Varie

Se si dovessero adeguare gli stipendi al solo costo dell’inflazione certificata nel periodo 2007-2013 bisognerebbe assegnare 93€ lorde al mese dall’anno 2010, altro che 80 euro da maggio 2014: 5.000 euro lordi di arretrati. Ma se si dovessero rapportare gli stipendi a quelli dei colleghi OCDE, a parità di lavoro nelle superiori, da quando è stato bloccato il contratto, la cifra quintuplica perché a fine carriera gli stipendi dei nostri insegnanti sono inferiori di 8.000 euro. Ecco perché gli 80 euro promessi dal Governo non bastano. Per pagare anche i soli arretrati, servirebbero subito 5 miliardi.

Di certo non servono regali. Se si fossero applicati i parametri europei nella paga dei nostri insegnanti da quando è stato bloccato il contratto e si fossero adeguati gli stipendi al costo dell’inflazione, il Governo avrebbe dovuto mettere nelle finanziarie, per onorare il contratto, almeno 25.000 euro di arretrati per ciascun insegnante. Se l’inflazione è salita al 12% tra il 2007 e il 2013, gli aumenti disposti dall’ultimo contratto collettivo nazionale 2006-2009 si sono fermati all’8%, un punto in meno di tutto il pubblico impiego (9%): questa la situazione per il comparto scuola, dove il contratto è stato bloccato dal 2009 dalla legge Tremonti (122/2010) e dalla proroga voluta dal Governo Letta (DPR 122/2013) nonostante siano stati pagati gli scatti per il biennio 2010-2011 ma ai valori del 2009, grazie ai tagli di 50.000 posti di lavoro e alla riduzione di un terzo del MOF (- 500 milioni di euro).

La stessa indennità di vacanza contrattuale - l’anticipo sugli aumenti di stipendio in attesa del rinnovo contrattuale - sarà ancorata al 2017 ai valori del 2009 mentre lo stipendio dei lavoratori privati è aumentato nell’ultimo anno ancora di quasi due punti percentuali, secondo l’ARAN.

Questa la fotografia dell’Anief che spiega come il mestiere dell’insegnante abbia perso prestigio e valore sociale. Stipendi da fame, mentre i nuovi aumenti dovrebbero permettere di mangiare una pizza. Ma gli 80 euro regalati sono inferiori a quanto sarebbe dovuto per contratto (93 euro) al minimo sindacale, cioè ai livelli dell’inflazione certificata, che è sempre più bassa di quella reale, e otto volte inferiore rispetto all’armonizzazione degli stipendi italiani a quelli della media OCDE (615 euro). Se allarghiamo il confronto ai Paesi più economicamente sviluppati dell’area OCDE, un docente italiano guadagna molto di meno a fine carriera: 8.000 euro, e lavora soltanto 30 ore in meno. E se si considera che il 60% del personale è over 50, si comprende come la categoria sia la più maltrattata d’Europa. Non si parla dei 100.000 euro lordi annui dei colleghi del Lussemburgo o delle 50.000 sterline dei colleghi inglesi: lo stipendio medio dei docenti italiani (30.000 euro lordi) è sceso di mille euro negli ultimi sei anni e tutto per colpa del blocco dei contratti nel pubblico impiego. Una scelta, purtroppo, condivisa da diverse organizzazioni sindacali che hanno firmato nel febbraio 2011 un’intesa con il Governo per applicare la riforma Brunetta (d.lgs. 150/2009) già dal prossimo rinnovo contrattuale e cancellare gli stessi scatti di anzianità, e che sembra condivisa dal nuovo ministro Giannini che ha più volte dichiarato di voler abbandonare il sistema della progressione di carriera per anzianità (scatti) per finanziare con il fondo d’istituto, oggi ridotto di 1/3 rispetto al 2010, il merito di qualcuno, sempre che trovi i soldi (nuovi tagli) e un sistema oggettivo di valutazione. Ma qua sta il punto: lo stipendio base del personale della scuola non è sufficiente rispetto all’aumento del costo della vita, è inadeguato per come la funzione è percepita negli altri Paesi economicamente sviluppati ed è persino regredito in termini di potere d’acquisto.

