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Anief si appella alla sensibilità delle istituzioni: negli ultimi sei anni la scuola ha già dato il suo contributo allo Stato, sotto forma di forti tagli di risorse, plessi e organici (che il sindacato riassume in questo documento). Ora basta: le mere esigenze di cassa non possono mettere in ginocchio la funzione della nostra scuola pubblica.

Ci aspettano giorni cruciali per il futuro di oltre 800 istituti scolastici. Dopo le notizie trapelate nei giorni scorsi sulla volontà del Ministero dell'Economia di tagliare, in regime di nuova spending review, il 10% delle attuali 8mila scuole, dalla stampa nazionale giunge la notizia che le scelte del Miur verranno rese pubbliche il prossimo 15 dicembre.

Anief rammenta all'amministrazione che tagliare il 10% di istituti scolastici comporterebbe sicuri disservizi all'utenza: negli ultimi sei anni è stata già cancellata una scuola su tre, infatti da 12mila sono passate alle attuali 8mila. Con conseguente riduzione dell’organico di dirigenti e Dsga di 4mila unità per profilo. Con il risultato finale che oggi un preside gestisce la propria scuola, più, in media, altri 4 istituti. Senza peraltro avere più la possibilità di retribuire le reggenze affidate ai vicari (L. 135/12).

Anief, inoltre, ricorda alle istituzioni responsabili dell'Istruzione pubblica che in Italia sono vigenti delle leggi sulla formazione degli istituti scolastici, a partire dai criteri previsti dal D.P.R. 233 del 18 giugno 1998, che non possono essere eluse per meri motivi di cassa. Anche i giudici lo hanno fatto osservare: non è un caso se la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 147 del 7 giugno 2012, ha bocciato la chiusura o l'accorpamento degli istituti con meno di mille alunni.

Pertanto, il sindacato non può esimersi dal ricordare a questo Governo che se vuole veramente tracciare un solco rispetto a quelli che lo hanno preceduto deve porsi in controtendenza rispetto a questi dati impietosi. Ai quali ne vanno aggiunti altri, di rilievo altrettanto negativo.

Negli ultimi sei anni sono stati circa 200mila i posti, tra docenti e personale Ata, che sono stati cancellati per effetto dei piani di razionalizzazione (L. 244/2007, L. 133/2008, L. 111/11, L. 135/12). A proposito del personale non docente, l'Anief ha di recente calcolato che solo nell'ultimo triennio sono stati cancellati 44.500 Ata. Cui vanno aggiunti 2.395 direttori dei servizi generali e amministrativi. In tutto 47mila posti in meno, che corrispondono ad un quinto del totale dei non docenti.

Inoltre, un sesto dell’organico di diritto a fronte di 75.000 posti ridotti nei restanti due terzi dei comparti pubblici, ha portato il comparto istruzione a collezionare il 75% dei tagli adottati dalla spending review rispetto alla P.A. Ma non finisce qui: è stato anche stato ridotto di un sesto l’orario della didattica, il cosiddetto piano di offerta formativa curricolare. Col risultato che oggi l’Italia ha anche il triste primato di avere 4.455 ore studio nell’istruzione primaria rispetto alle 4.717 dell’Ocse e 2.970 in quella superiore di primo grado rispetto alle 3.034 sempre dell’Ocse con un tasso di Neet tra i 15 e i 29 anni del 23,2% mentre la media Ocse è ben diversa: il 15,8%.

 

Il sindacato invita gli attuali docenti e Ata incaricati di sorvegliare la sicurezza di oltre 40mila edifici scolastici di attendere il testo della sentenza: la ‘deresponsabilizzazione’ di massa creerebbe uno stato di insicurezza ancora maggiore. Nel frattempo, di certo ci sono le responsabilità dello Stato e dei legislatori, che tra proroghe sulla messa a norma degli edifici e mancati finanziamenti ci hanno portato allo stato attuale.

In attesa di conoscere le motivazioni che hanno portato alla sentenza di Appello sul crollo al liceo Darwin di Rivoli, con sei condanne per la tragedia che nel 2008 colpì gli studenti e il personale, Anief-Confedir sottolinea all’opinione pubblica due dati inequivocabili. Il primo è la mancanza di finanziamenti da parte dello Stato, che continua a far vivere oltre 8 milioni di alunni e 1 milione di dipendenti della scuola in edifici scolastici in balia degli eventi atmosferici e del logorio delle suppellettili scolastiche.

