ROMA, 21 LUG - Dirigenti scolastici, rinnovo contratto: I sindacati sono stati convocati dall'Aran per martedì 24 luglio sul rinnovo del contratto dei dirigenti scolastici, ma "gli aumenti in arrivo sono ridicoli". Lo afferma l'Udir, sindacato dei dirigenti scolastici, sottolineando che tra i vari aspetti da affrontare nell'ambito del negoziato c'è quello degli aumenti stipendiali, relativamente ai quali sono state già stanziate apposite risorse nella legge di Bilancio (n. 205/2017): 7 milioni di euro per il 2018; 41 mln di euro per il 2019; 96 a regime dal 2020. L'aumento, che riguarderà circa 8mila dirigenti scolastici, sarà a pioggia, dato che ad essere interessata è la retribuzione di posizione parte fissa. Ufficialmente, si continua a parlare di un aumento medio mensile di circa 400 euro. Ma la cifra reale è molto più modesta: secondo i calcoli dell'Udir, i dirigenti scolastici, i meno pagati dell'amministrazione pubblica, andranno a percepire a regime in media appena 292 euro lordi mensili che corrispondono a 160 euro netti. Ma soprattutto, a fronte di tale aumento della retribuzione fissa, è parallelamente prevista una forte diminuzione della retribuzione variabile ed accessoria. Questo comporterà che in alcune regioni italiane presto i dirigenti scolastici percepiranno meno di quanto prendevano all'inizio della vigenza contrattuale, quindi del 2016, anche di oltre 10mila euro l'anno, sostiene l'Udir. (ANSA).
Tra i vari aspetti da affrontare nell’ambito del negoziato c’è quello degli aumenti stipendiali, relativamente ai quali sono state già stanziate apposite risorse nella legge di Bilancio (n. 205/2017): 7 milioni di euro per il 2018; 41 mln di euro per il 2019; 96 a regime dal 2020. L’aumento, che riguarderà circa 8mila dirigenti scolastici, sarà a pioggia, dato che ad essere interessata è la retribuzione di posizione parte fissa. Ufficialmente, si continua a parlare di un aumento medio mensile di circa 400 euro. Ma la cifra reale è molto più modesta: secondo i calcoli dell’Udir, i dirigenti scolastici, i meno pagati dell’amministrazione pubblica, andranno a percepire a regime in media appena 292 euro lordi mensili che corrispondono a 160 euro netti. Ma soprattutto, a fronte di tale aumento della retribuzione fissa, è parallelamente prevista una forte diminuzione della retribuzione variabile ed accessoria. Questo comporterà che in alcune regioni italiane presto i dirigenti scolastici percepiranno meno di quanto prendevano all’inizio della vigenza contrattuale, quindi del 2016, anche di oltre 10mila euro l’anno.
Marcello Pacifico (presidente Udir): La verità è che i nostri capi d’istituto, portatori di responsabilità enormi, anche decuplicate rispetto ad un collega della PA che percepisce stipendi di ben altro spessore, si ritroveranno una diminuzione dello stipendio complessivo. Quella del rinnovo contrattuale è una pratica che va gestita con molta attenzione. Noi, come Udir, chiediamo l’assegnazione della Ria, della perequazione dal 2016, il recupero totale dell’inflazione e lo stesso trattamento che l’Aran ha riservato ai dipendenti statali per il 2018 cioè almeno il 3,48% e non l’1,45%%. Infine, ma forse andrebbe messa al primo posto, c’è la questione sempre aperta della sicurezza: è ora di finirla con il carico di responsabilità sulle spalle dei dirigenti scolastici che non hanno alcuna possibilità di azione reale se non quella di fare da segnalatori e passa carte, salvo poi ritrovarsi anche in carcere per colpe di altri.
Gli uffici competenti non avrebbero comunicato all’INPS nei tempi previsti le informazioni riguardanti i contributi versati dai docenti a partire dal 1° gennaio 2018. Questa situazione, che riguarda tutti i docenti, diventa ancor più problematica per tutti quei docenti diplomati magistrali, licenziati o estromessi dalle GaE per effetto della sentenza del Consiglio di Stato del dicembre scorso. Anief si appella alle istituzioni preposte, a cui chiede di superare il prima possibile i problemi che stanno mettendo in crisi non solo la professionalità ma anche la dignità di tanti maestri che da anni e anni portano avanti il loro preziosissimo lavoro formativo ed ora vengono messi alla porta, pure senza sussidi. È chiaro che se gli indennizzi non dovessero essere sbloccati a breve, ci attiveremo perché ciò avvenga intervenendo nelle opportune sedi legali.
