. 111/11, che ha cancellato circa 2.000 scuole autonome, ignorando che è stata dichiarata incostituzionale l’anno successivo dalla sentenza n. 147 della Consulta. Ma anche che l’espressione dei giudici superiori è stata confermata dal Consiglio di Stato, il quale valutando il ricorso di un raggruppamento di genitori di Castrovillari ha annullato l’accorpamento di 10 scuole autonome di Castrovillari, in provincia di Cosenza, scongiurando di conseguenza il taglio dei posti di dirigenti, Dsga, docenti a Ata titolari in quegli istituti.

“Appare evidente – continua il presidente Anief – che in mancanza di una legislazione adeguata, soltanto la via del ricorso può essere quella giusta per salvaguardare una didattica di qualità e i posti di lavoro. Lo sanno bene i dirigenti scolastici e i Dsga di Castrovillari. Come le Rsu rimaste in piedi nelle scuole dimensionate, malgrado le iniziali indicazioni contrarie dell’amministrazione”.

Tutti i dirigenti scolastici che hanno perso la titolarità a partire dall’anno scolastico 2010/2011 e i Dsga che dall’anno scorso sono incappati nello stesso destino, possono chiedere quindi di essere assistiti dall’Anief. Per ricevere le istruzioni operative per ricorrere e avviare eventuali azioni giudiziarie contro il dimensionamento e la salvaguardia del posto di lavoro, è possibile inviare sin d’ora una e-mail a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. indicando nell’oggetto la rispettiva voce: dsga, ata, docente, dirigente.