Per tutte queste ragioni, dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir, abbiamo deciso di adire la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) per tutelare non soltanto il diritto a un contratto, al lavoro e a una giusta retribuzione ma anche alla parità di trattamento tra i lavoratori italiani ed europei. Esiste anche un’Europa dei Diritti e non soltanto del pareggio di bilancio. Per informazioni sul ricorso collettivo, scrivi a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

 

Alla vigilia del rinnovo contrattuale, Anief ricorda al massimo rappresentante dell’istituzione scolastica italiana che riportare i fondi del Miglioramento dell’offerta formativa a 1 miliardo e 400 milioni significa prima di tutto restituire le risorse tolte e ricollocare gli stipendi del personale scolastico all’inflazione. Altre soluzioni, utili a ‘pochi intimi’, sono plausibili solo dopo questo passaggio. L’esperienza degli aumenti accordati dalla Consulta ai magistrati ce lo insegna.

Il personale della scuola non può più tollerare di essere preso in giro dal Ministro Giannini: dire che si vuole riportare il Mof, i fondi destinati al Miglioramento dell’offerta formativa, a 1 miliardo e 400 milioni, la quota del 2010, rappresenta sicuramente un importante passo in avanti. Però quei soldi devono servire prima di tutto a riallineare gli stipendi dei dipendenti, visto che si tratta di risorse che da alcuni anni gli sono state sottratte in modo illegittimo. Solo una volta azzerato il gap rispetto all’inflazione sarà possibile parlare di meritocrazia.

Così risponde l’Anief alle dichiarazioni del Ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, che vorrebbero presto il Governo impegnato in un rinnovo contrattuale contenente delle nuove modalità di incremento stipendiale, legate esclusivamente alla meritocrazia professionale. Con larga parte di dipendenti che rimarrebbero esclusi. Forse Giannini non sa, visto che è giunta al Miur da poco più di un mese, che al personale della scuola a partire dal 2010, a seguito dell’art. 9 della Legge 122/2010, è stato bloccato il contratto. E per effetto dell’ultima Legge di Stabilità, l’indennità di vacanza contrattuale è stata ‘sospesa’ sino al 2017. Così il valore degli stipendi fermo a 5 anni fa.

Il precedente sul blocco degli automatismi di carriera dei magistrati, la sentenza n. 223/12 della Corte costituzionale, che ha annullato l’art. 9, c. 21 della L. 122/2010, ci induce però ad andare avanti nella nostra battaglia legale: i giudici hanno spiegato che i sacrifici stipendiali chiesti ai lavoratori dello Stato possono essere attuati, ma a condizione che siano “transeunti, consentanei allo scopo ed eccezionali”. Tutti caratteri che non appartengono al decreto di proroga del blocco degli stipendi dei dipendenti della PA.

“In qualsiasi democrazia moderna – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – non si può parlare di merito, da cui far scaturire la carriera lavorativa, se prima non si ripristinano le risorse tolte. È bene che il Ministro si metta in testa che solo dopo aver pareggiato il livello degli stipendi dei dipendenti della scuola a quello dell’inflazione, oggi sotto di 4 punti percentuali, sarà possibile avviare una seria revisione del contratto collettivo nazionale. I lavoratori – conclude il sindacalista Anief-Confedir – hanno pieno diritto ad una vera concertazione utile a tutta la categoria. E non a un aumento riservato a pochi intimi”.