Intanto, la questione dei diplomati magistrale è arrivata all’attenzione della VII Commissione Cultura che ha dato il proprio parere favorevole con modifiche all’art. 4 del Decreto Dignità. Secondo la VII Commissione di Montecitorio, scrive sempre Orizzonte Scuola, vanno individuate “modalità di esecuzione delle sentenze relative ai diplomati magistrali idonee a salvaguardare la loro prossima supplenza sino all’estate del 2019”.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Forse il nostro esecutivo sta prendendo atto che è chiamato a rispondere, entro il prossimo 13 settembre, alle richieste formulate e la risposta arriverà proprio nei giorni in cui sarà convertito in legge il Decreto Dignità che concede 120 giorni di tempo all'amministrazione per ottemperare alle sentenze di merito dei tribunali e 60 giorni al Parlamento, per decidere cosa fare per evitare l’espulsione dalle GaE di tantissimi maestri che hanno studiato per fare questo lavoro e ora rischiano di rimanere a fare i supplenti ‘brevi’ a vita. Sapere che anche l’Europa sta sorvegliando l’operato dei nostri governanti e dell’amministrazione scolastica ci risolleva: perché ora dovranno giustificare anche a Bruxelles i motivi per cui si vuole attuare il più grande licenziamento collettivo della storia italiana nella PA. A meno che le Camere non diano seguito alla nostra richiesta, che è anche l’unica soluzione possibile: riaprire le GaE, con una norma di legge ad hoc, a tutti coloro che sono in possesso del diploma di abilitazione all’insegnamento.
Il Ministero dell’Istruzione si appresta a chiedere al Mef solo 9 mila immissioni in ruolo di assistenti amministrativi, tecnici e collaboratori scolastici. Ma i posti vacanti e disponibili per questa categoria di personale, dopo i movimenti dei colleghi di ruolo, sono quasi il doppio: 17 mila. Ora, viene da chiedersi: perché per gli insegnanti si è deciso di assumere su tutte le cattedre al 31 agosto, mentre per gli Ata non è stato utilizzato lo stesso metro, lasciando a supplenza quasi la metà dei posti liberi? Perché si continua ad infierire su una categoria già dimenticata e vessata dall’ultima riforma, dopo che è stata esclusa dal piano di assunzioni, dal potenziamento e pure dal bonus dell’aggiornamento annuale? È chiaro che di questo andare la supplentite non verrà mai sconfitta.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): È necessario realizzare una puntuale ricognizione di posti realmente liberi, al fine di destinare poi tutti quelli privi di titolare ad un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato, anche spalmato su un paio d’anni. Continuare con questo leitmotiv, con i posti sottodimensionati e le assunzioni nemmeno su tutti quelli vacanti, rappresenta una chiara volontà a mantenere le cose come stanno, danneggiando, con il personale precario, tutto il sistema scolastico. Quello che non comprendiamo è poi il motivo che porta il governo di turno a fare di tutto per lasciare nella precarietà una bella fetta di personale, al fine di continuare a risparmiare su mancate progressioni di carriera. In realtà, applicando il diritto europeo, la Corte di Cassazione ha aperto gli scatti di anzianità ai supplenti, anche attraverso delle recentissime ordinanze che hanno puntato il dito pure su chi specula sulle mensilità di luglio e agosto: una manovra che con il personale Ata raggiunge il massimo dell’incoerenza poiché si licenza al 30 giugno pure laddove il posto è vacante. Tale modo di fare è stato pedissequamente denunciato dall’Anief ai parlamentari di Bruxelles e ribadito nella Risoluzione del Parlamento europeo di fine maggio. Presto verrà chiesto un intervento dei due rami del Parlamento al Decreto Dignità, con specifici emendamenti Anief contro la precarietà perenne che nel caso del personale Ata diventa ancora più inaccettabile.
Le organizzazioni sindacali Flc-Cgil e Cisl e Uil brindano perché con il “Decreto n. 70407 del 2018, depositato presso il Tribunale di Roma, il Giudice del Lavoro ha rigettato il ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto dallo Snals per ottenere il riconoscimento del proprio diritto a partecipare alla contrattazione integrativa a livello nazionale, regionale e nelle istituzioni scolastiche”, relativa al contratto sottoscritto il 20 aprile per il triennio 2016/18 solo dagli stessi Confederali. In pratica, i maggiori sindacati del comparto Scuola sostengono che chi si oppone ad un accordo sconveniente è giusto che non rappresenti più alcun lavoratore, nemmeno chi li ha votati e chiesto di tutelarli, in barba alle più elementari regole di rappresentanza democratica.
Marcello Pacifico (Anief-Cisal): Flc-Cgil, Cisl e Uil, invece di esprimere soddisfazione per l'esclusione dello Snals, avrebbero fatto molto meglio ad interrogarsi sui motivi che li hanno spinti a firmare un accordo privo di elementi normativi migliorativi per il personale e contenenti aumenti e arretrati ridicoli dopo quasi dieci anni di blocco dei compensi. Invece di vergognarsi per quell’accordo, ora diventano strenui difensori del diritto sindacale. Ed hanno anche la memoria corta, perché dovrebbe tacere chi ha presentato lo stesso ricorso, vincendolo nel privato, quando ha fatto dichiarare la norma di legge incostituzionale. Come Anief aspettiamo a settembre la decisione di merito su questa triste faccenda e ci dichiariamo sin d’ora pronti a costituirci nell'eventuale appello ad adiuvandum per le tesi di chi crede nella libertà e pluralità sindacale e nella capacità critica di non firmare norme palesemente contrarie all'interesse dei lavoratori. Senza contare che questi sindacati sono gli stessi che emettono comunicati trionfanti per quel Ccnl, anche in questo caso, facendo finta di dimenticare che quell’accordo dopo tre mesi è stato da loro disdetto formalmente.
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