Venerdì 10 luglio ha avuto luogo l'incontro col ministero dell’istruzione per le comunicazioni riguardanti la formazione dei docenti di Educazione Civica. Ha preso parte la delegazione ANIEF che ha ribadito le forti perplessità già sollevate da ANIEF durante l’iter legislativo della contestata L. 92/2019
Cresce l’attesa per i docenti precari della scuola: si pensa che siano più di 500 mila le domande che arriveranno per inserirsi nelle nuove Graduatorie provinciali per le supplenze, subito dopo che la bozza di regolamento predisposta dal ministero dell’Istruzione diventerà definitiva, con la possibile rivoluzione della tabella di valutazione dei titoli da presentare. La stima sul numero richiesto di inserimento nelle Gps è stata fatta da Marcello Pacifico, presidente Anief, nel corso di una intervista ad “Italia Stampa”. “Non si può giocare con i titoli di studio come si fa in borsa con il mercato dei titoli economici: per noi è importante non violare il principio di affidamento, come non cambiare, se non in modo chiaro, le linee di indirizzo che hanno portato alla valutazione delle graduatorie di Stato. E includere tutti i candidati che ne hanno diritto, come previsto dalle direttive UE”.
Il ministero dell’Economia e delle Finanze si appresta a dare l’assenso alla richiesta delle assunzioni a tempo indeterminato corrispondente al numero di posti vacanti e disponibili. Peccato, ribatte il sindacato Anief, che la quantità di cattedre prive di docente titolare è praticamente il doppio di quella indicata: mancano all’appello oltre 70 mila posti in deroga di sostegno e altre decine di migliaia collocati forzatamente in organico di fatto pure essendo cattedre libere. Inoltre, se a Viale Trastevere si ostinano a non utilizzare la ‘chiamata veloce’ anche da graduatoria d’istituto, il contingente reale di immissioni in ruolo si ridurrà anche quest’anno a meno della metà di quello autorizzato. Una circostanza dettata anche dal rinvio ulteriore dei concorsi, questo a dire il vero non voluto dalla ministra dell’Istruzione, ma chiesto in modo unanime in ragione dell'emergenza epidemiologica. Inoltre, per i pochi docenti fortunati che entreranno nei ruoli dello Stato, da settembre scatta il blocco che impedisce di chiedere per cinque anni qualsiasi tipo di movimento. Pure in presenza di motivate e gravi circostanze familiari.
Marcello Pacifico (presidente Anief): “Invece di continuare a produrrefinte cattedre di fatto, i decisori politici e tecnici dell’istruzione pubblica avrebbero fatto bene a creare un unico organico di diritto, ridurre il numero di alunni per classe a massimo 15, creando aulea misura d’uomoe permettendo in questo modo di assorbire il personale precario, che quest’anno invece farà toccare il record delle 250 mila supplenze. Invece, continuano a prevalere le vecchie logiche: addirittura, pure in piena pandemia e con il rischio del ritorno del contagio di massa del Covid-19, si decide di assumere in ruolo obbligando il docente a rimanere fermo in quella provincia per un quinquennio, senza dargli nemmeno possibilità, dopo l’anno di prova, di chiedere assegnazione provvisoria qualora vi sia il posto libero. Noi ci batteremo in tutte le sedi per eliminare il vincolo alla mobilità, a costo di rivolgerci alla Consulta”.
L'Anief continua la serie di vittorie in tribunale e ottiene piena conferma delle ragioni da sempre sostenute in favore del personale precario della scuola destinatario di contratti a termine per supplenze “brevi e saltuarie” con ben quattro nuove sentenze che arrivano dal Tribunale del Lavoro di Palermo e Ferrara e che condannano il Ministero dell'Istruzione a riconoscere la Retribuzione Professionale Docenti (RPD) e il Compenso Individuale Accessorio (CIA) anche al personale docente e ATA destinatari di supplenze temporanee. Marcello Pacifico (Anief): “Illegittimo discriminare i precari: sono professionisti cui va riconosciuta dignità e parità di retribuzione”. L'Anief ricorda a tutti i propri iscritti che è ancora possibile aderire gratuitamente allo specifico ricorso promosso dal nostro sindacato per vedersi riconosciuto l’assegno mensile dal valore di 164,00 euro fino a 257,50 euro per i docenti e da 58,50 fino a 64,50 euro per gli ATA.
Da quando il personale Ata fa parte della Funzione Pubblica? Lo chiede il sindacato Anief, in risposta alle dichiarazioni della ministra della PA Fabiana Dadone apparse in queste ore sulla rivista Orizzonte Scuola: in particolare, non è stata esclusa la possibilità che assistenti e collaboratori scolastici possano adottare in modo permanente lo smart working, qualora i presidi lo ritengano opportuno. La verità è che negli ultimi mesi il personale Ata ha operato da casa con propri computer, software, connessioni internet ed energia elettrica, quindi a sue spese; inoltre, si è avvalso di una banca dati inesistente e di un portale ministeriale Sidi lentissimo; non ha avuto nemmeno a disposizione una “Scranna di sedia ergonomica”, come prevede invece il Dlgs 81/2008.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “regolamentare lo smart working in queste condizioni, peraltro senza nemmeno una definizione contrattuale, e con i profili professionali bloccati e mai valorizzati significherebbe aprire al Far West. Delle due l’una: o il personale Ata è invece inquadrato nel comparto scuola, per vero con un certo disallineamento rispetto ad istituti come ferie, permessi e banca ore, oppure si sta finalmente pensando di rendere giustizia ai dipendenti con lo stipendio più basso della pubblica amministrazione collocandoli in un comparto più adeguato. Inoltre,il datore di lavoro che autorizza il dipendente allo smart working deve garantirgli una formazione che gli consenta di essere operativo; ciò presuppone la partecipazione a corsi teorici ed esercitazioni disciplinati secondo un protocollo negoziato; inoltre deve consegnare a lui ed al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza un documento che contenga i rischi generali e specifici associati al lavoro agile. Per non parlare del non remunerato utilizzo di risorse proprie o del vulnus alla sicurezza connesso all’utilizzo di dispositivi personali non programmati per proteggere i dati aziendali”.