Per approfondimenti:

Gli stipendi degli insegnanti sono i più bassi di tutta la PA: superati anche dall’inflazione

Stipendi docenti e Ata: con la scusa del merito dopo gli scatti addio pure alle indennità

 

Alla vigilia del rinnovo contrattuale, Anief ricorda al massimo rappresentante dell’istituzione scolastica italiana che riportare i fondi del Miglioramento dell’offerta formativa a 1 miliardo e 400 milioni significa prima di tutto restituire le risorse tolte e ricollocare gli stipendi del personale scolastico all’inflazione. Altre soluzioni, utili a ‘pochi intimi’, sono plausibili solo dopo questo passaggio. L’esperienza degli aumenti accordati dalla Consulta ai magistrati ce lo insegna.

Il personale della scuola non può più tollerare di essere preso in giro dal Ministro Giannini: dire che si vuole riportare il Mof, i fondi destinati al Miglioramento dell’offerta formativa, a 1 miliardo e 400 milioni, la quota del 2010, rappresenta sicuramente un importante passo in avanti. Però quei soldi devono servire prima di tutto a riallineare gli stipendi dei dipendenti, visto che si tratta di risorse che da alcuni anni gli sono state sottratte in modo illegittimo. Solo una volta azzerato il gap rispetto all’inflazione sarà possibile parlare di meritocrazia.

Così risponde l’Anief alle dichiarazioni del Ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, che vorrebbero presto il Governo impegnato in un rinnovo contrattuale contenente delle nuove modalità di incremento stipendiale, legate esclusivamente alla meritocrazia professionale. Con larga parte di dipendenti che rimarrebbero esclusi. Forse Giannini non sa, visto che è giunta al Miur da poco più di un mese, che al personale della scuola a partire dal 2010, a seguito dell’art. 9 della Legge 122/2010, è stato bloccato il contratto. E per effetto dell’ultima Legge di Stabilità, l’indennità di vacanza contrattuale è stata ‘sospesa’ sino al 2017. Così il valore degli stipendi fermo a 5 anni fa.

Il precedente sul blocco degli automatismi di carriera dei magistrati, la sentenza n. 223/12 della Corte costituzionale, che ha annullato l’art. 9, c. 21 della L. 122/2010, ci induce però ad andare avanti nella nostra battaglia legale: i giudici hanno spiegato che i sacrifici stipendiali chiesti ai lavoratori dello Stato possono essere attuati, ma a condizione che siano “transeunti, consentanei allo scopo ed eccezionali”. Tutti caratteri che non appartengono al decreto di proroga del blocco degli stipendi dei dipendenti della PA.

“In qualsiasi democrazia moderna – dichiara Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – non si può parlare di merito, da cui far scaturire la carriera lavorativa, se prima non si ripristinano le risorse tolte. È bene che il Ministro si metta in testa che solo dopo aver pareggiato il livello degli stipendi dei dipendenti della scuola a quello dell’inflazione, oggi sotto di 4 punti percentuali, sarà possibile avviare una seria revisione del contratto collettivo nazionale. I lavoratori – conclude il sindacalista Anief-Confedir – hanno pieno diritto ad una vera concertazione utile a tutta la categoria. E non a un aumento riservato a pochi intimi”.

Per approfondimenti:

Gli stipendi degli insegnanti sono i più bassi di tutta la PA: superati anche dall’inflazione

Stipendi docenti e Ata: con la scusa del merito dopo gli scatti addio pure alle indennità

 

La stima è dell’Anief, dopo l’approvazione dell’‘una tantum’ prevista dal decreto sugli scatti di anzianità rivolti solo ad una parte del personale: oggi la stragrande maggioranza di docenti e Ata è rimasta alle buste paga del 2009. Far parte dell’Europa significa anche finirla con vedersi calpestati i propri diritti.

Anief-Confedir dice basta agli aumenti stipendiali finanziati razziando i fondi del potenziamento dell’offerta formativa delle scuole. L’approvazione del decreto sugli scatti di anzianità ha, infatti, prodotto un incremento in busta paga limitato a qualche decina di migliaia di dipendenti della scuola passati a una nuova fascia stipendiale. Ma per tutto il personale rimane ancora da sciogliere il nodo sulla restituzione dei soldi per il mancato adeguamento delle buste paga al costo della vita negli ultimi 40 mesi. Un adeguamento che corrisponde, numeri alla mano, ad una media di 25 mila euro a dipendente.