Il secondo dato certo è quello delle continue proroghe di adeguamento di messa a norma degli stessi edifici scolastici: oltre 40mila strutture facenti capo a poco più di 8mila dirigenze, che il legislatore italiano continua ad approvare sulla spinta di motivazioni puramente finanziarie. Non è un caso che l’anagrafe dello stato edilizio delle scuole italiane sia rimandato di anno in anno e che ormai il suo aggiornamento si attenda da quasi due decenni.

Detto questo, rimane da capire quali possano essere le colpe da addossare ai docenti addetti alla sicurezza. A meno che siano incorsi in comportamenti omissivi, come la mancata denuncia di rischi noti, rimane difficile immaginare che possano essere loro addebitate colpe relative alla mancata messa in sicurezza dell’edificio che ospitava il liceo Darwin: questa competenza, infatti, rimane per legge ad esclusivo appannaggio delle istituzioni preposte.

“Il condizionale è d’obbligo – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – visto che ancora non conosciamo il testo della sentenza e non è possibile esprimere giudizi. Come sindacato, comunque, confermiamo la nostra piena solidarietà agli studenti, alle famiglie e al personale scolastico che ogni giorno operano in ambienti in certi casi al limite della sicurezza. Lo dicono, del resto, rapporti nazionali circostanziati e come è stato anche rilevato in queste ore da Legambiente. È evidente che le colpe non possono non ricadere su uno Stato inadempiente, che non pone la sicurezza dei suoi cittadini al primo posto, riducendo al minimo i rischi che si ripetano tragedie come quella del liceo Darwin di Rivoli”.

“A questo punto – continua Pacifico – è bene anche che tra il personale della scuola non prevalga lo scoramento o la sfiducia. Il rischio, infatti, è che nelle migliaia di unità di docenti e Ata incaricati della sicurezza degli istituti possa prevalere una sorta di ‘rigetto’ verso il ruolo assunto. È bene che anche loro conoscano le motivazioni e non procedano verso quelle temute dimissioni di massa, verso una ‘deresponsabilizzazione’ generalizzata, che renderebbero le nostre scuole ancora meno sicure di quanto sono oggi”.

 

Riceviamo e pubblichiamo la seguente nota di Tonino Russo, deputato PD della XVI legislatura.

Stamattina, a seguito delle sollecitazioni di alcuni docenti, mi sono preso la briga di leggere gli emendamenti al decreto legge sull'istruzione dichiarati ammissibili. Con mio dispiacere, ho notato che ci sono tre emendamenti (2 del M5S ed uno perfino del PDL) che prevedono il superamento della quarta fascia aggiuntiva ed il conseguente ricongiungimento con la terza.

Mi sarei aspettato che almeno un emendamento sul tema portasse la firma di qualche parlamentare del mio partito, il PD. Invece, al riguardo non ci sono emendamenti del PD se non il 15.37 dell'on. Malpezzi che prevede la perpetuazione della quarta fascia anche per il prossimo triennio.

Mi rendo conto che l'on. Malpezzi non era presente nella precedente legislatura, e che quindi non è tenuta ad un dovere di coerenza comportamentale con precedenti scelte. Resta comunque certo che un partito ed il suo gruppo parlamentare che ne rappresenta il braccio istituzionale, ha il dovere della continuità ideale e progettuale. Sottolineo ciò perché ai miei ex colleghi della legislatura precedente difficilmente sfuggirà che su tale questione si è avuta una lunga e travagliata battaglia parlamentare in cui tutti, nessuno escluso, siamo stati impegnati senza risparmiarci. Chi ha buona memoria, rammenterà che la vicenda partì con l'approvazione alla Camera di un mio emendamento che prevedeva l'inserimento di circa 23.000 docenti in Gae. Questo atto di giustizia e di indiscutibile sostanziale vittoria del gruppo Pd della Camera, invece al Senato, sotto l'influenza del sen. Pittoni della Lega, venne stravolto e dimezzato. Infatti, quanto votato alla Camera, addirittura con voto di fiducia, fu derubricato ad inserimento in una quarta fascia aggiuntiva. Infine, con il ritorno del provvedimento alla Camera, non potendo apportare ulteriori modifiche pena lo sforamento dei 60 giorni per la conversione del decreto e la decadenza dello stesso, presentai un odg sul quale il governo Monti si espresse contro. A quel punto, l'Aula di Montecitorio approvò il mio odg punendo il governo e la sua approssimazione in materia. Il Pd votò compatto e tra i voti favorevoli, oltre quello di tutti i componenti pd della VII commissione, spicca quello di Franceschini, allora Capogruppo alla Camera, D'Alema, Bindi, e perfino quello dell'attuale Presidente del Consiglio Enrico Letta, del quale ricordo anche una pacca di compiacimento sulla mia spalla.

