L’Italia si conferma tra i paesi più poveri d’Europa sul fronte dell’educazione: è una piaga che sembra sempre più ereditarsi di generazione in generazione. La tendenza emerge da uno dei sei capitoli del Rapporto Italia 2024 dell’Eurispes, giunto alla 36esima edizione, che affronta una lettura duale della realtà, temi che l’Eurispes ritiene rappresentativi della attualità politica, economica e sociale del nostro Paese: nel 2022 il nostro Paese si è classificato al penultimo posto tra i Paesi europei, con il 41,7% della popolazione tra i 25 e i 74 anni in possesso di un titolo di studio inferiore al diploma e solo il 18,5% ha conseguito la laurea.
Ma con differenze notevoli: sono laureati il 35% nel Lazio e il 32,3% in Emilia-Romagna, ma meno del 20% in Sicilia e Calabria. E in queste ultime due regioni risulta il più basso livello di istruzione, rispettivamente con il 48% e il 44%. La povertà educativa è però ben presente anche al Settentrione: come Val d’Aosta, Trentino Alto-Adige, Veneto e Piemonte continuano a detenere due residenti su tre oltre i 19 anni di età senza diploma.
Ad incidere pesantemente sull’abbandono scolastico e universitario sono diversi fattori: l’appartenenza familiare, le disuguaglianze di origine sociale, le differenze nelle pratiche quotidiane e i divari nella qualità delle occupazioni dei genitori sono tutti fattori che alimentano il rischio di cadere nella povertà educativa, vanificando gli sforzi della scuola per garantire pari opportunità e l’attivazione del cosiddetto “ascensore sociale”.
“Come Anief – dichiara il suo presidente nazionale Marcello Pacifico – questi dati confermano che occorrono interventi e finanziamenti mirati in determinati territori, a partire dalle regioni del Sud fino ad arrivare ad alcune del Nord anch’esse in grossa difficoltà: l’apprendimento scolastico non è legato solo alla qualità dell’istruzione, ma dipende da fattori esterni alle istituzioni scolastiche. Se gli le famiglie, gli enti locali, le aziende e le istituzioni non fanno quadrato attorno ai giovani, allora è assai probabile che continueremo ad avere una dispersione alta e un numero di Neet da record”.
“Servono investimenti e programmi di potenziamento, quindi, a 360 gradi. Come è necessario agire attraverso nuove norme che riducano il numero di alunni per classe, così da favorire la personalizzazione degli apprendimenti, permettano agli istituti scolastici di rimanere in vita anche con meno iscritti, integrino la quantità di docenti e personale. Nello specifico – conclude Pacifico – servirebbe agire con celerità laddove è alta la presenza di stranieri e di alunni con disabilità, anche quindi potenziando gli insegnanti specializzati, con il ripristino delle compresenze dalla primaria un su, oltre che ovviamente quelli sostegno considerando il trend in crescita degli studenti con certificazione”.
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