Gli anni di supplenze vanno tutti conteggiati per intero e inseriti come tali nella ricostruzione di carriera: vale sia per i docenti che per il personale Ata. Lo ha ribadito il giudice, stavolta del Tribunale ordinario di Lucca, che ha ordinato di considerare tutto il “servizio alle dipendenze del medesimo Ministero, prima dell’immissione in ruolo” con “contratti a tempo determinato dal dicembre del 2000 fino all’agosto del 2010”, riguardante “una collaboratrice scolastica assunta a tempo indeterminato alle dipendenze del Ministero dell’Istruzione l’1.9.2011”.
Gli uffici scolastici continuano a concedere alle scuole un numero di ore di sostegno inadeguato, perché inferiori alla necessità stabilite dall’equipe psico-pedagica e contenute nel Piano Educativo Individualizzato, con il conseguente numero ridotto di insegnanti per assicurare un adeguato sostegno scolastico agli studenti disabili iscritti. Per ottenere la quantità necessaria all’alunno con disabilità occorre rivolgersi al giudice. È quello che ha fatto la famiglia di una alunna veneta alla quale Ufficio Scolastico Regionale e Ambito Territoriale Provinciale avevano assegnato “un insegnante di sostegno per un numero insufficiente di ore (11 ore settimanali)”.
Lo Stato si ostina a non calcolare integralmente servizi di supplenza, precedenti all’immissione in ruolo, del personale scolastico, ma ancora una volta il giudice gli dà torto e risarcisce il docente o Ata di turno che fanno ricorso: stavolta è stato il Tribunale di Sassari, sezione Lavoro, a stabilire che è errato applicare i limiti di valutazione “in base ai criteri di cui all’art. 485 d.lgs. n° 297/94, in violazione della direttiva CE 1999/70”.
Tutto il periodo di supplenza, non un giorno di meno, è da considerare utile per l’anzianità della carriera: il riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, va attuato nella ricostruzione del servizio svolto, una volta una volta entrati in ruolo. A ribadirlo è stato il Tribunale di Modena, sezione Lavoro, che ha accolto il ricorso di una assistente amministrativa assunta a tempo indeterminato alle dipendenze del Ministero il 1° settembre 2014, ma che in precedenza aveva svolto 6 anni, 6 mesi e 3 giorni di supplenze. Secondo il giudice, per non cadere in “una irragionevole discriminazione rispetto ai pubblici dipendenti assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato a parità di mansioni” è inevitabile considerare tutto il periodo pre-ruolo. Il giudice, pertanto, ha condannato il ministero dell’Istruzione, ordinandogli di valutare tutti i periodi di supplenza dell’assistente amministrativo, quantificato in oltre 2mila euro di “differenze retributive”. Inoltre, tale considerazione ha permesso alla lavoratrice di passare nello scaglione successivo, usufruendo quindi di uno stipendio più alto.
Lo Stato non può sottoporre a tassazione le somme risarcitorie assegnate dal giudice al personale scolastico per compensare la mancata assunzione a tempo indeterminato e quindi l’abuso dei contratti a termine: lo ha stabilito la Sezione Terza del Tar della Lombardia, che con sentenza del 25 marzo ha restituito ad un docente che aveva presentato ricorso, attraverso degli avvocati dell’Anief, l’importo “di euro 1.512,87 illegittimamente trattenuto a titolo di ritenuta IRPEF” applicata sul risarcimento di 6.175,00 assegnato sempre a seguito di ricorso presentato dal sindacato.