Il Ministro dell’Istruzione vuole rendere l’insegnamento a scuola una missione che prevarica tutti gli altri diritti dei cittadini che hanno questa ambizione. A breve, chi vorrà fare il docente dovrà prima fornirsi di domicilio professionale: è questa la “patente” che servirà, assieme al titolo di studio, per presentare domanda di accesso ai nuovi concorsi ordinari. E le regole varranno per tutti, anche per i precari storici, che dopo anni e anni di supplenze dovranno adattarsi. L’intento del Ministro appare chiaro: si vogliono selezionare i precari e usarli all’uopo, costringendoli a rimanere per diversi anni, almeno cinque, senza nemmeno la possibilità di presentare domanda di mobilità provvisoria. Anief dice no: non è colpa dei precari se hanno servito il Paese, spesso lontani da casa, in un sistema che ha sempre tenuto un posto su dieci vacante per ragioni di finanza pubblica. Si facciano allora organici differenziati, favorendo il gap con il Centro-Sud del Paese, così da agevolare la mobilità, la ricerca del lavoro, la tutela della famiglia e il diritto all'istruzione, principi costituzionalmente protetti. Non possono essere gli insegnanti, studenti e famiglie a pagare le scelte sbagliate del legislatore.