Le supplenze sono tutte pienamente utili alla ricostruzione di carriera: lo ha ribadito la sezione Lavoro del Tribunale di Verona, che ha assegnato “la somma di euro 4.925,89, oltre accessori di legge” ad una docente di sostegno che ha presentato ricorso con Anief dopo avere sottoscritto per 15 anni contratti a termine nella scuola senza vedersi riconosciuto, dopo essere entrata in ruolo con la ricostruzione di carriera, né il pagamento degli scatti di anzianità durante il periodo pre ruolo, nè il diritto a percepire, con assegno ad personam, l’aumento retributivo relativo al passaggio di gradone contrattuale.
La carta del docente va data anche agli insegnanti a tempo determinato: i tribunali non hanno più dubbi e continuano a sentenziare in questo modo, forti dell’ordinanza-simbolo emessa dalla Corte di Giustizia europea lo scorso 18 maggio. Sono centinaia, ormai le cause vinte dall’Anief: solo qualche giorno fa è accaduto a Roma, dove il Tribunale capitolino ha assegnato ad una maestra precaria 2mila euro per quattro supplenze annuali durante le quali la docente ha dovuto acquistare anche l’attrezzatura e il software per svolgere la dad durante la pandemia da Covid; adesso arriva una sentenza dello stesso tenore dal Tribunale di Udine, che ha risposto positivamente al ricorso di una docente, la quale lo scorso mese di settembre ha chiesto di accedere al “beneficio economico di € 500,00 annui, tramite la “Carta elettronica” per l’aggiornamento e la formazione del personale docente, di cui all’art. 1 della Legge n. 107/2015, per gli anni scolastici 2016/2017, 2017/2018, 2018/2019, 2019/2020, 2020/2021 e 2021/2022”, poiché il lavoro svolto è stato lo stesso dei colleghi di ruolo. Esaminate le carte, il giudice gli ha dato pienamente ragione, assegnando all’insegnante “il beneficio in esame per tutti gli anni scolastici richiesti entro il limite della prescrizione quinquennale dalla diffida dell’aprile 2022, ossia per gli anni scolastici dal 2016/2017 al 2021/2022, nell’importo complessivo di € 3.000,00”.
Dai Tribunali cominciano ad arrivare sentenze con interessanti rimborsi rivolti al personale della scuola riguardanti più tipologie di diritti negati e contemporaneamente a più lavoratori: esemplare, in questo senso, è la decisione presa dal giudice di Piacenza, del settore Lavoro e Previdenza e Assistenza, che nell’esaminare il ricorso presentato dai legali per due insegnanti ha accolto l’istanza assegnando le cifre richieste, per complessivi circa 4 mila euro, a compensazione dalla mancata monetizzazione delle ferie non godute e della retribuzione professionale docente ancora una volta negata ad un supplente. Nello specifico, il Tribunale piacentino con una sentenza esemplareha condannato il ministero dell’Istruzione ad assegnare 1.225,28 euro ad una docente per Rpd mai collocato in busta paga per quasi un intero anno scolastico; alla stessa insegnante sono state anche data 818,72 come “riconoscimento delle ferie non godute”; infine, sempre per quest’ultima ragione, ad una seconda docente lo stesso dicastero dell’Istruzione dovrà fare avere 1.886,33. Le cifre, inoltre, vanno incrementate con “gli interessi delle singole scadenze a saldo”.
Perché il ministero dell’Istruzione si deve accanire sui precari, negandogli tra le altre cose gli scatti stipendiali, il pieno riconoscimento della carriera, la monetizzazione delle ferie, andando a sottrargli anche in busta paga la Retribuzione professionale docente e la Cia per il personale supplente Ata? È quello che ha chiesto all’avvocatura di Stato il Tribunale di Modena, sezione Lavoro, per comprendere i motivi che hanno portato una docente abruzzese a chiedere “1.350,24 euro oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo” per non avere ricevuto la Rpd “nell’anno scolastico 2020/2021, dal 22.10.2020 all’11.06.2021, in virtù di reiterati contratti a termine per supplenze brevi e saltuarie”. Non avendo avuto una risposta convincente, il giudice del lavoro ha verificato, scrivendolo nella sentenza, che “il contratto a termine è regolato dal diritto dell’Unione Europea a mezzo della direttiva 1999/70/CE e dell’allegato Accordo quadro concluso il 18 marzo 1999, che trova pacifica applicazione anche ai rapporti di lavoro a tempo determinato stipulati con la pubblica amministrazione. Nel dettaglio, la clausola 4 punto 1 dell’Accordo dispone quanto segue: «Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive»”.
Un anno di supplenze brevi vale uno stipendio: circa 1.500 euro. È la somma relativa alla Retribuzione professionale docente, prima negata e adesso restituita dal giudice del Lavoro del tribunale di Udine nei confronti di una docente che aveva svolto una supplenza “breve”, conferita dall’Istituto, nell’anno scolastico 2018/2019. Decisivo, ai fini della sentenza, è stato il parere della Cassazione, che a sua volta non ha potuto che applicare l’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, per la quale gli assunti a tempo determinato “non possono essere trattati in modo meno favorevole ai lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato a meno che non sussistano ragioni oggettive”. Alla docente sono stati quindi assegnati euro “1.489,12 lordi, oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo”.