Per effetto dell’art. 9 della Legge 122/2010, al personale della scuola è stato bloccato il rinnovo contratto a partire dal 2010. E per effetto dell’ultima Legge di Stabilità, l’indennità di vacanza contrattuale è stata ‘sospesa’ sino al 2017. Con il risultato che i valori stipendiali di docenti e Ata non sono stati adeguati all’inflazione, rimanendo di fatto fermi addirittura al 2009. Portando così a compimento il “piano” avviato con il D.lgs. 29/1993, poi ribadito con il D.lgs. 165/01 e con il più recente D.lgs. ‘brunettiano’ 150/09: si tratta di una serie di provvedimenti tutti orientati a disinnescare i diritti previsti dai contratti di comparto. E finalizzati a fare spazio, per ragioni di finanza pubblica, alla privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego.

Ma l’equiparazione ai contratti privati non c’è mai stata. Nemmeno per “reggere” l’aumento del costo della vita: di recente l’Istat ha comunicato, commentando l’ultimo indice generale delle retribuzioni contrattuali orarie, che ad inizio 2014 si sono registrati incrementi tendenziali sopra la media nel settore privato (+1,9%), in particolare nei settori dell’agricoltura (+3,4%), dell’industria (+2,1%) e dei servizi privati (+1,6%). Mentre in tutti i comparti della pubblica amministrazione (dirigenti e non dirigenti, contrattualizzati e non), si continuano a registrare variazioni praticamente vicine allo zero.

Già il ‘Conto annuale’, realizzato dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato a fine 2013, riportava il dato che nel 2012 docenti e Ata della scuola hanno percepito in media 29.548 euro annui, l’importo annuo più basso della P.A.. Ma soprattutto, la Ragioneria statale indicava che tra il 2008 e il 2012 mentre il costo della vita è aumentato dell’11,4%, nello stesso periodo gli stipendi di docenti e Ata si sono incrementati di meno dell’8%.

Una compensazione equa, per evitare di proletarizzare il ruolo del dipendente scolastico, sarebbe allora quella di assegnare una quota forfetaria che il nostro sindacato ha stimato pari a 25.000 euro a dipendente. Che corrisponde ad una compensazione equa comprendente gli arretrati, i mancati rinnovi contrattuale e i tagli al Fondo d’Istituto. Attuandola si riallineerebbe, finalmente, lo stipendio dei nostri docenti a quello degli altri paesi Ocde, i quali al momento della pensione si ritrovano in media più avanti di circa 8 mila euro.

“Considerando che ai docenti – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – sono stati sottratti pure gli incentivi derivanti dagli incarichi di lavoro extra dedicato al potenziamento dell’offerta formativa, visto che gli scatti del 2012 e del 2013 sono stati finanziati in buona parte con il Fondo d’istituto, il sindacato reputa che è giunto il momento di dire basta. Far parte dell’Europa significa vivere in una terra di diritti. Tra cui figura quello dell’equo trattamento economico dei sui lavoratori. E ai giudici – conclude il rappresentante Anief-Confedir – questo concetto non sfugge”.

Chi vuole ricorrere e aderire al ricorso per recuperare gli arretrati, riallineando in tal modo lo stipendio al costo della vita, può chiedere istruzioni a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

Per approfondimenti:

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La stima è dell’Anief, dopo l’approvazione dell’‘una tantum’ prevista dal decreto sugli scatti di anzianità rivolti solo ad una parte del personale: oggi la stragrande maggioranza di docenti e Ata è rimasta alle buste paga del 2009. Far parte dell’Europa significa anche finirla con vedersi calpestati i propri diritti.

