L’impegno didattico del corpo insegnante italiano durante il lockdwon della scorsa primavera è stato all’altezza della situazione: anche se colti di sorpresa, non preparati a realizzare la dad, peraltro nemmeno considerata nel contratto collettivo nazionale, i docenti hanno dedicato in media settimanalmente almeno 8 ore alle lezioni sincrone ed asincrone. Il dato è contenuto nel Report integrativo relativo all’indagine sulle pratiche didattiche durante il lockdown dello scorso anno scolastico, da marzo 2020, realizzato da un gruppo di ricercatori Indire a partire da giugno 2020. Dalla ricerca è emerso che le componenti didattiche più praticate da due docenti italiani su tre possono essere considerate la trasposizione della didattica tradizionale frontale nella dad: video-lezioni, assegnazione di risorse per lo studio, valutazione esterna attuata dal docente. A questi impegni formali, però, va aggiunto un imprecisato, ma sicuramente notevole, numero di ore “informali”, dedicate alla preparazioni delle lezioni e dei materiali in formato digitale, alla correzioni (anche individuale) dei compiti e all’autoformazione per prendere cognizione della nuova realtà formativa di tipo interattivo.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief: “Questo studio conferma quello che sosteniamo da tempo, ovvero che l’impegno del corpo insegnante durante il lockdwon è stato massimo. Le 8 ore conteggiate dal Report dell’Indire sono infatti soprattutto l’espressione oraria degli impegni più diretti con gli studenti e le loro famiglie. Dietro ad una lezione, ancora di più a distanza, c’è uno studio preliminare, una progettualità, a cui si aggiunge un post-lezione, di cui nessuno parla ma che i docenti conoscono bene. È quel lavoro oscuro propedeutico e valutativo che porta l’insegnante, anche di sostegno, a non ‘staccare’ mai dalla professione e che durante la dad non normata dello scorso anno ha portato ad un impegno professionale praticamente h24. È anche per questo motivo che abbiamo sottoscritto il contratto integrativo sulla didattica digitale integrata, perché introducendo il diritto alla disconnessione, incrociato con le ore di didattica a distanza settimanali già previste dalle linee guida ministeriali per ogni classe e ciclo scolastico redatte in estate, abbiamo inquadrato gli impegni finalmente in un arco temporale definito”.
È stato di circa 8 ore, secondo lo studio Indire che ha analizzato le risposte di 3.700 docenti italiani - nel dettaglio, si tratta di 3.195 donne e 579 uomini – tramite in questionario online, così distribuiti per ordine di scuola: il 10% appartenente alla scuola dell’infanzia; il 29,8% alla scuola primaria; il 21,8% alla scuola secondaria di primo grado e il 38,4% alla scuola secondaria di secondo grado. Il report descrive le modalità di trasposizione della didattica tradizionale frontale nella dad, per attuare la quale emergono principalmente due pratiche preminenti quali le lezioni in video-conferenza e l’assegnazione di risorse per lo studio e gli esercizi.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ha affermato che “i dati in nostro possesso, ricavati da sondaggi tramite le RSU e i TAS, ci dicono che le ore di attività sincrona sono molte di più. Se consideriamo il periodo da settembre ad oggi poi, tutte le scuole e i colleghi si sono adeguati alle linee guida sulla DDI, prendendo come orario minimo quello indicato, ma erogandone almeno il 30% in più”.
INTRECCIO TRA FORMALE E INFORMALE
Delle 8 ore in presenza con la classe vanno conteggiate tutte le ore giornaliere che gli insegnanti hanno impiegato per le attività asincrone, per la formazione sulle nuove tecnologie, per la valutazione formativa dei propri alunni, per la gestione “condivisa” con le famiglie di un periodo così particolare. “Il dato relativo all’intreccio tra formale e informale nella didattica a distanza forzata si rispecchia in un’altra dimensione, oggetto di indagine del questionario: quella relativa ai contenuti didattici utilizzati dai docenti in questo periodo, che sono di tipologia, formato e caratteristiche molto variegate”, si legge nel report.
DUE GRUPPI DI DOCENTI
I docenti interpellati sono stati suddivisi generalmente in due gruppi, uno dei quali ha dimostrato maggior confidenza con gli strumenti della didattica a distanza e una forte propensione a sviluppare la propria professionalità anche in questa direzione. In entrambi i casi, la didattica a distanza ha messo in evidenza come il sistema scuola tragga forza da alleanze educative in cui il coinvolgimento di altri attori (ed altri elementi) come le famiglie o il territorio diventa necessario e fondamentale.
GLI STRUMENTI TECNOLOGICI PIÙ USATI
Va sottolineato anche che il report è riferito al periodo di lockdown, quando la Didattica a distanza non era normata, pertanto alcune scuole hanno “imposto” le 18 ore in presenza ai docenti e altre hanno lasciata libera l’organizzazione, anche perché spesso a casa erano presenti anche i figli da seguire con la dad. Inoltre, alla data di chiusura forzata delle scuole, dunque ad inizio lockdown, non tutte erano provviste di una piattaforma digitale, per cui numerosi docenti hanno utilizzato il Registro elettronico per mantenere il rapporto con gli studenti e solo in un secondo tempo hanno avviato le lezioni sincrone.
Dallo studio effettuato risulta poi che i canali tecnologici più utilizzati per mantenere contatti con gli alunni sono stati in assoluto il Registro elettronico /77,6%), Google Meet (66,5%) e la Posta elettronica (65,6%): “nel disorientamento della fase iniziale della didattica a distanza, molti docenti hanno spesso utilizzato i canali comunicativi che meglio si prestavano alle loro esigenze didattiche e al loro specifico target di apprendenti, talvolta anche superando le regole relative alla privacy e al trattamento dei dati sensibili, soprattutto nel caso di studenti minorenni. Un caso molto interessante è quello che emerge dall’uso di Whatsapp come applicazione tecnologica maggiormente utilizzata durante il lockdown: il 61.7% dei rispondenti ha, infatti, dichiarato di avere utilizzato questa applicazione”.
I DOCENTI DI SOSTEGNO
Una sottolineatura merita il lavoro svolto dagli insegnanti di sostegno “nel processo di costruzione e confronto per l’organizzazione della didattica a distanza: questi” docenti, si legge nel report, “hanno dedicato all’attività didattica a distanza un numero settimanale di ore che è in linea o addirittura superiore, come nella scuola secondaria di primo e secondo grado, a quello svolto in media dagli altri docenti. Si tratta di un dato molto interessante che valorizza il ruolo del docente di sostegno, come vero con-titolare della classe, in grado di supportare i colleghi delle varie discipline sia nelle attività in asincrono, sia in quelle sincrone”.
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