Ridurre la portata delle supplenze all’interno della ricostruzione della carriera è un’operazione discriminante: tutto il precariato concorre alla formazione della carriera. A ribadirlo è stata la Corte d’appello di Trieste – Collegio Lavoro - che ha confermato la sentenza di un anno fa emessa dal giudice di Pordenone a proposito della richiesta di un insegnante di essere collocato su uno scaglione stipendiale maggiore e quindi di rivedere le modalità di conteggio degli anni precedenti all’immissione in ruolo. Rigettando il ricorso del ministero dell’Istruzione, la Corte di Trieste ha ricordato che “la clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla Direttiva n. 70/1999” della Commissione europea, così come aveva già detto il giudice di Pordenone, non può essere aggirata. Altrimenti si ricadrebbe in un trattamento diversificato, quindi illegittimo, tra personale di ruolo e precario, ancora di più perché nei fatti ad entrambi vengono richieste le medesime funzioni e responsabilità lavorative. Inoltre, il docente ha ricevuto 2.109,65 euro derivante dalle differenze di trattamento scaturite dal passaggio su scaglione stipendiale maggiore, anche relative al passato.
Secondo Marcello Pacifico, presidente del sindacato Anief, “sta diventando sempre più frequente l’assegnazione tramite tribunale di collocazioni stipendiali migliori, a seguito di una verifica delle ricostruzioni di carriera evidentemente non comprensive di tutto il periodo di precariato. E la ricollocazione su scaglione più alto comporta vantaggi sullo stipendio, come pure sull’entità dei contributi previdenziali e quindi, in prospettiva, sulla pensione. Chi vuole, docente e Ata, può ancora ricorrere in tribunale con i legali Anief, così da vedersi riconosciuto il diritto all'integrale ricostruzione di carriera, con risarcimento e inquadramento su fascia stipendiale più vantaggiosa. Per comprendere l’entità del risarcimento e su quale scaglione stipendiale si verrebbe collocati è possibile utilizzare il calcolatore gratuito on line messo a disposizione dal nostro sindacato”.
LA DIRETTIVA N. 70/99 COMMISSIONE UE
In effetti, l'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato proibisce ai datori di lavoro di trattare i lavoratori a tempo determinato in un modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato per il solo fatto di avere un contratto a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive che giustifichino la differenza di trattamento. E nel caso esaminato, come in tutti quelli della scuola pubblica, non sono ravvisabili tali ragioni per avallare la deroga alla norma.
Si ricorda che la Direttiva dell’Unione europea prevede che i Paesi membri dell’Ue avrebbero dovuto mettere in atto le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla “direttiva entro il 10 luglio 2001 al più tardi, o assicurarsi che, entro tale data, le parti sociali avessero introdotto le disposizioni necessarie. I paesi dell'UE potevano fruire di un periodo supplementare non superiore a un anno in considerazione di difficoltà particolari o dell'attuazione mediante contratto collettivo”.
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