Più recentemente, come detto, sulla via di Damasco ha avuto la sua giusta folgorazione anche il PDL (che allora era contrario). E, consentitemi la soddisfazione, perfino Max Bruschi, con quello che potremmo definire Ravvedimento Operoso, dal suo blog ha manifestato sostanzialmente di essersene fatto una ragione. 

Ora, credo che sarebbe davvero incomprensibile il comportamento del mio partito che, mentre riesce a conquistare alla propria causa anche gli avversari, adesso si penta e operi un triplo salto, davvero mortale in rapporto ai docenti precari, tornando indietro di tre anni. Mi auguro, pertanto, che tutto quel lavoro non venga spazzato e ci sia la volontà per un necessario ulteriore approfondimento, recuperando magari qualche documento della precedente legislatura e, soprattutto, le ragioni di quegli impegni e di quelle fatiche. Credo che non serva ricordare che le scelte che saranno adottate incideranno sulle aspettative ed i destini di diverse decine di migliaia di docenti plurilaureati e pluriabilitati. A prescindere, come direbbe Totò, questa sarebbe una buona circostanza per farsi carico del riconoscimento delle ragioni del merito e dei sacrifici di tantissimi docenti e delle rispettive famiglie di provenienza. Lo è a maggior ragione se si considera la storia del precariato scolastico di questi anni e la funzione esercitata dal Pd. In quest'ottica mi auguro che certi temi che in questi mesi sono stati un po' lontani dagli occhi del PD almeno non provochino il distacco dal cuore!

Tonino Russo, deputato PD della XVI legislatura.

P.S. Per rinfrescare la memoria, ecco il dispositivo d'impegno approvato nella scorsa legislatura nell'Odg su P.D.L. 4865 (Milleproroghe):

"Impegna il Governo a:
• inserire nella fascia aggiuntiva tutti i docenti che conseguono l
’abilitazione presso le facoltà di scienze della Formazione Primaria entro la data di scadenza delle domande prevista dal decreto del ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ai sensi del comma 2-ter all'articolo 14;
• inserire nella terza fascia, secondo il rispettivo punteggio delle graduatorie ad esaurimento, i docenti collocati nella fascia aggiuntiva, all’atto dell’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento previsto per l’anno scolastico 2014/2015;
• inserire con riserva, all’atto del decreto del ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ai sensi del comma 2-ter all'articolo 14, coloro che si sono iscritti negli anni accademici 2008-2009, 2009-2010 e 2010-2011 presso il corso di laurea in scienze della formazione primaria e a sciogliere tale riserva al momento del conseguimento dell’abilitazione, all’atto dell’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento per l’anno scolastico 2014/2015;
• consentire lo scioglimento della riserva degli abilitati all'insegnamento con i decreti ministeriali 21/2005, 85/2005, e 137/2007; del semestre aggiuntivo del IX corso Siss; nonché degli insegnanti che, pur abilitati, non hanno rinnovato domanda di inserimento all'atto dell'aggiornamento."

 

Pacifico (Anief): anziché puntare sull’energia alternativa, serve un urgente rilancio dell’istruzione e un serio piano di sviluppo economico legato al patrimonio culturale.

“Il rapporto annuale dello Svimez presentato in queste ore è la conferma che la condizione del Sud Italia e in particolare dei suoi giovani è sempre più allarmante: anziché puntare sull’energia alternativa, serve un urgente rilancio dell’istruzione e un serio piano di sviluppo economico legato al patrimonio culturale”. Così Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, commenta i dati pubblicati oggi dall'associazione per lo sviluppo nell'industria del Mezzogiorno.

