Mai così tanti studenti iscritti nel mondo, in Italia investimenti inadeguati e sempre meno laureati
L’approfondimento odierno di ‘Repubblica’ riporta cifre impressionanti: duecento milioni di studenti affollano gli atenei del globo e a oggi rappresentano un terzo dei giovani in età da università. Tra otto anni cresceranno fino a 260 milioni. L'Unione europea non è da meno: guida la classifica delle pubblicazioni universitarie e ha il blocco di atenei con maggiore proiezione internazionale. Il Belpaese è in pericolosa controtendenza con investimenti pubblici e privati non adeguati: il Paese attrae pochi stranieri e i nostri laureati restano il 25,3% della popolazione tra i 30 e i 34 anni anche se nell'agenda di Lisbona si chiede come soglia minima il 40%.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): si continua a investire poco per l’orientamento. La stessa Legge 107/2015 ha previsto investimenti per l’alternanza scuola-lavoro, anello anch’esso rilevante (se ben fatto) ai fini della collocazione post-diploma, ma quasi nulla per ancorare i nostri ‘maturati’ al mondo accademico. A rendere la situazione ancora più difficile, considerando le difficoltà delle famiglie e degli stipendi bloccati per tanti lavoratori, è stato il continuo innalzamento delle tasse d’iscrizione: basta dire che nell’ultimo decennio per gli studenti fuori corso i costi di frequenza sono aumentati dal 25% al 100%. E, dulcis in fundo, ogni tanto qualche benpensante al Governo propone pure di cancellare il valore legale del titolo di studio.
Anief-Cisal ricorda che le immatricolazioni a un corso accademico dal 2003 (anno del massimo storico di 338 mila) al 2013 (con 270 mila) sono calate del 20%. La tendenza al ribasso non si è arrestata. Addirittura, non c’è nemmeno più il desiderio di diventare ‘dottori’: si è ridotta del 10% la percentuale dei quindicenni italiani che vogliono iscriversi all'università (da circa il 50% al 40%). Nel nostro Paese, la spesa pubblica pro capite per l’istruzione è pari a 1.103,89 euro l’anno, contro i 1.511,04 della media Ue, circa il 27% in meno. Il risultato è che all’Università si registra una situazione di stand by, con sempre meno iscritti, troppi studenti fuori corso e un numero altissimo di cultori, assegnisti, dottori di ricerca, ricercatori (figura a esaurimento) e quasi-docenti in perenne attesa. E nel 2015 è stato pubblicato il decreto-beffa sul riparto del Fondo di finanziamento ordinario alle università statali e sul ‘costo standard’ di formazione per studente, che penalizza gli atenei minori.