L’indice dell’attuale assegno una tantum prevista dall’ultima Legge di Bilancio è meno della metà della indennità di vacanza contrattuale spettante, al netto degli arretrati da recuperare. Mentre nel biennio 2022-23 il costo della vita è vicino ad un incremento senza precedenti, pari quasi al 11,4%. Il giovane sindacato rompe gli indugi e avvia le adesioni alla campagna di recupero dell’indennità piena prevista per legge e che quindi va assegnata almeno per gli anni 2022 e 2023: gli interessati possono cliccare sul seguente link.
La carta del docente da 500 euro annui va assegnata anche ai precari: lo ha ribadito il tribunale di Venezia accogliendo la domanda di un docente che ha svolto sei supplenze annuali, tra il 2017 e il 2022, senza ricevere il bonus per l’aggiornamento annuale. Il giudice ha stabilito che l’insegnante ha pieno diritto a ricevere i 3 mila euro negati nel corso degli anni, perché “il ricorrente ha svolto un’attività pienamente equiparabile a quella del personale di ruolo, protraendo l’attività per gli anni scolastici dal 2017 a tutt’oggi quasi sin dall’inizio dell’anno fino al termine delle lezioni. Né il Ministero ha allegato e provato ragioni concrete che smentiscano la sovrapponibilità delle mansioni della ricorrente a quelle svolte da dipendenti a tempo indeterminato aventi la medesima qualifica”.
Oltre 1.413 euro, praticamente uno stipendio: a tanto ammonta la somma che la sezione lavoro del tribunale di Verona ha assegnato ad un supplente che “ha svolto attività di docente nell’anno scolastico 2019/2020 in forza di 7 contratti di lavoro a tempo determinato” senza “aver percepito durante tale anno scolastico la retribuzione professionale docenti (€ 164,00 lordi mensili e dal 1.3.2018 € 174,50 lordi), indennità prevista dall’articolo 7 del CCNL del 15.03.2001 e corrisposta dal MIUR, sino a oggi, esclusivamente ai docenti di ruolo e ai docenti precari che hanno stipulato contratti a tempo determinato di durata annuale con scadenza al 31 agosto o al 30 giugno”. Il giudice, dopo avere ritenuta errata la posizione dell’amministrazione scolastica secondo cui “sia la retribuzione professionale docenti sia il compenso individuale accessorio (per gli Ata) non competono ai supplenti brevi e saltuari”, ha accolto il ricorso motivandolo anche “alla luce del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell'accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE - nel senso di ricomprendere nella previsione anche tutti gli assunti a tempo determinato, a prescindere dalle diverse tipologie di incarico”.
L’amministrazione scolastica ha “l'obbligo di fornire a tutto il personale docente, senza alcuna distinzione tra docenti a tempo indeterminato e a tempo determinato, "strumenti, risorse e opportunità che garantiscano la formazione in servizio" (così il comma 1 dell'art. 63 cit.). E non vi è dubbio che tra tali strumenti possa (e anzi debba) essere compresa la Carta del docente, di tal ché si può per tal via affermare che di essa sono destinatari anche i docenti a tempo determinato (come gli appellanti), così colmandosi la lacuna previsionale dell'art. 1, comma 121, della L.n. 107/2015, che menziona i soli docenti di ruolo”. A scriverlo è il Tribunale di Roma che in tal modo ha accolto il ricorso presentato la scorsa estate da un’insegnante precaria, originaria della Campania e in servizio nella provincia di Roma, poiché ha svolto supplenze annuali tra il 2017 e il 2022 senza mai ricevere la Carta del docente da 500 euro l’anno. Nella sentenza di pochi giorni fa, il giudice di Roma ha ricordato che il Consiglio di Stato, ha “abbracciato un’interpretazione conforme della complessiva normativa di fonte legislativa e negoziale tale da consentire il riconoscimento del beneficio anche ai lavoratori a termine e ritenuto che tale interpretazione conforme sia confortata e compulsata dall’ordinanza della CGUE del 18 maggio 2022”.
I giudici di alto grado continuano a sentenziare contro l’ingiusta mancata presenza nelle buste paga dei precari “brevi” della Retribuzione professionale dei docenti: a parlare espressamente di comportamento “discriminante” dell’amministrazione verso chi stipula una supplenza con il dirigente scolastico è stata la Corte di Cassazione, prima con l’ordinanza n. 20015/2018 e dopo con la 6293/2020, quindi “il Tribunale di Firenze con plurime concordi decisioni ( cfr Sentenze n 587/22; 280/22; 239/22)”: a scriverlo, il 26 gennaio, è stata la sezione Lavoro del Tribunale di Firenze nell’esaminare il ricorso presentato dai legali Anief a seguito delle doglianze di una docente di scuola di Istruzione di II grado che era stata utilizzata dal ministero dell’Istruzione “in attività di docenza mediante la stipula di ripetuti contratti d’insegnamento a tempo determinato, nel corso degli anni scolastici 2017/2018 (per complessivi n. 164 giorni di lavoro), 2018/2019 (per complessivi n. 237 giorni di lavoro) e 2021/2022 (per complessivi n. 173 giorni di lavoro), svolgendo, nei predetti anni scolastici, diverse supplenze temporanee, con oneri e responsabilità non inferiori a quelli dei docenti di ruolo e dei docenti precari con supplenze annuali in scadenza al 30 giugno o al 31 agosto”. Malgrado ciò, la professoressa “non ha percepito, nei suindicati anni scolastici, la retribuzione professionale docenti (dell’importo di € 164,00 lordi mensili sino al 28 febbraio 2018 e dal 01 marzo 2018 di € 174,50), ovvero l’indennità prevista dall’articolo 7 del CCNL del 15.03.2001”. Il giudice, quindi, le ha assegnato “3.252,18 euro oltre interessi”.