Quello reso pubblico dallo Svimez è un quadro che vede il Sud particolarmente penalizzato nell'istruzione. Che si aggiunge al già noto tasso di abbandono scolastico, di ben sei punti sopra la media nazionale. E quello di scolarizzazione, invece, purtroppo ben al di sotto. Particolarmente penalizzati sono poi i settori della salute, della sicurezza, della ricerca e dello sviluppo. Con il risultato che solo nel 2011 si sono trasferiti al Nord 114mila cittadini ed è raddoppiato il numero dei laureati che hanno cercato di affermarsi altrove. Inoltre, il tasso di povertà sta raggiungendo livelli preoccupanti, anche quando in famiglia entrano più stipendi.

“Alla luce di questo quadro davvero allarmante – prosegue Pacifico – occorre per forza di cose ripartire dalla scuola. Solo così si potrà recuperare una parte dei 700mila giovani, in prevalenza del meridione, che ogni anno abbandonano i banchi senza concludere gli studi. E solo così sarà possibile ridurre il fenomeno dei Neet (giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano): nel 2012, ci ha detto il Cnel proprio in questi giorni, 2 milioni e 250 mila giovani italiani erano in quello stato. In pratica, un giovane su quattro. E uno su tre di essi si trovava nel Mezzogiorno, contro uno su sei al Nord e uno su cinque al Centro”.

Il sindacato è convinto che per invertire questa tendenza occorra agire con decisione e immediatezza. Iniziando ad adottare, nella distribuzione dei docenti da assegnare alle scuole, un criterio che tenga conto di tale emergenza. Destinando maggiori forze alle aree particolarmente difficili e più a rischio abbandono scolastico: “non è più possibile adottare lo stesso criterio, come avviene oggi, per l’assegnazione degli organici. Perché occorre tenere conto delle zone più disagiate. Se poi vi aggiungessimo – conclude il rappresentante Anief-Confedir – una seria riforma dell’apprendistato e un maggior sostegno professionale al personale che opera in contesti difficili, la forbice non potrà che tornare a stringersi”.

 

Pacifico (Anief-Confedir): mentre gli altri Paesi evolvono, la scuola italiana continua a retrocedere.

I dati Ocse sulle competenze culturali minime degli italiani, diffusi oggi dall’Isfol, sono a dir poco allarmanti: per quelle alfabetiche siamo ultimi, nelle matematiche penultimi e i neet stanno ormai diventando un fenomeno di massa. Ormai non ci si può più nascondere dietro la scusa della crisi economica internazionale, la realtà è che occorrono subito fatti. Ad iniziare dall’innalzamento dell’obbligo scolastico, a causa del quale ogni anno perdiamo 700mila alunni, passando per una maggiorazione del tempo scuola, incautamente ridotto del 10% a seguito delle riforme Gelmini, e per l’attivazione di un collegamento capillare del mondo formativo con le aziende.

“La clamorosa bocciatura emersa oggi dal rapporto Ocse-Isfol – commenta Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – conferma quello che il sindacato sostiene da tempo: occorre prima di tutto agire con urgenza per rendere obbligatoria la frequenza della scuola sino alla fine delle superiori. Poi è indispensabile restituire ai nostri allievi quel 10% di tempo scuola sottratto nell’ultimo quinquennio con le riforme Gelmini”.

“La terza operazione – continua il sindacalista Anief-Confedir – è finalizzata a dare un’inversione di tendenza alla ‘piaga’ dei neet, quei 2 milioni e mezzo di giovani, quantificati solo alcuni giorni fa dal Cnel, che vivono le loro giornate senza studiare né lavorare: è giunto il momento di avviare una seria riforma dell’apprendistato, prendendo come modello la Germania, dove il collegamento con le aziende e reale e proficuo. Se, invece, continuiamo a portare avanti la politica degli annunci – conclude Pacifico – mentre gli altri paesi evolvono, l’Italia per competenze culturali rimane destinata a rimanere vergognosamente in fondo alla classifica Ocse”.