Anief-Confedir dice basta agli aumenti stipendiali finanziati razziando i fondi del potenziamento dell’offerta formativa delle scuole. L’approvazione del decreto sugli scatti di anzianità ha, infatti, prodotto un incremento in busta paga limitato a qualche decina di migliaia di dipendenti della scuola passati a una nuova fascia stipendiale. Ma per tutto il personale rimane ancora da sciogliere il nodo sulla restituzione dei soldi per il mancato adeguamento delle buste paga al costo della vita negli ultimi 40 mesi. Un adeguamento che corrisponde, numeri alla mano, ad una media di 25 mila euro a dipendente.

Per effetto dell’art. 9 della Legge 122/2010, al personale della scuola è stato bloccato il rinnovo contratto a partire dal 2010. E per effetto dell’ultima Legge di Stabilità, l’indennità di vacanza contrattuale è stata ‘sospesa’ sino al 2017. Con il risultato che i valori stipendiali di docenti e Ata non sono stati adeguati all’inflazione, rimanendo di fatto fermi addirittura al 2009. Portando così a compimento il “piano” avviato con il D.lgs. 29/1993, poi ribadito con il D.lgs. 165/01 e con il più recente D.lgs. ‘brunettiano’ 150/09: si tratta di una serie di provvedimenti tutti orientati a disinnescare i diritti previsti dai contratti di comparto. E finalizzati a fare spazio, per ragioni di finanza pubblica, alla privatizzazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego.

Ma l’equiparazione ai contratti privati non c’è mai stata. Nemmeno per “reggere” l’aumento del costo della vita: di recente l’Istat ha comunicato, commentando l’ultimo indice generale delle retribuzioni contrattuali orarie, che ad inizio 2014 si sono registrati incrementi tendenziali sopra la media nel settore privato (+1,9%), in particolare nei settori dell’agricoltura (+3,4%), dell’industria (+2,1%) e dei servizi privati (+1,6%). Mentre in tutti i comparti della pubblica amministrazione (dirigenti e non dirigenti, contrattualizzati e non), si continuano a registrare variazioni praticamente vicine allo zero.

Già il ‘Conto annuale’, realizzato dal Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato a fine 2013, riportava il dato che nel 2012 docenti e Ata della scuola hanno percepito in media 29.548 euro annui, l’importo annuo più basso della P.A.. Ma soprattutto, la Ragioneria statale indicava che tra il 2008 e il 2012 mentre il costo della vita è aumentato dell’11,4%, nello stesso periodo gli stipendi di docenti e Ata si sono incrementati di meno dell’8%.

Una compensazione equa, per evitare di proletarizzare il ruolo del dipendente scolastico, sarebbe allora quella di assegnare una quota forfetaria che il nostro sindacato ha stimato pari a 25.000 euro a dipendente. Che corrisponde ad una compensazione equa comprendente gli arretrati, i mancati rinnovi contrattuale e i tagli al Fondo d’Istituto. Attuandola si riallineerebbe, finalmente, lo stipendio dei nostri docenti a quello degli altri paesi Ocde, i quali al momento della pensione si ritrovano in media più avanti di circa 8 mila euro.

“Considerando che ai docenti – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario organizzativo Confedir – sono stati sottratti pure gli incentivi derivanti dagli incarichi di lavoro extra dedicato al potenziamento dell’offerta formativa, visto che gli scatti del 2012 e del 2013 sono stati finanziati in buona parte con il Fondo d’istituto, il sindacato reputa che è giunto il momento di dire basta. Far parte dell’Europa significa vivere in una terra di diritti. Tra cui figura quello dell’equo trattamento economico dei sui lavoratori. E ai giudici – conclude il rappresentante Anief-Confedir – questo concetto non sfugge”.

Chi vuole ricorrere e aderire al ricorso per recuperare gli arretrati, riallineando in tal modo lo stipendio al costo della vita, può chiedere istruzioni a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

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