La sua sottoscrizione, almeno nelle intenzioni del Governo, dovrebbe essere man mano estesa a tutto il pubblico impiego, fatto di oltre tre milioni di lavoratori. Si tratta infatti di un contratto "apripista" che dovrebbe dettare la linea anche per gli altri comparti: enti locali, sanità e scuola. Solo che per il comparto della Conoscenza i problemi sono enormi. Le parti, sindacati e Aran, si incontreranno il prossimo 4 gennaio: in quella sede rimane impossibile riuscire a centrare le richieste dei rappresentanti dei lavoratori. A differenza degli altri comparti, innanzitutto, gli 85 euro medi a lavoratore della scuola non sono infatti garantiti, così come appare difficile che si possa superare per contratto la Legge 107/2015 che stabilisce la somministrazione dei bonus annuali del merito e dell’aggiornamento professionale; forti dubbi permangono, infine, sulla riconduzione nel contratto delle diverse materie sottratte dalle ultime riforme della PA.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Sono aumenti irrisori e che non coprono nemmeno l’inflazione degli ultimi anni. Per questo continuiamo a chiedere il recupero dell’inflazione e aumenti equi. Dai nostri calcoli, si tratta di almeno 270 euro, da suddividere in due parti uguali: la prima è relativa alla mancata assegnazione dell’indennità di vacanza contrattuale, mentre gli altri 135 euro di effettivo incremento stipendiale. Inoltre, la parte pubblica deve corrispondere 2.654 euro di arretrati, comprensivi delle quattro mensilità di fine 2015 indicate dalla Corte Costituzionale, e non certo poche centinaia di euro. Ecco perché siamo contrari alla firma nella Scuola: a queste condizioni, tra i 70 e i 75 euro medi lordi a docente e Ata, non ci siamo: serve il triplo.
I lavoratori hanno diritto ad uno stipendio adeguato almeno al 50% dell'aumento dei prezzi da settembre 2015, come prevede la legge ed ha confermato la Corte Costituzionale: chi vuole recuperare in toto l'indennità di vacanza contrattuale può inviare da subito il modello di diffida.