Il Ministero dell’Istruzione dovrà prevedere prove suppletive per chi, perché infettati dal Covid19 o posti in regime di quarantena, non ha potuto partecipare alla procedura concorsuale straordinaria per l’immissione in ruolo di personale docente della scuola secondaria di primo e secondo grado su posto comune e di sostegno: a deciderlo è stato il Tar del Lazio con una sentenza con la quale ha accolto un ricorso proposto da decine di docenti impossibilitati a partecipare nella sessione ordinaria d’esame perché collocati in isolamento fiduciario o in quarantena per l’applicazione delle misure sanitarie di prevenzione epidemiologica da Covid-19.
A Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, la decisione del Tar non sorprende più di tanto: “Stiamo parlando di una sentenza – commenta il sindacalista autonomo – in piena linea con quelle prese lo scorso anno dallo stesso tribunale amministrativo regionale, quando Anief impugnò l’esclusione da parte della stessa amministrazione di tutti i candidati che, in presenza di un tampone positivo o di un’impossibilità associata sempre al Covid19, non hanno potuto oggettivamente raggiungere la sede d’esame: già in quell’occasione il Tar optò per la ‘finestra’ aggiuntiva per far svolgere le prove d’esame a chi aveva motivazioni oggettive associate alla pandemia. Adesso la decisione si ripete. Attendiamo, con altrettanta fiducia, che la stessa posizione favorevole giunga anche per inserire gli idonei alla professione con punteggio minimo nelle graduatorie dei vincitori di concorso, utili per le immissioni in ruolo: lo abbiamo chiesto con un emendamento al decreto Sostegni ter, un primo risultato è arrivato nel Milleproroghe con il sì per gli idonei della procedura Stem. Allargare il principio a tutti gli idonei dei vari concorsi – conclude Pacifico – sarebbe una vittoria della giustizia”.
LA SINTESI DELLA SENTENZA
Come prima cosa, scrive Orizzonte Scuola riportando la notizia della sentenza dal Tar del Lazio, i ricorrenti sostenevano “la manifesta illogicità e macroscopica irragionevolezza” delle scelte compiute dall’Amministrazione, in quanto a loro avviso le condizioni di diffusione del virus e l’assoluta prevedibilità di una situazione come quella di fatto verificatasi avrebbero dovuto imporre la previsione, fin da subito, di prove suppletive in favore dei candidati impediti a partecipare perché sottoposti a misure sanitarie di prevenzione. In più, denunciavano tra l’altro la disparità di trattamento, e la violazione di protocolli di sicurezza.
Il giudice amministrativo, vagliando congiuntamente i tre motivi di ricorso proposti, ha ritenuto di accogliere le tesi di chi ha presentato ricorso. Premettendo l’esistenza di una serie di ordinanze in materia, i giudici hanno ritenuto che i principi delineati sono pienamente applicabili al caso di specie, in particolare per “la conferma della radicale e assoluta diversità delle situazioni di mero personale impedimento (singolo o collettivo), che sono e rimangono certamente non tutelabili rispetto all’interesse alla celere conclusione dei concorsi, rispetto alle situazioni di impedimento, come nel caso di specie, dovuto a straordinarie ed emergenziali misure di sanità pubblica generali decise nell’interesse collettivo; il carattere sostanzialmente riparatorio delle sessioni suppletive o supplementari di un concorso per coloro che dimostrino di essere stati impediti per factum principis connesso a imperiose e esigenze extra ordinem di salute collettiva; la imprescindibilità della tutela delle posizioni giuridiche soggettive, da considerarsi anche alla stregua di diritti costituzionali, incise dalle suddette misure di sanità pubblica e la insussistenza di una impossibilità tecnica di previsione o di esecuzione di prove suppletive”.
Il Tar ha quindi accolto il ricorso “con l’obbligo dell’amministrazione di disporre l’esperimento di prove suppletive per i ricorrenti che dimostrino di essere stati impossibilitati a partecipare al concorso in parola per ragioni inerenti le misure di tutela in discorso”.
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