Lo Stato si ostina a non calcolare integralmente servizi di supplenza, precedenti all’immissione in ruolo, del personale scolastico, ma ancora una volta il giudice gli dà torto e risarcisce il docente o Ata di turno che fanno ricorso: stavolta è stato il Tribunale di Sassari, sezione Lavoro, a stabilire che è errato applicare i limiti di valutazione “in base ai criteri di cui all’art. 485 d.lgs. n° 297/94, in violazione della direttiva CE 1999/70”.
Tutto il periodo di supplenza, non un giorno di meno, è da considerare utile per l’anzianità della carriera: il riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, va attuato nella ricostruzione del servizio svolto, una volta una volta entrati in ruolo. A ribadirlo è stato il Tribunale di Modena, sezione Lavoro, che ha accolto il ricorso di una assistente amministrativa assunta a tempo indeterminato alle dipendenze del Ministero il 1° settembre 2014, ma che in precedenza aveva svolto 6 anni, 6 mesi e 3 giorni di supplenze. Secondo il giudice, per non cadere in “una irragionevole discriminazione rispetto ai pubblici dipendenti assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato a parità di mansioni” è inevitabile considerare tutto il periodo pre-ruolo. Il giudice, pertanto, ha condannato il ministero dell’Istruzione, ordinandogli di valutare tutti i periodi di supplenza dell’assistente amministrativo, quantificato in oltre 2mila euro di “differenze retributive”. Inoltre, tale considerazione ha permesso alla lavoratrice di passare nello scaglione successivo, usufruendo quindi di uno stipendio più alto.
Lo Stato non può sottoporre a tassazione le somme risarcitorie assegnate dal giudice al personale scolastico per compensare la mancata assunzione a tempo indeterminato e quindi l’abuso dei contratti a termine: lo ha stabilito la Sezione Terza del Tar della Lombardia, che con sentenza del 25 marzo ha restituito ad un docente che aveva presentato ricorso, attraverso degli avvocati dell’Anief, l’importo “di euro 1.512,87 illegittimamente trattenuto a titolo di ritenuta IRPEF” applicata sul risarcimento di 6.175,00 assegnato sempre a seguito di ricorso presentato dal sindacato.
Il tribunale di Torino accoglie il ricorso presentato dal legale Anief: un docente riceve 3mila euro di risarcimento anche per gli anni precedenti. Sono migliaia i supplenti che stanno aderendo al ricorso
L’abilitazione all’insegnamento acquisita in altri Paesi, se risponde a determinati requisiti formativi, ha il medesimo valore del titolo conseguito in Italia ed è quindi adeguata per esercitare la professione di insegnante: lo ha stabilito la settima sezione del Consiglio di Stato, ricordando che “le Autorità nazionali sono tenute a valutare il diploma prodotto dalla parte istante”: è stato quindi annullato l’atto con cui nel 2019 il ministero dell’Istruzione aveva rifiutato il riconoscimento dell’abilitazione conseguita in Bulgaria da un insegnante italiano.